31/05/2021 – Giurisdizione del giudice ordinario nella controversia proposta per l’esecuzione della sentenza dello stesso giudice ordinario in materia di società in house. Pronuncia del TAR Palermo.

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia proposta per l’esecuzione della sentenza dello stesso giudice ordinario in materia di società in house preposte alla gestione di servizi pubblici locali, non essendo ravvisabile,  relativamente alle stesse, alcuna delle condizioni indicate dall’art. 7 c.p.a., atteso che nessuna norma effettua l’equiparazione in via generale alla Pubblica Amministrazione.

Il Tar ha preliminarmente ricordato che le società in house soggette a controllo analogo sono società, dotate di autonoma personalità giuridica, che presentano connotazioni tali da giustificare la loro equiparazione a un “ufficio interno” dell’ente pubblico (o degli enti pubblici) che le hanno costituite, di cui sono una sorta di longa manus, in quanto non sussiste tra l’ente e la società un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale.

Ciò premesso, ha chiarito che relativamente al regime giuridico dell’impugnazione degli atti delle società in house, resta ferma la giurisdizione del giudice amministrativo rispetto a quelli che incidono direttamente sull’erogazione del servizio e che, quindi, investono gli interessi della collettività (come, ad esempio, gli atti delle procedure di evidenza pubblica per l’affidamento del servizio), mentre sussiste la giurisdizione ordinaria rispetto a quegli altri che attengono all’esecuzione del contratto societario, ovverosia alla “vita interna” (come, ad esempio, le procedure di reclutamento del personale).

Più complessa è la questione relativa all’individuazione del giudice munito di giurisdizione in materia di ottemperanza, relativamente alla quale si registra un contrasto giurisprudenziale

Secondo un primo orientamento, che è stato fatto proprio dalla sezione staccata di Catania, la questione va risolta alla luce dell’art. 7, comma 2, del codice del processo amministrativo, laddove si afferma che “per pubbliche amministrazioni (…) si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo”.

Si è, in particolare, affermato che tale disposizione chiarisce che il codice ha utilizzato la nozione di Pubblica amministrazione in senso lato, ricomprendendovi anche tutti i soggetti ad essa assimilati, tra i quali rientrano le società pubbliche di gestione dei rifiuti, le quali devono essere costituite obbligatoriamente tra gli enti pubblici locali territoriali e sono deputate alla cura di predominanti interessi pubblici, tant’è che devono rispettare i principi del procedimento amministrativo ed agiscono esercitando anche poteri di natura autoritativa.

Secondo un contrapposto orientamento, espresso nella sentenza della V sezione del Consiglio di Stato n. 502 del 3 febbraio 2015, l’equiparazione dei soggetti privati alla Pubblica Amministrazione di cui all’art. 7 c.p.a. sussiste solo nelle ipotesi in cui è la legge ad effettuarla, nonché nella misura in cui il soggetto privato è preposto all’esercizio di attività amministrative ed in relazione alle stesse.

Fatta tale precisazione, il Consiglio di Stato ha richiamato il successivo art. 112, che introduce una fondamentale distinzione tra le sentenze e i provvedimenti equiparati del giudice amministrativo e quelli del giudice ordinario.

Tale norma dispone, relativamente ai provvedimenti del giudice amministrativo, che “devono essere eseguiti dalla pubblica amministrazione e dalle altre parti”, così ponendo un generale principio di ammissibilità dell’azione proposta (anche) nei confronti di soggetti privati e non solo della pubblica amministrazione; per le sentenze passate in giudicato e gli altri provvedimenti ad esse equiparate del giudice ordinario statuisce, invece, che l’azione di ottemperanza può essere proposta “al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato” o “alla decisione”.

Il Consiglio di Stato ha condivisibilmente individuato la ragione dell’ampliamento della platea dei soggetti, nei cui confronti può essere chiesta l’esecuzione dei provvedimenti del giudice amministrativo (ma non anche del giudice ordinario), nella realizzazione del principio di effettività della tutela di cui all’art. 1 c.p.a., che, per espressa disposizione di legge, “è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materia indicate dalla legge, dei diritti soggettivi” (art. 7, comma 7, c.p.a.).

Ha, sotto tale profilo, rilevato che è evidente che non vi sarebbe tutela giurisdizionale effettiva se il giudice amministrativo, una volta emessa la sentenza, con statuizione definitiva e vincolante per tutte le parti, vedesse paralizzati i propri poteri d’intervento esecutivo per il fatto che la mancata esecuzione del giudicato è imputabile alla parte privata.

Ha, però, ritenuto che tali conclusioni riguardano solo ed esclusivamente le ipotesi in cui il giudicato da eseguire promana dal Giudice Amministrativo; laddove, invece, il giudizio di ottemperanza riguarda un giudicato ordinario nei confronti di un ente di diritto privato ha opinato diversamente nella considerazione che non si ravvisano le medesime esigenze di effettività e di concentrazione.

Ha concluso nel senso che l’art. 112 non può essere derogato qualora si chieda l’esecuzione di una decisione del giudice ordinario in materia di società in house preposte alla gestione di servizi pubblici locali, in quanto relativamente alle stesse non si ha nessuna delle condizioni indicate dall’art. 7, atteso che nessuna norma effettua l’equiparazione in via generale alla Pubblica Amministrazione (la quale, come detto, si ha solo relativamente ad alcuni atti) e che le decisioni per cui si chiede l’ottemperanza hanno matrice privatistica.

Così riassunte le due posizioni, la Sezione ha ritenuto di aderire al secondo orientamento, che ritiene maggiormente convincente anche in considerazione di quanto costantemente affermato dal Consiglio di Stato in materia di affidamenti in house e dalla Cassazione in materia di fallimento delle società a totale partecipazione pubblica.

TAR Palermo, Sez. I, sent, del 24 maggio 2021, n. 1660.AR Palermo, Sez. I, sent, del 24 maggio 2021, n. 1660

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