19/05/2021 – Sanatoria edilizia: il Consiglio di Stato sulla doppia conformità

Il Consiglio di Stato sulle differenze tra accertamento di conformità, o sanatoria ordinaria, e condono edilizio, e il requisito della doppia conformità.

Con il termine sanatoria edilizia vengono tradizionalmente intesi due istituti completamente diversi per presupposti e finalità, il cui unico tratto comune è dato dalla circostanza che entrambi si risolvono nella legittimazione di un intervento successivamente alla sua realizzazione. Questo due istituti prendono il nome di condono edilizio e accertamento di conformità, sui quali esiste una copiosa giurisprudenza che ne ha ampiamente chiarito i contorni.

Sull’accertamento di conformità registriamo un nuovo interessante intervento del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 3835 del 17 maggio 2021, è entrato nel dettaglio dell’art. 36 del DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Nel caso di specie si fa riferimento ad un ricorso presentato per la riforma di una sentenza di primo grado che aveva rigettato un precedente ricorso per l’annullamento del diniego di sanatoria opposto dal Comune per il cambio di destinazione d’uso di un immobile da rurale ad abitativo. Entrando nel dettaglio, il ricorrente aveva presentato due istanze ai sensi dell’art. 36 del Testo Unico Edilizia e dell’art. 6-bis della Legge della Regione Campania n. 19/2019.

Il ricorrente ha invocato i principi di ragionevolezza, che vieterebbero alla p.a. di imporre la demolizione di quanto il privato potrebbe poi ricostruire, in ragione della conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica sopravvenuta. Un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa regionale non potrebbe infatti vietare il cambio di destinazione d’uso consentendo di sanare tipologie di opere di assai maggiore impatto in termini di incremento del carico urbanistico, quali la demolizione e ricostruzione (motivo sub I). Per tale ragione, il Comune avrebbe dovuto valutare la domanda anche ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, stante la conformità dell’intervento al momento della sua realizzazione. In sostanza, la astratta riconducibilità della richiesta avanzata ad entrambe le tipologie di sanatoria (ordinaria e condono) avrebbe dovuto imporre al Comune un suo scrutinio complessivo.

Per rispondere al ricorso il Consiglio di Stato ha ricordato le differenze sostanziali tra il permesso di costruire scaturito da un’istanza di condono edilizio e dall’accertamento di conformità di cui all’art. 36 del Testo Unico Edilizia.

Quest’ultimo, conosciuto anche come sanatoria ordinaria, consiste nella regolarizzazione di abusi “formali”, in quanto l’opera, pur essendo stata realizzata in assenza o difformità dal titolo edilizio, non risulta violare la disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione che a quello di presentazione della domanda (la doppia conformità).

Il condono edilizio, previsto da 3 leggi speciali e a tempo (Legge n. 47/1985, Legge n. 724/1994 e Legge n. 326/2003), ha avuto una portata “sanante” di situazioni “sostanzialmente” illecite, previo pagamento di una sanzione pecuniaria che ha prodotto l’effetto di estinguere anche la fattispecie penale identificabile nella relativa costruzione.

Nel caso oggetto della sentenza, l’appellante ha avanzato:

  • istanza di condono, invocando l’art. 1 della Legge della Regione Campania 5 gennaio 2011, n. 1;
  • istanza di sanatoria ordinaria ai sensi dell’art. 36 del TUE, per le opere realizzate in difformità dai permessi di costruire originari, oggetto di un’ingiunzione a demolire.

L’istante, dunque, non ha ritenuto di disgiungere i due aspetti, nella consapevolezza che il cambio di destinazione, da rurale ad abitativo, quale che fosse la consistenza del manufatto, non era consentita dalla vigente disciplina urbanistica. Ciò ha indotto il primo giudice a disgiungere il contenuto del provvedimento, interpretato quale una reiezione solo parziale della richiesta sanatoria, ovvero circoscritto alla tematica del cambio di destinazione d’uso. Pur essendo, cioè, ridetto cambio di destinazione d’uso conseguito (anche) agli ampliamenti e modifiche rispetto al fabbricato realizzato con permesso di costruire, si è voluto riconoscere agli stessi una qualche autonomia, purché ricondotti alla destinazione d’uso agricola dell’immobile preesistente agli stessi.

Sulla prima istanza di “condono”, avanzata ai sensi della Legge Regionale n. 19/2009 (Piano casa), il Consiglio di Stato ha ricordato che il comma 7 dell’art. 12 della Legge Regionale n. 19/2009 è stato:

  • prima inserito dall’art.1, comma 1, lettera rrr), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1;
  • poi abrogato a distanza di pochi mesi dalla legge regionale 15 marzo 2011, n. 4.

La disposizione, comunque inapplicabile al caso di specie ratione temporis, prevedeva dunque che «Ai soli fini amministrativi, gli interventi previsti dagli articoli 4, 5 e 8, comma 2, della presente legge realizzati alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni e ad esse conformi possono essere autorizzati». Di fatto, si consentiva così una retroazione dell’art. 6 bis, introdotto nel testo originario dalla medesima l.r. n. 1 del 2011 per consentire (pro futuro) di realizzare nelle zone agricole «i mutamenti di destinazione d’uso di immobili o di loro parti, regolarmente assentiti, per uso residenziale del nucleo familiare del proprietario del fondo agricolo o per attività connesse allo sviluppo integrato dell’azienda agricola» (comma 1), stante che lo stesso a sua volta richiamava la disciplina degli artt. 4 e 5, seppure « con l’obbligo di destinare non meno del venti per cento della volumetria esistente ad uso agricolo».

Parimenti, per la sanatoria ordinaria mancherebbero i presupposti per assenza del requisito della doppia conformità.

Nel caso di specie la modifica di destinazione d’uso, riferita peraltro all’intero fabbricato, per come ampliato e modificato con le opere difformi dagli originari titoli edilizi, non poteva dunque né essere condonata ai sensi dell’art. 12, comma 7, della l.r. n. 1 del 2011, siccome abrogata alla data di presentazione della domanda, né poteva essere sanata ai sensi dell’art. 36 del Testo Unico Edilizia (mandando il requisito della doppia conformità). In conclusione, l’appello è stato respinto.

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