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La sez. I del TAR Sardegna, con la sentenza 10 maggio 2021 n. 341, interviene per riaffermare l’esigenza da una parte, di garantire la concorrenza attraverso un sistema di regole che non imponga caratteristiche tali da precludere ad intere classi di professionalità o specializzazione la partecipazione, dall’altra parte, l’esigenza di verificare la qualificazione dei concorrenti, ovvero i titoli necessari per partecipare (le abilitazioni), riflettendo a contrario che l’estensione dei requisiti partecipativi può condurre alle medesime conclusioni: la “professionalità specifica” non può essere patrimonio residuale ma primario per alcune categorie di prestatori di servizi intellettuali.

Va premesso che l’inserimento nella lex specialis di clausole che richiedono requisiti particolari e stringenti si pone in evidente contrasto con il principio del favor partecipationis, sicché la formazione di elenchi di professionisti costituiti al fine di affidare incarichi di consulenza tecnica (nel caso specifico, si trattava di un albo istituito da una centrale di committenza per incarichi, tutti di valore al di sotto dei 20 mila euro, di microzonazione sismica e di analisi della condizione limite per l’emergenza in comuni a rischio) viola la concorrenza quando tra i requisiti di ammissione premianti siano richieste “esperienze pregresse maturate sul territorio” (cui si assegnavano 35 punti su 100).

Una palese violazione del principio di proporzionalità che esige idoneità, necessarietà e adeguatezza nel rapporto tra mezzo utilizzato e fine perseguito.

A tale riguardo l’Antitrust evidenzia le distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato dei “servizi professionali” che derivano dalle disposizioni concernenti la formazione degli elenchi di affidatari ove il criterio della documentata «conoscenza approfondita del territorio» introduca una ingiustificata restrizione alla prestazione dei servizi, violando il principio di non discriminazione, privilegiando solo alcuni[1]: «ogni professionista, anche attivo in altri ambiti territoriali ma con esperienza nei servizi affidati, sarebbe in grado, avvalendosi della tecnologia in uso nel settore, di acquisire la necessaria conoscenza delle caratteristiche geologiche e strutturali del territorio, a prescindere dall’ambito nel quale ha svolto la propria attività pregressa»[2].

Si comprende che l’inserimento di specifiche imposizioni tecniche, se rientra nelle facoltà della stazione appaltante (nell’esercizio di una discrezionalità tecnica nella scelta dei mezzi necessari per lo svolgimento di una gara), questo non si può tradurre nell’inserimento di limiti costituiti dal rispetto della parità di accesso agli offerenti e dal divieto di creazione di ostacoli ingiustificati alla concorrenza, ex comma 4, dell’art. 68 del d.lgs. n. 50/2016 («Le specifiche tecniche consentono pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza»)[3].

Ma questo limite va analizzato anche con riferimento al divieto di estendere i requisiti ben oltre alle esigenze, ampliando in modo discriminante i titoli curriculari per prestazioni che richiedono qualificate professionalità non ritraibili in tutte le categorie professionali, facendo venir meno la specialità delle abilitazioni, che pure sono indispensabili per l’esercizio di alcune funzioni (alias obbligazioni) in ambito pubblico.

Di converso, l’imposizione di specifiche tecniche particolarmente gravose e sproporzionate rispetto all’oggetto dell’appalto può risolversi[4], infatti, in una lesione della concorrenza, in attuazione del principio comunitario della massima concorrenza, finalizzato a che la ponderata e fruttuosa scelta del miglior contraente non debba comportare ostacoli non giustificati da reali esigenze tecniche[5].

In effetti, la Corte cost.[6] ha più volte dichiarato costituzionalmente illegittime norme regionali di protezione delle imprese locali, sia nel settore degli appalti pubblici sia in altri ambiti, censurando la possibilità di riservare un trattamento di favore per le micro, piccole e medie imprese radicate nel territorio, essendo di ostacolo alla concorrenza, in quanto, consentendo una riserva di partecipazione, altera la par condicio e la non discriminazione fra gli operatori economici interessati all’appalto[7].

A ben vedere, si può ipotizzare di essere in presenza dei c.d. “bandi fotografia” nel caso in cui le clausole rendano la partecipazione estremamente difficoltosa o addirittura impossibile ed incidano, pertanto, sulle modalità di formulazione dell’offerta, con l’inevitabile esigenza di contestare immediatamente le previsioni lesive[8], senza attendere l’esito della gara, essendo il pregiudizio sostanzialmente impeditivo, comportando un’irreparabile lesione del preminente principio di libera concorrenza, vincolante per tutte le stazioni appaltanti, con la conseguente lesione, almeno potenziale, dell’interesse pubblico economico sotteso alla competizione, ossia la ricerca dell’offerta economicamente più vantaggiosa[9].

Il principio di libera concorrenza si traduce nel divieto di discriminazione ed è uno strumento di potenziamento dell’economia perché promuovere un mercato aperto instaura assetti concorrenziali[10], in adesione agli obiettivi della normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici per garantire:

· lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel settore in modo tale che l’Amministrazione aggiudicatrice sia in grado di comparare diverse offerte e scegliere la più vantaggiosa in base a criteri obiettivi[11];

· l’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile che è anche nell’interesse della stessa Amministrazione aggiudicatrice, la quale disporrà così di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata[12].

Le medesime considerazioni possono traslarsi nell’assunzione di personale dipendente, ove si rendono illegittime, per difetto di ragionevolezza, quelle previsioni fondate esclusivamente sull’età per la partecipazione alla selezione (caso di specie, educatori di asilo d’infanzia): l’imposizione del limite di età di quaranta anni risulta, data la peculiarità dell’attività da svolgere, espressione di un distorto esercizio del potere discrezionale della P.A., illegittimamente discriminatorio nei confronti di una situazione anagrafica che, di per sé sola, non solo non può essere ritenuta indice di inidoneità psico-fisica ad occuparsi di neonati ma, al contrario, dovrebbe essere considerata come quid pluris, ossia come fattore garantistico di maggiore esperienza, assennatezza, saggezza e anche vigore fisico in rapporto al tipo di impegno richiesto[13].

Su questa scia interpretativa, è stato ritenuto illegittimo l’avviso pubblico – nel quadro della normativa europea in tema di piani di sviluppo rurale e sul sistema di consulenza aziendale per le aziende agricole beneficiarie di aiuti diretti – per la presentazione di offerte di servizi per l’implementazione del c.d. catalogo verde, nella parte in cui prevede in modo arbitrario il requisito di esperienza professionale (almeno biennale) per lo svolgimento dell’attività di consulenza anche da parte del professionista già scritto all’albo ed in possesso del titolo di abilitazione[14].

Il TAR Sardegna, nella sentenza del 10 maggio 2021, n. 341, ha occasione di censurare l’estensione della particolare specialità, a fronte di un ricorso di alcuni professionisti (agronomi), e del relativo Ordine, avverso una determinazione di un Ente parco con il quale si estendeva la progettazione della “disetaneizzazione di un bosco” a diverse categorie di offerenti servizi: più segnatamente, «il relativo allegato “Categoria 4. Interventi di mantenimento e valorizzazione” nella parte in cui esso prevede che il “Tecnico ricercato” sia un “Agronomo/Forestale o altro tecnico abilitato per le attività richieste” nella misura in cui tale inciso possa intendersi come permissivo della partecipazione alla gara anche degli architetti».

In termini più divulgativi, si impugnavano gli esiti della procedura concorsuale ritenendo che «l’oggetto della selezione concernesse competenze professionali esclusive dei dottori Agronomi e/o Forestali e non potesse estendersi agli architetti in difetto di una specifica preparazione di questi ultimi in materia agronomica e forestale. La competenza in materia ambientale sarebbe infatti a questi ultimi attribuita in via meramente residuale, come strettamente collegata all’esercizio della loro primaria competenza di espletamento di opere di edilizia civile. Per contro un corretto espletamento del servizio de quo implicherebbe il possesso e la specifica conoscenza dei sistemi colturali e della scienza agronomica e forestale propria dei laureati presso le facoltà di agraria».

Il giudice di prime cure accoglie il ricorso (condanna alle spese) con le seguenti motivazioni:

· la progettazione richiesta postula una «competenza professionale di settore molto specifica riconducibili in via pressoché esclusiva a quelle dei Dottori Agronomi e/o Forestali, come delineate dall’art. 2 della legge 7 gennaio 1976 n. 3 (Ordinamento della professione di dottore agronomo e di dottore forestale), nel testo sostituito dall’art. 2, della legge 10 febbraio 1992, n. 152» non estendibile ad altre abilitazioni (per partecipare alla gara occorreva essere un «Agronomo/Forestale, o altro tecnico abilitato»);

· l’affidamento dell’appalto ad un soggetto ritenuto compreso nella residuale categoria del “tecnico abilitato” (caso di specie, un architetto) – in realtà si sottolinea – alla stregua dei contenuti dell’appalto, non evidenzia il possesso di alcuna delle competenze necessarie all’espletamento dell’incarico;

· le relative competenze professionali del selezionato rientrano tra quelle individuate dai commi 1 e 2 dell’art. 52 del RD. 2537/1925, attinenti prevalentemente all’attività edilizia, evidentemente inconferenti rispetto alle competenze necessarie per l’aggiudicazione e l’espletamento dell’incarico messo a gara;

· manca, altresì, un’evidenza probatoria sul percorso professionale o formativo tale da consentire all’amministrazione di ricomprendere il suo profilo tra i tecnici abilitati, ai quali era consentita la partecipazione alla selezione.

 

La sentenza porta a concludere che in presenza di una particolare prestazione esigibile possa considerarsi «valida una clausola di partecipazione limitata ai professionisti muniti di una specifica competenza professionale – sostanzialmente i dottori Agronomi e/o Forestali (ma non solo, alla luce dell’insegnamento del Consiglio di Stato) – con esclusione comunque di altre figure (ad esempio gli Architetti) privi di un adeguato curriculum illustrativo di competenze volte a valorizzare e gestire i processi produttivi agricoli, zootecnici e forestali, a tutelare l’ambiente e, in generale, le attività riguardanti il mondo rurale», dovendo l’amministrazione ponderare i criteri selettivi, dove l’eventuale allargamento di competenza (ad altre categorie professionali) di fatto si presenta come un’ingiustificata violazione alla concorrenza, minando il contenuto prestazionale, estendendo al di fuori dei requisiti richiesti l’esercizio di un’obbligazione che impone una formazione accreditata (un ambito diverso e più ristretto).

Un tanto sul rilievo che alcune prestazioni possono essere assolte esclusivamente da alcune categorie di professionisti, rinvenendo il discrimine tra le competenze degli uni e degli altri, oltre che nel dato quantitativo, in quello qualitativo determinato dalla finalità degli interventi stessi (quelli necessari per la progettazione di “disetaneizzazione di un bosco”)[15], analogamente, a quanto può emergere nelle interferenze con le competenze professionali di architetti e ingegneri, non sovrapponibili tra le prestazioni oggetto dell’affidamento analizzato, concentrato prevalentemente in un determinato contesto arboreo[16].

Lo stesso Codice dei contratti pubblici, nel dettare una specifica disciplina, di natura speciale, dei servizi di ingegneria e di architettura volta a enucleare un sistema di qualificazione e di selezione per determinate tipologie di prestazioni d’opera, conferma l’inesistenza di un principio generale di equiparazione tra singole prestazioni d’opera e servizi, intesi come complesso organizzato di utilità erogate con prestazioni ripetute ed organizzate, distinguendo, altresì, la prestazione di patrocinio legale dall’appalto dei «servizi legali» (le consulenze), proprio con lo scopo di valorizzare la differenza tra contratto d’opera intellettuale dall’appalto, nonché riaffermando una tipicità di esecuzione delle prestazioni che non può considerarsi assimilabile o assorbibile[17].

L’attività del professionista, nella difesa e nella rappresentanza dell’Ente, ovvero nella definizione di un organico progetto per la fauna e gli habitat forestali/boschivi, è prestazione d’opera professionale che non può essere qualificata in modo avulso dal contesto in cui si colloca, dovendo la P.A. scegliere le migliori e più qualificate professionalità nella cura dell’interesse pubblico prevalente, senza discriminazioni (o arbitrarie) estensioni della platea dei concorrenti, in danno agli stessi (come evidenziato nella sentenza in commento), avendo sempre cura di valutare la clausola inserita nella lex specialis, caso per caso, alla luce delle concrete caratteristiche della prestazione oggetto di gara[18].

 

 

[1] Violando anche il principio di parità di trattamento, attuativo del principio di imparzialità, di cui all’art. 97 della Cost., traducendosi nella congruità delle condizioni e delle modalità di azione prescelte, iniziando con la più ampia diffusione e pubblicizzazione dell’appalto, con la previsione di una tempistica non discriminatoria e non eccessivamente gravosa perché serrata, nel fatto che le prescrizioni richieste, sia in sede di partecipazione che di gestione, devono consentire l’accesso al più alto numero degli operatori economici di settore aspiranti a conseguire il contratto, Corte Giustizia U.E., sez. I, 6 aprile 2006, n. 410.

[2] AGCM, Segnalazione n. 1213 del 30 settembre 2015, Regione marche-elenchi di professionisti per incarichi di microzonazione sismica e analisi della condizione limite per l’emergenza, pubblicata nel bollettino del 12 ottobre 2015. Cfr. TAR Molise, sez. I, 31 gennaio 2019, n. 46, riferita al risarcimento del danno dall’imposizione della residenza in un Comune molisano per la partecipazione ad un bando, condizione censurata perché contraria alla legge e ai principi costituzionali, nonché rilevante ai fini dell’invocata tutela, dispiegando il nesso di causalità tra la condotta antigiuridica (colposa o dolosa) e il procurato pregiudizio patito dagli aspiranti che hanno subito l’esclusione dal bando per via della mancanza del requisito di residenza. In questo senso, ANAC, Delibera n. 1142 del 12 dicembre 2018, Fascicolo 4340/2018, ove si censura il criterio della vicinanza (della sede operativa) al sito del cantiere alla base del conferimento di punteggio aggiuntivo, ritenendo di assoluta evidenza essere irragionevole, essendo evidentemente ben possibile che anche operatori aventi dipendenti e organizzazione stabile, al di fuori della distanza richiamata, possiedano i requisiti tecnico-organizzativi richiesti per assicurare un’efficiente esecuzione dei lavori, risolvendosi per determinare un vantaggio del tutto svincolato dalle caratteristiche oggettive dell’offerta, in violazione dei principi che reggono il mercato concorrenziale.

[3] Rientra in questa misura il divieto di escludere prodotti che, anche se difformi dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante, risultino prestazionalmente equivalenti a quelli richiesti essendo, comunque, idonei a garantire l’esecuzione della prestazione indicata nella legge di gara, TAR Veneto, sez. I, 18 febbraio 2021, n. 236.

[4] T.A.R. Liguria, sez. II, 27 agosto 2015, n. 727, ove si censurava una clausola del capitolato di gara che imponeva l’effettuazione di un servizio mediante l’utilizzo di 650 contenitori a carico bilaterale e due mezzi robotizzati a carico bilaterale con presa verticale dall’alto, ritenendo la suddetta modalità irragionevole e lesiva della concorrenza in quanto tali attrezzature sono commercializzate in Italia da un’unica società, con un costo pressoché doppio rispetto ad analoghe attrezzature a presa bilaterale senza presa verticale dall’alto.

[5] Cons. Stato, sez. III, 17 agosto 2020, n. 5063.

[6] Corte cost., sentenze n. 221 e n. 83 del 2018; n. 28 del 2013; n. 190 del 2014; n. 440 del 2006.

[7] Corte cost., 27 maggio 2020, n. 98. Cfr. AGCM, Segnalazione n. 1649 del 29 novembre 2019 pubblicata nel bollettino del 2 marzo 2020, ove si censura una clausola «idoneo a circoscrivere la platea dei potenziali partecipanti alle imprese del territorio, per effetto della previsione combinata dei due criteri di selezione che attribuiscono i maggiori punteggi su base territoriale». In senso più esteso, Cons. Stato, sez. III, 18 ottobre 2019, n. 5290, dove non si è ritenuta irragionevole una c.d. clausola di territorialità, contenuta nel disciplinare di gara effettuata nell’ambito del MEPA, laddove il confine territoriale, individuato dalla stazione appaltante, non includa ambiti territoriali infracomunali o comunque significativamente ristretti, bensì il territorio di tre regioni (idem, Cons. Stato, sez. V, sentenze n. 2238/2017 e n. 605/2019).

[8] Cfr. TAR Campania, Napoli, sez. V, 12 febbraio 2019, n. 776, per le clausole immediatamente escludenti. Vedi, anche, Unico lotto e cause escludenti, mauriziolucca.com, 19 agosto 2018.

[9] TRGA Trento, 23 luglio 2015, n. 293.

[10] Cfr., Corte cost., sentenza n. 14 del 2014.

[11] Corte Giustizia U.E., sez. II, 7 ottobre 2004, n. 247.

[12] Corte Giustizia U.E., sez. V, 18 dicembre 2014, n. C-568/13.

[13] TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 7 novembre 2014, n. 424.

[14] Cons. Stato, sez. III, 15 giugno 2015, n. 2944.

[15] Cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 agosto 2015, n 3816.

[16] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 1° marzo 2017, n. 952.

[17] LUCCA, Incarichi di consulenza e di servizi legali. Guida completa alle procedure, 2020, pag. 379.

[18] TAR Piemonte, sez. I, 16 luglio 2019, n. 811

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