18/05/2021 – Il segnalatore di illeciti

Anticorruzione; misure di prevenzione alla corruzione; whistleblowing; Autorità Nazionale Anti-Corruzione (ANAC); Garante per la protezione dei dati personali – privacy.

 

Il presente contributo mira a delineare la disciplina italiana, ed euro-unitaria, circa le tutele offerte dall’ordinamento a chi segnali informazioni inerenti alla realizzazione, anche potenziale, di un illecito lesivo di un interesse generale, del quale ne sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro. Quindi, per evitare che il segnalante desista dall’informare le autorità preposte temendo che possa essere bersaglio di ritorsioni, o comunque di condotte vessatorie di varia natura, l’ordinamento prevede ed assicura, oltre alla riservatezza dell’identità, una serie di tutele e di strumenti, a difesa del segnalante, anche al fine di incoraggiare tale atteggiamento collaborativo.

Dopo aver richiamato la disciplina positiva e tratteggiato l’ossatura dell’Istituto del whistleblowing, ci si interroga sui rapporti che intercorrono tra la tutela del segnalante – prima fra tutte quella alla riservatezza, al fine di evitare eventuali ripercussioni nel clima lavorativo -, e del segnalato – quindi quella di poter resistere, con una adeguata e completa strategia difensiva, ad una segnalazione magari non veritiera, ignaro dell’identità della fonte -. Pertanto, si analizzeranno le osservazioni del Garante della Privacy chiamato ad esprimere un parere circa il trattamento dei dati, all’interno di tale delicato sistema di segnalazioni e, in conclusione, si evidenzierà la portata concreta e attuale dell’Istituto, suggerendo possibili interventi innovatori.

 

SOMMARIO: Introduzione; 1. Il quadro normativo; 2. Le tutele; 3. Le linee guida dell’ANAC.; 4. Le osservazioni del Garante per la protezione dei dati personali; 5. Considerazioni conclusive.

 

 

      Introduzione

 

In Italia, il contrasto alla corruzione ha assunto, negli ultimi decenni, un ruolo centrale nel Sistema Giustizia, nonché un obiettivo di primordine per il Legislatore, sollecitato sempre più non solo dall’Unione Europea, ma anche dall’opinione pubblica. A partire dagli anni Novanta, infatti, al fine di spazzare via il sistema clientelare uscito alla scoperta con la famosa inchiesta di “tangentopoli”, si è assistito ad un progressivo inasprimento sanzionatorio per i casi di corruzione, teleologicamente orientato a disincentivare e reprimere tali condotte, ma anche ad un attento rafforzamento di misure preventive volte ad arginare il fenomeno.

 

La necessità di sradicare la corruzione  è emersa anche in considerazione del fatto che questa porti seco innumerevoli danni, in termini sia di sperpero di risorse pubbliche, sia di concorrenza, sia di efficienza, sia di legalità, ma anche di salute pubblica, intesa come qualità della vita e benessere diffuso tra la popolazione: infatti, pratiche corruttive minano gli equilibri sociali, scaturendo nella cittadinanza un forte sentimento di ingiustizia e malcontento, nonché un’angusta sfiducia nelle Istituzioni. Tale necessità è stata avvertita anche in seno all’Unione Europea che ha ben presto rimarcato come la corruzione rappresenti ‹‹una minaccia per lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti dell’uomo, mina i principi di buon governo, di equità e di giustizia sociale, falsa la concorrenza, ostacola lo sviluppo economico e mette in pericolo la stabilità delle istituzioni democratiche e i fondamenti morali della società›› .

 

In tale contesto, tra gli altri strumenti, si inserisce l’istituto del whistleblowing , di origini statunitensi , accolto con entusiasmo in Gran Bretagna e, infine, recepito oramai in tantissimi Paesi membri dell’OCSE , quindi, anche dall’Italia e dall’Unione Europea.  L’Istituto nasce dall’esigenza di offrire una tutela al lavoratore che segnali di essere a conoscenza di condotte illecite altrui, per ragioni inerenti al proprio ufficio, lesive di un interesse generale e mai particolare. Attraverso tale strumento, quindi, si è voluto osteggiare il sistema omertoso – scaturente anche dal timore, non infondato, di ripercussioni e ritorsioni da parte dei segnalati ai denuncianti – per aprire una nuova fase collaborativa, ma anche ricostruttiva, risanante, diretta ad estirpare anzitutto il male dolente della corruzione, fenomeno tristemente ancora molto diffuso in Italia.

 

 

1.            Il quadro normativo

 

L’Istituto del whistleblowing trova la sua prima apparizione normativa in Italia, in via del tutto embrionale, con la l. 190 del 2012 (disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione). Detta legge ha inserito nel Testo Unico per il Pubblico Impiego l’art. 54bis, prevedendo un basico sistema di protezione per il dipendente pubblico che segnali illeciti dei quali sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro.

In ragione anche dello scarso successo ottenuto dalla legge 190/12, l’articolo è stato integralmente riscritto dalla l. 30 novembre 2017 n. 179, recante «disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato».  Pertanto, è quest’ultima a doversi ritenere la prima e completa normativa nazionale circa la tutela degli informatori. Già da un raffronto dei titoli, delle due leggi citate, emerge come, da un’originaria previsione dell’Istituto esclusivamente a beneficio del pubblico dipendente, con la l. 179/17 si estende l’ambito soggetti-vo, ricomprendendo, tra i destinatari delle tutele previste, anche i dipendenti di rapporti di lavoro di natura privata.

 

La novella del 2017 è strutturata in tre articoli: il primo riscrive integralmente, come anticipato, l’art. 54bis del T. U. P. I.; il secondo estende la normativa del whistleblowing anche al settore privato; il terzo articolo, infine, si occupa del rapporto intercorrente tra tali segnalazioni e la disciplina del segreto, sia esso d’ufficio, aziendale, professionale, scientifico o industriale.

Per quel che concerne il fine ultimo della normativa, è stesso il Legislatore ad enunciarne – in modo esplicito – la portata: all’articolo 54bis, si legge, infatti, che la segnalazione è effettuata nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione. Pertanto, attraverso tale inciso, si è inteso delimitare sin da subito, oltre che il fine della normativa, anche il perimetro entro il quale apportare tutela a chi segnali: infatti, le tutele ascritte sono riservate esclusivamente per i segnalanti che informino in merito a condotte lesive di un interesse collettivo, diffuso, un interesse che leda quindi l’amministrazione pubblica e, per estensione, l’intera comunità; non tutela, invece, chi segnali condotte lesive di meri interessi personali, particolari.

In merito, poi, all’oggetto della segnalazione, l’art. 54bis appare prospettare tre diverse tipologie: segnalazione di un illecito penale, denuncia di un illecito contabile e, ad ultimo, per casi non rientranti né nel primo né nel secondo caso, illeciti che riguardino il buon andamento e la trasparenza dell’amministrazione pubblica. Tuttavia, l’inquadramento giuridico, sul quale si incardina la segnalazione, non spetta all’informatore, bensì al destinatario della stessa. Questi potrà essere il responsabile della prevenzione, della corruzione e della trasparenza (RPCT), l’autorità giudiziaria sia essa ordinaria o contabile e, infine, l’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) : il Legislatore ha quindi voluto sottrarre al superiore gerarchico, o comunque all’Amministrazione d’appartenenza, il delicato compito di esaminare l’informazione proveniente dal dipendente, lasciando, così, che tale onere ricada su organismi imparziali, non legati da alcun rapporto di vicinitas col dipendente, idoneo ad influenzarne l’esame, nonché deputati alla prevenzione e al perseguimento degli illeciti, come quelli citati.

In ambito europeo, al fine di garantire uno standard condiviso tra gli Stati Membri per la protezione del whistleblowing, l’Unione Europea ha adottato una direttiva per la protezione degli informatori nel dicembre 2019. Com’è noto, stante la natura stessa della direttiva, gli Stati membri dell’UE saranno obbligati a recepirla nelle proprie leggi nazionali entro il 17 dicembre 2021. Il Parlamento italiano, con la legge di delegazione europea 2019-2020, approvata il 21 aprile 2021, ha delegato il Governo a recepire la direttiva in esame.

La Direttiva (UE) 2019/1937 è caratterizzata da una serie di principi innovativi, a tratti integrativi, rispetto alla normativa nazionale. Si è previsto, infatti, che: la protezione accordata non è rivolta esclusivamente ai dipendenti, siano questi pubblici o privati, ma deve essere diretta anche ai candidati, agli ex dipendenti, ai sostenitori del segnalante e, infine, ai giornalisti , pertanto, anche tali categorie saranno protette dal licenziamento, da demansionamenti e altre condotte comunque discriminatorie o vessatorie; l’Ue ha inteso, poi, fornire una specifica tutela alle segnalazioni di atti illeciti relativi al diritto dell’UE, come la frode fiscale, il riciclaggio di denaro sporco o i reati in materia di appalti pubblici, la sicurezza dei prodotti e della circolazione stradale, la protezione dell’ambiente, la salute pubblica e la tutela dei consumatori e dei dati (tuttavia, si rappresenta che l’Ue sta incoraggiando i legislatori nazionali ad estendere questo concetto anche agli atti illeciti relativi alle leggi nazionali).

2.            Le tutele

Come anticipato, l’Istituto, al fine di incentivare e rendere efficace uno scambio informativo così rilevante per l’intera comunità, e non soltanto per la singola amministrazione interessata, mira a salvaguardare l’informatore da ogni potenziale effetto negativo, sia esso diretto che indiretto. Si prevede, infatti, al primo comma dell’art. 54bis, che il segnalante non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa [che abbia ripercussioni negative] sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione. E ancora, al comma 8, il segnalante che sia licenziato a motivo della segnalazione è reintegrato nel posto di lavoro ai sensi dell’art. 2 d.lgs. 23/2015.

L’adozione di misure ritorsive sull’informatore, da parte dei superiori, dei colleghi segnalati o dell’Amministrazione/ente di appartenenza, comportano, a seguito di un riscontro dopo un’adeguata istruttoria dell’ANAC, non solo la soppressione di tali condotte discriminatorie, ma anche il pagamento di una severa sanzione amministrativa pecuniaria.

Orbene, al fine di evitare qualsivoglia effetto negativo scaturente dalla segnalazione, la legge ha previsto di tutelare il segnalante con la riservatezza della sua identità. Tale riservatezza, quindi, assurge a strumento essenziale di protezione poiché, non conoscendo l’identità dell’informatore, rimanendo questa segreta, risultano inevitabilmente fallaci o nulle le condotte ritorsive prive di destinatario.

La tutela accordata alla riservatezza, tuttavia, non è assoluta, in quanto incontra una serie di limitazioni, avendo riguardo necessariamente agli opposti interessi coinvolti, ed essendo queste legate, essenzialmente, agli sviluppi in sede penale dell’accertamento di condotte illecite. Ad ogni modo, si è previsto che la segnala-zione in esame è sottratta all’accesso di cui agli articoli 22 e seguenti della l. 241 del 1990 e s.m.i., nonché, stante la medesima ratio, deve ritenersi, in via interpretativa, sottratta anche all’accesso civico generalizzato, regolato dal d.lgs. 33 del 2013.

La garanzia alla riservatezza si sostanzia in una procedura ad hoc per la presentazione, alle autorità summenzionate, della segnalazione. L’ANAC ha previsto, in particolare, un accurato sistema informatizzato e interamente digitale, capace di lasciare criptata l’identità del segnalante e le informazioni ivi rilasciate, un sistema ispirato al principio del contenimento dei costi (utilizzando una piattaforma Open Source basata su componenti tecnologiche stabili e ampiamente diffuse) e a quello della minimizzazione del rischio. Grazie all’utilizzo di un codice identificativo univoco generato dal sistema, il segnalante sarà in grado di “dialogare” con il RPCT in maniera del tutto spersonalizzata. Ogni segnalazione, infatti, sarà esaminata dal RPCT e, solo nel caso in cui ne ricorra la necessità, il RPCT potrà richiedere l’identità del segnalante, previa autorizzazione di una terza persona (il cd. “custode dell’identità”).

 

3.            Linee guida dell’ANAC

Com’è noto, all’Autorità Nazionale Anti Corruzione è riconosciuto un peculiare potere regolatorio.  Le linee guida sono atti attuativi adottati con delibera ANAC e possono essere, secondo quanto sancito dal d.l.gs. n. 50 del 2016, di tre tipologie. In questa sede, ci si soffermerà esclusivamente sulla portata delle linee guida che interessano il tema in oggetto, rientranti nella terza tipologia, cioè le linee guida non vincolanti: queste hanno una mera efficacia persuasiva, esortativa, incentivante e sono teleologicamente orientate a spronare le amministrazioni pubbliche nel conformarsi ad esse.

Il tema delle linee guida, stante le ripercussioni del tutto innovative nell’ordinamento giuridico italiano, ha interessato ed acceso il dibattito tanto in dottrina quanto in giurisprudenza. Si sono registrati due contrapposti orientamenti circa la natura delle linee guida. Il primo orientamento, sostenuto dal Consiglio di Stato in sede consultiva, con il parere n. 855 del 1 aprile 2016, ne ha escluso la natura regolamentare e, con un’apparente contraddizione in termini, ha definito l’istituto come espressivo di un potere di regolazione, il quale, pur essendo dotato dei caratteri di generalità e astrattezza, promana da un organo amministrativo che non esercita né persegue una funzione normativa, bensì di indirizzo. Ed un secondo orientamento, con diverse argomentazioni, incoraggiato dalla prevalente dottrina, secondo cui le linee guida emanate dall’ANAC costituiscono fonti normative dell’ordinamento, riconoscendo quindi all’Autorità un potere normativo suo proprio.

L’ANAC ha disciplinato per la prima volta la materia con la determinazione n. 6 del 28 aprile 2015, recante “Linee Guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower)”; l’Autorità si era prefissa l’obiettivo di realizzare un sistema per la gestione delle segnalazioni, basato su una serie di requisiti imprescindibili: permettere ai dipendenti della P.A. di segnalare eventuali condotte illecite con uno strumento facile da usare; tutelare l’identità di chi segnala, garantendo alti standard di sicurezza; garantire la riservatezza delle informazioni contenute nella segnalazione; permettere ad un ristretto gruppo di persone (Struttura ricevente) di ricevere ed analizzare le segnalazioni.

Numerose, infine, sono state le delibere circa il potere sanzionatorio in tema di whistleblowing.  Ad ultimo si segnala il “Regolamento per la gestione delle segnalazioni e per l’esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli autori di segnalazioni di illeciti o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro di cui all’art. 54-bis decreto legislativo n. 165/2001”, emanato con delibera n. 690 del primo luglio 2020. Quest’ultima ha inteso definire in maniera più decisa il potere sanzionatorio di cui dispone l’Autorità, come previsto dal comma 6 dell’art. 54-bis.

4. Le osservazioni del Garante per la protezione dei dati personali

Il Garante della Privacy, siccome l’istituto whistleblowing tocca e si interseca più volte col tema inerente alla tutela della protezione dei dati personali, è stato chiamato ad esprimere un parere circa le “Linee guida in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza in ragione di un rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001 (c.d. whistleblowing)” formulate dall’ANAC.

In particolare, l’intervento del Garante è apparso necessario, stante anche la proficua collaborazione tra le due autorità indipendenti in esame, al fine di rafforzare la tutela della speciale riservatezza riconosciuta al segnalatore di illeciti, nonché delle informazioni che consentono l’individuazione di fenomeni corruttivi interni alle PA.

Le linee guida emanate dall’ANAC mostravano e chiarivano le misure tecniche di base che le pubbliche amministrazioni, titolari del trattamento dei dati, dovevano adottare ed eventualmente ampliare, tenendo conto degli specifici rischi del trattamento e nel rispetto dei principi di privacy-by-design e privacy-by-default.

Il Garante per la protezione dei dati personali, con il parere n. 215 del 4 dicembre 2019 ha espresso esito favorevole, tuttavia, ha sollevato alcuni profili che meritavano di essere attenzionati ulteriormente: 1) il soggetto segnalato, essendo un interessato con riferimento al trattamento dei suoi dati personali, non perde i diritti previsti dall’articolo 15 all’articolo 22 del GDPR: infatti, il Codice privacy, all’art. 2 undecies prevede che l’esercizio dei diritti possa essere richiesto direttamente al Garante che effettua un bilanciamento tra il diritto invocato dal segnalato e la necessità di riservatezza dei dati identificativi del segnalante; 2) la necessità di informare il segnalato della possibilità di esercitare i propri diritti previsti dall’articolo 15 all’articolo 22 del GDPR; 3) la gestione del whistleblowing deve essere tale che esista una misura organizzativa e/o tecnica che consenta al solo custode dell’identità, cioè il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT), di associare la segnalazione all’identità del segnalante: tutti gli altri soggetti interessati all’istruttoria non dovrebbero essere posti nelle condizioni di effettuare tale associazione, nemmeno con il consenso dell’RPCT; 4) la gestione del whistleblowing deve rispettare il principio di minimizzazione dei rischi contenuto nell’art. 5 del GDPR e, per esempio, evitare la proliferazione di comunicazioni al segnalante per informarlo dell’avanzamento dell’istruttoria.

Per quel che concerne l’utilizzo dell’applicativo informatizzato sul quale rilasciare la segnalazione e criptare l’identità del segnalante, il Garante ha rimarcato che, nel caso in cui il fornitore del servizio sia esterno all’Amministrazione, questi è da considerarsi il responsabile del trattamento ai sensi dell’art. 28 del GPDR, tenuto al rispetto di peculiari garanzie. Nel medesimo parere, il Garante, suggerisce anche alcuni esempi di garanzie da adottare per un corretto applicativo informatico: meccanismi di “profilazione” degli utenti (dipendenti “autorizzati” ad istruire le pratiche e quindi al trattamento dei relativi dati personali) sufficientemente granulari da consentire solo la visibilità necessaria al ruolo svolto; accesso selettivo ai dati delle segnalazioni prevedendo la possibilità al RPCT di assegnare segnalazioni specifiche al singolo soggetto istruttore in funzione di supporto; tracciamento delle operazioni svolte da parte dell’RPCT e da parte dei soggetti istruttori, escludendo la possibilità di tracciare anche le consultazioni che il segnalante effettua sull’evoluzione della propria segnalazione; autenticazione degli utenti basata su tecniche di strong authentication (per esempio, autenticazione basata su password ed OTP – One Time Password).

Ad ultimo, pur non avendo il Garante affrontato direttamente il tema nel parere in esame, si è ritenuto che il trattamento di dati personali effettuato nell’ambito di una procedura di whistleblowing sia tra quelli per i quali è necessaria una valutazione di impatto (Data protection impact assessment – DPIA, art. 35 del GDPR) potendo essere considerato un caso in cui il trattamento può presentare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche, sebbene il Garante non abbia incluso tale trattamento in quelli in cui la DPIA è necessaria.

 

5.            Considerazioni conclusive

Giunti al termine dell’elaborato, appare opportuno interrogarsi circa la portata concreta dell’istituto e la sua prospettiva futura. Orbene, è indubbio che, in tema di anticorruzione, la normativa nazionale stia effettuando notevoli e coraggiosi passi in avanti, come è incontrovertibile l’importanza del whisteblowing e delle sue tutele all’interno dell’ordinamento giuridico italiano. Tuttavia, si riscontra, come evidenziato dal monitoraggio periodico svolto dall’ANAC, un utilizzo esiguo e limitato dell’Istituto da parte dei destinatari della tutela prevista. Ciò denota, forse, che il tema della lotta alla corruzione necessita di essere trattato e coltivato, ancora di più, alla fonte: cercando, per quanto possibile, di affrontarlo dal punto di vista culturale ed educativo. Senza una reale consapevolezza delle enormi ripercussioni che ha la corruzione nel sistema-Paese; la comprensione circa l’importanza di osteggiare condotte anche meramente potenziali di cui si è a conoscenza e la necessità di scalfire quel velo di omertà che spesso si solleva in vari ambiti sociali, la lotta intrapresa dal Legislatore rischia di essere perseguita solo sulla carta, quando, invece, a combatterla è il cittadino, è l’intera società, nel quotidiano.

 

La strada intrapresa, caratterizzata anche dal fine di promuovere un nuovo modo di essere pubblico dipendente, individuando il segnalante come una risorsa da proteggere, già è segnale di un vento culturale di rinnovamento. Ciò che manca, e se ne avverte l’assenza, è la previsione di un vero e proprio carattere premiale dell’Istituto, un premio-riconoscimento in ragione dello schieramento diretto a tutela del pubblico interesse che il dipendente, liberamente, ha deciso di sostenere. Un premio-riconoscimento che «potrebbe essere attribuito non solo al whistleblower, ma anche allo stesso ente, pubblico o privato, che abbia saputo rispondere e reagire in modo adeguato alle segnalazioni di condotte illecite al suo interno».

 

 

 

  1. L’elaborato rispecchia le opinioni dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenen-za.
  2.        M. G. RACCA, Corruzione (dir. amm.) in Dig. Disc. Pubb., agg., Utet, Torino, 2017, p. 208 e ss., secondo cui, ‹‹la corruzione in senso ampio è stata definita come ‘abuso di un potere per il perseguimento d’interessi privati’, definizione che trascende le ipotesi di reati contro la pubblica amministrazione e ricomprende i più ampi fenomeni di maladministration››.
  3.        Consiglio d’Europa, Convenzione penale sulla corruzione – Stasburgo, 4 novembre 1999, rati-ficata con l. n. 110 del 28 giugno 2012.
  4.        Il termine, di origine anglosassone, tradotto in italiano corrente con l’espressione “soffiare il fischietto”, fa bene intendere la finalità dello strumento: o fermare un’azione illegale in corso o attirare l’attenzione di qualcuno al fine di evitarla. Sul punto, cfr., R. CANTONE, Introduzione, in AA.VV., Se-gnalazioni di illeciti a tutela del dipendente pubblico. L’Italia investe nel whistleblowing importante strumento di prevenzione della corruzione; secondo l’Autore, infatti, ‹‹certamente l’istituto è nuovo ed estraneo alla nostra cultura: talmente estraneo che nel vocabolario della lingua italiana non vi è al mo-mento nemmeno una parola per dare un nome a questa persona››. Orbene, pur non essendosi ancora raggiungo un assetto terminologico in Italia idoneo a descrivere il fenomeno, l’Accademia della Crusca ha suggerito il ricorso alla locuzione “allertatore civico”.
  5.        In particolare, si fa riferimento al False Claims Act del 1863, atto col quale il Governo incentivava, con strumenti premiali, i cittadini a collaborare, al fine di tutelare l’interesse pubblico, fornendo informazioni circa avvenute frodi allo Stato, ovvero comunicando informazioni utili al recupero delle somme perse. Ecco che, fin dalla prima apparizione positiva dell’istituto, è ben possibile individuarne gli obiettivi da questo perseguiti: premiare, tutelare, sostenere, supportare, ma anche valorizzare, colui che segnali alle Autorità un illecito commesso ai danni di un interesse generale, rompendo un eventuale pactum sceleris, intercorso tra le parti, più in particolare, tra corrotto e corruttore.

In realtà, il premiare – tutelando – la fonte di un’informazione rilevante, è una pratica che ha origini antichissime nella Storia. Sul punto, è quanto mai appropriato e interessante un aneddoto tratto da Tito Livio, Ad Urbe Condita, libro VIII, 18. Lo storico racconta che, durante il consolato di Claudio Marcello e Valerio Potito, nel 331 a.C., una serie di uomini molto facoltosi morirono in circostanze ignote, dopo aver contratto tutti la medesima malattia. Si temeva che si trattasse di una epidemia finché una schiava si presentò all’edile curule, cioè il magistrato civico, presentandogli la seguente offerta: avrebbe rivelato chi si celava dietro queste morti misteriose, in cambio di immunità. Il magistrato Quinto Fabio Massimo, udita la richiesta, riferì ai consoli che a loro volta riferirono in Senato. Il Sena-to approvò la richiesta di immunità e la schiava parlò: quegli uomini erano morti poiché avvelenati, alcune matrone – e ne segnalò anche i nomi – avevano preparato, e poi somministrato alle vittime, delle potenti pozioni fatali di veleno.

 

  1. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, nata nel 1960 e, ad oggi, composta da 37 membri, ha da sempre messo in guardia gli Stati sul peso enorme che ha la corruzione nell’Economia di uno Stato, sollecitando questi ad adottare misure concrete ed effettive volte a contra-starne il fenomeno. Per quel che concerne il whistleblowing, l’OCSE ha inteso tale istituto come ‹‹la proiezione le-gale contro le eventuali azioni/ritorsioni discriminatorie o disciplinari per i dipendenti che rivelano alle autorità competenti in buona fede e in seguito ragionevoli motivi, un illecito di qualsiasi tipo nel conte-sto del loro posto di lavoro››, così in Committing to Effective Whistleblower Protection, su www.oecd.org.
  2. Cfr., sul punto, il parere reso dal Cons. St., Sez. I,  n. 111 del 24 marzo 2020, secondo cui: ‹‹La tutela dei lavoratori del settore pubblico che segnalino illeciti, già prevista da numerosi atti inter-nazionali (es. la convenzione Onu contro la corruzione del 2003, art. 33, ratificata dall’Italia con la l. n. 116 del 2009; la convenzione del consiglio d’Europa sulla corruzione, art. 9, ratificata con la l. n. 112 del 2012; le raccomandazioni del Working group on bribery, incaricato del monitoraggio sull’at-tuazione della convenzione Ocse del 1997 sulla lotta alla corruzione degli impiegati pubblici nelle ope-razioni economiche internazionali (ratificata con l. 300/00); le raccomandazioni del Greco – Groupe d’Etats contre la corruption, organo del consiglio d’Europa deputato al controllo dell’adeguamento degli Stati alle misure anti-corruzione; i Guiding principles for whistleblower protection legislation, adottati dal G-20 Anti-corruption working group, costituito in ambito Ocse) è stata introdotta nell’ordinamento italiano dalla l. n. 190 del 2012 (disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione), che ha previsto — per la sola pubblica amministrazione — una prima disciplina sulla protezione del dipendente pubblico che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo ruolo di dipendente pubblico››.
  3. Come è stato evidenziato, l’atteggiamento collaborativo che mira a spezzare il pactum sceleris, pone un freno a quello che è stato definito un “meccanismo di assorbimento implicito”: ovverosia, la mancata segnalazione di tali fenomeni, fa sì che questi proseguino e si ripetino indisturbati; così, G. GARGANO, La cultura del whistleblower quale strumento di emersione dei profili decisionali della pubblica amministrazione, in Federalismi.it, n. 1/2016.
  4. Secondo la nuova classifica di Transparency International 2020, sulla percezione dei livelli di corruzione nel mondo, l’Italia si attesta alla 52ª posizione su 180 Paesi del mondo esaminati. Tuttavia, la stessa organizzazione internazionale citata ha tenuto a precisare che ‹‹negli ultimi anni l’Italia ha compiuto significativi progressi nella lotta alla corruzione: ha introdotto il diritto generalizzato di accesso agli atti rendendo più trasparente la Pubblica amministrazione ai cittadini, ha approvato una disciplina a tutela dei whistleblower, ha reso più trasparenti i finanziamenti alla politica e, con la legge anticorruzione del 2019, ha inasprito le pene previste per taluni reati››.
  5. Cfr., sul punto, B. G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione in Italia, in Gior. dir. amm., 2013, 2, pp. 132, secondo cui ‹‹la disciplina [di cui alla l. 190/12] è embrionale, se non simbolica››.
  6.        L’art. 54bis, così come introdotto nel T.U.P.I. (d.lgs. 165/2001) dalla l. 190/2012, stabilisce, in particolare, che il pubblico dipendente che segnali un illecito all’ANAC o denunci all’autorità giudizia-ria ordinaria o contabile, condotte illecite altrui delle quali ne sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, non può essere sanzionato (demansionato, licenziato, trasferito) ovvero comunque soggetto a pratiche ritorsive, dirette o indirette. L’adozione di tali pratiche è comunicata, dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, all’ANAC che, a sua volta, informa il Dipartimento per la funzione pubblica al fine di adottare congrue misure di compe-tenza.
  7.        L’inclusione anche del settore privato ‹‹è conseguente all’adozione della Direttiva (UE) 2013/36 (la cd. CRD IV) il cui art. 71 impone agli Stati Membri di vigilare affinché i destinatari della disciplina (enti creditizi e sulle imprese di investimento) mettano in atto meccanismi efficaci e affida-bili per incoraggiare la segnalazione alle autorità competenti di violazioni potenziali o effettive delle disposizioni nazionali di recepimento della presente direttiva››. Sul punto, cfr., S. GALMARINI, Antirici-claggio, IPSOA, 2020, p. 659.
  8.        Cfr., sul punto, N. PARISI, Osservazioni a prima lettura sulla legge n. 179/2017 di tutela del whistleblower, in Lavoro, Diritti, Europa, 2018, 1, secondo cui ‹‹una sola legge per disciplinare lo stesso istituto per l’ambiente di lavoro tanto pubblico che privato è infatti in grado di dare maggiore coerenza al sistema di tutela di chi presenta segnalazioni, pur nel rispetto della specificità del singolo contesto e anche considerando quanto vischiosa sia ormai la distinzione fra essi. Si tratta di ambiti che condividono –dalla prospettiva dell’istituto in oggetto››. E ancora, prosegue l’Autore, ‹‹Tanto la nuova legge quanto le norme che essa ha sostituito sono nate nella stessa prospettiva: dare corpo a un control-lo diffuso esercitato entro l’ambiente di lavoro del cittadino, che diventa parte attiva di un processo di promozione dell’integrità dell’ente di appartenenza››. E infine, sempre circa l’ambito soggettivo am-pliato, l’Autore specifica che la l. 179/2017 ‹‹considera segnalanti non soltanto i dipendenti pubblici in senso stretto e il personale in regime di diritto pubblico, ma anche il dipendente di un ente pubblico economico, il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell’art. 2359 c.c.; i lavoratori e i collaboratori delle imprese fornitrici di beni e servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica››.
  9.        Sul punto, cfr., Cons. St., Sez. I, parere n. 615 del 24 marzo 2020, secondo cui, ‹‹Relativamen-te all’ambito soggettivo di applicazione dell”istituto del whistleblowing, non è possibile oltrepassare la delimitazione prescelta univocamente dal legislatore ai sensi dell’art. 54-bis, comma 2, del d.lg. n. 165/2001, sicché non risulta possibile l’estensione dell’ambito applicativo delle linee guida anche alle Autorità di sistema portuale e agli ordini professionali, laddove non siano riconducibili alle specifiche categorie di legge; analogamente, con riguardo alle Autorità amministrative indipendenti, risulta pro-blematica la riferibilità delle linee guida in esame anche a quelle non espressamente richiamate dall’art. 3 del d.lg. n. 165/2001 (che contiene un riferimento espresso a CONSOB e Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato)››. E ancora, ‹‹la disciplina del whistleblowing si applica solo agli enti con-siderati dall’art. 54-bis d.lg. 30 marzo 2001 n. 165››.
  10.        Sul punto, cfr., Tar Campania, Napoli, Sez. VI, sent. n. 3880 dell’8 giugno 2018, secondo cui, ‹‹L’istituto del whistleblowing è estraneo a scopi essenzialmente di carattere personale o per contesta-zioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori. Questo tipo di conflitti infatti sono disciplinati da altre normative e da altre procedure›› (cfr. anche, Tar Campania, Napoli, Sez. VI, sent. 580 del 6 febbraio 2018).
  11.        L’ANAC è un’Autorità Amministrativa Indipendente (dall’Esecutivo), istituita con la l. 190/2012 (meglio nota come “legge Severino”). Tale Authority, tra le altre funzioni, ‹‹è chiamata ad attuare coordinate strategie di prevenzione e contrasto alla corruzione e dell’illegalità nelle amministra-zioni pubbliche in adempimento di obblighi internazionali e nazionali››. Cfr., sul punto, M. G. RACCA, Corruzione (dir. amm.) in Dig. Disc. Pubb., cit.
  12.        Cfr., sul punto, il seguente link Whistleblower: approvate norme UE per proteggere gli informatori | Attualità | Parlamento europeo (europa.eu).
  13.        DIRETTIVA (UE) 2019/1937, consultabile al seguente link: Direttiva (UE) 2019/1937 del Par-lamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (europa.eu);
  14.        In merito all’intenzione di destinare le tutele inerenti al whistleblower anche ai giornalisti, la relatrice Virginie Rozière (S&D, FR) ha dichiarato: ‹‹I recenti scandali come LuxLeaks, Panama Papers e Football Leaks hanno contribuito a mettere in luce la grande precarietà di cui soffrono oggi gli in-formatori. Alla vigilia delle elezioni europee, il Parlamento europeo si è riunito per inviare un forte segnale, quello di aver ascoltato le preoccupazioni dei suoi cittadini, e ha insistito per l’adozione di re-gole solide che garantiscano la loro sicurezza e quella di coloro che scelgono di parlare››.
  15.        Cfr., sul punto, N. PARISI, Osservazioni a prima lettura sulla legge n. 179/2017 di tutela del whistleblower, cit., secondo cui, ‹‹la nuova disciplina ha dunque l’obiettivo di contrastare un valore (quello del silenzio, dell’omertà, dell’indifferenza a condotte illegali) proponendone uno opposto (quello della trasparenza, dell’attenzione al bene pubblico, dell’integrità della funzione). Il tema generale è quello della funzione promozionale che il diritto qualche volta deve e vuole ricoprire››.
  16.        In tema di illegittimo licenziamento, cfr., anche, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sez. II, sentenza 27 febbraio 2018, Guja c. Moldova n. 2, ric. n. 1085/10, secondo la quale ‹‹non è sufficiente che uno Stato preveda sul piano formale il reintegro della persona nel luogo di lavoro (dopo il licenziamento conseguente alla segnalazione), ma occorre che sul piano sostanziale le sia garantito lo svolgimento effettivo della propria attività lavorativa (come si evince dalla nota 38, il signor Guja aveva ricevuto protezione nel 2008 in relazione a provvedimenti discriminatori subito per aver segnalato fatti di interesse pubblico, ovvero fatti di corruzione nell’amministrazione della giustizia su impulso della pubblica amministrazione)››. In particolare, secondo la Corte, ‹‹Gli Stati devono assicurare una protezione ai whistleblower, ovvero coloro che rivelano fatti di interesse per la collettività. Questi soggetti, infatti, devono poter lavorare dopo le denunce. Non basta poi prevedere un formale rientro di chi ha divulgato informazioni su fatti interni al luogo di lavoro, ma è necessario che a livello nazionale, anche attraverso l’autorità giurisdizionale, sia garantito al lavoratore lo svolgimento effettivo della propria attività››.
  17.        Ai sensi dell’art. 54bis, comma 6, del TUPI, ‹‹qualora venga accertata, nell’ambito dell’istruttoria condotta dall’ANAC, l’adozione di misure discriminatorie da parte di una delle ammini-strazioni pubbliche o di uno degli enti di cui al comma 2, fermi restando gli altri profili di responsabili-tà, l’ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro››.
  18.        Giova sottolineare che riservatezza e anonimato sono due concetti da tenere ben distinti. Infat-ti, la legge accorda (in peculiari situazioni) la riservatezza e non tratta delle c.d. segnalazioni anonime. Il riferimento alla mera riservatezza s’inserisce nella scelta di privilegiare una prospettiva di trasparen-za dell’ambiente entro il quale matura la volontà di segnalare. Come osservato da N. PARISI, Osserva-zioni a prima lettura sulla legge n. 179/2017 di tutela del whistleblower, cit., ‹‹a fronte della prassi non esigua di segnalazioni anonime fondate e circostanziate, le linee guida ANAC (determinazione n. 6 del 2015) oltre che la prassi di molte istituzioni pubbliche italiane (fra le prime l’Agenzia delle Entra-te) considerano che, nel silenzio della legge, esse possono costituire materiale indiziario utile alla valutazione del riprodursi di una situazione di illegalità nell’ente pubblico e dunque occasione per l’avvio di un’attività di vigilanza››. E ancora, cfr., delibera ANAC n. 6 del 28 aprile 2015, secondo cui: ‹‹la garanzia di riservatezza presuppone che il segnalante renda nota la propria identità. Non rientra, dunque, nella fattispecie prevista dalla norma come “dipendente pubblico che segnala illeciti”, quella del soggetto che, nell’inoltrare una segnalazione, non si renda conoscibile. In sostanza, la ratio della norma è di assicurare la tutela del dipendente, mantenendo riservata la sua identità, solo nel caso di segnalazioni provenienti da dipendenti pubblici individuabili e riconoscibili››. Tuttavia, rimangono possibili le segnala-zioni anonime, ‹‹l’Autorità prende in considerazione anche le segnalazioni anonime, ove queste siano adeguatamente circostanziate e rese con dovizia di particolari, ove cioè siano in grado di far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati. L’invio di segnalazioni anonime e il loro tratta-mento avviene, comunque, attraverso canali distinti e differenti da quelli approntati per le segnalazioni oggetto delle presenti Linee guida. In altre parole, le segnalazioni anonime, che pure in casi particolari possono essere oggetto di considerazione da parte dell’A.N.AC., non rientrano, per espressa volontà del legislatore, direttamente nel campo di applicazione dell’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001. Si ribadisce che la tutela prevista da detto articolo non può che riguardare il dipendente pubblico che si identifica (diversamente, la tutela non può essere assicurata) e, comunque, secondo il tenore letterale della norma, la protezione accordata riguarda ritorsioni che possono avere luogo nell’ambito del rapporto di lavoro e non anche quelle di altro tipo››.
  19.        Cfr., G. LONGOBARDI, Il Whistleblowing in Italia: La piattaforma tecnologica dell’ANAC, in Microsoft PowerPoint – 04_Longobardi_WB_22_06_2016.pptx (anticorruzione.it).
  20.        Cfr., V. LOPILATO, Manuale di diritto amministrativo, Giappichelli, Torino, 2020, p. 115 ss., ‹‹Il legislatore del 2016 ha optato per un sistema diversificato e più flessibile, basato essenzialmente su tre differenti tipologie di atti attuativi: i) quelli adottati con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, su proposta dell’ANAC, previo parere delle competenti commissioni parlamentari; ii) quelli adottati con delibera dell’ANAC aventi natura di linee guida vincolanti; iii) quelli adottati con delibera dell’ANAC aventi natura di linee guida non vincolanti››.
  21.        In accordo con la natura non vincolante di tali linee guida, ne discende che la PA non è tenuta al rispetto delle stesse, sebbene appaia comunque necessario motivare circa l’adozione di scelte difformi da quelle incoraggiate dalle linee guida, anche in ossequio al principio di leale collaborazione. L’aspetto meramente esortativo, il rapporto dialogico tra ANAC e PA, appare decisamente evi-dente alla luce della determinazione ANAC n. 6 del 28 aprile 2015, parte I, punto 2, comma 6, dove si legge: ‹‹le presenti Linee guida propongono un modello procedurale per la gestione delle segnalazioni che tiene conto dell’esigenza di tutelare la riservatezza del dipendente che le invia. Ogni amministra-zione, alla luce dei predetti principi, potrà adattare il modello proposto sulla base delle proprie esigenze organizzative››.
  22.        Sul punto, cfr., C. DEODATO, Le linee guida ANAC: una nuova fonte del diritto?, in https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/deodato-le-linee-guida-dell-anac-una-nuova-fonte-del-diritto-29-aprile-2016.
  23.        Cfr., sul punto, D. BELLONI, Whistleblowing, tutela dei lavoratori e D.lgs. n. 231/2001, Diritto del Lavoro, estratto dal n. 12/2019 – ISSN 2532-9871, pubblicato il 27 dicembre 2019, secondo cui ‹‹sull’esercizio del potere sanzionatorio l’ANAC ha provveduto ad emanare, con delibera 1033 del 30 ottobre 2018, un apposito regolamento recante “L’Esercizio del potere sanzionatorio in materia di tute-la degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito dei un rapporto di lavoro di cui all’art 54-bis del d.lgs. 165/2001››, successivamente modificato con delibera n. 312 del 10 aprile 2019.
  24.        Per la delibera integrale si rimanda al seguente link AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE
  25.        Il potere sanzionatorio in esame si manifesta in tre casi specifici: ‹‹qualora venga accertata, nell’ambito dell’istruttoria condotta dall’ANAC, l’adozione di misure discriminatorie da parte di una delle amministrazioni pubbliche o di uno degli enti di cui al comma 2››; ‹‹qualora venga accertata l’assenza di procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero l’adozione di procedure non conformi a quelle di cui al comma 5››; ‹‹qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute››.
  26.        Parere numero 215 reso il 4 dicembre 2019; si rimanda al seguente link per la visione completa dello stesso: GarantePrivacy-parere-bozze-linee-guida-whistleblowing.pdf (lavorosi.it).
  27.        Sul punto, cfr., F. MALDERA, Whistleblowing e protezione dei dati personali, i paletti del Garante Privacy, del 7 gennaio 2020 in www.agendadigitale.eu
  28. Così, A. DELLA BELLA, Il whistleblowing nell’ordinamento italiano: quadro attuale e prospettive per il prossimo futuro, Riv. Italiana di diritto e procedura penale, n. 3/2020, p. 1431.

 

 

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