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Beni culturali – Patrimonio culturale – Ambito. 

Beni culturali – Tutela – Valutazione della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali – Discrezionalità. 

     Il patrimonio culturale, ai sensi dell’art. 2, d.lgs. n. 42 del 2004, è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici e la valutazione dell’interesse pubblico, da parte dell’Autorità preposta, varia in relazione alla natura del bene da tutelare, atteso che i beni culturali, aventi caratteristiche eterogenee e multiformi, sono costituiti da cose mobili, immobili o immateriali, mentre i beni paesaggistici corrispondono a porzioni di territorio, più o meno estese, afferenti ad una determinata area geografica

         La discrezionalità tecnica, esercitata dalla Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali è una manifestazione di giudizio, consistente in una attività diretta alla valutazione ed all’accertamento di fatti e, nell’effettuare le valutazioni di propria competenza, in linea di massima, l’Amministrazione applica concetti non esatti, ma opinabili, con la conseguenza che può ritenersi illegittima solo la valutazione la quale, con riguardo alla concreta situazione, possa ritenersi manifestamente illogica, vale a dire che non sia nemmeno plausibile, e non già una valutazione che, pur opinabile nel merito, sia da considerare comunque ragionevole, ovvero la valutazione che sia basata su un travisamento dei fatti o che sia carente di motivazione (1). 

(1) Il ricorso a criteri di valutazione tecnica, infatti, in qualsiasi campo, non offre sempre risposte univoche, ma costituisce un apprezzamento non privo di un certo grado di opinabilità e, in tali situazioni, il sindacato del giudice, essendo pur sempre un sindacato di legittimità e non di merito, è destinato ad arrestarsi sul limite oltre il quale la stessa opinabilità dell’apprezzamento operato dall’amministrazione impedisce d’individuare un parametro giuridico che consenta di definire quell’apprezzamento illegittimo (cfr., ex multis, Cass. Civ., SS.UU., 20 gennaio 2014, n. 1013). 

Pertanto, sugli atti della Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali, essendo gli stessi sindacabili dal giudice amministrativo per vizi di legittimità e non di merito, non è consentito al giudice amministrativo esercitare un controllo intrinseco in ordine alle valutazioni tecniche opinabili, in quanto ciò si tradurrebbe nell’esercizio da parte del suddetto giudice di un potere sostitutivo spinto fino a sovrapporre la propria valutazione a quella dell’amministrazione, fermo però restando che anche sulle valutazioni tecniche è esercitabile in sede giurisdizionale il controllo di ragionevolezza, logicità, coerenza ed attendibilità. 

La differenza tra giurisdizione di legittimità e giurisdizione di merito, in sostanza, può individuarsi nel fatto che, nel giudizio di legittimità, il giudice agisce “in seconda battuta”, verificando, nei limiti delle censure dedotte, se le valutazioni effettuate dall’organo competente sono viziate da eccesso di potere per manifesta irragionevolezza o da travisamento dei fatti, vale a dire se le stesse, pur opinabili, esulano dal perimetro della plausibilità, mentre, nel giudizio di merito, il giudice agisce “in prima battuta”, sostituendosi all’Amministrazione ed effettuando direttamente e nuovamente le valutazioni a questa spettanti, con la possibilità, non contemplata dall’ordinamento se non per le eccezionali e limitatissime ipotesi di giurisdizione con cognizione estesa al merito di cui all’art. 134 c.p.a., di sostituire la propria valutazione alla valutazione dell’Amministrazione anche nell’ipotesi in cui quest’ultima, sebbene opinabile, sia plausibile.

C.g.a. 7 maggio 2021, n. 406 – Pres. Taormina, Est. Caponigro

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