21/07/2021 – Convenzioni urbanistiche e atto d’obbligo: nuova sentenza del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato chiarisce compiti e obblighi del Comune connessi all’infrastrutturazione del territorio e al rilascio del permesso di costruire su atto d’obbligo.

Non è inusuale che il proprietario di un terreno per realizzare qualcosa, oltre a versare i giusti oneri di urbanizzazione, magari ottenga uno sconto a patto che realizzi dei beni per la collettività su suggerimento dell’amministrazione comunale. E la sentenza del consiglio di Stato n. 4766/2021 racconta proprio un episodio simile.

Da un lato c’è il proprietario di un terreno che, in forza di un permesso di costruire, sta realizzando un complesso residenziale. Permesso che però era stato rilasciato su “atto d’obbligo” da parte del proprietario che si impegnava a realizzare una nuova strada prevista dal PUG (Piano Urbanistico Generale) a patto che il Comune realizzasse le opere di urbanizzazione primaria. Dopo quattro anni di silenzio, il proprietario si è rivolto al TAR che gli ha dato ragione.

Con la firma dell’atto, secondo i giudici del Tar, l’amministrazione comunale aveva assunto, nei confronti del proprietario, l’obbligo negoziale di realizzare alcune opere di urbanizzazione primaria. Attenzione, dicono i giudici: “La volontà di obbligarsi della Pubblica Amministrazione non può mai desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto “ad substantiam”“. Ma anche nell’ipotesi in cui sia stata stipulata una convenzione urbanistica “il compimento effettivo delle opere di urbanizzazione non rappresenta un’obbligazione sinallagmatica a carico dell’Amministrazione comunale“. Questo è il nodo della sentenza.

Le convenzioni urbanistiche sono accordi ad oggetto pubblico con i quali l’Amministrazione realizza esclusivamente finalità istituzionali. Da questo deriva, dicono i giudici, “che, poiché i diritti e gli obblighi ivi previsti sono strumentali a dette finalità, anche la convenzione urbanistica non ha una specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi delle parti stipulanti, bensì si configura come accordo endo-procedimentale dal contenuto vincolante quale mezzo rivolto al fine di conseguire l’autorizzazione edilizia“. Nel caso analizzato, “in maniera singolare”, dicono i giudici, un piano urbanistico esecutivo è stato presentato solo dopo l’avvenuto conseguimento, da parte del proprietario del terreno, di un titolo idoneo ad autorizzarlo un intervento edilizio diretto. E il proprietario per ottenere il permesso di costruire, si era impegnato a realizzare un tratto di strada previsto dal PUG e cederne la proprietà al Comune.

Un impegno che, dicono i giudici, è contenuto in un atto d’obbligo sottoscritto dal proprietario che si può configurare “come atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento edilizio“. Non è vero che il Comune, come sostiene il proprietario, si sarebbe “accollato” l’impegno di realizzare la residua porzione della strada di PUG. I giudici, infatti, analizzano l’atto d’obbligo firmato in cui si legge “restando a carico del Comune di Turi l’onere di realizzare la residua porzione della strada“. Si tratta, dicono i giudici “di un mero inciso della stessa proposizione con cui ella si è obbligata “a proprie esclusive cure e spese” a realizzare la parte di strada ricadente nella sua proprietà“. Il Comune, dunque secondo i giudici del consiglio di Stato con questo atto ha impegnato e vincolato solo chi l’ha sottoscritto, “in quanto finalizzato al conseguimento del titolo abilitativo edilizio“.

In nessun caso, spiegano i giudici “i compiti di natura pubblicistica del Comune, connessi all’infrastrutturazione del territorio, possono essere legittimamente considerati quale oggetto di un vincolo sinallagmatico negoziale, assunto nei confronti di un singolo cittadino. Né un obbligo negoziale di tale natura potrebbe mai derivare dal fatto stesso del rilascio del permesso di costruire, trattandosi non già di un atto negoziale, bensì di un atto amministrativo di natura abilitativa“. Ecco perché il consiglio di Stato ha dato ragione al Comune.

Pubblicato il 21/06/2021

Sent. n. 4766/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10711 del 2019, proposto dal Comune di Turi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fulvio Mastroviti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Botti in Roma, via Monte Santo, n. 25;

contro [omissis], rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi Paccione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sede di Bari, n. 650 del 2019, resa tra le parti.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della signora [omissis];

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 maggio 2021 – tenutasi in videoconferenza da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020 – il consigliere Silvia Martino;

Viste le istanze di passaggio in decisione depositate dagli avvocati Fulvio Mastroviti e Luigi Paccione, ai sensi e per gli effetti delle citate disposizioni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al TAR per la Puglia, sede di Bari, l’odierna appellata, [omissis], domandava: – l’accertamento dell’inadempimento del Comune di Turi dell’obbligo di realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria consistenti nella costruzione:

a) della rete fognaria al servizio del complesso residenziale assentito con P.d.c. n. [omissis];

b) della porzione di strada collegante Via [omissis] e Via [omissis], giusta atto d’obbligo del 1° giugno 2011 a rogito del Notaio Domenico Amoruso da Turi, rep. N. 5941, racc. n. 4257, richiamato e recepito dal suddetto permesso di costruire; – la condanna dell’ente civico alla esecuzione delle predette opere di urbanizzazione primaria, nella prospettiva della utilizzabilità del complesso residenziale assentito con il sopra citato titolo edilizio.

1.1. La ricorrente esponeva di avere realizzato un complesso residenziale su suolo di sua proprietà, sulla base del permesso di costruire n. [omissis], e successivo permesso di costruire in variante [omissis], rilasciato dal dirigente del Settore Urbanistica e Assetto del Territorio del Comune di Turi. La deducente rammentava che l’Amministrazione comunale aveva dato il proprio assenso alla variante previa presentazione da parte sua di una serie di documenti, tra i quali “l’Atto unilaterale d’obbligo modificativo ed integrativo con impegno alla realizzazione della strada prevista dal PUG in fase di adozione, collegante, sul lato est del lotto, via [omissis] e via [omissis] limitatamente all’area di proprietà, con unica livelletta e larghezza costante di mt. 10,00 come indicato in rosso nella tavola n. 1”.

1.2. Dopo che ella aveva provveduto conformemente alla richiesta dell’Amministrazione comunale, il Dirigente del Settore Urbanistica e Assetto del Territorio del Comune di Turi aveva rilasciato il permesso di costruire n. [omissis], con la prescrizione indicata al n. 20 dell’assenso edilizio: “l’atto d’obbligo innanzi riportato e la tavola integrativa “Viabilità” costituiscono parte integrante del presente permesso, con obbligo di cessione, previo frazionamento e cura e spese del concessionario, dell’area destinata a viabilità pubblica, successivamente alla sua realizzazione , e su richiesta dell’Amministrazione comunale”. Il Comune in sostanza aveva imposto alla ricorrente la costruzione e cessione gratuita della nuova strada di PUG, restando a carico dell’Ente civico “l’onere di realizzare la residua porzione della strada, ricadente in proprietà aliena, fino al raggiungimento di via [omissis]” (così l’atto d’obbligo del 1° giugno 2011).

1.3. In data 11 giugno 2012 la ricorrente diffidava l’Amministrazione ad eseguire senza ritardi le opere di urbanizzazione primaria a suo carico (parte della strada e rete fognaria) ai fini del conseguimento della agibilità del complesso residenziale costruito sulla base del titolo edilizio n. [omissis]

1.4. Ella rappresentava, altresì, che, durante i lavori di costruzione del complesso, aveva realizzato sull’area di sua proprietà la nuova strada pubblica di PUG, come impostole dal permesso di costruire n. [omissis], senza tuttavia completarla con la posa in opera dello strato superficiale di finitura (binder e tappeto finale), allo scopo di consentire al Comune di Turi di allocare lungo il tracciato il tronco di rete fognaria previsto a servizio del complesso residenziale.

1.5. Tuttavia, nel triennio di efficacia del permesso di costruire n. [omissis], il Comune non aveva eseguito le opere di urbanizzazione a suo carico, costringendo la ricorrente a chiedere una proroga del termine finale del titolo edilizio in questione, che veniva concessa con provvedimento dirigenziale del 12 luglio 2016. La proroga del termine di inizio dei lavori di cui al PdC n. [omissis], di anni tre dalla scadenza naturale del titolo e quindi fino al 11 luglio 2018, veniva rilasciata sull’esplicita considerazione dal fatto che le opere di urbanizzazione a carico del Comune di Turi non erano state ancora completate, compromettendo, di fatto, l’utilizzabilità dei fabbricati da realizzare.

1.6. La ricorrente esponeva innanzi al TAR che, nonostante il decorso di un anno dalla concessione della proroga triennale del permesso di costruire, il Comune “persiste nel colpevole inadempimento della sua obbligazione di costruzione delle suddette opere di urbanizzazione primaria”, pur dopo aver incassato la somma di € 224.376,24 per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione e dopo aver preteso il rilascio di una polizza fideiussoria a garanzia dell’adempimento degli obblighi assunti dalla parte privata in sede di conseguimento del titolo edilizio.

2. Nella resistenza del Comune di Turi, il TAR – senza esaminare le eccezioni preliminari – accoglieva il ricorso sia “con riferimento alla domanda di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo del Comune di Turi di realizzare le opere di urbanizzazione primaria poste a carico del civico ente” sia “con riguardo alla condanna del Comune di Turi a porre in essere gli atti amministrativi idonei a dare piena attuazione alla pretesa della parte ricorrente”. Il Comune veniva condannato, altresì, alla rifusione delle spese.

3. La sentenza è stata impugnata dal Comune di Turi, il quale ha dedotto: I. Violazione dell’art. 112 c.p.c. Violazione dell’art. 100 c.p.c. Violazione degli artt. 30 e 34 c,p.a. Inammissibilità del ricorso introduttivo. Il Comune ha riproposto, innanzitutto, le eccezioni di inammissibilità del ricorso introduttivo non esaminate dal TAR. La difesa del Comune aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso presentato dalla sig.ra [omissis] [omissis] sotto un duplice profilo. Innanzi tutto perché lo stesso non risulta assistito, allo stato, da un interesse attuale e concreto, essendo in corso i procedimenti volti alla realizzazione delle opere di urbanizzazione di competenza comunale ed essendo comunque accessibile dalla strada preesistente il realizzando edificio; in secondo luogo perché la domanda proposta, implicando la richiesta di condanna dell’Amministrazione ad un facere, non rispetterebbe i limiti ed i presupposti applicativi previsti dal c.p.a., ossia il carattere vincolato dell’attività amministrativa di cui si pretende lo svolgimento, nonché la contestualità con altra azione. Il TAR non ha delibato le eccezioni proposte, in tal modo incorrendo in un evidente errore di diritto sub specie di mancata pronuncia e violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Il Comune ha quindi riproposto le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado; II. Violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 34 del c.p.a. anche in riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, 1218 e 2697 cod. civ. Inammissibilità e infondatezza del ricorso. Il TAR ha ricostruito la vicenda del presunto inadempimento imputato al Comune di Turi dell’obbligo di realizzare le opere di urbanizzazione primaria collegate al complesso edilizio autorizzato in favore della sig.ra [omissis] [omissis], in termini di violazione di obblighi contrattuali, individuando la fonte di tali obblighi nel “complesso degli atti in forza dei quali sono stati disciplinati i rapporti tra Comune di Turi e parte privata derivanti dal progetto edilizio della [omissis]” (permesso di costruire in variante n. [omissis]; atti unilaterali d’obbligo stipulati dalla [omissis] in data 2 novembre 2009 e 1° giugno 2011). Tuttavia tali atti non possono interpretarsi alla stregua del principio di cui all’art. 1173 codice civile, quale fonte contrattuale dell’obbligazione di fare, di cui viene addebitato al Comune l’inadempimento. Più in generale, nella vicenda in esame non è dato ravvisare alcun atto amministrativo o convenzionale che possa interpretarsi in tal senso. E’ noto infatti che l’atto con il quale un proprietario-costruttore si sia impegnato nei confronti del Comune, ai fini del rilascio del titolo edilizio, ad una determinata prestazione (realizzazione di opere urbanizzative, cessione di aree, ecc.) “non costituisce un contratto di diritto privato, non è riconducibile alla figura del contratto a favore di terzi, di cui all’art. 1411 c.c., né ha specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, configurandosi come atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento finale, dal quale promanano poteri autoritativi della pubblica amministrazione” (Cass. civ., sez. II, 18 settembre 2013 n. 21396). L’atto unilaterale d’obbligo impegna e vincola solo chi l’ha sottoscritto e rappresenta condizione di efficacia del permesso di costruire a rilasciarsi. Inoltre, non può costituire fonte dell’obbligazione che si assume inadempiuta nemmeno la previsione, inserita in forma incidentale nel predetto atto d’obbligo, “restando a carico del Comune di Turi l’onere di realizzare la residua porzione della strada, ricadente su proprietà aliena, fino al raggiungimento di via [omissis]”; tale obbligo trova semmai la sua fonte aliunde, ossia direttamente nella legislazione urbanistica ed edilizia; III. In subordine, violazione dell’art. 1218 cod. civ. anche in riferimento all’art. 1183. Violazione, sotto altro profilo, dell’art. 112 c.p.c. Violazione per mancata applicazione dell’art. 1460 cod. civ. Insussistenza dell’inadempimento. Infondatezza del ricorso. Anche nell’ipotesi in cui volesse accedersi alla tesi interpretativa sposata dal TAR, nessun inadempimento sarebbe comunque imputabile al Comune. In primo luogo, l’appellante ha rappresentato che sono in corso le procedure per la realizzazione delle opere urbanizzative di cui trattasi. Andrebbe poi considerato che, nella fattispecie, non esiste nemmeno un termine prefissato per l’adempimento della presunta obbligazione, del quale possa dedursi la scadenza. In secondo luogo, è incontestato tra le parti che non risulta adempiuta nemmeno l’obbligazione assunta dalla sig.ra [omissis] in forza dell’atto unilaterale d’obbligo stipulato, non essendo stato ancora completato il tratto di strada pubblica ricadente all’interno dell’area di sua proprietà. Conseguentemente l’appellata non ha nemmeno provveduto a cedere gratuitamente al Comune l’opera stradale e l’area su cui insiste. In tali condizioni, la pretesa della originaria ricorrente non si sottrarrebbe all’ eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., compendiata nel noto aforisma per cui “inademplenti non est ademplendum”. Anche sotto questo profilo, il Comune ha stigmatizzato la sentenza del TAR, che non si è pronunciato sulla relativa eccezione; 4. Violazione e malgoverno dei principi in tema di responsabilità extracontrattuale in relazione ai principi in materia di infrastrutturazione del territorio, nonché di onere della prova. Sebbene sia la ricorrente che il TAR abbiano ricostruito la fattispecie in termini di responsabilità contrattuale, il Comune ha sottolineato che, comunque, non sussisterebbero nemmeno i presupposti di una responsabilità extracontrattuale. L’obbligo, di stampo prettamente pubblicistico, di realizzare le opere di urbanizzazione primaria, gravante sul Comune alla stregua dei principi della legislazione urbanistica ed edilizia, non è sottoposto a termini precisi e tassativi per il suo assolvimento. Nel caso di specie, peraltro, non potrebbe esservi danno ingiusto, poiché il Comune ha già avviato la realizzazione delle opere, anche mediante i necessari atti di programmazione e il reperimento della provvista finanziaria occorrente; dal canto suo la controinteressata non ha mai dato inizio all’attività costruttiva in esecuzione del titolo edilizio ottenuto, nonostante il Comune le abbia concesso due proroghe. Queste ultime si sono peraltro limitate a considerare il mancato completamento delle urbanizzazioni come fatto sopravvenuto, idoneo a giustificare la concessione della proroga, ma non hanno qualificato tale circostanza come derivante da un inadempimento della parte pubblica. A ciò si aggiunga che la signora [omissis] non ha provato alcun danno causalmente collegabile al comportamento dell’Ente locale, né ha dimostrato che quest’ultimo fosse doloso ovvero colposo.

4. Si è costituita, per resistere, la signora [omissis].

5. Con memoria del 7 dicembre 2020 l’appellata ha dedotto l’irricevibilità dell’appello per violazione dei termini processuali dimidiati di cui all’art. 119 del c.p.a.

6. Il Comune di Turi ha depositato una memoria in data 11 gennaio 2021 replicando, in particolare, alla predetta eccezione, nonché rappresentando la circostanza secondo cui, successivamente ai fatti per cui è causa, l’appellata ha presentato un piano urbanistico esecutivo il cui contenuto è incompatibile con il permesso di costruire in precedenza rilasciatole.

6.1 L’appellata dal canto suo ha sostenuto che la proposta di P.U.E. non implica rinuncia al vigente P.d.C. n. [omissis] e successive varianti.

. Con l’ordinanza n. 133 del 18 gennaio 2021, sono stati sospesi gli effetti della sentenza impugnata.

8. Le parti hanno depositato memorie conclusionali.

9. L’appello, alla pubblica udienza del 6 maggio 2021, è stato riservato e quindi trattenuto per la decisione nella camera di consiglio del 13 maggio 2021.

10. In via preliminare, deve essere respinta l’eccezione di irricevibilità dell’appello. L’eccezione è infatti palesemente infondata, poiché la presente controversia non attiene direttamente né a “provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture” (art. 119 comma 1, lett. a) né a “provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità” (art. 119, comma 1, lett. f), bensì esclusivamente all’accertamento del dedotto inadempimento del Comune di Turi rispetto all’obbligo di realizzazione alcune opere di urbanizzazione. Al riguardo, l’appellante ha correttamente richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il rito abbreviato costituisce un’eccezione al rito ordinario. Pertanto, le ipotesi in cui esso trova applicazione sono tassative e non suscettibili di interpretazione analogica (cfr. Cons. Stato, Adunanza plenaria, n. 10 del 3 giugno 2011).

11. Può prescindersi, invece, dalle eccezioni di inammissibilità ovvero di improcedibilità del ricorso di primo grado, poiché l’appello va accolto nella parte in cui è stato dedotto che esso è infondato nel merito. Al riguardo, si osserva quanto segue.

12. Secondo il TAR, nella vicenda di cui trattasi, il Comune di Turi avrebbe assunto nei confronti della signora [omissis] [omissis] l’obbligo negoziale di realizzare alcune opere di urbanizzazione primaria. Tale obbligo sarebbe desumibile dal “complesso degli atti in forza dei quali sono stati disciplinati i rapporti tra Comune di Turi e parte privata derivanti dal progetto edilizio della [omissis] [omissis]”, atti specificamente individuati nell’atto unilaterale d’obbligo sottoscritto dalla ricorrente in data 01.06.2011 e nel Permesso di Costruire n. 58 del 19.07.2011, rilasciato dal Comune in variante al pdc n.69 del 10.11.2019”.

12.1. Giova ricordare che – sebbene tale profilo non sia stato specificamente evidenziato dal Comune appellante – la volontà di obbligarsi della Pubblica Amministrazione non può mai desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto “ad substantiam” (cfr. ex plurimis, Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2020, n. 7478) Inoltre, anche nell’ipotesi in cui sia stata stipulata una convenzione urbanistica, è giurisprudenza del tutto pacifica quella secondo cui il compimento effettivo delle opere di urbanizzazione non rappresenta un’obbligazione sinallagmatica a carico dell’Amministrazione comunale. Quest’ultima può quindi sempre pretendere il pagamento delle obbligazioni derivanti da tale convenzione, indipendentemente dalla realizzazione delle opere di urbanizzazione (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 2020, n. 7934). Le convenzioni urbanistiche, infatti, sono accordi ad oggetto pubblico con i quali l’Amministrazione realizza esclusivamente finalità istituzionali (Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2019, n. 1341). Ne deriva che, poiché i diritti e gli obblighi ivi previsti sono strumentali a dette finalità, anche la convenzione urbanistica non ha una “specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi delle parti stipulanti”, bensì si configura come “accordo endoprocedimentale dal contenuto vincolante quale mezzo rivolto al fine di conseguire l’autorizzazione edilizia” (Cass. civ., Sez. I, 17 aprile 2013, n. 9314; cfr., anche, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 1° agosto 2018, n. 4743, e Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 2020, n. 3058).

13.1. Ciò posto, nel caso di specie risulta che – in maniera, invero, alquanto singolare – un piano urbanistico esecutivo sia stato presentato soltanto dopo l’avvenuto conseguimento da parte dell’appellata di un titolo idoneo ad abilitarla ad eseguire un intervento edilizio diretto. In precedenza, al fine di conseguire il permesso di costruire, la signora [omissis], si era impegnata a realizzare il tratto di strada previsto dal PUG e a cederne la proprietà al Comune. Tale impegno è contenuto in un c.d. “atto d’obbligo”, da ella esclusivamente sottoscritto, che, pacificamente, la giurisprudenza configura come atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento edilizio. Non è poi affatto vero– come affermato dall’appellata nelle proprie memorie – che il Comune di Turi si sarebbe espressamente “accollato” – quale obbligo sinallagmatico negoziale – l’impegno di realizzare la residua porzione della strada di PUG. L’esatta espressione contenuta nell’atto d’obbligo a firma dell’appellata (“ – restando a carico del Comune di Turi l’onere di realizzare la residua porzione della strada – ”) è infatti un mero inciso della stessa proposizione con cui ella si è obbligata “a proprie esclusive cure e spese” a realizzare la parte di strada ricadente nella sua proprietà (cfr. la pag. 4 dell’Allegato 4 al ricorso di primo grado). Deve pertanto convenirsi con il Comune che tale atto abbia in realtà impegnato e vincolato solo chi l’ha sottoscritto, in quanto finalizzato al conseguimento del titolo abilitativo edilizio. A ciò si aggiunga che, in linea generale, in nessun caso i compiti di natura pubblicistica del Comune, connessi all’infrastrutturazione del territorio, potrebbero essere legittimamente considerati quale oggetto di un vincolo sinallagmatico negoziale, assunto nei confronti di un singolo cittadino. Né un obbligo negoziale di tale natura potrebbe mai derivare – come immotivatamente ritenuto dal TAR, nel caso di specie – dal fatto stesso del rilascio del permesso di costruire, trattandosi non già di un atto negoziale, bensì di un atto amministrativo di natura abilitativa, i cui effetti sono tipizzati ex lege.

14. In definitiva, per quanto testé argomentato, l’appello deve essere accolto Ne consegue, in riforma della sentenza impugnata, la reiezione del ricorso instaurato in primo grado. Le spese del doppio grado seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, n. 10711 del 2019, di cui in premessa, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso instaurato in primo grado.

Condanna la signora [omissis] alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio nei confronti del Comune di Turi che liquida, complessivamente, in euro 8.000,00 (ottomila/00), oltre agli accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2021 – tenutasi in videoconferenza da remoto – con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Daniela Di Carlo, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Nicola D’Angelo, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE Silvia Martino Luigi Maruotti

IL SEGRETARIO

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