22/06/2021 – La Suprema Corte si esprime sulla natura del controllo giudiziario per l’impresa destinataria di informativa antimafia.

Il controllo giudiziario è una misura di prevenzione patrimoniale giudiziaria, che, per la sua minore invasività nell’amministrazione dell’impresa, presuppone rispetto alle altre misure patrimoniali una minor grado di pericolosità di infiltrazione mafiosa.

Nei casi di maggiore pericolo di infiltrazione mafiosa non può trovare, infatti, applicazione la misura del “controllo giudiziario” ma altre più penetranti misure, come il sequestro, la confisca o quella dell’amministrazione giudiziaria prevista dall’art. 34.

Si è osservato, infatti, che tenuto conto delle diverse misure di prevenzione giudiziarie previste dall’ordinamento, non avrebbe senso l’inserimento del comma 6 nel tessuto normativo dell’art. 34 bis, ove l’iniziativa dell’imprenditore, ritenuto “contiguo” alla mafia, potesse orientare la scelta della misura di prevenzione, senza che fosse consentito al giudice della prevenzione di valutarne l’adeguatezza al caso concreto.

Secondo la relazione finale della Commissione Fiandaca, l’istituto si pone effettivamente l’obiettivo di promuovere il recupero delle imprese infiltrate dalle organizzazioni criminali, nell’ottica di bilanciare in maniera più equilibrata gli interessi che si contrappongono in questa materia.

Ma il punto di incontro tra la misura di prevenzione amministrativa dell’interdittiva antimafia e la misura di prevenzione di competenza della A.G. si colloca nell’ambito di quelle situazioni di contiguità mafiosa più sfumate e meno gravi, potendosi solo entro questi limiti, attraverso l’applicazione del controllo giudiziario effettivamente salvaguardarsi l’interesse pubblico alla continuità dell’impresa, sospendendo l’efficacia dei divieti di qualunque attività nei rapporti d’impresa con la pubblica amministrazione (contratti, concessioni o sovvenzioni pubblici), e anche quelli tra privati (autorizzazioni), qualora si reputi che tale rimedio sia sufficiente a scongiurare il pericolo dell’infiltrazione mafiosa e ad emendare l’azienda da tale situazione di rischio.

Corte di Cassazione, Sez. VI Penale, sent. del 15 giugno 2021, n. 23330/21

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