10/06/2021 – Prove di tregua fra governo e Anac

Cambia la norma della discordia. Il caso delle 32 assunzioni richieste da Busia ma estranee al Pnrr

Quella “espropriazione di poteri” ai danni dell’Anac che il presidente Giuseppe Busia ripete da giorni non ci sarà. Il Governo aveva provato a rassicurarlo già sabato, quando una norma contenuta nel decreto sulle assunzioni nella Pubblica amministrazione aveva aperto la questione, ma la frattura non si è chiusa. Ora la norma cambia e specifica, nero su bianco, il messaggio che l’Authority ha continuato fino ad ora a ritenere insufficiente. La nuova versione, messa a punto dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi di palazzo Chigi insieme alla Funzione pubblica di Renato Brunetta, dice che i poteri di indirizzo, controllo e sanzionatori in materia di anticorruzione restano di competenza esclusiva dell’Anac. Lo dice così: le nuove norme sono adottate “nel rispetto delle vigenti discipline di settore” e in particolare della legge anticorruzione del 2012. 

La modifica dell’articolo 6 del decreto prova a sancire una distensione tra il Governo e l’Anac, ma gli sviluppi di questa vicenda hanno generato intanto altre due questioni. La prima: la formulazione iniziale del decreto assegnava alla Funzione pubblica un ruolo importante (non tale, però, da configurare l’espropriazione di cui parla Busia). È bastato questo per fare uscire allo scoperto molti sindaci che hanno messo in discussione il ruolo dell’Anac. A iniziare da Matteo Ricci, primo cittadino di Pesaro, che in un’intervista a Huffpost ha parlato dell’Authority come “un altro elemento di freno del Paese”, e per finire con Giuseppe Sala, primo cittadino milanese, che ha sottolineato come così si mette a rischio la spesa per il Recovery. La seconda questione: la contesa tra l’Anac e il Governo sui poteri ha una sottotraccia e cioè una richiesta di assunzioni da parte dell’Authority che non è allineata al senso e alle necessità del Recovery, l’oggetto del decreto in questione. 

Come cambia l’articolo contestato dall’Anac

La versione iniziale dell’articolo 6 stabiliva l’obbligo, per tutte le amministrazioni pubbliche, di adottare un Piano integrato di attività e organizzazione. E questo, come specificato all’inizio dell’articolo, per rendere più trasparente l’attività amministrativa e migliorare così la qualità dei servizi attraverso la semplificazione. In pratica il senso del Recovery. Un Piano unico perché oggi sono più di venticinque, il che significa che un Comune fa il piano sulla parità di genere, quello sulla performance e via dicendo, con tutto quello che questo comporta in termini di tempi e burocrazia.

Dentro questo piano anche la definizione degli “strumenti” e “delle fasi per raggiungere gli obiettivi in materia di anticorruzione”. Un piano omnibus quindi, con dentro anche la materia dell’anticorruzione, da inviare alla Funzione pubblica, che a sua volta ha il potere di sanzionare il Comune in caso di mancata adozione del Piano. È questo il passaggio che ha fatto insorgere l’Anac alla luce del fatto che oggi il piano anticorruzione viene inviato dal Comune alla stessa Authority, soggetto controllore e sanzionatore. 

Se è vero che la norma, così come scritta, spostava la sede della verifica del piano dall’Anac alla Funzione pubblica, è altrettanto vero che il potere sanzionatorio in capo a quest’ultima era relativo solamente alla mancata adozione del piano. Non riguardava, quindi, la valutazione del lavoro fatto dal Comune per contrastare la corruzione. In più, come il Governo aveva spiegato da subito, i poteri di indirizzo e di controllo dell’Anac non venivano meno: le amministrazioni, nel definire misure e strategie sull’anticorruzione, si devono comunque attenere alla legge e agli indirizzi dell’Anac.

Come si diceva questo principio ora è esplicitato nella nuova versione dell’articolo 6. In questo modo viene reso ancora più evidente la ratio iniziale della norma e cioè avere un Piano unico che dia la visione complessiva di quello che fanno le singole amministrazioni per pianificare e attuare i processi di innovazione organizzativa. Proprio per questo la nuova versione dell’articolo lascerà alla Funzione pubblica il potere sanzionatorio sull’intero piano in caso di manca adozione, mentre per la parte sull’anticorruzione (che sarà inviata anche all’Anac) sarà l’Authority ad applicare le sanzioni già previste. 

Quelle 32 assunzioni estranee al Recovery

L’articolo 53 del decreto Semplificazioni approvato dal Consiglio dei ministri il 28 maggio stabilisce la confluenza della banca dati degli operatori economici nella banca dati dei contratti pubblici, ma lo stesso articolo dice che l’Anac deve provvedere alla tenuta di questa banca dati “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Quindi senza spese aggiuntive. Pochi giorni dopo a palazzo Chigi arriva una richiesta da parte dell’Authority: 32 assunzioni. Tutte assunzioni legate a mansioni che non sono legate al Recovery, bensì alla gestione ordinaria dall’Authority. Nella richiesta, che Huffpostha avuto modo di leggere, si fa riferimento ad esempio al fascicolo virtuale dell’operatore economico e alla qualificazione delle stazioni appaltanti. 

È la Ragioneria generale dello Stato, qualche giorno dopo, a fermare la richiesta: costa 2,88 milioni, troppo. Tra l’altro le assunzioni sono tutte a tempo indeterminato, anche qui non in linea con la traccia del Recovery che prevede assunzioni a tempo determinato, fino al 2026, in coerenza con la scadenza fissata per l’utilizzo dei 248 miliardi che arriveranno da Bruxelles. 

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