Print Friendly, PDF & Email

 La Corte costituzionale, con la sentenza 240/2021, evidenzia quel che era da sempre e da subito evidente a tutti, ma che è stato scientemente e gravissimamente ignorato: la sciaguratissima riforma Delrio delle province è incostituzionale.

La Consulta si è in particolare pronunciata sull’incostituzionalità della norma della legge 56/2014 che ha violato in modo clamoroso i principio di uguaglianza e rappresentatività, stabilendo che i sindaci dei comuni capoluogo di città metropolitane e province fossero automaticamente anche presidenti dei rispettivi enti di area vasta.

Ma la sentenza evidenzia il vero enorme, immenso vizio che pervade la devastante riforma: “l’attuazione della disciplina contenuta nella legge n. 56 del 2014 ha risentito, come già detto, della mancata approvazione del disegno di riforma costituzionale cui essa dichiaratamente si ricollegava“.

A meglio sondare la clamorosa contrarietà a Costituzione di questa norma (l’ennesima tra le moltissime dell’era del governo Renzi dichiarate incostituzionali) discende dall’introduzione di questa previsione tra le sue pieghe: “In attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione“.

Si è, cioè, consentito ad una legge ordinaria di anticipare i contenuti di un disegno riformatore che poteva essere attuato solo DOPO la riforma costituzionale, facendo sì che alcuni suoi effetti si propagassero PRIMA di tale riforma.

In sostanza, è come se ad una legge ordinaria si fosse permesso di intaccare, sia pure parzialmente, la Costituzione.

Un disastro ordinamentale senza paragoni, che ha permesso il disastro ordinamentale, finanziario ed operativo che affligge da anni province e città metropolitane.

Eppure, chi ha permesso questo scempio sta ancora lì: il personale politico che lo ha pensato e promosso è ancora sulla piazza ed i consulenti, docenti ed operatori che hanno scritto la norma e l’hanno poi incensata e divulgata, come fosse la panacea, sono ancora ad operare come niente fosse, come se gli errori gravissimi non contassero nulla.

Nessuno ha la responsabilità dello strame alla Costituzione, all’ordinamento locale, alla finanza locale, all’organizzazione, al caos creato nei servizi (scuole e strade in particolare).

Una licenza di pensare e prevedere riforme assurde, fallimentari e disastrose, sembra esistere in un ordinamento impazzito, che non possiede alcun anticorpo per evitare queste Waterloo: non si effettua alcuna valutazione preventiva di impatto, non si dà ascolto a chi mette sull’avviso delle disfunzioni, non si monitora, non si ammette l’incostituzionalità finchè la Consulta non si pronuncia sull’ovvio, soprattutto non si ammettono colpe e non si fanno mai marce indietro per correggere il tiro.

Torna in alto