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 Il Sole 24 Ore del 19.8.2021 ci informa dell’emanazione delle linee guida per la regolazione del piano traffico nelle aziende private e pubbliche:

 

Obbligate risultano le  pubbliche amministrazioni, con singole unità locali con più di 100 dipendenti ubicate in un capoluogo di Provincia o in un comune con oltre 50.000 abitanti.

Davvero si ha la netta sensazione che chi scrive simili linee guida non abbia alcuna conoscenza delle regole che disciplinano la PA.

Tutte le idee proposte sono interessantissime e condivisibili. Peccato che la normativa sul rapporto di lavoro pubblico, contratti collettivi compresi, non consenta in alcun modo di introdurre nel pubblici misure come navette aziendali o buoni mobilità, a meno di non incorrere in clamorosi danni erariali. Sì, perchè il welfare, pur enunciato nei contratti, non esiste: costa. Ed è attivabile solo nella misura in cui, non si sa come, fosse stato già regolato in precedenza (il che significa che il welfare nella stragrande maggioranza degli enti vale zero).

Di fatto, le amministrazioni possono solo sperare di poter negoziare convenzioni con le aziende di trasporto pubblico (assai poco propense), con un contratto a favore di terzi che non implichi risorse finanziarie; oppure ad agire sullo smart working, che però negli ultimi tempi è molto avversato, a partire dal vertice di Palazzo Vidoni. Oppure, sperare che i dipendenti si auto organizzino. Il che significa ottenere sempre il solito risultato: la figura del mobility manager (l’utilizzo miseramente provinciale dell’inglese trionfa da tempo) ed i piani per la mobilità non servono a nulla, sono come sempre solo burocrazia.

 

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