12/08/2021 – Il meccanismo del “cumulo alla rinfusa” non è ammesso negli appalti di lavori sui beni culturali

Tar Veneto, Sez. II, 30/ 07/ 2021, n.991

Il meccanismo del “cumulo alla rinfusa” non è ammesso negli appalti di lavori nel settore dei beni culturali.

Ed in caso di appalto di lavori su beni culturali il Consorzio di imprese artigiane ex art. 45, comma 2, lett. b), qualora indichi di eseguire in proprio le opere, deve dimostrare di possedere un’autonoma struttura di impresa .

Il Tar Veneto afferma la necessità  che il consorzio sia in possesso di una struttura d’impresa in grado di operare in proprio e quindi di conseguire in proprio (e non per la sommatoria delle qualificazioni delle consorziate) la qualificazione di cui è titolare.

La vicenda riguarda procedura per lavori OG2 in cui il Consorzio aggiudicatario ha indicato la Consorziata esecutrice qualificata per una parte dei lavori, specificando poi che la restante parte della qualificazione sarebbe stata integrata dal consorzio stesso, in possesso di iscrizione SOA alla CAT. OG2.

Secondo la ricorrente, trattandosi di appalto su beni culturali,  non è possibile qualificarsi attraverso il meccanismo del cumulo alla rinfusa che invece è stato applicato dal Consorzio.

Tar Veneto, Sez. II, 30/ 07/ 2021, n.991 accoglie il ricorso ed annulla l’aggiudicazione:

Il ricorso è fondato nei termini che seguono……………

Si tratta di una dichiarazione che sul piano letterale non appare equivocabile. Depongono chiaramente nel senso della esclusività dell’indicazione di ……… quale impresa esecutrice l’uso del singolare (“impresa consorziata indicata quale esecutrice”) e la univoca riferibilità della locuzione “parte mancante” alla qualificazione e non all’esecuzione, alla quale nella dichiarazione non viene mai fatto cenno. Né è dirimente il riferimento alla “struttura” del consorzio, atteso che per essa può intendersi sia la struttura aziendale del consorzio che l’insieme delle imprese consorziate. L’espressione complessivamente utilizzata, peraltro, richiama proprio il meccanismo di qualificazione del c.d. “cumulo alla rinfusa”, operante per i consorzi stabili, alla stregua del quale, l’impresa indicata come esecutrice può giovarsi dei requisiti di qualificazione del consorzio di cui fa parte.

Il suddetto meccanismo, però, come si è già evidenziato, non può operare negli appalti del settore dei beni culturali essendo necessario in tal caso che le imprese indicate come esecutrici siano autonomamente qualificate ad eseguire i lavori.

Che il consorzio intendesse indicare come unica esecutrice la consorziata risulta, peraltro, avvalorato sia dall’assenza di un impegno chiaramente assunto da parte del consorzio e dalla conseguente ripartizione in quote dell’esecuzione della commessa e dalla documentazione presentata in sede di procedimento di verifica dell’anomalia, in particolare, dalla relazione (unico documento redatto in forma discorsiva) che, nel descrivere le condizioni economiche dell’impresa ai fini della giustificazione del ribasso offerto, si riferisce interamente al processo produttivo della sola consorziata …..

Il consorzio …., pertanto, avrebbe dovuto essere escluso, non essendo la consorziata indicata come esecutrice in possesso dei requisiti richiesti dalla legge di gara e non essendo tali requisiti integrabili con quelli del consorzio in base al meccanismo del cumulo alla rinfusa.

Al medesimo risultato si perviene, peraltro, anche ove, volendo andare oltre il chiaro tenore della dichiarazione, si ipotizzi che il consorzio, sia pure in modo poco perspicuo, abbia inteso dichiarare di voler suddividere l’esecuzione dell’appalto con la consorziata.

Come correttamente rileva il ricorrente, anche in questo caso non risulterebbe provato il possesso dei requisiti in capo alle ditte esecutrici.

Pacifica essendo l’insufficienza dell’attestazione SOA posseduta da ….., non può ritenersi provato il requisito neppure in capo a ………..

Vero è che il controinteressato è in possesso di un’attestazione SOA adeguata all’importo dei lavori da eseguire, ma ciò non basta a provare la qualificazione del consorzio ad eseguire in proprio le prestazioni, occorrendo a tale scopo provare anche che l’attestazione sia stata maturata in proprio dal consorzio, in quanto dotato di autonoma struttura aziendale, e non in forza della sommatoria delle qualificazioni possedute dalle consorziate, diversamente incorrendosi nei divieti posti dall’art. 146 D.Lgs. 50/2016.

Tuttavia non risulta che il consorzio sia dotato di un’autonoma struttura aziendale che possa qualificarlo come consorzio stabile.

Il consorzio ……. non ha partecipato alla gara come consorzio stabile, avendo dichiarato di partecipare come consorzio di imprese artigiane, ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. b) D.lgs. 50/2016.

Ciò non ha rilievo dirimente ai fini di escludere che sia dotato di un’autonoma struttura di impresa. Secondo costante giurisprudenza, tale aspetto deve essere indagato sulla scorta di una ricostruzione sostanzialistica dei tratti identificativi del consorzio stabile, come individuati dall’art. 45, comma 2, lettera c), del d.lgs. 50/2016 (cfr. Cons. Stato, III, n. 2493/2019). Tuttavia tali elementi non risultano sufficientemente provati.

Occorre, infatti, la prova, della presenza di un’autonoma struttura di impresa, distinta da quella delle consorziate e che sia in grado di eseguire anche in proprio le prestazioni previste nel contratto. Solo in forza di ciò l’attività compiuta è imputabile al consorzio stabile (cfr. Cons. Stato, V, n. 276/2018).

Per costante giurisprudenza, infatti, “I consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa” – ed in particolare dell’elemento c.d. teleologico, costituito dalla astratta idoneità come un’autonoma struttura di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, ovvero senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le prestazioni previste nel contratto, ferma restando la facoltà per il consorzio, che abbia tale struttura, di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate (cfr. Cons. Stato, V, n. 1984/2017)”.

Nel caso di specie, al di là delle astratte asserzioni contenute nell’oggetto sociale – che, comunque, indica soltanto le finalità cui tende la compagine societaria e che, quindi, nulla può dire sulla effettiva esistenza di una struttura aziendale – non vi sono altri significativi elementi per poter affermare l’intervenuto accordo tra le consorziate per operare congiuntamente in modo da porre in essere una comune struttura d’impresa.

…………..

Tutto quanto sopra esposto impedisce di ritenere, in assenza di più pregnanti riscontri in senso contrario, che il consorzio sia in possesso di una struttura d’impresa in grado di operare in proprio e quindi di conseguire in proprio (e non per la sommatoria delle qualificazioni delle consorziate) la qualificazione di cui è titolare. Pertanto non è possibile affermare che esso avrebbe potuto dimostrare i requisiti per l’esecuzione dell’appalto nel caso in cui nella documentazione di gara fosse stato rinvenibile un espresso impegno in tal senso.

Quanto detto non smentisce le risultanze dell’attestazione SOA, ma la sua idoneità a comprovare che la qualificazione certificata sia riferibile alla struttura aziendale del consorzio, ben potendo essa riferirsi alla sommatoria dei requisiti posseduti dalle consorziate.

Pubblicato il 30/07/2021

N. 00991/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00376/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 376 del 2021, proposto da

Consorzio Stabile Rennova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Bonanni, Patrizio Giordano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Università degli Studi di Padova, in persona del Rettore in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Nicola Creuso, Stefania Lago, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Cme Consorzio Imprenditori Edili Soc. Coop., I.T.I. Costruzioni Generali S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Simone Uliana, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

– del Decreto di aggiudicazione Rep. n. 1059/2021 – Prot. n. 38961 del 17.03.2021, con cui l’Università di Padova ha disposto l’aggiudicazione definitiva, in favore di CME Consorzio Imprenditori Edili Società Cooperativa, della “procedura aperta telematica per l’affidamento dei lavori di recupero e riqualificazione del complesso “Casa dello studente A. Fusinato” di via Marzolo a Padova” (C.U.P. C94H17000500006 – CIG 839372944B);-

della comunicazione di aggiudicazione del 18.03.2021con la quale l’Università di Padova ha comunicato al Consorzio Stabile Rennova l’intervenuta aggiudicazione definitiva in favore di CME Consorzio Imprenditori Edili Società Cooperativa;

– di ogni altro atto ad essi presupposto, preordinato, connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Padova, di Cme Consorzio Imprenditori Edili Soc. Coop. e di I.T.I. Costruzioni Generali S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2021 la dott.ssa Mariagiovanna Amorizzo e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il consorzio ricorrente si è classificato secondo all’esito della “procedura aperta telematica per l’affidamento dei lavori di recupero e riqualificazione del complesso “Casa dello studente A. Fusinato” di via Marzolo a Padova”, indetta dall’Università di Padova.

Oggetto dell’appalto è l’esecuzione di lavori di recupero e riqualificazione di un edificio sottoposto a vincolo storico-artistico.

Per tale ragione, l’art. 3 del disciplinare di gara, richiedeva, in capo ai concorrenti, il possesso della attestazione SOA in categoria OG2, “Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela” classifica VI (per un importo di € 6.303.337,23; categoria di lavori prevalente e a qualificazione obbligatoria).

In conformità a quanto previsto dall’art. 146 D.lgs. 50/2016 e del D.M. 154/2017, era altresì richiesto, in caso di partecipazione alla gara di consorzi, che l’impresa consorziata indicata come esecutrice delle prestazioni fosse in possesso della specifica qualificazione SOA in cat OG2 classifica VI (“per le lavorazioni di cui alla categoria OG2 qualora eseguita da una consorziata esecutrice, quest’ultima deve qualificarsi mediante il possesso di certificazione SOA di categoria OG2, di classifica adeguata ai lavori da assumere”).

La gara si è conclusa con l’aggiudicazione disposta in favore del CME Consorzio Imprenditori Edili Società Cooperativa.

Il ricorrente deduce che, dopo aver avuto accesso agli atti, si è avveduto che la ditta indicata dal consorzio come esecutrice dei lavori non è in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal bando.

Ha, quindi, presentato un’istanza di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione deducendo che il consorzio CME ha indicato come esecutrice la società I.T.I. IMPRESA GENERALE SPA, che è in possesso di iscrizione SOA alla CAT. OG2 CLASS. III BIS, specificando, sia nel D.G.U.E. che nella domanda di partecipazione, che la restante parte della qualificazione sarebbe stata integrata dal consorzio CME, in possesso di iscrizione SOA alla CAT. OG2 CLASS. VII.

In tal modo il consorzio CME ha inteso qualificare la consorziata esecutrice attraverso il meccanismo del c.d. “cumulo alla rinfusa” che per gli appalti di lavori nel settore dei beni culturali non è ammesso.

L’Università ha trasmesso l’istanza all’aggiudicatario con richiesta di osservazioni. L’aggiudicatario, nelle controdeduzioni presentate, ha fatto presente che, contrariamente a quanto afferma Consorzio Rennova, nella domanda di partecipazione e nel D.G.U.E. CME non aveva inteso individuare I.T.I. come esclusiva esecutrice dell’appalto, avendo, invece, inteso assumere in proprio l’esecuzione della parte di lavori per i quali la consorziata non era qualificata.

Dopo aver ricevuto le controdeduzioni, la stazione appaltante non ha dato ulteriore riscontro all’istanza di autotutela.

Il Consorzio Rennova ha, quindi, impugnato l’aggiudicazione per i seguenti motivi:

1. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 47, 83, 84 e 146 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione e/o falsa applicazione del D.M. n. 154/2017. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 5 disciplinare di gara. Eccesso di potere per errore nei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, irragionevolezza ed arbitrarietà dell’azione amministrativa.

La controinteressata ha indicato come unica ditta esecutrice dei lavori una consorziata priva in proprio dei requisiti di qualificazione previsti dalla legge di gara.

Con le dichiarazioni rese nel DGUE e nella domanda di partecipazione essa avrebbe inteso qualificarsi attraverso il meccanismo del cumulo alla rinfusa che non è consentito negli appalti di lavori su beni culturali. Pertanto, avrebbe dovuto essere esclusa.

2. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 47 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione e/o falsa applicazione del D.M. n. 154/2017. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 5 disciplinare di gara. Eccesso di potere per errore nei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, irragionevolezza ed arbitrarietà dell’azione amministrativa.

La domanda di partecipazione e il DGUE non sono interpretabili nel senso indicato dal controinteressato, avendo CME indicato quale unica esecutrice la consorziata I.T.I., non essendosi in alcun modo impegnata, né nella documentazione amministrativa, né nell’offerta tecnica ad eseguire in proprio parte della commessa. Un siffatto impegno non potrebbe comunque essere soddisfatto poiché il consorzio è privo di una struttura aziendale autonoma, come dimostrerebbero la visura camerale (da cui emerge l’assenza di dipendenti con mansioni operaie e di mezzi aziendali), il bilancio del consorzio (nel quale si afferma che gli appalti sono tutti interamente assegnati alle consorziate) e le giustificazioni rese in sede di offerta, in cui si fa riferimento esclusivamente alla struttura aziendale della consorziata esecutrice.

Per le suddette ragioni, il ricorrente chiede l’annullamento dell’aggiudicazione e il risarcimento in forma specifica del danno subito, mediante aggiudicazione dell’appalto in proprio favore, previa, ove occorra, la declaratoria d’inefficacia del contratto eventualmente stipulato, e in via subordinata la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno per equivalente

Si sono costituite il consorzio controinteressato e l’Università di Padova contestando la fondatezza dell’avverso ricorso.

La domanda cautelare proposta dalla ricorrente è stata rinunciata a fronte dell’impegno assunto dalla stazione appaltante di non addivenire, nelle more della decisione del ricorso, alla stipula del contratto.

All’udienza pubblica del 14 luglio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Non è materia di contrasto tra le parti né l’interpretazione del bando, né delle norme del codice dei contratti che stabiliscono la necessità che l’esecuzione degli appalti su beni culturali avvenga a cura di un’impresa direttamente qualificata per eseguirli e che, quando a concorrere sia un consorzio, l’impresa consorziata indicata come esecutrice debba possedere in proprio i requisiti di qualificazione per l’esecuzione dei lavori stessi, con conseguente esclusione del meccanismo di qualificazione del cumulo alla rinfusa e ciò anche laddove si tratti di un consorzio stabile.

D’altronde, sul punto la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che “La specialità della disciplina riguardante i lavori nella materia dei beni culturali richiede immancabilmente il possesso dei requisiti di qualificazione in capo all’impresa consorziata designata per eseguire i lavori, non consentendo di invocare l’applicazione dell’istituto del cumulo alla rinfusa di cui all’art. 47, comma 2, del D.Lgs. n. 50 del 2016″ (ex multis, Consiglio di Stato n. 403/2019). Ciò in quanto “la finalità di tale disciplina è quella di evitare che l’intervento sui beni culturali sia effettuato da soggetti non qualificati, a prescindere dall’esistenza di un soggetto che se ne assuma la responsabilità nei confronti dell’Amministrazione. Si tratta di un profilo che attiene alla funzione di tutela dei beni culturali, che giustifica, sul piano della comparazione dei valori, anche una limitazione della regola della concorrenzialità, con il suo portato del favor partecipationis”.

Nel presente giudizio, il contrasto tra le parti sussiste su due questioni di fatto: 1) se gli atti di gara siano da interpretare nel senso che il soggetto esecutore individuato dal Consorzio sia la sola consorziata I.T.I., ovvero anche CME; 2) in tale seconda ipotesi, se possano ritenersi soddisfatti i requisiti di qualificazione in capo ai soggetti esecutori.

Il ricorrente afferma che della suddivisione della commessa tra consorzio e consorziata non vi è traccia né nella domanda di partecipazione, né nel D.G.U.E., né nell’offerta. Un impegno da parte del consorzio ad eseguire con la propria struttura parte dei lavori non è rinvenibile negli atti di gara, non essendo stata prevista alcuna suddivisione in quote delle prestazioni tra consorzio e consorziata. Il riferimento all’attestazione SOA posseduta dal consorzio contenuto nella sezione del D.G.U.E. in cui è individuata l’impresa esecutrice sarebbe stato effettuato al fine di dimostrare l’integrabilità del requisito mancante in capo all’unica esecutrice attraverso il meccanismo del c.d. cumulo alla rinfusa. Ulteriore conferma di tale assunto si ricaverebbe dalla documentazione presentata in sede di verifica di anomalia, tutta riferita ad ITI, nonché dall’assenza di un’autonoma struttura aziendale del consorzio con la quale eseguire la commessa.

CME ha opposto che: nelle dichiarazioni rese non si afferma che ITI sarebbe l’unica esecutrice. Si è, invece, associata alla consorziata la “struttura” del consorzio, intendendo affermarsi che esso avrebbe eseguito in proprio i lavori di importo superiore a quelli per i quali la consorziata è in possesso dei requisiti; tale sistema è già stato utilizzato in altra commessa, nella quale il consorzio ha eseguito i lavori insieme ad ITI, come attesta il C.E.L. rilasciato dalla stazione appaltante. Inoltre il consorzio aggiudicatario è un consorzio di imprese artigiane in tutto assimilabile ad un consorzio stabile, come dimostra l’oggetto sociale che comprende la capacità di eseguire in proprio le lavorazioni. La doglianza, pertanto, è puramente formale.

Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

Osserva il Collegio, anzitutto, che le regole in materia di interpretazione dei contratti di cui agli artt. 1362 c.c. sono applicabili anche agli atti unilaterali, tra i quali rientra la domanda di partecipazione ad un appalto pubblico. Ciò posto, particolare rilievo assume in questa sede la disposizione dell’art. 1363 c.c. secondo la quale « le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto ».” (T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II, 28/01/2016, n.1242).

La dichiarazione resa dal consorzio controinteressato nel D.G.U.E. e nella domanda di partecipazione è del seguente tenore: “IMPRESA CONSORZIATA INDICATA QUALE ESECUTRICE DEI LAVORI: I.T.I. IMPRESA GENERALE SPA con sede in MODENA – Via Portogallo n. 60 – C.F. e P.IVA: 01029050364 in possesso di iscrizione SOA alla CAT. OG2 CLASS. III BIS e la parte mancante viene soddisfatta tramite la struttura dello scrivente consorzio che è in possesso di iscrizione SOA alla CAT. OG2 CLASS. VII]”.

Si tratta di una dichiarazione che sul piano letterale non appare equivocabile. Depongono chiaramente nel senso della esclusività dell’indicazione di I.T.I. quale impresa esecutrice l’uso del singolare (“impresa consorziata indicata quale esecutrice”) e la univoca riferibilità della locuzione “parte mancante” alla qualificazione e non all’esecuzione, alla quale nella dichiarazione non viene mai fatto cenno. Né è dirimente il riferimento alla “struttura” del consorzio, atteso che per essa può intendersi sia la struttura aziendale del consorzio che l’insieme delle imprese consorziate. L’espressione complessivamente utilizzata, peraltro, richiama proprio il meccanismo di qualificazione del c.d. “cumulo alla rinfusa”, operante per i consorzi stabili, alla stregua del quale, l’impresa indicata come esecutrice può giovarsi dei requisiti di qualificazione del consorzio di cui fa parte.

Il suddetto meccanismo, però, come si è già evidenziato, non può operare negli appalti del settore dei beni culturali essendo necessario in tal caso che le imprese indicate come esecutrici siano autonomamente qualificate ad eseguire i lavori.

Che il consorzio intendesse indicare come unica esecutrice la consorziata risulta, peraltro, avvalorato sia dall’assenza di un impegno chiaramente assunto da parte del consorzio e dalla conseguente ripartizione in quote dell’esecuzione della commessa e dalla documentazione presentata in sede di procedimento di verifica dell’anomalia, in particolare, dalla relazione (unico documento redatto in forma discorsiva) che, nel descrivere le condizioni economiche dell’impresa ai fini della giustificazione del ribasso offerto, si riferisce interamente al processo produttivo della sola consorziata I.T.I.

Il consorzio CME, pertanto, avrebbe dovuto essere escluso, non essendo la consorziata indicata come esecutrice in possesso dei requisiti richiesti dalla legge di gara e non essendo tali requisiti integrabili con quelli del consorzio in base al meccanismo del cumulo alla rinfusa.

Al medesimo risultato si perviene, peraltro, anche ove, volendo andare oltre il chiaro tenore della dichiarazione, si ipotizzi che il consorzio, sia pure in modo poco perspicuo, abbia inteso dichiarare di voler suddividere l’esecuzione dell’appalto con la consorziata.

Come correttamente rileva il ricorrente, anche in questo caso non risulterebbe provato il possesso dei requisiti in capo alle ditte esecutrici.

Pacifica essendo l’insufficienza dell’attestazione SOA posseduta da ITI, non può ritenersi provato il requisito neppure in capo a CME.

Vero è che il controinteressato è in possesso di un’attestazione SOA adeguata all’importo dei lavori da eseguire, ma ciò non basta a provare la qualificazione del consorzio ad eseguire in proprio le prestazioni, occorrendo a tale scopo provare anche che l’attestazione sia stata maturata in proprio dal consorzio, in quanto dotato di autonoma struttura aziendale, e non in forza della sommatoria delle qualificazioni possedute dalle consorziate, diversamente incorrendosi nei divieti posti dall’art. 146 D.Lgs. 50/2016.

Tuttavia non risulta che il consorzio sia dotato di un’autonoma struttura aziendale che possa qualificarlo come consorzio stabile.

Il consorzio CME non ha partecipato alla gara come consorzio stabile, avendo dichiarato di partecipare come consorzio di imprese artigiane, ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. b) D.lgs. 50/2016.

Ciò non ha rilievo dirimente ai fini di escludere che sia dotato di un’autonoma struttura di impresa. Secondo costante giurisprudenza, tale aspetto deve essere indagato sulla scorta di una ricostruzione sostanzialistica dei tratti identificativi del consorzio stabile, come individuati dall’art. 45, comma 2, lettera c), del d.lgs. 50/2016 (cfr. Cons. Stato, III, n. 2493/2019). Tuttavia tali elementi non risultano sufficientemente provati.

Occorre, infatti, la prova, della presenza di un’autonoma struttura di impresa, distinta da quella delle consorziate e che sia in grado di eseguire anche in proprio le prestazioni previste nel contratto. Solo in forza di ciò l’attività compiuta è imputabile al consorzio stabile (cfr. Cons. Stato, V, n. 276/2018).

Per costante giurisprudenza, infatti, “I consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa” – ed in particolare dell’elemento c.d. teleologico, costituito dalla astratta idoneità come un’autonoma struttura di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, ovvero senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le prestazioni previste nel contratto, ferma restando la facoltà per il consorzio, che abbia tale struttura, di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate (cfr. Cons. Stato, V, n. 1984/2017)”.

Nel caso di specie, al di là delle astratte asserzioni contenute nell’oggetto sociale – che, comunque, indica soltanto le finalità cui tende la compagine societaria e che, quindi, nulla può dire sulla effettiva esistenza di una struttura aziendale – non vi sono altri significativi elementi per poter affermare l’intervenuto accordo tra le consorziate per operare congiuntamente in modo da porre in essere una comune struttura d’impresa.

Infatti, sotto il profilo formale, al di là delle asserzioni, invero generiche, dell’oggetto sociale, non si rinvengono nello statuto depositato in atti obblighi per le consorziate di mettere a disposizione del consorzio mezzi o maestranze, sì che possa affermarsi che in virtù del rapporto consortile sia stata costituita una realtà aziendale autonoma.

Gli obblighi dei consorziati, indicati all’art. 7 dello statuto si limitano al versamento di contributi per il perseguimento degli scopi mutualistici, senza alcun vincolo concernente la messa a disposizione dei mezzi di produzione. Inoltre, all’art. 18 si afferma che verrà retribuito ai soci quanto riscosso per l’attività da essi prestata, salvo le spese necessarie per i singoli lavori svolti e per le spesse generali, che vengono trattenute dal consorzio. Manca un qualsivoglia riferimento all’attività comune d’impresa, mentre emerge esclusivamente la previsione dello svolgimento di attività mutualistica volta al procacciamento di commesse.

A tale assenza di riferimenti nello statuto corrisponde l’assenza di riferimenti concreti all’esercizio di una comune attività di impresa o comunque di una struttura d’impresa autonoma in capo al consorzio. Il consorzio, infatti, è privo di personale dipendente con mansioni operaie e di mezzi di produzione. Inoltre nel bilancio depositato in atti il consorzio sembra finanche ammettere lo svolgimento in via esclusiva di attività mutualistica consistente nell’assegnazione delle commesse alle consorziate (“il rapporto tra la società e imprese socie si caratterizza per il fatto che i contratti acquisiti vengono assegnati, per l’esecuzione, alle associate alle medesime condizioni economiche definite con le stazioni appaltanti. Essendo il rischio di commessa in capo alle ditte assegnatarie, la società, per tali lavori, normalmente non si trova esposta a rischi di mercato, credito, prezzo e liquidità, in quanto gli stessi ricadono interamente sulle assegnatarie dei lavori, se e in quanto siano in “bonis”, tenuto conto che tutti i contratti sono stipulati direttamente dal CME”).

Tutto quanto sopra esposto impedisce di ritenere, in assenza di più pregnanti riscontri in senso contrario, che il consorzio sia in possesso di una struttura d’impresa in grado di operare in proprio e quindi di conseguire in proprio (e non per la sommatoria delle qualificazioni delle consorziate) la qualificazione di cui è titolare. Pertanto non è possibile affermare che esso avrebbe potuto dimostrare i requisiti per l’esecuzione dell’appalto nel caso in cui nella documentazione di gara fosse stato rinvenibile un espresso impegno in tal senso.

Quanto detto non smentisce le risultanze dell’attestazione SOA, ma la sua idoneità a comprovare che la qualificazione certificata sia riferibile alla struttura aziendale del consorzio, ben potendo essa riferirsi alla sommatoria dei requisiti posseduti dalle consorziate.

A provare un’autonoma capacità esecutiva neppure può bastare il C.E.L. depositato in atti, poiché ai sensi dell’art. 86, comma 8, d.p.r. 207/2010, ai fini della qualificazione i lavori sono attribuiti al consorzio di imprese artigiane ed alle consorziate esecutrici sulla base di una deliberazione del consorzio e non in base ai lavori effettivamente eseguiti dalla struttura consortile.

Infine, in punto di diritto non può ricavarsi alcun principio dalla sentenza del C.G.A.R.S. n. 49/2021 poiché tale pronuncia, dopo aver richiamato i principi in materia di qualificazione dei consorzi negli appalti di lavori su beni culturali innanzi richiamate, e su cui le parti concordano, accoglie il gravame solo per difetto di motivazione sull’interesse pubblico all’annullamento in autotutela, non avendo la s.a. verificato la concreta possibilità del consorzio di eseguire in proprio le prestazioni, così confermando che solo a tale condizione possa ritenersi surrogabile la carenza di requisiti della consorziata indicata come esecutrice.

In conclusione, il ricorso è fondato.

Tenuto conto che il contratto non è stato stipulato, la gara deve essere aggiudicata, previe le dovute verifiche, al ricorrente secondo classificato.

Resta assorbita, per difetto di rilevanza, la richiesta risarcitoria per equivalente formulata in via subordinata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio tenutasi da remoto il 14 luglio 2021 in modalità videoconferenza, con l’intervento dei magistrati:

Marco Rinaldi, Presidente FF

Daria Valletta, Referendario

Mariagiovanna Amorizzo, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Mariagiovanna Amorizzo   Marco Rinaldi

IL SEGRETARIO

 

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