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Concorso pubblico

di Marcello Lupoli – Dirigente P.A.

E’ illegittimo il provvedimento con il quale sia stata pubblicata la graduatoria di un concorso pubblico nel caso in cui i criteri di valutazione dei titoli siano stati fissati dalla commissione giudicatrice dopo l’esame delle istanze di partecipazione pervenute alla P.A. e non prima.

A tale conclusione perviene il T.A.R. Sicilia, sez. Catania, con la sentenza n. 1641 del 30 luglio 2018.

Ed invero, i giudici amministrativi etnei sono stati chiamati a pronunciarsi in ordine alla doglianza avanzata da un partecipante ad un concorso pubblico bandito da un’azienda sanitaria (finalizzato all’assegnazione di un incarico libero professionale per psicologi di durata annuale), mirante ad ottenere l’annullamento, previa sospensione cautelare degli effetti, del provvedimento con il quale era stata disposta la pubblicazione degli esiti. In particolare, la principale censura sollevata dalla parte ricorrente ha riguardato l’agere della commissione giudicatrice, avendo la stessa proceduto alla determinazione dei criteri di valutazione dei titoli dopo aver esaminato i curricula dei candidati e non prima, come imporrebbe la garanzia di assicurare l’imparzialità e la correttezza del giudizio valutativo.

I giudici amministrativi siciliani hanno ritenuto fondato e degno di accoglimento il suddetto motivo di censura avanzato.

Il collegio, nel prendere le mosse dal verbale redatto dalla commissione di concorso in occasione della prima seduta, evidenzia come si appalesi che i criteri di valutazione dei titoli siano stati elaborati dopo la disamina delle istanze di partecipazione dei candidati e non prima, come sarebbe stato doveroso.

Ed infatti, la parte motiva della pronuncia in commento si fonda sulla considerazione che la “determinazione dei criteri di valutazione dei titoli […] costituisce un momento essenziale e decisivo per la legittimità dell’intera procedura, poiché funzionale a garantire la trasparenza e l’imparzialità dell’intero operato e del giudizio della Commissione”.

Come da orientamento giurisprudenziale ormai risalente e richiamato nella sentenza de qua (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. II, 22 novembre 1989, n. 1025; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 28 settembre 1989, n. 506; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 10 luglio 1997, n. 1506; T.A.R. Marche, Sez. I, 11 gennaio 2013, n. 34), è necessario che “nei concorsi pubblici, al fine di garantire la regolarità del procedimento valutativo e di evitare che la cognizione preventiva dei titoli posseduti dai ricorrenti determini criteri non obiettivi, […] la determinazione dei criteri di valutazione dei titoli vada effettuata in astratto e nella prima seduta della commissione giudicatrice”.

Il suddetto principio, affermato dapprima in via giurisprudenziale, è stato riconosciuto nel 1994 dal D.P.R. n. 487 (“Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi”), ove all’art. 12 (nel testo come modificato dal D.P.R. n. 693 del 1996) è statuito, tra l’altro, che “Le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove”.

Orbene, il “garantire l’imparziale svolgimento ed il buon andamento della procedura concorsuale, in ossequio ai principi di cui all’art. 97Cost.” costituisce il fine perseguito dal principio sopra delineato, in quanto il momento temporale di svolgimento delle attività in parola da parte della commissione esaminatrice deve collocarsi in una fase della sequenza procedimentale tale da non poter neppure far sorgere il sospetto che la fissazione dei criteri di valutazione sia stata effettuata al fine di favorire o meno alcuni concorrenti, di guisa che la determinazione dei criteri di valutazione dei titoli effettuata in astratto, in modo completo ed analitico, nella prima seduta della commissione, prima di prendere visione dei titoli prodotti dai partecipanti alla selezione pubblica, esclude ab imis la possibilità di adottare criteri non obiettivi al fine di favorire taluno dei candidati.

E’ di palmare evidenza come l'”universalità dei principi tutelati e la rilevanza costituzionale degli stessi” abbiano indotto la giurisprudenza a ritenere applicabile la disposizione dell’art. 12 in parola anche ai concorsi indetti da amministrazioni pubbliche diverse da quelle statali (in merito, cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 1 dicembre 2015, n. 13528 e T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 5 aprile 2016, n. 877).

In nuce, i principi guida del delineato orientamento sono ben compendiati nella pronuncia n. 3062 del 2012 resa dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, secondo cui “il principio della previa fissazione dei criteri e delle modalità delle prove concorsuali che, secondo la previsione del ricordato articolo, devono essere stabiliti dalla commissione nella sua prima riunione (o tutt’al più prima della correzione delle prove scritte), deve essere inquadrato nell’ottica della trasparenza dell’attività amministrativa perseguita dal legislatore, che pone l’accento sulla necessità della determinazione e verbalizzazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti, con la conseguenza che è legittima la determinazione dei predetti criteri di valutazione delle prove concorsuali, anche dopo la loro effettuazione, purché prima della loro concreta valutazione (Cons. di Stato, Sez. IV, 22 settembre 2005, n. 4989)”, di guisa che “la predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove scritte costituisce lo strumento indispensabile per poter apprezzare poi il giudizio della commissione esaminatrice ed il corretto esercizio del suo potere tecnico – discrezionale, sintetizzato dal voto numerico (Cons. di Stato, Sez. V, 4 marzo 2011, n. 8439)”.

Nella fattispecie concreta scrutinata dai giudici amministrativi etnei non è stata rinvenuta, da parte del collegio, l’applicazione dei menzionati principi, atteso che – come già dianzi evidenziato – la commissione giudicatrice aveva proceduto alla determinazione dei criteri di valutazione dei titoli posseduti dai candidati dopo l’esame preliminare delle domande dei partecipanti, e quindi dopo aver preso visione dei titoli da costoro allegati, con l’effetto che la realizzata inversione procedimentale aveva implicato il vulnus dei richiamati principi di imparzialità, buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa.

Tale approdo è vieppiù confermato dalla circostanza che l’Amministrazione resistente non ha confutato per tabulas l’assunto sostenuto dalla parte ricorrente.

Orbene, ad avviso dei giudici amministrativi siciliani di prime cure, l’argomentazione addotta a sostegno del motivo di ricorso è da ritenersi fondata, con conseguente annullamento di tutti gli atti oggetto di censura ed assorbimento degli altri motivi di doglianza.

T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, sentenza 30 luglio 2018, n. 1641

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