Print Friendly, PDF & Email

Alla Corte costituzionale l’automaticità delle conseguenze derivanti dalla dichiarazione mendace

 

Procedimento amministrativo – Dichiarazione sostitutiva atto di notorietà – Dichiarazione falsa – Conseguenza – Art. 75, d.P.R. n. 445 del 2000 – Conseguenza – Decadenza automatica del beneficio – Violazione art. 3 Cost. – Rilevante e non manifestamente infondata.

E’ rilevante e non manifestamente infondata, per violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 75, d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, nella parte in cui introduce un automatismo legislativo tra la non veridicità della dichiarazione resa dall’interessato e la perdita dei benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera (1).

(1) Analoga rimessione è stata disposta dalla Sezione con ordinanze 23 ottobre 2018, n. 153125 ottobre 2018, n. 1552 e 17 settembre 2018, n. 1346.

Ha chiarito la Sezione che le conseguenze decadenziali (definitive) dal beneficio (peraltro, latu sensusanzionatorie), legate alla non veridicità obiettiva della dichiarazione e, a fortiori, l’impedimento a conseguire il beneficio medesimo, ai sensi del citato art. 75, d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, appaiono irragionevoli e incostituzionali, contrastando con il principio di proporzione, che è alla base della razionalità che, a sua volta, informa il principio di uguaglianza sostanziale, ex art. 3 Cost.. E tanto ove si considerino (innanzitutto e in via dirimente) il meccanico automatismo legale (del tutto “slegato” dalla fattispecie concreta) e l’assoluta rigidità applicativa della norma in questione, che (da un lato) impone tout court (senza alcun distinguo, né gradazione) la decadenza dal beneficio (o l’impedimento al conseguimento dello stesso), a prescindere dall’effettiva gravità del fatto contestato (sia per le fattispecie in cui la dichiarazione non veritiera riveste un’incidenza del tutto marginale rispetto all’interesse pubblico perseguito dalla P.A., sia per quelle nelle quali tale dichiarazione risulta in netto contrasto con tale interesse, riservando, quindi, il medesimo trattamento a situazioni di oggettiva diversa gravità), e (dall’altro) non consente di escludere nemmeno le ipotesi di non veridicità delle autodichiarazioni su aspetti di minima rilevanza concreta, con ogni possibile (e finanche prevedibile) abnormità e sproporzione delle relative conseguenze, rispetto al reale disvalore del fatto commesso.

Ha aggiunto la Sezione che è ben vero, infatti, che l’art. 75, d.P.R. n. 445 del 2000 deve qualificarsi quale norma generale di semplificazione amministrativa. Tuttavia, proprio in quanto tale, la suddetta norma, se, da un lato, è sicuramente volta a rendere più efficiente ed efficace l’azione dell’Amministrazione pubblica (buon andamento, ai sensi dell’art. 97 Cost.), dall’altro è (altrettanto inequivocabilmente) finalizzata a garantire i diritti dei singoli costituzionalmente tutelati e di volta in volta coinvolti nel procedimento amministrativo attivato (e nell’ambito del quale sono state rese le autodichiarazioni medesime): si pensi, ad esempio, al diritto allo studio (art. 34), al diritto alla salute (art. 32), al diritto al lavoro (artt. 4 e 35), al diritto all’assistenza sociale (art. 38), al diritto di iniziativa economica privata (art. 41). Sicchè, anche nella prospettiva del necessario bilanciamento degli interessi costituzionali coinvolti (nonché della massima espansione possibile delle relative tutele), il rigido automatismo applicativo (in uno ai correlati e definitivi effetti preclusivi e/o decadenziali) si rivela, in concreto, lesivo del doveroso equilibrio fra le diverse esigenze in gioco, e persino tale da pregiudicare definitivamente proprio quei diritti costituzionali del singolo alla cui migliore e più rapida realizzazione la norma di semplificazione de qua è, in definitiva, finalizzata.

Torna in alto