22/11/2018 – Condizioni e prescrizioni all’interno dei titoli abilitativi: il caso della sanatoria edilizia

Condizioni e prescrizioni all’interno dei titoli abilitativi: il caso della sanatoria edilizia

di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
Il caso deciso dal Consiglio di Stato con la Sentenza n. 6327 del 9 novembre 2018 permette di approfondire il tema relativo alla legittimità delle prescrizioni e delle condizioni contenute negli atti autorizzativi con riferimento alla materia edilizia, e in particolare alla sanatoria.
La proprietà ha presentato istanza di condono per due manufatti abusivi entrambi ad uso magazzino. Concluso il procedimento, il Comune ha rilasciato il provvedimento richiesto. L’atto di assenso ha però rinviato al parere della Commissione edilizia che ha prescritto determinati adempimenti, che vale la pena riportare per concretizzare l’esempio: presentazione di un progetto di adeguamento tipologico-formale richiedente murature perimetrali intonacate e tinteggiate e copertura in tegole di laterizio rosso tipo marsigliesi. In più, l’atto ha qualificato le prescrizioni impartite quali parte essenziale del permesso di costruire in sanatoria. I lavori di adeguamento dell’opera abusiva alle condizioni dettate dalla Commissione edilizia dovevano essere improrogabilmente ultimate entro 12 mesi dal ritiro del permesso. L’esecuzione delle prescrizioni, mai avvenuta, era stata espressamente indicata come elemento condizionante l’efficacia del permesso, cioè a dire che in caso di mancata esecuzione nei tempi previsti, il permesso rimaneva privo di effetti, e pertanto per gli immobili interessati sarebbe perdurata la condizione di abusivismo.
Successivamente, la proprietaria ha alienato detti beni, e nell’atto notarile era stata esplicitata la prescrizione inerente i lavori da eseguire, che gli aventi causa si impegnavano a realizzare lasciando indenne la cedente da ogni responsabilità a riguardo.
A seguito di segnalazione, il Comune ha svolto accertamenti su tali beni, constatando che i lavori oggetto di prescrizione non erano mai stati eseguiti. Questa circostanza, secondo l’amministrazione, ha comportato la decadenza del permesso di costruire, che imponeva l’esecuzione delle opere entro un tempo ormai trascorso (12 mesi dal ritiro dell’atto). Il venir meno del provvedimento implicava inoltre una serie di conseguenze sulla condizione dei beni, che tornavano ad essere abusivi, e pertanto il Comune ha intimato alla nuova proprietà di procedere allo sgombero e alla demolizione finalizzata al ripristino dello stato dei luoghi.
Il Tribunale, adito dalla proprietà, ha accolto il ricorso ritenendo illegittima la clausola prescrittiva, perché attinente a profili soltanto estetici e non a parametri urbanistico-edilizi. Di conseguenza, è stata considerata come non apposta e dunque non in grado di invalidare il permesso in sanatoria rilasciato.
L’appello davanti al Consiglio di Stato
Il Comune ha presentato appello nei confronti della Sentenza di primo grado, eccependo che la prassi di apporre prescrizioni a corredo dei titoli autorizzativi edilizi è riconosciuta legittima anche dalla giurisprudenza. Ne consegue che, a fronte della legittimità della prescrizione contenuta nell’atto autorizzativo, la stessa doveva essere adempiuta nei tempi previsti, e in mancanza riflettersi negativamente sulla validità del permesso.
Il Collegio ha rilevato che per orientamento consolidato è da tempo ammesso l’istituto del provvedimento abilitativo condizionato. Nel caso in commento, si è trattato di una prescrizione (la richiesta di presentazione di un progetto di adeguamento tipologico-formale), che se non adempiuta avrebbe comportato l’inefficacia della sanatoria.
In passato, la dottrina escludeva la possibilità di inserire condizioni o prescrizioni all’interno dei provvedimenti amministrativi. Questo perché l’atto amministrativo era costruito all’interno della teoria generale degli atti giuridici, a sua volta improntata su quella positiva del negozio giuridico di matrice tedesca. Alla luce di questa ricostruzione tradizionale, non si ammetteva l’apposizione di elementi accidentali nel provvedimento amministrativo.
Ragioni di speditezza dell’attività amministrativa militano da tempo in una direzione diversa da quella della dottrina tradizionale. Accettare che l’atto autorizzativo possa presentare condizioni e/o prescrizioni al darsi delle quali sono subordinati gli effetti del provvedimento stesso, significa sopprimere il passaggio burocratico costituito dal diniego. Se infatti l’amministrazione subordina l’effetto autorizzativo al verificarsi di un determinato evento o all’adempimento di una specifica azione, significa che senza questa previsione l’istanza avrebbe dovuto concludersi con un diniego tout court. In seguito, il richiedente avrebbe l’onere di ripresentare la domanda alle nuove condizioni richieste, per poi ottenere l’agognato titolo autorizzativo. Prevedere la possibilità di emettere il titolo già in prima battuta, ma esplicitando le condizioni/prescrizioni necessarie perché si producano gli effetti richiesti, consente al privato un notevole risparmio in termini di tempi e adempimenti burocratici.
Prescrizioni e condizioni
A voler distinguere sul piano teorico le condizioni dalle prescrizioni, potremmo ipotizzare per le prime la necessità che si verifichi o meno un determinato evento, che potrebbe anche rimanere esterno alla sfera del destinatario dell’atto (si pensi ad un’autorizzazione allo sparo di fuochi d’artificio rilasciata a condizione che non venga emanato lo stato di massima pericolosità per gli incendi boschivi prima del giorno programmato per lo sparo dei fuochi). Le prescrizioni si approssimano invece ad azioni, adempimenti e comportamenti anche omissivi, che interessano direttamente la sfera del destinatario dell’atto.
Alcuni esempi: l’attività consultiva
Anche la prassi in uso presso gli organi di controllo ci indirizza nel senso di ritenere del tutto legittima l’apposizione delle condizioni all’interno dei pareri favorevoli (si pensi al “parere favorevole condizionato” dei Vigili del Fuoco sulle istanze di valutazione progetto), emanati sul presupposto che la mancata osservazione delle condizioni comporta un’espressione negativa.
Un settore dove nella prassi si fa largo uso soprattutto di prescrizioni è la materia ambientale. L’Autorizzazione unica ambientale è rilasciata nel rispetto delle prescrizioni contenute negli allegati, di solito distinti per ognuna delle matrici interessate.
Le prescrizioni nella sanatoria edilizia: requisiti
La sentenza n. 6327 del 2018 conclude affermando che non è di per sé vietato, ma è ammissibile inserire nella concessione edilizia, in via generale ed in mancanza di specifiche disposizioni di legge contrarie, prescrizioni a tutela sia dell’ambiente, sia del tessuto e del decoro abitativo. Anzi, è proprio in sede di procedura in sanatoria che le esigenze di valutazione dell’impatto sul tessuto urbano sono maggiormente sentite. Le prescrizioni non devono però contrastare con la natura e la tipicità del provvedimento, non devono snaturare l’atto (negandone la funzione) o imporre sacrifici ingiustificabili, sproporzionati o immotivati. Il permesso di costruire in sanatoria può dunque legittimamente introdurre o recepire prescrizioni intese ad imporre correttivi sull’esistente o a mitigare l’impatto paesaggistico del manufatto in modo da renderlo più coerente con il contesto ambientale, purché si tratti di integrazioni minime o, comunque, tali da agevolare una sanatoria altrimenti non rilasciabile.

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