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Accesso ai documenti relativi allo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazione mafiosa

Processo amministrativo – Competenza – Accesso ai documenti – Documenti relativi allo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazione mafiosa – Competenza Tar periferico.
Accesso ai documenti – Documenti classificati “riservati” – Motivazione sulla riservatezza – Necessità.
     Rientra nella competenza del Tar periferico e non in quella del Tar Lazio, sede di Roma, ex art. 135, comma 1, lett. q), c.p.a., la controversia avente ad oggetto il diniego di accesso agli atti relativi allo scioglimento di un Consiglio comunale per infiltrazione mafiosa, e ciò in quanto la norma del Codice del processo amministrativo che individua le competenze inderogabili del Tar Lazio sono eccezionali e derogatorie dei principi generali in materia di competenza dettate dagli artt. 13 e ss. c.p.a. e quindi non estensibili in via analogica (1).
E’ illegittimo il diniego di accesso ai documenti relativi allo scioglimento di un Consiglio comunale per infiltrazione mafioso opposto per il carattere della riservatezza degli stessi, senza che sia motivato, in modo rigoroso, l’esistenza di eventuali e concrete ragioni di eccezionale prevalenza dell’esigenza di riservatezza su quella della tutela in giudizio dei diritti e degli interessi dell’istante (2).
(1) Ha chiarito il Tar che il collegamento fra la fattispecie dedotta in giudizio e quella oggetto di (previsione normativa di) competenza territoriale derogata è labile concernendo il gravame la materia dell’accesso agli atti, solo incidentalmente connessa con quella contemplata dalla lett. q) del comma 1 dell’art. 135 c.p.a., e comunque del tutto estranea alle esigenze e ragioni correlate alla territorialità della fattispecie che giustificano l’attrazione della competenza presso il Tar centrale, con sacrificio della prossimità della giustizia.
(2) Ha chiarito la giurisprudenza (Tar Catania n. 2418 del 2013) che l’art. 3 comma 1, d.m. dell’Interno 10 maggio 1994, n. 415 (recante il regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti all’ accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell’art. 24, comma 4, ora comma 6, l. 7 agosto 1990, n. 241), deve essere interpretato in senso non strettamente letterale, giacché altrimenti sorgerebbero dubbi sulla sua legittimità, in quanto si determinerebbe una sottrazione sostanzialmente generalizzata alle richieste ostensive di quasi tutti i documenti formati dall’Amministrazione dell’Interno, con palese frustrazione delle finalità perseguite dalla l. 7 agosto 1990, n. 241″ (Tar Latina n. 263 del 2012 e Tar Milano n. 873 del 2013). Coerentemente, è stato dato rilievo preminente al diritto di accesso, osservando che ” (…) il comma 7 dello stesso art. 24 – sulla scorta dell’insegnamento di Cons. St., A.P., 7 febbraio 1997, n. 5, recepito nella norma con le novelle operate dall’art. 22, l. 13 febbraio 2001, n. 45; dal comma 1 dell’art. 176, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196; nonché dall’art. 16, l. 11 febbraio 2005, n. 15 – non potrebbe essere più chiaro nello specificare che, in ogni caso (ossia anche nei casi in cui si tratti di atti sottraibili all’accesso mediante i regolamenti attuativi dei commi precedenti), “Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici” (Cga n. 722 del 2012)”.
Dal che discende, vertendosi in materia di giurisdizione sul diritto soggettivo d’accesso, la necessità di disapplicare il citato regolamento in ipotesi – che qui la Prefettura ha praticato – di interpretazione letterale dello stesso (Tar Friuli Venezia Giulia n. 158 del 2014).
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