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La controversia avente ad oggetto l’autorizzazione allo svolgimento di attività lavorativa extra appartiene alla giurisdizione del G.O.

di Marcello Lupoli – Dirigente P.A.

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, e non in quella del giudice amministrativo, una controversia avente ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti di diniego in ordine alla richiesta di autorizzazione allo svolgimento di diversa attività lavorativa al di fuori dell’orario di lavoro e/o extra impiego.

Tanto, alla stregua di quanto previsto dall’art. 63, comma 1, D.Lgs. n. 165 del 2001, avendo gli atti impugnati natura, indiscutibilmente, di atti di gestione del rapporto di lavoro (che è ricompreso nel cd. pubblico impiego contrattualizzato) ed essendo, perciò, la loro cognizione devoluta al G.O..

E’ questa, in sintesi, la conclusione alla quale addiviene la I sezione del T.A.R. Veneto con la sentenza 23 ottobre 2018, n. 982.

La fattispecie concreta portata all’attenzione dei giudici amministrativi lagunari concerneva il ricorso finalizzato ad ottenere, previa sospensione dell’esecuzione, l’annullamento dei provvedimenti di diniego relativamente alla richiesta avanzata da un dipendente comunale di autorizzazione allo svolgimento di una diversa attività lavorativa (nella specie, si trattava dell’attività di imprenditore agricolo) al di fuori dell’orario di lavoro e/o extra impiego.

Preliminarmente i giudici devono affrontare l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione dell’adito G.A. sollevata dall’amministrazione costituita in giudizio, atteso che – come precisa la sentenza in disamina – “l’analisi della questione di giurisdizione assume carattere prioritario rispetto ad ogni altra, giacché il difetto di giurisdizione del giudice adito lo priva del potere di esaminare qualsiasi profilo della controversia, in rito e nel merito” e che “il potere del giudice adito di definire la controversia sottoposta al suo esame postula che su di essa egli sia munito della potestas iudicandi, la quale è un imprescindibile presupposto processuale della sua determinazione”.

Tanto premesso, i giudici amministrativi veneziani ritengono di declinare la giurisdizione nella fattispecie concreta che ne occupa, in quanto, ai sensi dell’art. 63, comma 1, D.Lgs. n. 165 del 2001, gli atti impugnati hanno natura di atti di gestione del rapporto di lavoro, con conseguente cognizione del G.O. in funzione di giudice del lavoro.

La sentenza in esame offre il destro per effettuare una ricognizione dell’orientamento giurisprudenziale in materia, segnatamente della Corte regolatrice.

In tal senso va rammentata la recente sentenza 22 ottobre 2018, n. 26596 delle Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione, che ha ben compendiato gli ambiti di competenza giurisdizionale come fissati a seguito degli arresti giurisprudenziali intervenuti nel corso degli anni da parte dei giudici di Piazza Cavour.

Ed invero – ricorda la Suprema Corte – ” a) il D.Lgs. n. 165 del 2001art. 63, comma 1, devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, “tutte” le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni indicate nell’art. 1, comma 2, dello stesso d.lgs. per ogni fase dei rapporti stessi, “incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali”, perché la residuale giurisdizione del giudice amministrativo concerne soltanto le controversie relative a procedure concorsuali strumentali all’assunzione od alla progressione in un’area o fascia qualitativamente superiore a quella di appartenenza e va dall’inizio delle operazioni concorsuali, con l’adozione del bando – con il quale l’Amministrazione manifesta all’esterno la decisione di reclutare un certo numero di dipendenti – fino all’approvazione della graduatoria definitiva, senza estendersi al successivo atto di nomina (Cass. civ., Sez. Unite, 21 luglio 2011, n. 15982; (Cass. civ., Sez. Unite, 7 luglio 2005, n. 14252Cass. civ., Sez. Unite, 8 maggio 2006, n. 10419Cass. civ., Sez. Unite, 27 ottobre 2006, n. 23075Cass. civ., Sez. Unite, 9 maggio 2016, n. 9281);

b) la giurisdizione del giudice ordinario o di quello amministrativo deve essere in concreto identificata non già in base al criterio della soggettiva prospettazione della domanda, ma alla stregua del c.d. “petitum” sostanziale, ossia considerando l’intrinseca consistenza della posizione soggettiva addotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest’ultima dal diritto positivo (Cass. civ., Sez. Unite, 27 novembre 2007, n. 24625Cass. civ., Sez. Unite, 25 giugno 2010, n. 15323Cass. civ., Sez. Unite, 23 settembre 2013, n. 21677);

c) se in base al suddetto criterio del “petitum” sostanziale – da determinare all’esito dell’indagine sull’effettiva natura della controversia in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio – si accerta che la controversia stessa attiene alla lesione di un diritto soggettivo derivante da un atto o comportamento posto in essere dalla P.A. con i poteri del privato datore di lavoro, la giurisdizione compete al giudice ordinario senza che rilevi che la pretesa giudiziale sia stata prospettata come richiesta di annullamento di un atto amministrativo (Cass. civ., Sez. Unite 28 giugno 2006, n. 14846Cass. civ., Sez. Unite 23 settembre 2013, n. 21677), in quanto al giudice ordinario è attribuito il potere di disapplicare gli eventuali atti amministrativi presupposti illegittimi incidenti direttamente o indirettamente sulle situazioni giuridiche soggettive di cui si tratta (Cass. civ., Sez. Unite, 20 giugno 2017, n. 15276) e del dipendente pubblico in genere (fra le tante: Cass. civ., Sez. Unite, 16 febbraio 2009, n. 3677Cass. civ., Sez. Unite, 20 giugno 2017, n. 15276)”.

Orbene, il delineato perimetro di competenza giurisdizionale conferma il corretto approdo cui perviene il dictum dei giudici amministrativi veneti, in quanto la res litigiosa sottoposta alla loro cognizione concerneva senza dubbio una tematica afferente la gestione di un rapporto di lavoro in essere, relativamente alla quale, involgendo il c.d. pubblico impiego contrattualizzato, il G.A. non ha aperitio oris, stante l’ambito residuale di competenza in materia che il D.Lgs. n. 165 del 2001 – e segnatamente l’art. 63 – ha riconosciuto a quest’ultimo.

T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. I, 23 ottobre 2018, n. 982

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