23/07/2018 – La nozione di onerosità nei contratti pubblici

La nozione di onerosità nei contratti pubblici

Cons. Stato, Sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4178

20 Lug 2018 di Valeria Vitale    

1.L’utilizzo del termine “convenzione” non è sufficiente per escludere l’applicazione della normativa di cui al D. lgs. n. 50 del 2016.

2. Una prestazione può essere ricondotta alla nozione di appalto di servizi anche se prevede il solo rimborso spese. L’espressione “contratti a titolo oneroso” può assumere per il contratto pubblico un significato attenuato o in parte diverso rispetto all’accezione tradizionale e propria del diritto pivato. La ratio di mercato, di garanzia della serietà dell’offerta e di affidabilità dell’offerente, può essere ragionevolmente assicurata da altri vantaggi, economicamente apprezzabili anche se non direttamente finanziari, potenzialmente derivanti dal contratto”.

3. La sanzione ex art. 121 c.p.a. si applica alle ipotesi in cui il contratto risulti inefficace per omessa pubblicità del bando o dell’avviso. Ne consegue, quindi, che, laddove non sia previsto un obbligo di indizione della gara, non possono trovare applicazione né la norma in parola, né, tantomeno, le sanzioni ex art. 123 c.p.a. .

  1. Conforme: Cons. Stato, Sez. V, 3 ottobre 2017, n. 4614;
  2. Conforme: Cons. Stato, Sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 140.

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia in oggetto, il Consiglio di Stato si sofferma su una controversia relativa ad alcune convenzioni stipulate tra il Comune di Rovereto e le scuole musicali  Jan Novak di Villalagarina e Quattro Vicariati – Opera Prima di Ala per l’espletamento di corsi di formazione musicale e strumentale, con definizione delle ore settimanali di insegnamento.

In particolare, il Collegio è tenuto ad esaminare l’appello promosso dall’Amministrazione comunale avverso la sentenza con cui il T.r.g.a. di Trento ha accolto il ricorso della CDM (Centro Didattico Musica Teatrodanza). Quest’ultimo, infatti, impugnando i provvedimenti del Comune di Rovereto prodromici alla stipula delle convenzioni con le citate scuole musicali, nonché la deliberazione della Giunta provinciale n. 1170 del 21.07.2010, di modifica dell’art. 9, comma 1, lett. a) del D.P.P. 22-97/Leg. del 16.10.2012, ha avanzato domanda di risarcimento per equivalente dei danni patiti per effetto della condotta illegittima del Comune di Rovereto e di declaratoria di inefficacia delle convenzioni stipulate.

Ricostruita brevemente la vicenda in esame, appare opportuno analizzare le considerazioni svolte dal Consiglio di Stato.

In via preliminare, la Sezione reputa infondata la censura, spiegata dall’appellante comune di Rovereto, avente ad oggetto la carenza di interesse ad agire del CDM. In proposito – osserva il Consesso – in via generale la società che non partecipa alla procedura di gara non può contestare la procedura stessa, fatte salve alcune tassative ipotesi: a) contestazione dell’indizione della gara; b) contestazione della mancata indizione della gara; c) impugnazione di clausole del bando che siano immediatamente escludenti. Nel caso di specie, dunque, avendo il Comune di Rovereto contestato la mancata indizione della gara, l’interesse ad agire deve ritenersi sussistente, venendo in rilievo una delle tre tassative ipotesi indicate.

Con riguardo, poi, alla dedotta omessa pronuncia sull’eccezione preliminare di inammissibilità delle censure proposte avverso la deliberazione n. 158 del 08.09.2017 della Giunta comunale di Rovereto, in quanto la stessa integrerebbe un atto di indirizzo politico, come tale insuscettibile di sindacato ai sensi dell’art. 7, comma 1, c.p.a., i giudici amministrativi ritengono la stessa infondata, non avendo la delibera impugnata natura di atto politico. Si ricorda al riguardo, infatti, che gli atti politici sono quegli atti liberi nei fini e che attengono alla costituzione, alla salvaguardia e al funzionamento dei pubblici poteri.

Tanto precisato in via preliminare, il Collegio passa all’esame della censura riguardante le convenzioni stipulate tra il Comune di Rovereto e le scuole musicali. In proposito, è necessario rilevare che, con la sentenza di primo grado, le convenzioni in parola sono state ricondotte ad una forma di esternalizzazione del servizio di formazione musicale, e, come tali, sono state qualificate alla stregua di appalti per la fornitura di servizi da affidare tramite procedura di evidenza pubblica. Di conseguenza, è stato affermato che il Comune di Rovereto, illegittimamente, ha stipulato le medesime, sfuggendo alla gara pubblica.

L’Amministrazione comunale, invece, contestando la qualificazione delle convenzioni stipulate con le due Scuole controinteressate quali contratti pubblici di appalto per la fornitura di servizi di formazione musicale, sostiene di essersi servito delle condizioni dettate dall’art. 9, comma 1, lett. a) del D.P.P. 23-97/Leg. del 2012, per condividere con tutte le scuole musicali appartenenti al bacino della Villalagarina un progetto di collaborazione per la diffusione della cultura musicale. Come tale, la suddetta iniziativa non avrebbe importato alcuna comparazione tra le scuole musicali.

Di tale avviso non è il Consiglio di Stato. Afferma, infatti, la Sezione che, da un lato, è necessario, nell’ipotesi in esame, procedere all’affidamento del servizio nel rispetto delle disposizioni che regolano l’affidamento dei contratti di appalto, e, dall’altro lato, che non è possibile attribuire al termine “convenzione” di cui all’art. 9 cit. il significato di un mero accordo di collaborazione, come sostenuto dal Comune. Da tali considerazioni discende, quindi, che l’utilizzo del termine convenzione non comporta l’esclusione della disciplina in materia di appalti pubblici di cui al D. lgs. n. 50 del 2016.

Precisa ulteriormente il Collegio che non è dirimente, al fine di escludere la configurabilità di un appalto di servizi, il fatto che il Comune di Rovereto ha previsto  un mero compenso orario alla stregua del contratto collettivo delle scuole musicali trentine. Si deve rilevare al riguardo che, secondo la giurisprudenza amministrativa,  (Cfr. Cons. St. Sez. V, del 3 ottobre 2017 n. 4614) una prestazione può essere ricondotta alla nozione di appalto di servizi anche se prevede il solo rimborso spese. Nell’ambito dei contratti pubblici, infatti, l’espressione “contratti a titolo oneroso” può avere un significato diverso rispetto alla corrispondente categoria del diritto privato. Ciò in virtù della ratio del mercato, vale a dire la garanzia della serietà e affidabilità dell’offertache può essere assicurata da altri vantaggi, economicamente apprezzabili anche se non direttamente finanziari, potenzialmente derivanti dal contratto. A sostegno di tale impostazione, la giurisprudenza comunitaria ha ulteriormente chiarito che per la riconducibilità di un contratto alla disciplina dei contratti pubblici non occorre la previsione di un corrispettivo in termini economici, bensì l’indicazione di criteri di scelta che comportano la necessaria comparazione degli operatori economici ai fini dell’attribuzione di una prestazione.

Effettuate tali considerazioni sul concetto di onerosità nei contratti pubblici, la Sezione osserva come, nella concreta ipotesi in esame, la riconducibilità delle convenzioni alla categoria dei contratti a titolo oneroso è desumibile da alcuni fattori: in primo luogo dal fatto che il Comune si riserva di sottoporre agli utenti questionari strutturati relativi alla qualità del servizio e di effettuare altre forme di verifica della stessa, con conseguente sussistenza di un rischio di risultato a carico delle scuole musicali, e, in secondo luogo, le scuole musicali possono essere considerate “operatori economici”, ai fini dell’applicazione della normativa nazionale di cui al D.Lgs. n. 50/2016, in quanto, in base ai principi comunitari, l’operatore economico è un qualunque soggetto che offre sul mercato le proprie prestazioni, indipendentemente dalla qualifica giuridica-imprenditoriale rivestita. Sul punto, poi, la giurisprudenza nazionale ritiene che possano partecipare alle gare pubbliche anche le figure del c.d. “terzo settore”, per loro natura prive di finalità lucrative, vale a dire i soggetti che perseguono scopi non di stretto utile economico, bensì sociali o mutualistici.

Ricondotte le convenzioni in oggetto nell’ambito della disciplina dei contratti pubblici, il Consiglio di Stato ritiene, infine, di dover accogliere la censura dell’Amministrazione comunale avente ad oggetto l’errata applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 121, comma 4, e 123 c.p.a. . Osserva al riguardo la Sezione che non sussistono i presupposti per sanzionare il Comune appellante secondo quanto previsto dall’art. 123 c.p.a. . Le sanzioni alternative contemplate dalla richiamata disposizione, infatti, secondo la tesi prevalente, si collegano alle sole violazioni gravi di cui all’art. 121 c.p.a., che, nell’ipotesi in esame, non sembrano venire in rilievo, dal momento che, in ragione dell’importo dell’affidamento, non si configura l’obbligo di pubblicare il bando di gara, potendosi procedere con procedura negoziata (art. 36 del D.Lgs. n. 50/2016).

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2341 del 2018, proposto da 

Comune di Rovereto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Tita, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro

CDM – Centro Didattico Musicateatrodanza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Cristina Osele, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

Provincia Autonoma di Trento non costituita in giudizio; 

nei confronti

Scuola Misicale Jan Novak S.C.A.R.L., Scuola Musicale Quattro Vicariati – Opera Prima Soc. Coop. non costituiti in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. della Provincia di Trento n.14 del 2018.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del CDM – Centro Didattico Musicateatrodanza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 maggio 2018 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Alessandra Carlin, in sostituzione di Antonio Tita, e Maria Cristina Osele;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1 – La Scuola Musicale Zandonai è incardinata nell’organizzazione dell’ente istituzionale territoriale del Comune di Rovereto.

2 – Con delibera n. 1170 del 21.07.2017, la Giunta Provinciale di Trento, nel perseguimento degli obiettivi di cui all’art. 2, lett. b), della L.P. n. 15/2007 di integrazione delle attività culturali mediante la collaborazione tra enti privati e pubblici, ha modificato il dettato regolamentare dell’art. 9, comma 2, lett. a), del D.P.P. 22.97/Leg., consentendo alle scuole musicali di mantenere l’iscrizione al relativo registro provinciale anche allorquando le risorse umane adeguate allo svolgimento della scuola vengano reperite con l’utilizzo di “personale non proprio, attraverso apposite convenzioni con altre scuole musicali”.

3 – Al fine di consentire la prosecuzione dell’attività di diffusione della cultura musicale nel territorio comunale da parte della Scuola Musicale Zandonai, il Comune di Rovereto, quale ente proprietario della Scuola, ha attivato rapporti di collaborazione con le altre scuole musicali del distretto territoriale della Vallagarina, individuato dalla Provincia secondo criteri posti dalla normativa di settore (art. 9 della L.P. n. 15/2007).

3.1 – Nel contesto musicale della Vallagarina, i soggetti potenzialmente interessati alle azioni assunte dal Comune di Rovereto per la prosecuzione dell’attività musicale della scuola civica, risultano essere tre scuole musicali: il CDM – (Centro Didattico Musica Teatrodanza), la Scuola musicale Jan Novak di Villalagarina e la Scuola musicale Quattro Vicariati – Opera Prima di Ala.

4 – Il Comune di Rovereto, per avvalersi della possibilità di mantenere l’iscrizione al registro provinciale delle scuole musicali, con deliberazione della Giunta comunale n. 159 del 08.09.2017, ha approvato lo schema di convenzione da stipularsi con le scuole musicali, affidando al Dirigente del Servizio i poteri conseguenti per la definizione delle collaborazioni con le medesime. Seguivano le determinazioni del Dirigente n. 1466 e n. 1467 del 11.09.2017, con le quali venivano affidati alle scuole musicali Jan Novak di Villalagarina e Quattro Vicariati – Opera Prima di Ala, i corsi di formazione musicale e strumentale, con la definizione puntuale delle ore settimanali di insegnamento. Il Comune ha quindi stipulato le convenzioni con la Scuola Musicale Jan Novak di Villalagarina e con la Scuola musicale Quattro Vicariati – Opera Prima per un complessivo importo di €172.368,00, affidando alle stesse i corsi di strumento e di musica indicati in convenzione, suddivisi nel corso della concertazione tra scuole.

5 – Con ricorso depositato in data 11 ottobre 2017, il CDM ha impugnato avanti il T.R.G.A. di Trento i provvedimenti del Comune di Rovereto prodromici alla stipula delle convenzioni con le scuole musicali di bacino interessate al progetto, nonché la deliberazione della Giunta provinciale n. 1170 del 21.07.2010, di modifica dell’art. 9, comma 1, lett. a) del D.P.P. 22-97/Leg. Del 16.10.2012, avanzando domanda di risarcimento per equivalente dei danni patiti per effetto della condotta illegittima del Comune di Rovereto e di declaratoria di inefficacia delle convenzioni frattanto stipulate.

6 – Il T.R.G.A. di Trento, con la sentenza n. 14 del 2018 ha accolto il ricorso, annullando i provvedimenti comunali e condannando il Comune al pagamento, a titolo di sanzione alternativa, di una somma di importo pari al 2% del valore complessivo delle convenzioni sottoscritte con le scuole musicali.

Avverso detta sentenza ha proposto appello il Comune di Rovereto per i motivi di seguito esaminati.

DIRITTO

1 – Con il primo motivo di appello, il Comune deduce l’errata applicazione da parte del T.R.G.A. di Trento dei principi processuali in punto di carenza di interesse ad agire e di difetto di legittimazione ad agire.

A tal fine rappresenta che, nonostante la dichiarata indisponibilità del CDM a partecipare al progetto del Comune, il Giudice di primo grado avrebbe comunque ritenuto sussistente l’interesse ad agire e la legittimazione processuale del CDM in ragione del mancato esperimento di una procedura ad evidenza pubblica.

1.1 – La censura è infondata.

In generale, in riferimento alle questioni sottese al motivo di appello in esame, è utile ricordare quanto segue: a) in materia di controversie aventi ad oggetto gare di appalto e affidamenti di servizi, il tema della legittimazione al ricorso (o titolo) è declinato nel senso che essa deve essere correlata alla circostanza che l’instaurazione del giudizio non solo sia proposta da chi è legittimato al ricorso, ma anche che non appaia finalizzata a tutelare interessi emulativi, di mero fatto, pretese impossibili o contra ius; b) l’impresa che non partecipa alla gara non può contestare la relativa procedura e l’aggiudicazione in favore di ditte terze; c) a tale regola generale va fatta eccezione, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza, solamente in tre tassative ipotesi, e cioè quando: si contesti in radice l’indizione della gara; all’inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto; si impugnino direttamente le clausole del bando deducendo che le stesse siano immediatamente escludenti (cfr. Cons. St., Sez. V., n. 5862 del 2015).

1.2 – Alla luce dei principi esposti, correttamente il T.A.R. ha respinto la predetta eccezione del Comune, rilevando l’irrilevanza della dichiarata volontà di non partecipare al progetto da parte del CDM ai fini dell’accertamento dell’interesse e della legittimazione ad agire, in quanto, in giudizio, il ricorrente ha censurato il mancato esperimento di una gara. Tale circostanza, come già evidenziato, è idonea a radicare le condizioni dell’azione dell’operatore di settore pretermesso. A nulla rileva, pertanto, l’eventuale disinteresse della ricorrente in primo grado rispetto alle proposte del Comune, posto che quest’ultimo, per le ragioni di seguito esposte, aveva l’onere di procedere tramite una procedura competitiva, circostanza che pacificamente non si è concretizzata nel caso di specie.

2 – Con il secondo motivo di appello, si deduce l’omessa pronuncia sull’eccezione preliminare di inammissibilità delle censure proposte avverso la deliberazione n. 158 del 08.09.2017 della Giunta comunale di Rovereto, che, secondo l’appellante, integrerebbe un atto di indirizzo politico, come tale insuscettibile di sindacato ai sensi dell’art. 7, comma 1, c.p.a..

La censura è manifestamente infondata, non potendosi riconoscere la natura di atto politico alla delibera impugnata, dovendosi riservare tale qualificazione a quegli atti – liberi nei fini da perseguire – che attengono alla costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri, nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione (cfr. Cons. St., Sez. IV, 12 marzo 2001, n. 1397).

3 – Con il terzo motivo di appello, si contesta la qualificazione delle convenzioni stipulate con le due Scuole controinteressate quali contratti pubblici di appalto per la fornitura di servizi di formazione musicale.

In particolare, secondo parte appellante, il Comune di Rovereto si sarebbe servito delle condizioni dettate dall’art. 9, comma 1, lett. a) del D.P.P. 23-97/Leg. del 2012, per condividere con tutte le scuole musicali appartenenti al bacino della Villalagarina un progetto di collaborazione per la diffusione della cultura musicale. Secondo la prospettazione del Comune, si tratterebbe di un’iniziativa che non ha importato – ne importerebbe – alcuna comparazione tra le scuole musicali, le quali hanno invero cooperato al fine di concretizzare il progetto relativo alla Scuola musicale Zandonai.

3.1 – In riferimento alla censura in esame, giova ricordare che, con la sentenza impugnata, il T.R.G.A. di Trento ha accolto la tesi di parte ricorrente secondo cui, con i provvedimenti impugnati, il Comune di Rovereto avrebbe esternalizzato il servizio di formazione musicale a mezzo di “convenzione”, sfuggendo illegittimamente alla normativa che impone l’evidenza pubblica per la stipula dei contratti di appalto.

3.2 – Tale statuizione merita integrale conferma, dovendosi, da un lato, confermare la necessità di procedere all’affidamento del servizio nel rispetto delle disposizioni che regolano l’affidamento dei contratti di appalto; dall’altro, ribadire come non sia possibile attribuire al termine “convenzione” di cui all’art. 9 cit. il significato di un mero accordo di collaborazione, come sostenuto dal Comune.

4 – Infatti, rispetto a quest’ultimo aspetto, l’interpretazione proposta da parte appellante non risulta in alcun modo desumibile dalla lettera della norma in discorso.

Deve quindi condividersi l’assunto del Giudice di primo grado, secondo il quale la Provincia, nel prevedere la possibilità di convenzioni con l’art. 9, comma 1, lett. a), del D.P.P. 22-97/Leg., si sarebbe servita volutamente di un termine neutro quale quello di “convenzione” al fine di nulla osservare in ordine alla natura giuridica dell’accordo.

Il fatto che la normativa provinciale – dettata dalla L.P. n. 15/2007, di cui il D.P.P. 22-97/Leg. costituisce l’attuazione – definisca gli obiettivi dell’intero quadro normativo, tesi alla realizzazione di un sistema collaborativo tra enti pubblici e privati, per la diffusione della cultura, ivi inclusa quella musicale, non inficia la conclusione innanzi esposta. Invero, la finalità collaborativa ai cui è ispirata la normativa in discorso non può essere enfatizzata al punto da escludere che forme, comunque definibili come collaborative, possano essere attuate mediante tipici strumenti privatistici – in senso lato anch’essi definibili convenzioni – come tali assoggettati alle norme che regolano il perfezionamento dei contratti tra amministrazione e privati.

5 – Appurato che dall’utilizzo del termine “convenzione” non è possibile desumere l’esenzione dal rispetto delle norme che regolano l’affidamento di lavori, servizi e forniture di cui al D.Lgs. n. 50/2016, correttamente il Giudice di primo grado ha quindi ricondotto il servizio in questione nell’ambito dell’appalto di servizi.

Le censure al riguardo sollevate dall’appellante non sono condivisibili.

6 – Non risulta decisivo, al fine di escludere la configurabilità di un appalto di servizi, il fatto che l’iniziativa assunta dal Comune di Rovereto, che gestisce la Scuola Musicale Zandonai come servizio pubblico, ha determinato un mero compenso orario alla stregua del contratto collettivo delle scuole musicali trentine, senza che sia possibile ravvisare un vero e proprio corrispettivo in favore delle Scuole controinteressate.

Sul punto, la giurisprudenza (Cons. St. Sez. V, del 3 ottobre 2017 n. 4614) ha precisato che una prestazione può essere ricondotta alla nozione di appalto di servizi anche se prevede il solo rimborso spese dal momento che: “l’espressione “contratti a titolo oneroso” può assumere per il contratto pubblico un significato attenuato o in parte diverso rispetto all’accezione tradizionale e propria del mondo interprivato. In realtà, la ratio di mercato cui si è accennato, di garanzia della serietà dell’offerta e di affidabilità dell’offerente, può essere ragionevolmente assicurata da altri vantaggi, economicamente apprezzabili anche se non direttamente finanziari, potenzialmente derivanti dal contratto”.

Sempre a questo riguardo, la giurisprudenza comunitaria è propensa a considerare che l’elemento decisivo, ai fini dell’inquadramento delle fattispecie nella disciplina degli appalti pubblici, più che nella necessaria presenza di un corrispettivo, si rinvenga nella indicazione di criteri di scelta che comportano la necessaria comparazione degli operatori economici ai fini dell’attribuzione di una prestazione (Corte di Giustizia C-9/17; C-410/14; C-601/13).

6.1 – Nel caso concreto, la corretta riconduzione degli schemi contrattuali in questione entro la nozione di “contratto a titolo oneroso” alla stregua del D. Lgs. n. 50/2016 è inoltre desumibile anche dall’art. 7, in base al quale il Comune si riserva di sottoporre agli utenti questionari strutturati relativi alla qualità del servizio e di effettuare altre forme di verifica della stessa e “verificata la persistenza degli inadempimenti … si riserva di non confermare il compenso”.

E’ quindi ben evidente la sussistenza di un rischio di risultato a carico delle scuole musicali, oltretutto sanzionato all’interno del regolamento contrattuale anche con la previsione di una penale, commisurata all’ultima mensilità di prestazione, in caso di persistente inadempimento contrattuale, rilevato dai questionari di gradimento.

7 – Contrariamente agli assunti di parte appellante, deve osservarsi che il rapporto intercorre pacificamente tra il Comune e la Scuola, non con i singoli docenti di questa. Ne è conferma il fatto che le scuole non si limitano a prestare mano d’opera qualificata, ma sono chiamate a svolgere un vero e proprio servizio, organizzandolo e gestendolo tramite i propri docenti in ragione di quanto previsto delle convenzioni. Più precisamente, gli accordi in discorso prevedono infatti espressamente che la Scuola (non i singoli docenti) ha la responsabilità dal punto di vista didattico dei corsi.

8 – Da un altro punto di vista, in senso opposto alla tesi proposta con l’atto di appello, ben può affermarsi che le scuole musicali possono essere considerate “operatori economici”, ai fini dell’applicazione della normativa nazionale di cui al D.Lgs. n. 50/2016.

Al riguardo, è noto che i principi comunitari qualificano l’operatore economico come qualunque soggetto che offre sul mercato le proprie prestazioni, indipendentemente dalla qualifica giuridica-imprenditoriale rivestita.

Anche la giurisprudenza, da tempo, ammette l’abilitazione a partecipare alle gare pubbliche in capo a figure del c.d. “terzo settore”, per loro natura prive di finalità lucrative, vale a dire di soggetti che perseguano scopi non di stretto utile economico, bensì sociali o mutualistici (cfr.Cons. Stato, V, 16 gennaio 2015, n. 84; Cons. Stato, Sez. III, 17 novembre 2015, n. 5249; Cons. Stato, Sez. III, 27 luglio 2015, n. 3685; Cons. Stato, Sez. V, 13 settembre 2016, n. 3855).

9 – Con un differente ordine di censure, il Comune lamenta l’omessa considerazione del capo I bis della L.P. n. 23/1990 da parte del T.R.G.A., che ha assunto l’inapplicabilità al caso di specie del capo I bis della L.P. n. 23/1990.

E’ utile ricordare che la normativa di cui si censura la mancata applicazione disciplina l’affidamento di incarichi a professionisti esterni all’amministrazione allorquando, per esigenze organizzative, non può essere fatto fronte con personale in servizio.

9.1 – Correttamente, la sentenza impugnata ha escluso l’applicabilità di tale ipotesi.

Invero, la normativa in questione comporta un rapporto diretto tra amministrazione e professionista; mentre, come già osservato, le convenzioni di cui trattasi sono state stipulate dal Comune di Rovereto con le scuole musicali, che si sono obbligate a garantire l’erogazione del servizio secondo la logica dell’appalto di servizi, e non con i singoli docenti.

In coerenza con tale assunto, l’art. 39 quater della L.P. n. 23/1990 dispone che “le disposizioni di questo capo disciplinano l’affidamento di incarichi retribuiti a soggetti esterni alla Provincia autonoma di Trento ivi compresi quelli a società e a soggetti imprenditoriali sempreché le caratteristiche dell’incarico non comportino l’applicazione delle disposizioni del capo I in materia di acquisto di beni e di fornitura di servizi”.

10 – Risulta invece fondato il motivo di appello con il quale si contesta l’applicazione delle sanzioni alternative di cui all’art. 123 c.p.a..

10.1 Al riguardo, giova ricordare che, con la sentenza impugnata, il T.R.G.A. di Trento, nel pronunciarsi in ordine alla domanda di declaratoria di inefficacia del contratto formulata da controparte, ha affermato l’applicabilità al caso di specie dell’art. 121 c.p.a..

Più precisamente, il Giudice di primo grado ha ritenuto integrata la fattispecie di cui alla lettera b) del comma 1, poiché l’aggiudicazione definitiva sarebbe avvenuta con procedura negoziata senza bando; quindi, stante l’impossibilità di disporre l’inefficacia del contratto per “esigenze di continuità nell’erogazione dei servizi offerti dalla Scuola musicale Zandonai attraverso le suddette convenzioni” – idonee ad essere qualificate quali esigenze imperative connesse ad un interesse generale tali da rendere palese che i residui obblighi contrattuali possano essere rispettati solo dagli attuali esecutori del servizio – ha ritenuto applicabile l’art. 121, comma 4, c.p.a., relativo all’ipotesi in cui il contratto sia considerato efficace nonostante le riscontrate violazioni, e conseguentemente le sanzioni di cui all’art. 123 c.p.a. che da tale disposizione discendono.

10.2 – Come anticipato, la censura è fondata, non sussistendo i presupposti per sanzionare il Comune appellante a norma dell’art. 123 cit. Invero, le sanzioni alternative, secondo la tesi prevalente, si collegano alle sole violazioni gravi di cui all’art. 121 c.p.a., che nel caso di specie non paiono sussistenti, posto che, in ragione dell’importo dell’affidamento (€170.000), non sussisteva l’obbligo di pubblicare il bando di gara, potendosi procedere con procedura negoziata senza la pubblicazione del bando (art. 36 del D.Lgs. n. 50/2016).

10.3 – Più precisamente, l’art. 121 c.p.a. sanziona con l’inefficacia del contratto i soli casi di “omessa pubblicità del bando o dell’avviso”, in quanto rappresenta il vizio più radicale del procedimento di affidamento, perché mina in radice la conoscibilità della procedura e dunque la possibilità di concorrenza. La violazione in parola, tuttavia, non può essere estesa anche a quei casi in cui non sussista un obbligo di pubblicazione del bando di gara (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 140); né può essere estesa per analogia ad altre fattispecie che non incidano sui doveri di pubblicità di bando o invito.

Come già evidenziato, nel caso di specie, il valore della prestazione contrattuale si colloca al di sotto delle soglie comunitarie e permette altresì di procedere all’affidamento secondo le modalità di cui all’art. 36, comma 2, lett. b) del D.Lgs. n. 50/2016, che disciplina a sua volta la procedura negoziata senza pubblicazione del bando. Ne consegue che il Comune di Rovereto, nel procedere all’affidamento diretto del servizio, non ha necessariamente violato anche le disposizione che impongono la pubblicità del bando di gara, sicché non risulta integrata la fattispecie di cui all’art. 121, comma 1, lett. b), c.p.a.. Ciò esclude l’applicabilità delle sanzioni alternative di cui all’art. 123 c.p.a., applicate dal Giudice di primo grado sulla sopposta integrazione di una violazione grave alla stregua dell’art. 121 cit.

11 – L’accoglimento del motivo che precede esclude la necessità di esaminare il sesto motivo di appello con il quale si contesta la quantificazione della sanzione.

12 – In definitiva, l’appello deve trovare accoglimento limitatamente al motivo con il quale è stato contestato il capo della sentenza che ha irrogato al Comune le sanzioni alternative di cui all’art. 123 c.p.a.; per il resto, l’impugnazione deve essere rigettata.

Il parziale accoglimento dell’appello permette di compensare le spese di lite della presente fase di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente l’appello ed annulla la sentenza impugnata nella parte in cui ha sanzionato il Comune ai sensi dell’art. 123 c.p.a., confermandola per il resto.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Carbone, Presidente

Francesco Mele, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere, Estensore

Oswald Leitner, Consigliere

 

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