20/07/2018 – Impugnazione della clausola del bando che prevede un prezzo posto a base d’asta eccessivamente ridotto da parte dell’operatore economico che non ha presentato la domanda

Impugnazione della clausola del bando che prevede un prezzo posto a base d’asta eccessivamente ridotto da parte dell’operatore economico che non ha presentato la domanda

Tar Reggio Calabria 16 luglio 2018, n. 418 

 

Processo amministrativo – Rito appalti – Bando – Clausola che prevede prezzo posto a base d’asta eccessivamente ridotto – Impugnazione – Operatore economico che non ha presentato la domanda di partecipazione alla gara – Possibilità.  

        L’operatore economico, anche se non ha proposto la domanda di partecipazione alla gara,  può impugnare la clausola della lex specialis di gara che prevede un prezzo posto a base d’asta, se e nella misura in cui sia dimostrata la sua eccentricità al ribasso rispetto ai prezzi di mercato e quindi la sua natura “simbolica”, atteso che, ove avesse presentato la propria offerta questa sarebbe destinata ad essere ineludibilmente esclusa perché caratterizzata da un prezzo superiore all’importo determinato dall’Amministrazione (1). 

(1) Il Tar ha richiamato la distinzione – valorizzata anche dalla giurisprudenza meno recente (Cass. civ., sez. II, 28 agosto 1993, n. 9144) – tra vendita a prezzo vile e vendita a prezzo irrisorio o simbolico. L’esistenza di un divario, anche considerevole, tra il valore di mercato del bene venduto e il prezzo pattuito non è di per sé incompatibile con la causa del contratto di compravendita. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, avuto modo di precisare che nell’ipotesi in cui risulta concordato un prezzo obiettivamente non serio o perché privo di valore reale e perciò meramente apparente o simbolico o perché programmaticamente destinato nella comune intenzione delle parti a non essere pagato il contratto è nullo per mancanza di un elemento essenziale; viceversa, nell’ipotesi in cui sia pattuito un prezzo di gran lunga inferiore all’effettivo valore di mercato del bene compravenduto o fornito, la conseguenza non sarà l’invalidità del contratto per difetto di causa ma una diversa qualificazione giuridica della fattispecie negoziale, che potrà essere ascritta a seconda dei casi a diverse categorie negoziali (es. donazioni indirette o negozi misti a donazione; cfr. Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2015, n. 22567).

Il Tra si è poi soffermato sulla questione relativa al diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento dell’appalto “a titolo gratuito” che il Collegio non intende rinnegare a priori, se non altro per alcune categorie di affidamenti quali gli appalti pubblici di servizi (Cons. St., sez. V n.4614/17o di lavori (art. 20, d.lgs. n. 50 del 2016), laddove alla previsione di un prezzo “simbolico” o addirittura “nullo” può effettivamente corrispondere un’utilità economica in senso lato (ad esempio il ritorno di immagine) diversa da quella meramente finanziaria.

Per quanto riguarda l’appalto di forniture, qualsiasi ne sia l’oggetto, l’eventuale gratuità della causa può essere ugualmente dedotta e valorizzata dalle Amministrazioni aggiudicatrici solo qualora venga ricondotta ai “tipi” contrattuali espressamente previsti dall’ordinamento (es. contratto di sponsorizzazione ex art. 19, d.lgs. n. 50 del 2016) e ciò proprio al fine di scongiurare scelte non del tutto trasparenti che finiscano per tramutare affidamenti formalmente onerosi in affidamenti sostanzialmente gratuiti e quindi sine causa.

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