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La violazione dell’obbligo dell’evidenza pubblica legittima la revoca del finanziamento regionale

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone

A fronte del finanziamento concesso dalla Regione all’Agenzia regionale ambientale per l’acquisto di attrezzature tecniche, beni ed impianti, a seguito del riscontro effettuato a distanza di tre anni, la Regione avviava la procedura di revoca del citato finanziamento, compensando le somme da restituire con altri contributi dovuti all’Agenzia. A supporto della decisione della revoca era emerso, in fase di controllo, il mancato rispetto della normativa degli appalti pubblici, che trovava applicazione anche in caso di acquisto di prodotti usati, mentre gli stessi venivano comprati a trattativa privata, con conseguente violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e parità di trattamento. Avverso il citato provvedimento regionale di revoca del finanziamento, l’Agenzia lo impugna innanzi al giudice ordinario, trattandosi di violazione di un diritto soggettivo che non attribuisce all’ente regionale la possibilità di poter procedere in via di autotutela essendosi consumato il citato poter al momento della decisione del finanziamento. Sia il Tribunale di prima istanza che la Corte di Appello, hanno declinato la giurisdizione del giudice ordinario con quello amministrativo, sul rilievo che, in materia di sovvenzioni e contributi pubblici, se la controversia riguarda una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio ovvero se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, la parte privata vanta una situazione di interesse legittimo, a fronte della quale sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo. In altri termini, nel caso di specie non si è trattato di una revoca fondata sul rilievo di un sopravvenuto aspetto patologico del rapporto sinallagmatico, derivante dall’atto attributivo della sovvenzione, ma di una presa d’atto dell’esistenza di vizi ab origine caratterizzanti quest’ultimo e della conseguente rimozione del medesimo.

Avverso tali decisioni l’Agenzia ricorre per regolamento di giurisdizione innanzi alle Sezioni Unite della Cassazione.

Le motivazioni delle Sezioni Unite

Secondo i giudici di Piazza Cavour tutte le volte che la norma di previsione affidi all’amministrazione il discrezionale apprezzamento circa l’erogazione del contributo, l’aspirante è titolare di un interesse legittimo, che conserva identica natura durante tutta la fase procedimentale che precede il provvedimento di attribuzione del beneficio ed è tutelabile davanti al giudice amministrativo. Una volta emanato il provvedimento si radica, nei confronti del beneficiario, un diritto soggettivo alla sua concreta erogazione, tutelabile davanti al giudice ordinario, qualora al provvedimento stesso non sia stata data concreta attuazione, per mero comportamento omissivo o perché l’amministrazione intenda far valere la decadenza del beneficiario dal contributo, in relazione alla mancata osservanza, da parte del medesimo, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione suddetta o la sua permanenza. La situazione giuridica soggettiva del destinatario della sovvenzione torna, invece, ad essere di interesse legittimo allorché la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, dipenda dall’esercizio di poteri di autotutela dell’amministrazione, la quale intenda annullare il provvedimento stesso per vizi di legittimità da cui sia affetto o revocarlo per contrasto originario con l’interesse pubblico. Tale situazione si verifica nei casi di “regressione” della posizione giuridica del destinatario della sovvenzione, allorché la mancata erogazione (o il ritiro ovvero la revoca di essa) consegua all’esercizio di poteri di carattere autoritativo, espressione di autotutela della pubblica amministrazione sia per vizi di legittimità, sia per contrasto originario con l’interesse pubblico. Nel caso di specie, dunque, il definanziamento è stato disposto, non già in relazione ad irregolarità di gestione da parte dell’Agenzia destinataria della sovvenzione, ossia per violazione di obblighi imposti alla beneficiaria o per far valere un inadempimento di quest’ultima, sotto il profilo dell’inosservanza delle condizioni poste per l’erogazione del contributo. In altri termini, si è trattato di una caducazione disposta in via di utotutela da parte della Regione per l’esistenza di vizi di legittimità caratterizzanti ab origine l’atto attributivo della sovvenzione, essendo stato ammesso al finanziamento un progetto di acquisto a trattativa privata, laddove la normativa sui contratti pubblici, disciplinante anche l’acquisto di prodotti usati, imponeva il rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità e parità di trattamento, e quindi escludeva l’ammissibilità di una sovvenzione per un progetto di acquisto di tal fatta. Pertanto, l’oggetto della controversia, alla stregua dei principi sopra illustrati, si compendia in una situazione giuridica soggettiva avente la consistenza dell’interesse legittimo, con conseguente affidamento della giurisdizione al giudice amministrativo. In definitiva, quindi, il fatto costitutivo allegato a fondamento della domanda si sostanzia nella pretesa ad un corretto esercizio, da parte della Regione, del potere di autotutela nell’ annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo di concessione del finanziamento oggetto di controversia, e, dunque, coinvolge un potere amministrativo incompatibile con la cognizione giurisdizionale del giudice ordinario.

Cass. Civ., Sez. Unite, 11 luglio 2018, n. 18241

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