18/07/2018 – La guerra d’indipendenza dei grand commis Cassese: lo spoils system? È un errore

Corriere della Sera – 17 luglio 2018 – pagina 5

La guerra d’indipendenza dei grand commis Cassese: lo spoils system? È un errore

di Andrea Ducci e Lorenzo Salvia

Il dettato della Costituzione e il nodo del rinnovo della classe dirigente

ROMA È un grande classico per ogni nuovo governo che arriva. Nel 2014, appena sbarcato a Palazzo Chigi, Matteo Renzi se la prese con i tecnici del Senato per le valutazioni sulle coperture del bonus da 80 euro: «Tecnicamente false» le definì. Un po’ come il «prive di base scientifiche» con cui il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha liquidato le stime dell’Inps sul decreto «dignità». Qualche anno prima Antonio Di Pietro, da poco ministro delle Infrastrutture, disse di voler togliere la buonuscita a dirigenti e manager pubblici che non raggiungevano gli obiettivi. Ma a scandire in modo plateale la voglia di fare piazza pulita fu ancora prima Cesare Previti nel 1996, con il suo memorabile «Allora, se vinciamo… stavolta non faremo prigionieri».

Un pressing ricorrente dietro il quale adesso c’è una legge dello Stato, quella sullo spoils system che consente di confermare oppure no, entro 90 giorni dal voto di fiducia al nuovo governo, una serie di ruoli chiave al vertice della pubblica amministrazione. È il caso dell’incarico di Ragioniere generale dello Stato, così come dei direttori delle principali agenzie governative, a partire dalle Entrate. La Legge è arrivata in Italia nel 2002 e porta il nome di Franco Frattini, allora ministro della Funzione pubblica nel governo Berlusconi. Anche se un primo assaggio era stato fatto nel 1998 con Franco Bassanini, ministro nell’esecutivo di Romano Prodi. «L’obiettivo — ricorda Frattini — era avere ai più alti vertici della pubblica amministrazione persone di qualità, visto che avevamo predisposto una selezione di merito, e che avessero un rapporto di fiducia con il ministro. In molti casi chi aveva collaborato con il governo precedente è stato poi confermato». Garantire il buon andamento della pubblica amministrazione, insomma, evitando che il rapporto tra politica e burocrazia si trasformasse in una guerra di trincea capace di bloccare tutto. Ma il risultato, almeno in alcuni casi, è stato quello di mettere a rischio l’indipendenza della pubblica amministrazione. «L’introduzione dello spoils system è stata una vera jattura, un errore gravissimo, una ferita per l’imparzialità della burocrazia», dice Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale, ministro per la Funzione pubblica nel governo Ciampi. Secondo Cassese, lo «spoils system all’italiana fidelizza la burocrazia. La Costituzione dispone che i dipendenti pubblici siano “al servizio della Nazione”, non del governo o di una forza politica».

Secondo il giurista, «il vero problema oggi è come uscire dallo spoils system. Un governo serio dovrebbe farlo, con coraggio». Marcia indietro, dunque? Secondo Frattini no: «Quello che serve è solo un correttivo per limitare lo strapotere delle nomine di dirigenti esterni». Oggi, secondo i dati del sindacato Unadis, tra i dirigenti di prima fascia gli esterni sono 25 su 251. Tra quelli di seconda fascia sono 210 su 2.287. Non solo cambiare ma anche pescare da fuori: una specie di spoils system rafforzato.

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