13/07/2018 – Ancora sui limiti di applicabilità dello spoils system negli enti locali

Ancora sui limiti di applicabilità dello spoils system negli enti locali

Articolo, 12/07/2018 – Di Roberto Rizzi

Sommario: 1. Premessa; 2. Origine e caratterizzazione del concetto di spoils system; 3. L’humus concettuale: il rapporto tra politica e amministrazione nella giurisprudenza costituzionale e nella “Riforma Brunetta”; 4. La riforma della dirigenza nella legge delega n. 124 del 7 agosto 2015 (cd. “Riforma Madia”) e le ripercussioni sulle problematiche dello spoils system; 5. La sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 25 novembre 2016 e l’incidenza sulla disciplina normativa della dirigenza pubblica; 6. La sentenza della Corte di cassazione, sezione lavoro 5 maggio 2017 n.11015; 7. Segue: aspetti critici; 8. Osservazioni di sintesi.

La sentenza della Corte di cassazione, Sezione lavoro n. 11015 del 5 maggio 2017 offre alcuni spunti di riflessione su un tema centrale per gli apparati pubblici: lo spoils system negli Enti locali.

La ricostruzione in chiave dottrinaria e giurisprudenziale dell’istituto ne sottolinea gli aspetti degenerativi contrastati, a più riprese, da rilevanti contributi della dottrina e della giurisprudenza costituzionale.

L’orientamento della Suprema Corte, pur nella condivisibilità dell’interpretazione (in chiave restrittiva delle norme sullo spoils system), appare, tuttavia, non agevolmente condivisibile nella parte in cui ricomprende nel novero dei dirigenti non suscettibili di tali misure anche quelli cd. “contrattualizzati”, ai sensi dell’art. 110 comma 3 del Testo Unico Enti Locali approvato con d.lgs. n. 267/2000, atteso che tale norma, invece, in maniera assai chiara, prevede che la durata del rapporto contrattuale non possa essere superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica.

  1. Premessa

La riflessione sull’istituto giuridico del cd. spoils system è particolarmente estesa ed articolata. Nell’approfondimento che segue tale istituto viene analizzato, con approccio critico, in parallelo con le più recenti riforme della pubblica Amministrazione; in particolare, con la cd. “Riforma Brunetta” introdotta con il d.lgs. n. 150/2009 e con la cd. “Riforma Madia” (di cui alla legge delega n. 124/2015); quest’ultima poi dichiarata incostituzionale (anche nella parte relativa alla riforma della dirigenza pubblica) con la sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016.

Il poderoso contributo della giurisprudenza e, in particolare, delle pronunce della Corte costituzionale ha posto un sicuro argine a ciò che alcuni interpreti hanno definito “spoils system selvaggio1, nella appurata circostanza – come meglio si avrà modo di precisare ed argomentare più avanti – che non sempre la giurisprudenza di merito e, da ultimo, quella della Suprema Corte di cassazione riescono a configurare correttamente, dal punto di vista giuridico, il rapporto tra dirigenza e politica.

  1. Origine e caratterizzazione del concetto di spoils system

Lo spoils system è un istituto giuridico di derivazione statunitense, in applicazione del quale gli esecutivi che si avvicendano nel governo o nell’amministrazione della cosa pubblica hanno il potere di nominare una parte del personale burocratico come di stretta estrazione fiduciaria.

L’ordinamento giuridico italiano prevede una forma specifica di spoils system (art. 19 comma 8 del d.lgs. n. 165/2001), applicato agli incarichi dirigenziali apicali delle amministrazioni statali, le cui attività sono strettamente connesse con gli indirizzi politico-amministrativi del governo in carica. È, infatti, previsto che gli incarichi apicali in argomento cessino automaticamente, decorsi 90 giorni dal voto sulla fiducia ottenuto dal Governo subentrante.

Altre rilevanti ipotesi di spoils system sono contemplate dall’art. 110 comma 3 del d.lgs. n. 267/2000 (Testo Unico degli Enti locali), che aggancia la durata del rapporto di lavoro dirigenziale al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica e, infine, dall’art. 99 del d.lgs. n. 267/2000 che regola il sistema degli incarichi conferiti ai segretari comunali e provinciali rispetto al quale il Tribunale di Brescia, con la recente ordinanza 8 settembre 2017, ha sollevato questione di legittimità costituzionale innanzi all’Alta corte 2.

 

  1. L’humus concettuale: il rapporto tra politica e amministrazione nella giurisprudenza costituzionale e nella “Riforma Brunetta”

È rilevante precisare che politica e amministrazione costituiscono due aspetti profondamente connessi tra loro che richiamano il principio della “differenziazione funzionale” di competenze, anziché quello della rigida separazione, nella consapevolezza – tuttavia – che sono frequenti i tentativi della politica di (ri)appropriarsi delle prerogative dirigenziali attraverso molteplici e, spesso, contraddittori interventi legislativi.

Il graduale espandersi della cosiddetta “dirigenza fiduciaria” rappresenta l’effetto della “differenziazione funzionale” di competenze e, al tempo stesso, costituisce lo strumento privilegiato attraverso il quale i politici tendono a riacquisire lo spazio delle competenze gestionali attraverso la “fidelizzazione politica” della dirigenza che si concretizza in due momenti fondamentali: quello della nomina e quello della revoca dei dirigenti3.

La durata troppo breve dei contratti di lavoro dirigenziale, unitamente allo spoils system (cessazione automatica dei dirigenti nel momento in cui muta l’assetto politico di governo) rappresentano la cartina di tornasole della fidelizzazione politica della dirigenza, in palese controtendenza rispetto all’evoluzione pluriennale dell’ordinamento in tema di rapporti tra politica e Amministrazione confermata dalla disciplina della dirigenza.

Sul tema si sono apprezzati molteplici contributi dell’Alta Corte che, da un lato, (periodo dal 1993 al 2002) ha sostanzialmente validato la compatibilità del regime privatistico dei dirigenti pubblici con i principi costituzionali in materia di organizzazione amministrativa4; dall’altro, a far tempo dal 2002, appare prevalentemente interessata a definire il perimetro di legittimità costituzionale delle nomine e revoche dirigenziali di matrice fiduciaria5.

In tale contesto, un cenno particolare merita la sentenza della Corte costituzionale n. 233 del 2006 con la quale il Giudice delle leggi ha dichiarato la legittimità costituzionale di alcune norme regionali in materia di nomine e incarichi dirigenziali che contemplavano forme di spoils system. Ad avviso della Corte, se lo spoils system è riferito alle posizioni dirigenziali apicali, che si acquisiscono per nomina diretta dell’autorità politica, esso è indispensabile per concretizzare quella coesione fra politica e amministrazione insita nel principio costituzionale di buon andamento. “Questo orientamento, ove applicato coerentemente anche alla disciplina statale della dirigenza, avrebbe due effetti: a) giustificare non solo lo spoils system attualmente previsto (per capi dipartimento e segretari generali) ma anche una sua eventuale ulteriore espansione (per titolari di uffici dirigenziali generali); b) decretare la morte del principio di distinzione fra politica e amministrazione6.

In un quadro teorico non diverso si innesta la legge n. 145/2002 che – in controtendenza rispetto al mutato quadro ordinamentale segnato dalle riforme di stampo privatistico del 1993 e del 1998 – (re)introduce elementi pubblicistici nel momento in cui detta la nuova disciplina in materia di “conferimento dell’incarico dirigenziale”, definito come “provvedimento” al quale segue “un contratto individuale” di lavoro.

Nel decennio 2000-2010 la Corte Costituzionale è più volte intervenuta per limitare i confini della “dirigenza fiduciaria” che consente alla politica di condizionare le scelte gestionali, evitando di “mostrare il proprio volto” e, soprattutto, di assumere le responsabilità che restano esclusivamente in capo ai dirigenti7.

I prodromi di ciò che alcuni interpreti definiscono “restauro conservativo” ha inizio dopo la fine degli anni Novanta e trova la sua massima espressione con la “controriforma” varata con il decreto legislativo n. 150/2009 (cd. “Riforma Brunetta”, dal nome dell’allora Ministro della pubblica Amministrazione) che attribuisce alla “legge” un ruolo centrale nella disciplina del lavoro pubblico, marginalizzando il ruolo della contrattazione collettiva8. In particolare, viene demolito uno degli assi portanti sui quali si fondava la riforma degli anni Novanta, vale a dire il potere riconosciuto al contratto collettivo di derogare alle disposizioni di legge: potere che – in ossequio ad una riscoperta applicativa del principio di legalità – con la riforma del 2009, viene attribuito al contratto “solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge”. In altre parole, la scelta legislativa effettuata nel 2009 certifica un’acclarata sfiducia del sistema politico nei confronti della contrattazione collettiva e delle organizzazioni sindacali a cui la politica addebita il sostanziale fallimento della privatizzazione voluta negli anni Novanta che, a sua volta, si caratterizzava per il duplice ed ambizioso obiettivo di assimilare il lavoro pubblico a quello privato e di contrastare il frequente fenomeno delle “leggi speciali” adottate, per scopi elettorali, a vantaggio di particolari categorie di dipendenti pubblici9.

Vero è che in epoca ante-riforma del 2009 la contrattazione collettiva era spesso segnata da intese dirette tra governo e organizzazioni sindacali con un ruolo, frequentemente, da “spettatore” da parte dell’Aran; ma è anche vero che la direzione assunta dalla cd. riforma Brunetta del 2009 si inserisce nel solco di ciò che si potrebbe definire “accanimento terapeutico”: è stato, infatti, osservato che la ripubblicizzazione, oltre a ridimensionare gli approdi della evoluzione precedente (riforma degli anni Novanta) ispirati al chiaro obiettivo di esaltare e valorizzare la prevalenza delle fonti autonome (il contratto, almeno tendenzialmente, è paritario) rispetto a quelle eteronome (tendenzialmente diseguali), finisce con l’indebolire il datore di lavoro pubblico, proprio perché viene marginalizzata la fonte (contrattuale) normativa da cui trae origine il rapporto di lavoro del dirigente pubblico10.

In particolare, l’art. 40 del d.lgs. n. 150/2009 pur recependo le censure (del Giudice delle leggi) finalizzate a limitare l’espansione dello spoils system, non contiene alcun riferimento, in sede di scelta del dirigente, alla valutazione comparativa che avrebbe certamente assicurato una scelta più ponderata.

Il limite più marcato della norma in parola sta nell’aver consentito all’organo politico la possibilità di <<non confermare>>, a scadenza, l’incarico assegnato al dirigente in <<assenza di una valutazione negativa>>, con il solo obbligo di <<darne idonea e motivata comunicazione al dirigente stesso>>. In buona sostanza, il legislatore ha positivizzato una discutibile prassi che consente agli organi politici di non confermare i dirigenti reputati non (politicamente) fedeli al momento della scadenza del contratto, sconfessando l’apparente volontà del legislatore di potenziare la dirigenza pubblica emancipandola e rendendola effettivamente autonoma dalla politica, pur nella consapevolezza dell’utilità di una “quota” della dirigenza fiduciaria, purché la fiduciarietà venga correttamente intesa come fiducia tecnica e professionale, piuttosto che politica o partitica11.

In questo senso, è importante distinguere <<una fascia di nomina strettamente politica – soggetta al sistema dello spoils system – da una fascia le cui prerogative e la cui posizione vanno garantite al di là delle mutevoli condizioni di governo>>12.

In estrema sintesi: la riforma avrebbe dovuto ridimensionare lo spazio della fiduciarietà, in continua espansione, <<eliminando la fiducia dagli incarichi affidati a funzionari con compiti di gestione e riservandola alla scelta dei soggetti che operano a supporto dell’indirizzo politico>>13.

A ciò si aggiunga che il d.lgs. n. 150/2009 comprime non poco le prerogative legislative che la Costituzione attribuisce alle Regioni e agli enti locali in materia di organizzazione e personale. Lo Stato, infatti, non ha alcuna competenza in materia di macro-organizzazione di enti a cui la Costituzione riconosce ampia autonomia anche in tema di incarichi dirigenziali.

Sul punto la Corte costituzionale ha previsto, in modo netto, che la disciplina del personale regionale, e, in particolare, il sistema di nomine e revoche della dirigenza regionale, debba essere ricompresa nella più ampia materia <>, che ai sensi dell’art. 117, comma 4 Cost. ricade nella competenza residuale delle Regioni14.

  1. La riforma della dirigenza nella legge delega n. 124 del 7 agosto 2015 (cd. Riforma “Madia”) e le ripercussioni sulle problematiche dello spoils system

Il sistema della dirigenza pubblica tratteggiato dalla legge delega n. 124/2015 (poi dichiarata incostituzionale, nella parte relativa anche alla riforma della dirigenza pubblica, con la sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016) si caratterizza per i seguenti aspetti salienti:

  1. l’istituzione del sistema della dirigenza pubblica articolata in ruoli unificati e coordinati, caratterizzati da requisiti omogenei di reclutamento;
  2. l’inquadramento dei dirigenti in tre distinti “ruoli” ciascuno dei quali sottoposti alla vigilanza di un’apposita Commissione: il ruolo unico dei dirigenti statali; il ruolo unico dei dirigenti delle Regioni; il ruolo unico dei dirigenti degli enti locali;
  3. l’accesso alla qualifica dirigenziale attraverso il “corso-concorso” o, in alternativa, il “concorso”; in entrambi i casi il titolo di studio deve essere non inferiore alla laurea magistrale;
  4. il conferimento degli incarichi dirigenziali mediante procedura con avviso pubblico, tenendo conto delle attitudini e delle competenze, dei precedenti incarichi e della corrispondente valutazione, nonché delle esperienze maturate all’estero;
  5. la durata degli incarichi dirigenziali prevista in quattro anni, rinnovabili per altri due, per una sola volta, nel senso che, scaduto il termine eventualmente prorogato, è necessaria una nuova selezione pubblica. I dirigenti privi di incarico vengono collocati in disponibilità e dopo un certo periodo di tempo (non meglio specificato) decadono;
  6. la progressione in carriera subordinata agli esiti della valutazione, con la previsione del riordino del regime che governa la responsabilità dirigenziale, disciplinare e amministrativo-contabile.

In realtà, la cd. Riforma “Madia” della pubblica Amministrazione si inserisce in una cornice molto più ampia di riforme amministrative tanto da potersi affermare che “di riforma amministrativa si parla praticamente da sempre. Oggi l’amministrazione è in mezzo al guado. Regionalizzazione incompiuta, pluralismo senza ordine, privatizzazione ambigua, europeizzazione incompiuta ne rappresentano alcuni degli aspetti. [Nelle varie legislature] emergono vecchie e nuove patologie: abuso delle gestioni commissariali, centralismo, blocco dei concorsi, assenza di una politica coerente della formazione, persistenza di una dirigenza troppo ampia e vittima dello spoils system, poca innovazione, ripresa della corruzione amministrativa. Il contagio europeo tuttavia può indurre a una svolta15.

Uno degli aspetti più critici della cd. Riforma “Madia” risiede nella disciplina della procedura comparativa dei curricula dei dirigenti pubblici, intesa quale fase prodromica all’assegnazione degli incarichi dirigenziali. Il primo rilievo riguarda la composizione delle commissioni nazionali competenti per le procedure comparative di ciascuno dei ruoli dirigenziali (statale, regionale, enti locali). Se da un lato la legge delega prescrive che i componenti delle commissioni siano individuati in maniera tale da garantirne l’indipendenza, lo schema del decreto legislativo individua sette componenti tutti di estrazione governativa che ne imprimono una connotazione marcatamente politica in evidente contraddizione con l’art. 98 Cost. A ciò si aggiunga un rilevante problema di sostenibilità: sette componenti sono oggettivamente pochi, in considerazione del fatto che è loro affidato il compito di gestire procedure comparative per circa 36mila dirigenti per altrettanti incarichi dirigenziali considerando, altresì, che la maggior parte dei componenti delle commissioni dovrà occuparsi di ulteriori e impegnative attività. Precisamente, il presidente dell’Anac, il Ragioniere generale dello stato e il presidente della Conferenza dei rettori sono inseriti in tutte e tre le commissioni; il segretario generale del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e il capo dipartimento per gli affari interni e territoriali del ministero dell’Interno sono inseriti in due commissioni su tre. Lo schema di decreto specifica che le commissioni formuleranno i criteri in relazione alla “natura, ai compiti e alla complessità della struttura interessata, la valutazione delle attitudini e delle capacità professionali del dirigente, nonché dei risultati conseguiti nei precedenti incarichi e delle relative valutazioni, delle specifiche competenze organizzative possedute, dell’essere risultato vincitore di concorsi pubblici, delle esperienze di direzione eventualmente maturate all’estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti al conferimento dell’incarico”.

Si tratta di criteri a dir poco tra loro non comparabili in quanto generici e, soprattutto, eterogenei. Si tenga conto, a tal proposito, che ciascuna delle circa 20mila amministrazioni dispone di un proprio sistema di valutazione dei risultati conseguiti dai dirigenti e, da questo punto di vista, né l’Anac né la Civit (prima dell’Anac) sono riuscite a realizzare un sistema omogeneo di valutazione per il quale si sta adoperando da qualche tempo il dipartimento della Funzione pubblica.

A questo punto dell’analisi sorge il dubbio che la procedura comparativa prevista dallo schema di decreto introduca in apparenza un sistema di selezione della dirigenza pubblica che, in realtà, sottende un vero e proprio sistema di cooptazione dei dirigenti. “Una fase obbligatoria nella quale poche persone, in modo distratto e incompleto, dovranno selezionare alcuni curriculum, per poi dare l’elenco agli organi politici che avranno libero arbitrio di scegliervi chi credono. Un bel vestito per mascherare, senza neanche troppo impegno, uno spoils system esasperato”16.

  1. La sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 25 novembre 2016 e l’incidenza sulla disciplina normativa della dirigenza pubblica

Sulla base di tale impostazione generale, la riforma della dirigenza pubblica, così come disegnata dalla legge “Madia” n. 124/2015, ha subito una brusca battuta d’arresto per effetto della richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016, nella parte in cui la delega aveva previsto solo il “parere” e non l’“intesa” con le Regioni per cinque decreti legislativi di attuazione (servizi pubblici, dirigenza, dirigenza sanitaria, licenziamento disciplinare, società partecipate).17

  1. La sentenza della Corte di cassazione, sezione lavoro 5 maggio 2017, n. 11015

Tale pronuncia sembra rimettere in discussione l’intero impianto della riforma. Infatti, la sentenza affronta la questione, controversa in diritto, sul se l’art. 110, commi 3 e 4 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico degli Enti Locali) possa consentire di applicare il meccanismo dello “spoils system”.

Sulla scorta di numerosi precedenti giurisprudenziali pronunciati dalla Corte costituzionale, la Corte di cassazione – aderendo alla medesima impostazione – ritiene che l’applicazione legittima del meccanismo dello “spoils system” nel contesto degli Enti locali debba fondarsi sugli imprescindibili presupposti della “apicalità” e della “fiduciarietà” del dirigente da nominare; con la precisazione che la componente fiduciaria deve esser interpretata quale preliminare valutazione soggettiva di adesione politica e personale del dirigente da nominare rispetto all’organo politico nominante.

In difetto dei presupposti innanzi riferiti, il meccanismo dello “spoils system” si pone in contrasto con l’art. 97 Cost., in quanto confliggente con i princìpi di continuità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché con il principio del “giusto procedimento”, in quanto la rimozione del dirigente sarebbe del tutto sottratta alla verifica dei risultati conseguiti.

Nel solco della giurisprudenza costituzionale, dunque, lo “spoils system” è applicabile solo con riferimento ai dirigenti attributari di funzioni di diretta collaborazione con l’organo di governo, o con riferimento ai dirigenti nominati in forza della loro personale adesione agli indirizzi politico–amministrativi dell’organo politico nominante. Per converso, lo “spoils system” non è applicabile ai dirigenti titolari di funzioni gestionali di attuazione dell’indirizzo politico.

Per vero, nel medesimo solco interpretativo, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme regionali che imponevano la decadenza automatica di dirigenti con attribuzioni tecnico-professionali e con obiettivi gestionali in chiave attuativa dell’indirizzo politico.

In buona sostanza, il percorso argomentativo della Corte di cassazione è in massima parte articolato sui principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 103 del 23 marzo 200718.

Invero, con tale pronuncia (e con la coeva sentenza n. 104/2007) il Giudice delle leggi si è pronunciato sulla complessa problematica del rapporto tra politica e amministrazione, esaminata nella prospettiva cruciale della legittimità dello spoils system. Pur avendo riguardo ad un particolare caso di applicazione dello spoils system nell’amministrazione statale, “la sentenza n. 103/2007 si segnala, da una parte, per la puntuale ricostruzione della disciplina circa caratteri e contenuti degli incarichi dirigenziali nel contesto del fondamentale criterio ordinatore della distinzione tra funzione di indirizzo politico e funzione di gestione amministrativa e delle risorse, assunto ormai come criterio definitivamente acquisito dall’ordinamento; dall’altra, per il disegno di una possibile linea orientativa nel necessario bilanciamento tra i principi costituzionali dettati per presidiare l’amministrazione, che, pur non negando spazio ad elementi e momenti di più stretto raccordo tra politici e burocrati ispirati da un motivo di fiduciarietà, ne riconduce la compatibilità al complessivo quadro costituzionale, diversamente da quanto risultava da precedenti pure recenti, mediante la valorizzazione degli istituti connessi con l’applicazione del principio del giusto procedimento come stabilizzati nell’ordinamento stesso dalla L. n. 241/1990 e successive modificazioni, atti ad assicurare la valutazione in contraddittorio delle capacità ed idoneità del funzionario amministrativo e nello stesso tempo la trasparenza e verificabilità delle scelte dell’autorità politica, scoraggiandone i comportamenti predatori19.

In entrambe le decisioni (nn. 103 e 104 del 2007) il Giudice delle leggi conferma in modo chiaro e deciso la separazione che deve intercorrere tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo, prerogativa del governo, e quelli di gestione, attribuiti alla dirigenza pubblica. Affinché non si crei un legame troppo stretto tra i dirigenti e il Governo e sia garantita l’imparzialità che consenta agli stessi di operare per il bene esclusivo del Paese, perseguendo finalità pubbliche, “gli incarichi dirigenziali, pur se caratterizzati da temporaneità, debbono sempre essere connotati da specifiche garanzie, che vengono evidentemente meno laddove si preveda un meccanismo automatico e generalizzato di decadenza dagli incarichi20.

Tali principi risultano ulteriormente svolti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 15 del 24 gennaio 2017: tornando ancora una volta sul tema dello spoils system nel contesto dell’organizzazione delle pubbliche Amministrazioni, ha confermato il principio secondo cui i meccanismi di decadenza automatica (o meramente discrezionale) del personale non assegnato ad uffici di diretta collaborazione con l’organo di governo sono da ritenersi incompatibili con l’art. 97 Cost., nella parte in cui impone – anche nell’ottica di tutelare il buon andamento e l’imparzialità della P.A. – che agli impieghi presso quest’ultima si deve accedere mediante procedura concorsuale (fatti salvi i casi eccezionali espressamente previsti normativamente) e che al ricambio dirigenziale occorre provvedere nelle forme procedimentali garantistiche prescritte ex lege21.

Proprio nel solco di tali principi si colloca la pronuncia della Cassazione22.

  1. Segue: aspetti critici

Non c’è dubbio che la recente pronuncia della Cassazione si ponga l’obiettivo – in sé condivisibile – di porre un <<argine contro lo spoils system nel rispetto dei precetti enunciati dalla costante giurisprudenza della Corte costituzionale, [ma essa] è fonte di ulteriore confusione e risulta letteralmente intrisa di errori, travisamenti di fatto e diritto, così da risultare purtroppo molto meno utile alla corretta configurazione del rapporto tra dirigenza e politica, di quanto non avrebbe potuto e dovuto>>23.

In effetti, proprio in applicazione dell’art. 110 comma 3 del d.lgs. n. 267/2000 richiamato dalla Corte di cassazione, “i contratti di cui ai precedenti commi (“Incarichi a contratto”) non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica”.

La circostanza riportata dalla norma appena richiamata non è di poco conto, ove si consideri che, nella fattispecie sottesa alla pronuncia il decesso del sindaco costituisce certamente evento che conduce alla conclusione del mandato elettivo e, di conseguenza, alla risoluzione del rapporto di lavoro dirigenziale, pur in presenza – come afferma la Suprema Corte – di un “incarico di tipo tecnico-professionale”, che non può essere invocato quale elemento impeditivo alla risoluzione del rapporto di lavoro dirigenziale, venendo in rilievo una disciplina di specie (“Incarichi a contratto” ex art. 110 del d.lgs. n. 267/2000) che certamente esula dai limiti di applicabilità dello spoils system.

Acclarato che il mandato elettorale del sindaco può interrompersi (così come prevede la legge) prima della durata teorica dei cinque anni, non si comprende come la Suprema Corte possa ritenere ammissibile un incarico a contratto per la durata (a prescindere) di cinque anni, svincolandola dall’effettiva durata del mandato elettorale, qualora quest’ultimo si concluda prima dei cinque anni. In buona sostanza, la Corte di cassazione conferisce un discutibile potere derogatorio – in ordine alla durata – al contratto di lavoro dirigenziale, rispetto ad una norma di legge, nella fattispecie l’art. 110, comma 3 del d.lgs. n. 267/2000 che, appare, in evidenza, chiaro nel delimitare il termine finale del contratto “non […] superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica”.

Se da un lato la Suprema Corte sembra non inquadrare in modo obiettivo la disciplina degli incarichi a contratto, dall’altro sottolinea, in maniera corretta, la necessità di proteggere dallo spoils system la dirigenza di ruolo nella quale, ovviamente, non rientrano gli “incarichi a contratto” di cui all’art. 110 del d.lgs. n. 267/2000 rispetto ai quali si è pronunciata la Suprema Corte.

  1. Osservazioni di sintesi

È forse possibile, a questo punto della breve riflessione, proporre alcune osservazioni di sintesi.

Lo spoils system, quando applicato senza i limiti imposti dalla legge, costituisce uno dei fattori critici più rilevanti della pubblica Amministrazione nel nostro Paese, compresa l’amministrazione locale nella quale, tuttavia, tale tecnica organizzativa appare suffragata da un chiaro apparato normativo (art. 110 comma 3 del d.lgs. n. 267/2000) che, ad un’attenta analisi, non dovrebbe esporsi ad eccessivi dubbi interpretativi e/o a soluzioni non univoche in fase applicativa.

Sono ben noti i limiti e le distorsioni di una dirigenza pubblica condizionata dagli organi di governo. Da questo punto di vista, la sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016 pone un sicuro argine allo straripante spoils system. La successiva pronuncia della Corte di cassazione n. 11015/2017, pur con taluni aspetti non convincenti innanzi evidenziati, sembra porsi nel medesimo solco dei princìpi generali affermati – a più riprese – dal Giudice delle leggi.

Il percorso normativo appare tracciato nella giusta direzione, così come dovranno essere contrastate per tempo le inevitabili distorsioni in fase attuativa.

Da questo punto di vista, viene in rilievo in modo emblematico il significato dell’art. 110, comma 1 del d.lgs. n. 267/2000, a mente del quale “gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico”. La selezione pubblica, per essere inattaccabile dal punto di vista giuridico, deve concludersi con una graduatoria che inibisca scelte marcatamente “discrezionali” dell’organo politico.

È ben noto, invece, che nella prassi degli enti locali, la selezione venga erroneamente concepita come individuazione di un gruppo ristretto di candidati da sottoporre, poi, alla scelta “fiduciaria” del sindaco o del presidente della provincia.

In definitiva, le norme appaiono chiare, come pure l’assetto giurisprudenziale, anche se con qualche eccezione. Ma i tempi per una corretta applicazione dello spoils system non appaiono prossimi, per un limite che è sostanzialmente di natura culturale, in quanto sbilanciato in direzione di scelte da parte degli organi di governo che, per il loro carattere eminentemente “politico”, sembrano debordare persino nella categoria degli atti di “alta amministrazione”, di recente rivisitata in termini di razionalizzazione e garanzia per il cittadino da parte della dottrina, del legislatore e della giurisprudenza 24.

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1 L. OLIVERI, Spoils system: le contraddizioni della Cassazione, in blOgLIVERI del 14 maggio 2017.

2 Il Tribunale di Brescia dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per violazione dell’art. 97 Cost. la questione di legittimità costituzionale dell’art. 99, comma 2 D. Lgs. 267/2000 nella parte in cui prevede che: <<salvo quanto disposto dall’art. 100, la nomina ha durata corrispondente a quella del mandato elettivo del sindaco … che lo ha nominato. Il segretario cessa automaticamente dall’incarico con la cessazione del mandato del sindaco>>.

3 Cfr. G. Gardini, L’autonomia della dirigenza nella (contro) riforma Brunetta, in De Jure – Lavoro nelle p.a. 2010.

4 La Corte afferma che, attraverso il nuovo assetto normativo, <<il legislatore ha inteso garantire, senza pregiudizio per l’imparzialità, anche il valore dell’efficienza contenuto nel precetto costituzionale, grazie a strumenti gestionali che consentono, meglio che in passato, di assicurare il contenuto della prestazione in termini di produttività, ovvero una sua ben più flessibile utilizzazione>>. Cfr. Corte cost., sent. 309/97. In altre parole, la Consulta inserisce nel contesto del <<costituzionalmente irrilevante>> la questione concernente il regime della disciplina del pubblico impiego, che viene pertanto affidata alla discrezionalità del legislatore e all’<<equilibrato dosaggio>> di fonti unilaterali (macro organizzazione) e fonti contrattuali (rapporto lavorativo vero e proprio).

5 Si pensi alle fondamentali sentenze nn. 233/2006; 103 e 104/2007; 161 e 351/2008; 34/2010; 81/2010, con le quali la Consulta ha cercato di precisare i limiti del cd. spoils system secondo l’ordinamento giuridico italiano.

6 Cfr. S. BATTINI, In morte del principio di distinzione fra politica e amministrazione: la Corte preferisce lo spoils system, in Gior. dir. amm., n. 8/2006, 911 ss.

7 Cfr. la sentenza n. 224 del 2010, con la quale la Corte costituzionale afferma come contraria al principio di buon andamento sancito dall’art. 97 Cost. la decadenza automatica del direttore amministrativo di un’Azienda ospedaliera, asseritamente avvenuta entro tre mesi dalla data della nomina di un nuovo direttore generale, e a dichiarare costituzionalmente illegittima la norma regionale che prevede un tale automatismo. Secondo la Corte, <<la disposizione impugnata non lega l’interruzione del rapporto di ufficio in corso a ragioni <> a tale rapporto, che – connesse alle modalità di svolgimento delle funzioni del direttore amministrativo – siano idonee ad arrecare un vulnus al principio di efficienza, efficacia e continuità dell’azione amministrativa>>. In questo senso, spiega la Consulta, <<la norma censurata, prevedendo l’interruzione ante tempus del rapporto, non consente alcuna valutazione qualitativa dell’operato del direttore amministrativo, che sia effettuata con le garanzie del giusto procedimento>>.

8 G. D’Alessio, La disciplina della dirigenza pubblica: profili critici ed ipotesi di revisione del quadro normativo, in De Jure – Lavoro nelle p.a. 2006.

9 Cfr. L. Zoppoli, Legge, contratto collettivo e circuiti della rappresentanza nella riforma <> del lavoro pubblico, in Le istituzioni del Federalismo, 2009, 663.

10 La riforma “Madia” della P.A., approvata con d.lgs. n. 75/2017, ha parzialmente riscritto l’art. 2 comma 2 del d.lgs. n. 165/2001 restituendo, in parte, dignità alla contrattazione collettiva con la previsione in base alla quale è sancita la derogabilità in via preventiva e generale da parte del contratto collettivo delle norme imperative che disciplinano i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, purché circoscritta alle materie oggetto di contrattazione individuate nell’art. 40 del medesimo d.lgs. n. 165/2001.

11 S. Battini, L’autonomia della dirigenza pubblica e la <>: verso un equilibrio fra distinzione e fiducia?, in GDA, 2010, 43.

12 R. Romei, La riforma del lavoro pubblico ovvero la doppia faccia della medaglia, in Nelmerito.com

13 In questo senso, F. Merloni, Lo spoils system è inapplicabile alla dirigenza professionale: dalla Corte nuovi passi nella giusta direzione (commento alle sentenze n. 103 e 104 del 2007), in RE, 2007, 836 e ss.; G. D’Alessio, La disciplina della dirigenza pubblica: profili critici ed ipotesi di revisione del quadro normativo, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2006, 558 e ss.; S. Battini, L’autonomia della dirigenza pubblica e la <>: verso un equilibrio fra distinzione e fiducia?, cit., 44;M. Rusciano, Dirigenze pubbliche e spoils system. Nota a Corte costituzionale 23 marzo 2007, n. 103 e 104, in www.astrid-online.it.

14 Così Corte cost., sent. 233 del 2006.

15 G. Melis, La pubblica amministrazione: una riforma mancata, in Giornale di diritto amministrativo 1/2012.

16 L. OLIVERI, Si scrive valutazione dei dirigenti, si legge spoils system, in lavoce.info,30 agosto 2016.

17 A. Purcaro, Assetto della dirigenza pubblica locale dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016 (e in attesa della nuova stagione contrattuale) in Leggi d’Italia PA, Azienditalia – Il Personale, 2017, 2, 156. Secondo l’autore “Che la Legge delega n. 124/2015 presentasse problemi di costituzionalità era stato in più sedi sottolineato. In particolare, proprio sulla Legge delega, era stata segnalata la dubbia compatibilità costituzionale: a) delle previsioni di un corso-concorso unico e di un corso unico con cadenza annuale (art. 11, lett. c) nn. 1 e 2) nella parte in cui sembravano escludere che la singola Regione o il singolo Comune potessero indire concorsi per il reclutamento del proprio personale; b) di quasi tutte le norme previste dall’art. 11, attraverso le quali, intervenendo sulla dirigenza pubblica complessivamente intesa, comprendente anche quella delle Regioni e degli Enti locali, inevitabilmente si incideva in maniera pesante e significativa su ambiti di competenza regionale e degli Eni Locali”.

18 Corte cost., sentenza 23 marzo 2007, n. 103 “E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 3, c. 7, L. n. 145/2002, nella parte in cui dispone una tantum la cessazione al sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge medesima degli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di livello generale nelle amministrazioni statali, per contrasto con gli artt. 97 e 98 Cost.”.

19 A. MASSERA, Il difficile rapporto tra politica e amministrazione: la Corte costituzionale alla ricerca di un punto di equilibrio, in Giornale di diritto amministrativo n. 12/2007.

20 M. CAUTADELLA, La Corte costituzionale dichiara incostituzionale lo spoils system una tantum, in Argomenti Dir. Lav., 2007, 4-5, 993 – Pluris – Walters Kluwer del 27 gennaio 2007.

21 A. CARRATO, Il Giudice delle leggi chiarisce di nuovo quando è legittimo lo “spoils system”, in Quotidiano – Pluris – Walters Kluwer del 27 gennaio 2017.

22 <<L’interpretazione costituzionalmente orientata al rispetto dell’art. 97 Cost., come inteso dalla consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di “spoils system”, del combinato disposto degli artt. 51 e 110, commi 3, primo periodo, e 4, del d.lgs. n. 267/2000 con l’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, porta ad escludere che un incarico di tipo tecnico-professionale, che non implica il compito di collaborare direttamente al processo di formazione dell’indirizzo politico dell’Ente di riferimento (nella specie: Comune), che sia stato affidato dal Sindaco di un Comune, con un contratto prevedente la coincidenza del termine finale del rapporto con “lo scadere del mandato elettorale del Sindaco”, possa essere oggetto di anticipata cessazione da parte del Comune stesso a causa della morte improvvisa del Sindaco persona fisica nominante, sull’assunto del “carattere fiduciario” dell’incarico medesimo>>.

23 L. OLIVERI, Spoils system: le contraddizioni della Cassazione, in blOgLIVERI del 14 maggio 2017.

24 Cons. Stato Sez. IV, sentenza 27/10/2017, n. 4958 in base alla quale <<In riferimento agli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni, gli atti di alta amministrazione ad essi presupposti, sono pienamente giustiziabili innanzi al Giudice Ordinario mediante la tecnica della disapplicazione>>.

 

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