18/12/2018 – Consigli comunali sciolti per infiltrazione mafiosa: le modifiche del Decreto Salvini

Consigli comunali sciolti per infiltrazione mafiosa: le modifiche del Decreto Salvini

Articolo, 17/12/2018 – Di Antonia Fabiola Chirico – Professionista – Avvocato

Pubblicato il 17/12/2018

 

La conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 113 del 4 ottobre 2018, G.U. n. 231 del 4 ottobre 2018, testo approvato ma non ancora pubblicato (scadenza 3 dicembre 2018), ci dà il là per poter affrontare la questione allo stato sempre più diffusa, soprattutto al Centro-Sud Italia, del fenomeno dello scioglimento dei Consigli comunali e provinciali per infiltrazione mafiosa

Lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri,[1] rappresenta l’espressione di un potere straordinario dello Stato cui è possibile far ricorso solo in occasioni altrettanto straordinarie (così la Corte Costituzionale 19 marzo 1993, n. 103, a proposito dell’art. 15 bis, L. n. 55/90).

Al pari di altri strumenti di contrasto alla diffusione della criminalità organizzata in settori centrali, oltreché delicati,  della vita delle amministrazioni locali, lo scioglimento dell’ente, ex art. 143, Tuel 267/2000, costituisce un mezzo di intervento che garantisce la massima anticipazione della soglia di tutela, risultando svincolato sia da accertamenti in sede penale sia dalla ricorrenza di misure di prevenzione o di sicurezza e ciò anche al fine precipuo di disporre di un mezzo immediato di salvaguardia dell’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata[2].

Detta misura, come si evince già da quanto sopra rassegnato, non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo, con la conseguenza che ai fini della sua adozione è sufficiente  la presenza di elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato[3].

Ed è proprio per questa tutela di salvaguardia dell’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata, che trova giustificazione la potestà di apprezzamento di cui beneficia l’Amministrazione, con la facoltà di quest’ultima di dare importanza anche a situazioni non rinvenibili in addebiti personali, ma tali da rendere verosimile, nella realtà contingente e in relazione ai dati della comune esperienza, l’ipotesi di una possibile soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata, quali i vincoli di parentela o di affinità, i rapporti di amicizia o di affari, le notorie frequentazioni, ecc.[4]

Tanto per fare un esempio è stato ritenuto sintomatico dell’infiltrazione mafiosa : “…… il differimento dell’argomento all’ordine del giorno del Consiglio Comunale relativamente alle determinazioni da assumere riguardo alla destinazione delle opere abusive, ritardo che ne ha di fatto scongiurato la demolizione, a salvaguardia degli interessi di chi ha realizzato le predette opere in violazione delle prescrizioni che regolano il razionale sviluppo dell’assetto del territorio; tale atteggiamento di colpevole inerzia, già sintomo di mala gestio in sé, assume particolare pregnanza anche per il vantaggio arrecato ai soggetti individuati nella relazione istruttoria come vicini alla criminalità organizzata, nessuna rilevanza assumendo in senso contrario la circostanza per cui il differimento avrebbe agevolato una pluralità di soggetti, non tutti necessariamente mafiosi; infatti, trattandosi di un atteggiamento già di per sé non costituente da parte del Consiglio Comunale puntuale assolvimento del mandato elettorale e dei compiti istituzionali cui è preposto, la circostanza per cui non tutti i proprietari di opere abusive fossero mafiosi – o addirittura che solo alcuni lo fossero – non consente di superare il sospetto di una condotta comunque agevolativa anche di interessi della criminalità organizzata locale, senza dubbio presenti in un campo quale quello dell’abusivismo edilizio[5].

Breviter, il provvedimento di scioglimento, quale atto di alta amministrazione[6],  rappresenta un modello di valutazione prognostica in funzione di un deciso avanzamento del livello istituzionale di prevenzione, con riguardo a un evento di pericolo per l’ordine pubblico quale ricavabile dal complesso degli effetti derivanti dai “collegamenti” o dalle “forme di condizionamento” in termini di compromissione della “libera determinazione degli organi elettivi,” del “buon andamento delle amministrazioni” nonché del “regolare funzionamento dei servizi”, ovvero in termini di “grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”: perciò, anche per “situazioni che non rivelino né lascino presumere l’intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata”, giacché, in tal caso, sussisterebbero i presupposti per l’avvio dell’azione penale o, almeno, per l’applicazione delle misure di prevenzione a carico degli amministratori, mentre la scelta del legislatore è stata quella di non subordinare lo scioglimento del consiglio comunale né a tali circostanze né al compimento di specifiche illegittimità[7].

In poche parole, non si tratta di provare la commissione di uno specifico reato, ma piuttosto di verificare la effettiva “sussistenza” di quegli “elementi” che, ai sensi della medesima normativa, sono sufficienti a indicare l’esistenza di collegamenti con la criminalità organizzata di stampo mafioso, o il condizionamento da parte di questa, e per questa via compromettere l’imparzialità, il buon andamento, il regolare funzionamento dei servizi, ovvero pregiudicare gravemente l’ordine pubblico.

Difatti, secondo gli ultimi arresti della giurisprudenza amministrativa la ratio sottesa al provvedimento di scioglimento del Consiglio comunale, “è quella di offrire uno strumento di tutela nei confronti del controllo e dell’ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli enti, in presenza anche di situazioni estranee all’area propria dell’intervento penalistico o preventivo”(così, Cons. Stato. Sez. III, n. 2038/2014), “nell’evidente necessità di evitare, con immediatezza, che l’Amministrazione locale rimanga permeabile all’influenza della criminalità organizzata per l’intera durata del suo mandato elettorale” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 3340/2014)”; una penetrabilità “che può sussistere anche alla luce di collegamenti indiretti ed in assenza dell’accertata sussistenza di vere e proprie cointeressenze” (Cons. Stato  sez. III, 07/12/2017, n. 5782).

Comunque ed in ogni caso, tale ampia discrezionalità, così come per l’ interdittiva antimafia, non può essere disancorata da situazioni di fatto avvalorate da obiettive risultanze che diano credibilità alle ipotesi di collusione, tanto da rendere pregiudizievole, per i legittimi interessi della comunità locale, il persistere di quegli organi elettivi.

Ciò in quanto è lo stesso art. 143 t.u.e.l. [8] che precisa le caratteristiche di obiettività delle risultanze da identificare, richiedendo che esse siano concrete, e perciò fattualiunivoche, ovvero non di ambivalente interpretazione, rilevanti, in quanto significative di forme di condizionamento.

Perché anche in tale contesto, come già precedentemente espresso in materia di interdittiva antimafia[9], bisogna attuare la ponderazione comparativa tra valori costituzionali parimenti garantiti, che nel caso specifico sono da un lato  l’espressione della volontà popolare e dall’altro la tutela dei principi di libertà, uguaglianza nella partecipazione alla vita civile, nonché di imparzialità, di buon andamento e di regolare svolgimento dell’attività amministrativa, fortificando le garanzie offerte dall’ordinamento a tutela delle autonomie locali[10].

Da quanto precede discende che gli elementi  c.d. “sintomatici” dell’infiltrazione mafiosa devono essere intesi, non già in senso atomistico, ma valutati nel loro insieme, ossia come quadro indiziario sintomatico di un atteggiamento complessivo dell’amministrazione dell’ente locale, che, per effetto di possibili contatti dall’esterno, non sia teso alla esclusiva cura degli interessi pubblici di cui lo stesso è titolare[11].

Così ricostruito l’istituto, deve ritenersi che l’apprezzamento giudiziale sul corretto esercizio del potere di scioglimento è limitato alla verifica, oltre che di un idoneo e sufficiente quadro istruttorio, peraltro ben motivato, anche di una sostanziale ragionevolezza delle valutazioni operate, in quanto, a contrario, potrebbe prospettarsi la situazione di erronea interpretazione di elementi di fatto e allontanamento dalla funzione tipica del potere (la c.d censura “eccesso/sviamento di potere”); onde per cui solo il corretto esercizio del potere restituisce valore alla salvaguardia delle libere scelte della comunità locale di riferimento.

Rebus sic stantibus il DL sicurezza, siccome modificato ed approvato in sede di conversione, introduce delle importanti modifiche all’art. 143 Tuel, le cui misure preventive diventano allo stato ancora di più cogenti, e questo sia nel caso in cui venga disposto lo scioglimento ex art. 143 Tuelcommi 8 e 12[12],  con la previsione di ulteriori effetti in merito agli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento, sia nel caso in cui lo stesso non venga a essere disposto ex art. 143 Tuel comma 5[13] e 7[14]. Ma andiamo con ordine analizzando il primo aspetto ossia:

a) l’ampliamento  della misura interdittiva dell’incandidabilità

Come già rappresentato,  lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri entro tre mesi dalla trasmissione della relazione del prefetto, ed è immediatamente trasmesso alle Camere; nella proposta di scioglimento sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l’interesse pubblico; la proposta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento“. In questo contesto si colloca la previsione dell’incandidabilità temporanea degli “amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento” del consiglio dell’ente locale. Costoro, secondo la recente modifica apportata al comma 11 dell’art. 143 tuel “non possono essere candidati alle elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e per il Parlamento europeo nonché alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali,  in relazione ai due turni elettorali successivi allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo “[15].  Pertanto, a fronte di un’incandidabilità ante riforma territorialmente delimitata, (l’incandidabilità era limitata solo a un turno nonché all’interno del perimetro regionale di riferimento dell’ente disciolto)[16], adesso l’incandidabilità è estesa per due turni elettorali successivi allo scioglimento ricomprendendo anche le competizioni elettorali nazionali ed europee.

Non v’è dubbio come tale estensione sia in termini di tempo che di territorio assuma una forte incisività nel contesto repressivo del fenomeno di infiltrazione mafiosa, attesa la finalità precipua di tale misura interdittiva[17]  “volta a rimediare al rischio che quanti abbiano cagionato il grave dissesto possano aspirare a ricoprire cariche identiche o simili a quelle rivestite e, in tal modo, potenzialmente perpetuare l’ingerenza inquinante nella vita delle amministrazioni democratiche locali”. Il secondo aspetto toccato dalla riforma, come già accennato, riguarda il caso in cui l’Ente, pur non essendo sciolto, in quanto non ricorrono  gli elementi di cui ai commi 8 e 12, né tantomeno colpito dai  provvedimenti di cui al comma 5,  viene comunque investito dall’ingerenza dello Stato, in quanto  “dalla relazione del prefetto emergano, riguardo ad uno o più settori amministrativi, situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni comunali o provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati[18] ed, ecco quindi,

b) l’introduzione del comma 7 bis  con la nomina del Commissario ad acta

Per comprendere l’introduzione del comma 7 bis,  non si può prescindere, giusto art. 12 del disp. prel.,  dall’argomentare sul precedente comma, ossia il comma 7, atteso che lo stesso incipit del comma 7 bis così recita: “   Nell’ipotesi di cui al comma 7…” . Orbene, il comma 7 dell’art. 143 Tuelrecita che: “Nel caso in cui non sussistano i presupposti per lo scioglimento o l’adozione di altri provvedimenti di cui al comma 5, il Ministro dell’interno, entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, emana comunque un decreto di conclusione del procedimento in cui da’ conto degli esiti dell’attivita’ di accertamento. Le modalita’ di pubblicazione dei provvedimenti emessi in caso di insussistenza dei presupposti per la proposta di scioglimento sono disciplinate dal Ministro dell’interno con proprio decreto.” ; sennonchè,  (ed ecco che sovviene l’interpretazione sistematica con il successivo comma 7bis di seguito riportato) “qualora dalla relazione del prefetto emergano, riguardo ad uno o piu’ settori amministrativi, situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialita’ delle amministrazioni comunali o provinciali, nonche’ il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, il prefetto, sulla base delle risultanze dell’accesso, al fine di far cessare le situazioni riscontrate e di ricondurre alla normalita’ l’attivita’ amministrativa dell’ente, individua, fatti salvi i profili di rilevanza penale, i prioritari interventi di risanamento indicando gli atti da assumere, con la fissazione di un termine per l’adozione degli stessi, e fornisce ogni utile supporto tecnico-amministrativo a mezzo dei propri uffici. Decorso inutilmente il termine fissato, il prefetto assegna all’ente un ulteriore termine, non superiore a 20 giorni, per la loro adozione, scaduto il quale si sostituisce, mediante commissario ad acta, all’amministrazione inadempiente. Ai relativi oneri gli enti locali provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci.».

Orbene, richiamando proprio l’art. 12 del disp. prel. , chi scrive rileva che l’introduzione del comma in commento all’interno dell’articolo rubricato: “Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. Responsabilità  dei dirigenti e dipendenti” non sia conducente alla finalità perseguita dall’articolo stesso. Ed invero, è di immediata percezione per tutti gli operatori del diritto, l’inconferenza dello stesso all’interno dell’articolo de quo, atteso che nel comma in commento non c’è alcun richiamo al pericolo di ingerenza di tipo mafioso o similare, facendo solamente espresso richiamo, riguardo a uno o più settori amministrativi,  a “situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni comunali o provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati”.

Non v’è chi non veda come il demandare al Prefetto,  che allo stato per  come è formulato il comma  ha ampi poteri, l’individuazione dei prioritari interventi di risanamento dell’ente locale e degli atti da assumere per far cessare le situazioni riscontrate dalla commissione d’indagine prefettizia, al fine di ricondurre alla normalità l’attività amministrativa, sia censurabile, come sopra rassegnato, sotto l’aspetto  dell’“eccesso/sviamento di potere”, anche e soprattutto, in relazione all’art.114 della Costituzione. E ciò in quanto con l’introduzione di tale comma fuoriusciamo dall’ambito, previsto anche dalla giurisprudenza per l’applicabilità dell’art. 143 t.u.e.l.,  di quel potere straordinario dello Stato cui è possibile far ricorso solo in occasioni altrettanto straordinarie,.

Un’ingerenza troppo invasiva, a parere di chi scrive, da parte dello Stato, che si esplica nei seguenti passaggi ossia: a) nell’individuazione da parte del Prefetto dei prioritari interventi di risanamento dell’ente locale e degli atti da assumere per far cessare le situazioni riscontrate dalla commissione d’indagine prefettizia; b) nella fissazione del termine di 20 gg. per l’adozione, che allo stato non sembra prorogabile, atteso che alla scadenza di tale termine, il Prefetto si sostituisce, mediante c) commissario ad acta, all’amministrazione inadempiente.

La suddetta norma dovrà poi necessariamente rapportarsi con l’art. 60-ter, del  disegno di legge recante interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo ( c.d. “ddl concretezza ), che per come allo stato formulato, il Prefetto puòsenza sostituirsi,  segnalare al Nucleo della Concretezza di cui all’articolo 60-bis, comma 1, eventuali irregolarità dell’azione amministrativa degli enti locali e chiederne l’intervento. In tal caso, può partecipare ai sopralluoghi e alle visite anche personale della Prefettura richiedente.

Per completezza espositiva occorre rappresentare che, ai sensi del secondo comma del succitato articolo, tale richiesta di intervento può essere formulata anche in caso di commissariamento dell’ente locale o di esercizio dei poteri sostitutivi da parte dell’autorità prefettizia ai sensi delle vigenti disposizioni, al fine di assicurare la continuità o l’eventuale ripristino dell’attività amministrativa dello stesso.

 A ciò aggiungasi, l’istituzione presso il Ministero dell’interno di un nucleo composto da personale della carriera prefettizia, cui attingere per la composizione della commissione straordinaria per la gestione dell’ente locale prevista dall’ordinamento in caso di scioglimento del consiglio per infiltrazione di tipo mafioso (articolo32-bis).

Rebus sic stantibus, ai sensi dell’art. 143 Tuel riformato, ci troviamo innanzi alla nomina di  un Commissario ad acta in tre casi, di cui solo due si riferiscono allo scioglimento e, precisamente: a) scioglimento promulgato; b) scioglimento in corso; c) inadempimento della P.A.

(Altalex, 15 ottobre 2018. Articolo di Antonia Fabiola Chirico)

 

_______________

[1] Tale deliberazione discende  dopo  un complesso procedimento di accertamento posto in essere dal prefetto competente per territorio, attraverso un’apposta commissione di indagine;

[2] Ex multis: Consiglio di Stato, IV Sez., 4 febbraio 2003, n. 562; Consiglio di Stato, sez. VI, 6 aprile 2005 n. 1573 ; Consiglio di Stato, sez. V, 18 marzo 2004 n. 1425.

[3] Cons. St., sez. III, 10 gennaio 2018, n. 96.

[4] Cfr. Cons. Stato Sez. V 14/05/2003 n.2590

[5] Cfr. Tar Campania Napoli Sez. I 06/02/2006 n.1621

[6] Cfr. Tar Lazio del 22/03/2017 n. 3749

[7] Ex multis: cfr.  Cons. Stato n. 3828/2018;  Cons. St., sez. V, 15 luglio 2005, n. 3784; id., sez. IV, 10 marzo 2004, n. 1156.

[8] Art. 143 tuel 1 comma “1. Fuori dai casi previsti dall’articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalita’ organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volonta’ degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialita’ delle amministrazioni comunali e provinciali, nonche’ il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica

[9] cfr. in tal senso Cons. Stato  IV 4 maggio 2004, n. 2783; V, 27 giugno 2006, n. 4135

[10] Cfr. Cons. Stato n. 3828/2018 già cit.

[11] Cfr.  Consiglio di Stato IV Sezione 15.6.2004 n. 4467.

[12] Cfr art. 143 Tuel comma 8: “Se dalla relazione prefettizia emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti tra singoli amministratori e la criminalita’ organizzata di tipo mafioso, il Ministro dell’interno trasmette la relazione di cui al comma 3 all’autorita’ giudiziaria competente per territorio, ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione previste nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575”, comma 12: “Quando ricorrono motivi di urgente necessita’, il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonche’ da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell’ente mediante invio di commissari. La sospensione non puo’ eccedere la durata di sessanta giorni e il termine del decreto di cui al comma 10 decorre dalla data del provvedimento di sospensione”.

[13]Cfr art. 143 Tuel comma 5: “Anche nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento, qualora la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell’ente locale, con decreto del Ministro dell’interno, su proposta del prefetto, e’ adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalita’ la vita amministrativa dell’ente, ivi inclusa la sospensione dall’impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell’autorita’ competente

[14] Cfr, art. 143 Tuel comma 7 :”Nel caso in cui non sussistano i presupposti per lo scioglimento o l’adozione di altri provvedimenti di cui al comma 5, il Ministro dell’interno, entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, emana comunque un decreto di conclusione del procedimento in cui da’ conto degli esiti dell’attivita’ di accertamento. Le modalita’ di pubblicazione dei provvedimenti emessi in caso di insussistenza dei presupposti per la proposta di scioglimento sono disciplinate dal Ministro dell’interno con proprio decreto”.

[15] Cfr art. 143 Tuel comma 11: “ Fatta salva ogni altra misura interdittiva ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e per il Parlamento europeo nonché alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, in relazione ai due turni elettorali successivi allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo;

[16] Cfr art. 143 Tuel comma 11 ante riforma “non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento”

[17] Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 27-01-2015) 30-01-2015, n. 1747

[18] Cfr. 143 Tuel art. 7-bis. Nell’ipotesi di cui al comma 7, qualora dalla relazione del prefetto emergano, riguardo ad uno o piu’ settori amministrativi, situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialita’ delle amministrazioni comunali o provinciali, nonche’ il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, il prefetto, sulla base delle risultanze dell’accesso, al fine di far cessare le situazioni riscontrate e di ricondurre alla normalita’ l’attivita’ amministrativa dell’ente, individua, fatti salvi i profili di rilevanza penale, i prioritari interventi di risanamento indicando gli atti da assumere, con la fissazione di un termine per l’adozione degli stessi, e fornisce ogni utile supporto tecnico-amministrativo a mezzo dei propri uffici. Decorso inutilmente il termine fissato, il prefetto assegna all’ente un ulteriore termine, non superiore a 20 giorni, per la loro adozione, scaduto il quale si sostituisce, mediante commissario ad acta, all’amministrazione inadempiente. Ai relativi oneri gli enti locali provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci.».

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