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Acquisizione immobiliare per compensazione giudiziale

di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Serramazzoni e Vicesegretario Comunale

Un Sindaco chiede chiarimenti al magistrato contabile, ex art. 7, comma 8, L. 5 giugno 2003, n. 131, sulla portata applicativa dall’art. 12D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, così come introdotto dall’art. 1, comma 138, L. 24 dicembre 2012, n. 228, nella parte in cui prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2014, gli enti territoriali possano effettuare operazioni di acquisto di immobili solo qualora ne siano comprovate l’indispensabilità e l’indilazionabilità, attestate dal responsabile del procedimento; in particolare, il Sindaco, premesso che il Comune vanta un rilevante credito per tributi comunali non pagati da un utente sottoposto a procedura fallimentare e precisato che, con l’assenso del giudice fallimentare, detto rilevante credito del Comune potrebbe essere compensato in via giudiziale con l’assegnazione in proprietà al Comune medesimo di un immobile del debitore, chiede di precisare se la richiamata disciplina debba trovare applicazione anche nel caso esposto, ovvero in cui l’acquisizione di un immobile non avvenga quale effetto di un negozio traslativo della proprietà in funzione di necessità funzionali dell’ente locale, ma a titolo di compensazione giudiziale di un credito che, stante la procedura fallimentare cui è sottoposto il debitore del Comune, rischierebbe di essere dichiarato inesigibile con grave nocumento per le finanze dell’Ente.

L’interpellata Corte dei conti-Piemonte, con delibera 23 novembre 2018, n. 125, si esprime in argomento, ribadendo che, come indicato nel quesito, a partire dal primo gennaio 2014 è stato introdotto un regime che, al fine di pervenire a risparmi di spesa, consente operazioni di acquisto di beni immobili solo in caso di comprovata indispensabilità ed indilazionabilità delle stesse, nei limiti e con le modalità previste dal comma 1-ter del citato art. 12D.L. n. 98 del 2011; detti presupposti devono necessariamente essere oggetto di esplicitazione nella motivazione del provvedimento che l’amministrazione deve adottare.

Tutto ciò premesso, la Sezione ritiene che, conformemente all’indirizzo interpretativo reso da varie pronunce di altre Sezioni regionali, la fattispecie prospettata dal Comune istante non rientri nell’ambito applicativo della disposizione limitativa atteso che:

la norma di riferimento, che contiene un’espressa indicazione della propria finalità (“al fine di pervenire a risparmi di spesa …“), è inserita nell’ambito di una legge (legge di stabilità) che contiene esclusivamente norme tese a realizzare “effetti finanziari”: sotto questo profilo, la compensazione giudiziale, risolvendosi nell’accertamento da parte del giudice del controcredito, rectius, nel diritto di proprietà dell’immobile opposto in compensazione, costituisce un’operazione finanziariamente neutra e, pertanto, non rientra nell’ambito di applicazione della disciplina in esame; la richiamata novella normativa si applica, infatti, ai contratti nei quali l’effetto traslativo, conseguenza immediata e diretta del rapporto giuridico, determini comunque un esborso finanziario a carico del soggetto pubblico;

la stessa disposizione detta indicazioni concernenti le operazioni di acquisto, che prevedono l’indicazione “del soggetto alienante e del prezzo pattuito” mentre, nell’ipotesi in esame, non si vede come, perfezionandosi il trasferimento della proprietà per effetto della compensazione giudiziale, possa configurarsi civilisticamente la figura del “soggetto alienante“, atteso che le posizioni di alienante e di acquirente sono reciproche e riferibili ad entrambi i soggetti interessati: ciò costituisce un ulteriore indizio dell’inapplicabilità della disposizione in esame;

a solo titolo esemplificativo, si rammenta come sia stata esclusa la soggezione alla disciplina limitativa nel caso di acquisizione al patrimonio comunale di opere di urbanizzazione a scomputo (posto che l’acquisizione avviene a seguito di un contratto assimilato all’appalto di lavori pubblici, non a una compravendita), e a conclusioni simili si è pervenuti per quanto riguarda l’acquisto di immobili effetto di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità; infine, i predetti canoni ermeneutici sono stati applicati per escludere la riconducibilità alla disciplina limitativa all’acquisizione di immobili aventi titolo nel contratto di permuta e, nella ricorrenza di predeterminati presupposti, di transazione.

Conclusivamente, la Corte afferma che il disposto normativo di cui all’art. 12D.L. n. 98 del 2011, convertito dalla L. n. 111 del 2011, come novellato dall’art. 1, comma 138, L. n. 228 del 2012, nella parte in cui prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2014, gli enti territoriali possono effettuare operazioni di acquisto di immobili solo qualora ne siano comprovate l’indispensabilità e l’indilazionabilità, attestate dal responsabile del procedimento, non trova applicazione quando l’acquisizione di un immobile non avvenga quale effetto di un negozio traslativo della proprietà in funzione di necessità funzionali dell’ente locale, ma esclusivamente a titolo di compensazione giudiziale di un credito dell’ente nell’ambito di una procedura fallimentare cui è sottoposto un soggetto, debitore del Comune.

Corte dei conti, Piemonte, Sez. contr., Delib., 23 novembre 2018, n. 125

Art. 12D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (G.U. 6 luglio 2011, n. 155)

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