17/12/2018 – TARI rifiuti speciali: le regole per l’esclusione dalla tassazione

TARI rifiuti speciali: le regole per l’esclusione dalla tassazione

di Girolamo Ielo – Dottore commercialista/revisore contabile Esperto finanza territoriale

Nella seduta del 28 novembre 2017 della Commissione VI della Camera dei deputati sono stati forniti, con risposta ad interrogazione parlamentare 5-00535, alcuni chiarimenti in ordine ai presupposti di applicazione della TARI, con particolare riferimento agli immobili ove si producono rifiuti speciali.

I principi enunciati sono i seguenti:

– le regole in materia devono essere inserite nel regolamento della tassa;

– rispetto al prototipo di regolamento della predisposto dal MEF i comuni possono operare tenendo conto dell’autonomia riconosciuta per legge;

– nelle aree dove si producono rifiuti speciali non è dovuta la tassa e spetta al contribuente l’onere della prova;

– non sussiste una tipologia definita della documentazione e che quindi è lasciato ampio spazio ai produttori, su cui ricade l’onere della prova, e ai comuni, nell’esercizio della propria potestà regolamentare, di individuare specifiche modalità per dimostrare l’esistenza delle condizioni necessarie a ottenere l’esenzione dal tributo, sempreché, come anche affermato dai Giudici di legittimità, si tratti di documentazione ” idonea ” a raggiungere la prova dell’esclusione.

– il meccanismo di quantificazione della riduzione – soggetta ad un limite massimo specificato dal comune – è individuato nel prodotto tra quantità di rifiuti assimilati effettivamente avviati al recupero e una predeterminata percentuale del costo unitario Cu.

Il riferimento normativo. In sede di interrogazione è stato richiamato il comma 649, art. 1, L. 27 dicembre 2013, n. 147, in cui è stabilito che “Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione. Al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il comune o con l’ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui all’art. 256, comma 2, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152“.

Le questioni poste nell’interrogazione e la relativa risposta. Come si è già detto nell’ambito della tassazione delle aree in cui si producono rifiuti speciali sono state poste diverse richieste di richiarimento.

1) Dimostrazione e delimitazione aree. In ordine alla sussistenza in capo ai produttori dell’obbligo di dimostrare e delimitare le aree in cui si producono rifiuti speciali non assimilabili agli urbani, al fine di sottrarle alla tassazione, anche alla luce di quanto affermato nella sentenza della Corte di Cassazione n. 26637 del 10 novembre 2017, in sede di risposta viene evidenziato che la norma stessa pone come condizione per usufruire di detta agevolazione che i produttori dimostrino che il trattamento a proprie spese dei rifiuti speciali avvenga in conformità alle norme vigenti.

A questo proposito nel Prototipo di regolamento, pubblicato nel sito del Dipartimento delle Finanze, per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), sostituita dalla TARI a decorrere dal 1° gennaio 2014, al comma 5 dell’articolo 10, rubricato “Esclusione per produzione di rifiuti non conferibili al pubblico servizio”, è espressamente indicato che “per fruire dell’esclusione prevista dai commi precedenti, gli interessati devono:

a) indicare nella denuncia originaria o di variazione il ramo di attività e la sua classificazione (industriale, artigianale, commerciale, di servizio, eccetera), nonché le superfici di formazione dei rifiuti o sostanze, indicandone l’uso e le tipologie di rifiuti prodotti (urbani, assimilati agli urbani, speciali, pericolosi, sostanze escluse dalla normativa sui rifiuti) distinti per codice CER;

b) comunicare entro il mese di … dell’anno successivo a quello di riferimento i quantitativi di rifiuti prodotti nell’anno, distinti per codici CER, allegando la documentazione attestante lo smaltimento presso imprese a ciò abilitate”.

In riferimento a ciò, viene ricordato secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione in materia di TARSU, ma che può estendersi anche alla TARI, per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione dalla superficie tassabile delle aree produttive di rifiuti speciali, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. civ. n. 9214 del 2018, Cass. civ. n. 7647 del 2018, Cass. civ. n. 3799 del 2018, Cass. civ. n. 3799 del 2018, Cass. civ. n. 21250 del 2017 e Cass. civ. n. 5377 del 2012). La stessa Corte in più occasioni ha precisato che “il presupposto della tassa di smaltimento dei rifiuti ordinari solidi urbani, secondo l’art. 62D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, è, invero, l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti e l’esenzione dalla tassazione di una parte delle aree utilizzate perché ivi si producono rifiuti speciali è subordinata all’adeguata delimitazione di tali spazi nonché alla presentazione di documentazione idonea a dimostrare le condizioni dell’esclusione o dell’esenzione; il relativo onere della prova incombe al contribuente”. (Cass. civ. n. 9214 del 2018, Cass. civ. n. 11351 del 2012, Cass. civ. n. 17703 del 2004).

In conclusione, non sussiste una tipologia definita della documentazione in discorso e che quindi è lasciato ampio spazio ai produttori, su cui ricade l’onere della prova, e ai comuni, nell’esercizio della propria potestà regolamentare, di individuare specifiche modalità per dimostrare l’esistenza delle condizioni necessarie a ottenere l’esenzione dal tributo, sempreché, come anche affermato dai Giudici di legittimità, si tratti di documentazione «idonea» a raggiungere la prova dell’esclusione.

2) Modalità e dimostrazione trattamento rifiuti. Nella interrogazione è chiesto di conoscere “quali siano le modalità con le quali i produttori dovranno adempiere al citato obbligo e come potranno dimostrare l’avvenuto trattamento dei rifiuti” e “quale certificazione/attestazione il contribuente/produttore sarà tenuto a produrre per ottenere la detassazione delle porzioni di superficie, atteso che la quarta copia del citato formulario sembrerebbe limitare la sua funzione conoscitiva alla sola presa in carico e non anche all’avvenuto trattamento”. Nella risposta viene fatto presente che non è possibile individuare un documento specifico con il quale i produttori adempiono agli obblighi in questione. Del resto, occorre sottolineare che spetta ai comuni, nell’esercizio della propria autonomia regolamentare, definire la specifica documentazione che si richiede ai contribuenti/produttori.

3) Riduzione parte variabile. E’ stato chiesto, altresì, di individuare l’importo totale sul quale si calcola il rapporto con i rifiuti speciali assimilabili agli urbani avviati al recupero di cui al terzo periodo del citato comma 649, in modo tale da rendere proporzionale la riduzione della parte variabile della TARI. In sede di risposta è stato fatto presente che il Dipartimento delle finanze segnala che elementi utili alla soluzione della problematica in esame sono rinvenibili nelle note all’articolo 25 del suddetto Prototipo di regolamento. Nel commento al comma 3 dell’art. 25 del Prototipo viene chiarito che il “comma 3 individua il meccanismo proposto di quantificazione della riduzione – soggetta ad un limite massimo specificato dal comune – individuandolo nel prodotto tra quantità di rifiuti assimilati effettivamente avviati al recupero e una predeterminata percentuale del costo unitario Cu, come definito al punto 4.4., Allegato 1D.P.R. n. 158 del 1999 …”; percentuale che, vale la pena di ricordare, è determinata “dal rapporto tra i costi variabili attribuibili alle utenze non domestiche e la quantità totale di rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche”.

Prototipo regolamento e autonomia regolamentare del comune. Nella parte finale della risposta viene sottolineato che nella menzionata norma del Prototipo di regolamento per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), i cui principi, come anzidetto, sono mutuabili anche per la TARI che l’ha sostituita, sono declinate solo le linee di massima dell’agevolazione, che il comune deve quindi completare in sede di approvazione del proprio regolamento e viene proposta una possibile disciplina della riduzione per il recupero, che l’ente locale potrà comunque diversamente configurare, nell’esercizio della propria autonomia regolamentare.

Camera dei deputati, Commissione VI, risposta 28 novembre 2018, interrogazione 5-00535

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