02/121/2018 – AranSegnalazioni – Newsletter del 30/11/2018

AranSegnalazioni – Newsletter del 30/11/2018

 

 

Attività istituzionale dell’Agenzia

 

Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Locali

Può un ente decidere, autonomamente, di ridurre per un anno lo stanziamento delle risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative, ai sensi dell’art.15, comma 5, e dell’art.67, comma 1, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2017, per avvalersi della facoltà di incrementare, nello stesso anno, il Fondo delle risorse decentrate del personale, di cui all’art.15, comma 7, del medesimo CCNL  del 21.5.2018?  Successivamente, potrà ripristinare l’originario ammontare dello stanziamento di cui si tratta? Quale modello di relazioni sindacali è necessario rispettare?

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Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Locali

I permessi per particolari motivi personali e familiari, di cui all’art.32 del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018 devono essere documentati dal dipendente che ne fruisce? L’ente può entrare nel merito “dei particolari motivi personali e familiari” addotti dal dipendente a giustificazione della fruizione dei permessi? 

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Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Locali

In relazione alle previsioni dell’art.56-quater del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, sussiste l’obbligo di aderire al fondo di previdenza complementare Perseo-Sirio oppure è fatta salva la volontà del lavoratore di poter aderire a diverse forme pensionistiche individuali? Qualora sussista l’obbligo di adesione al fondo di previdenza complementare Perseo-Sirio, vi è anche l’obbligo contestuale di far confluire il TFR o il TFS nello stesso fondo?

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Sezione Giuridica

 

Corte Costituzionale

Sentenza n. 213 del 22/11/2018

Pubblico impiego – fine rapporto – passaggio da TFS o IBU al TFR – vincolo della invarianza della retribuzione – cessazione del prelievo contributivo a titolo di rivalsa – illegittimità costituzionale art. 26 comma 19 L. 448/1998 – non fondata

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Il tribunale ordinario di Perugia, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 26 comma 19 L. n. 448/1998 (misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), nella parte in cui demandando a un D.P.C.M. la definizione della struttura retributiva e contributiva dei dipendenti pubblici passati, ex lege, dal precedente regime del TFS o dell’IBU al regime del TFR, ha imposto il vincolo dell’invarianza della retribuzione netta nonostante la cessazione del prelievo contributivo a titolo di rivalsa. La questione nasce dal ricorso proposto da alcuni dipendenti, in regime di TFR fin dall’inizio, che chiedevano fosse accertata l’illegittimità della trattenuta del 2,50% operata dal datore di lavoro pubblico sulla loro retribuzione mensile lorda. I giudici costituzionali non ritengono fondata la questione e, considerata la rilevanza della questione e il carattere seriale delle controversie che si sono instaurate sul punto, si ritiene utile pubblicare per esteso alcune delle argomentazioni della Corte: “La disposizione censurata si colloca nella complessa transizione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni «da un regime di diritto pubblico ad un regime di diritto privato» (sentenza n. 244 del 2014, punto 7.1. del Considerato in diritto). Il legislatore, nel prudente esercizio della sua discrezionalità, ha scandito la descritta transizione secondo un percorso graduale, che investe anche la disciplina delle indennità di fine rapporto spettanti ai dipendenti pubblici, progressivamente ricondotte all’unitaria matrice civilistica del trattamento di fine rapporto (art. 2120 del codice civile). È in tale gradualità che si inquadra la coesistenza del regime del trattamento di fine servizio con il regime del trattamento di fine rapporto, applicato, anche in virtù delle innovazioni recate dal D.P.C.M. 2 marzo 2001 (Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi dei pubblici dipendenti), a coloro che abbiano aderito alla previdenza complementare in base all’art. 59, comma 56, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), o siano stati assunti con contratto a tempo indeterminato dopo il 31 dicembre 2000 o con contratto a tempo determinato, per i periodi di lavoro successivi al 30 maggio 2000. Alla gradualità, che contraddistingue l’avvicendarsi dei due regimi delle indennità di fine rapporto dei dipendenti pubblici (sentenza n. 244 del 2014, punto 7.1. del Considerato in diritto), si affianca il ruolo di primaria importanza delle organizzazioni sindacali più rappresentative che il 29 luglio 1999 hanno stipulato con l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) un accordo quadro nazionale successivamente recepito dal D.P.C.M. 20 dicembre 1999. Nella sede negoziale, nell’alveo delle indicazioni offerte dall’art. 26, comma 19, della legge n. 448 del 1998, sono state definite le misure atte a salvaguardare il principio dell’invarianza della retribuzione netta e a contemperare la tutela dei diritti retributivi e previdenziali dei lavoratori pubblici con la salvaguardia della sostenibilità del sistema complessivamente considerato.” L’art. 26 comma 19 L. 448/1998 riguarda il personale che è sin dall’origine assoggettato al regime del TFR. Il meccanismo della riduzione della retribuzione lorda, risponde alla esigenza di apportare gli indispensabili adeguamenti della struttura retributiva e contributiva del personale che transita al regime del TFR, così da salvaguardare l’invarianza della retribuzione netta. “Tale riduzione, preordinata a contenere gli oneri finanziari connessi alla progressiva introduzione del regime del TFR, risponde all’esigenza di apportare gli indispensabili adeguamenti della struttura retributiva e contributiva del personale che transita al regime del TFR, così da salvaguardare l’invarianza della retribuzione netta prescritta dalla fonte primaria. …Tale riduzione è l’approdo di un percorso negoziale volto a salvaguardare la parità di trattamento retributivo dei dipendenti che abbiano il medesimo inquadramento e svolgano le medesime mansioni, in armonia con il principio di parità di trattamento contrattuale dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, oggi sancito dall’art. 45, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Detto principio impone che, a parità di inquadramento e di mansioni, corrisponda la medesima retribuzione e che il trattamento retributivo non muti in ragione di un dato accidentale, quale è l’applicazione del regime del TFR o del TFS. Un sistema così congegnato, che persegue un obiettivo di razionalizzazione e di tendenziale allineamento delle retribuzioni, a prescindere dal regime applicabile all’indennità di fine rapporto, non svilisce neppure il ruolo cruciale della contrattazione collettiva che, nell’ambito del lavoro pubblico (sentenza di questa Corte n. 178 del 2015, punto 17. del Considerato in diritto), è chiamata a garantire efficace tutela ai princìpi di rango costituzionale della parità di trattamento (art. 3 Cost.), della proporzionalità della retribuzione (art. 36 Cost.) e del buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), in un’ottica di razionale impiego delle risorse pubbliche. Si deve poi considerare che la riduzione della retribuzione lorda è compensata da un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali e del trattamento di fine rapporto, che neutralizza i possibili effetti pregiudizievoli, su tale versante, della decurtazione operata…. Il principio dell’invarianza della retribuzione netta, con i meccanismi perequativi tratteggiati in sede negoziale, mira proprio a garantire la parità di trattamento, nell’àmbito di un disegno graduale di armonizzazione, e non contrasta, pertanto, con il principio di eguaglianza invocato dal rimettente”. La sentenza ribadisce definitivamente l’indirizzo di una precedente giurisprudenza cui fa riferimento la Guida Operativa dell’Aran su: ”Accordo quadro in materia di TFR e di previdenza complementare del 29 luglio 1999”, pubblicata sul sito dell’Agenzia, contenete chiarimenti sull’adeguamento retributivo e contributivo nel passaggio dal TFS al TFR dei pubblici dipendenti, ai sensi del suddetto accordo quadro nazionale. 

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Sentenza n. 26679 del 22/10/2018

Pubblico impiego – periodo di prova – mancato superamento – recesso datoriale – principi di diritto

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La sentenza chiarisce in modo esaustivo la natura del periodo di prova, lo svolgimento, le modalità e le motivazioni del recesso datoriale e la sua differenza con il licenziamento. Dicono, tra l’altro, gli Ermellini: “Il recesso del datore di lavoro nel corso del periodo di prova ha natura discrezionale e dispensa dall’onere di provarne la giustificazione diversamente da quello che accade nel licenziamento assoggettato alla legge n. 604 del 1966 (Cass: n. 21586/2008 cit; conf. Cass n.17970/2010 cit.). L’esercizio del potere di recesso deve essere coerente con la causa del rapporto di prova che va individuata nella tutela dell’interesse comune alle due parti del rapporto di lavoro, in quanto diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, valutando l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto (Cass. n. 8934 del 2015; Cass. n. 17767 del 2009; Cass. 15960 del 2005)”.

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Sentenza n. 27668 del 30/10/2018

Pubblico impiego – dirigenza medica – attribuzione di due incarichi – richiesta di un doppio compenso – non dovuto – principio di onnicomprensività ex art. 24 c. 3 d.lgs. n. 165/2001 – principio di diritto

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Corte respinge il ricorso di un dirigente medico che, preposto contestualmente a due strutture complesse, chiedeva gli fosse riconosciuto un doppio compenso, ritenendo che il principio della onnicomprensività della retribuzione di cui all’art. 24 del d.lgs. n. 165/2001, riguarderebbe il caso di incarichi accessori, e non quello in cui siano attribuiti due incarichi autonomi tra loro. Chiariscono invece i giudici che per quanto riguarda il suddetto principio di onnicomprensività, questo non consente in alcun modo di riconoscere plurimi compensi in ragione della pluralità di incarichi o funzioni che la medesima amministrazione attribuisca al medesimo dirigente, e ribadiscono il seguente principio di diritto: “Nel pubblico impiego privatizzato vige il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, in ragione del quale il trattamento economico dei dirigenti remunera tutte le funzioni e i compiti loro attribuiti secondo il contratto individuale o collettivo, nonché qualsiasi incarico conferito dall’amministrazione di appartenenza o su designazione della stessa.” (cass.8 febbraio 2018, n. 3094, rispetto al caso di conferimento di una reggenza; Cass. 30 marzo 2017 n. 8261; Cass. 5 ottobre 2017 n. 23274).

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Sentenza n. 27963 del 31/10/2018

Pubblico impiego – prepensionamento del personale in esubero ex art. 33 c. 1 d.lgs. n. 165/2001 – procedura per la ricognizione del personale – obbligo motivazionale – divieto di trattamento discriminatorio – imparzialità e buon andamento della P.A. – correttezza e buona fede – principi di diritto

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La sentenza ripercorre il complesso quadro normativo che è alla base dell’istituto del prepensionamento del personale individuato in esubero e riconferma – in relazione alla procedura, all’obbligo motivazionale, al divieto di trattamento discriminatorio in base all’età, – alcuni principi di diritto già affermati in precedenti sentenze (vedere in particolare sent. n. 19864 del 26/7/2018) di cui uno viene di seguito riportato: “la risoluzione unilaterale da parte di una pubblica amministrazione dei rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001 e in applicazione dell’art. 72 comma 11 del d.l. n. 112 del 2008, non contrasta con l’art. 6 della direttiva 2000/78/CE, attuata del d.lgs. n. 216 del 2003, come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, in quanto tale direttiva consente agli stati membri di prevedere, nell’ambito del diritto nazionale, forme di differenze di trattamento dei lavoratori fondate sull’età purchè siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate da una finalità legittima quale è la politica del lavoro e del relativo mercato o della formazione professionale e sempre che i mezzi per il raggiungimento di tale scopo siano necessari ed appropriati, come si verifica nella specie (vedi per tutte: Cass.28 ottobre 2015, n. 22023; Cass. 9 giugno 2016, n. 11859).”

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Ordinanza n. 28030 del 2/11/2018

Pubblico impiego – dirigenza medica – incarico sostitutivo di responsabile di struttura complessa – richiesta pagamento differenze retributive – non dovute – la sostituzione non implica espletamento di mansioni superiori – inapplicabilità art. 2103 c.c. – artt. 15, 15 ter e 24 c. 3 d.lgs. n. 165/2001 – art. 28 ccnl 6/2/2000 dirigenza sanitaria – principi di diritto

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Corte, rigettando il ricorso di un dirigente medico che chiedeva il pagamento delle differenze retributive avendo svolto mansioni di incarico sostitutivo di responsabile di struttura complessa, ribadisce, tra le altre varie e importanti argomentazioni, il seguente principio di diritto: “la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del ccnl dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicché non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità c.d. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost. (Cass. nn. 16299/2015 e negli stessi termini Cass. n. 15577/2015, n. 584/2016, n. 9879/2017)”. Proseguono i giudici dicendo inoltre che l’esegesi del quadro normativo e contrattuale non consente di estendere ai dirigenti in generale, ed alla dirigenza medica in particolare, norme e principi che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale.

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Sentenza n. 28247 del 6/11/2018

Pubblico impiego – vice-dirigenza- personale destinatario ex art. 17 bis d-lgs. N. 156/2001 – atto di indirizzo – mancata istituzione – richiesta risarcimento – non dovuta

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Con la presente sentenza – che si pone in rapida successione con la sentenza n. 158 del 23 maggio della Corte Costituzionale con la quale la Corte ha dichiarato la illegittimità di una legge della regione Liguria che istituiva la vice-dirigenza – La Corte di Cassazione respinge la richiesta risarcitoria di alcuni dipendenti del Ministero dei beni culturali che si ritenevano danneggiati dalla mancata istituzione della vice dirigenza, ritenendo di essere in possesso dei requisiti richiesti per essere inquadrati in detta area, sulla base dell’interpretazione dell’art. 17 bis del d.lgs. n. 165/2001 e dell’atto di indirizzo di cui all’art. 41 del medesimo decreto legislativo. I giudici ricordano che l’art. 17 bis del d.lgs. n. 165/2001 e successive modifiche, aveva contemplato l’aera della vice dirigenza, indicando anche il personale che ne avrebbe potuto avere diritto. Successivamente l’art. 8 della legge n. 15/2009 chiarì quale era l’interpretazione autentica dell’art. 17 bis stabilendo che tale articolo si interpreta nel senso che : “la vice dirigenza è disciplinata esclusivamente ad opera e nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento, la quale ha facoltà di introdurre una specifica previsione costitutiva al riguardo. E aggiunse che il personale in possesso dei requisiti previsti dall’art. 17-bis potesse essere destinatario della disciplina della vice dirigenza soltanto a seguito dell’avvenuta costituzione di quest’ultima da parte della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento. Nella vigenza di tale disciplina, le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 14656 del 2011 hanno affermato che l’art. 17-bis, nel prefigurare una nuova qualifica dei dipendenti pubblici, quella di “vicedirigente”, ne aveva demandato “la disciplina dell’istituzione”, e quindi innanzi tutto l’istituzione, alla contrattazione collettiva, in piena sintonia con il riparto delle fonti di disciplina del rapporto quale definito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, che assegna appunto in generale alla contrattazione collettiva la regolamentazione del rapporto, lasciando agli atti organizzativi delle pubbliche amministrazioni, nel rispetto dei principi generali fissati da disposizioni di legge, solo la definizione delle linee fondamentali di organizzazione degli uffici, l’individuazione degli uffici di maggiore rilevanza e dei modi di conferimento della titolarità dei medesimi, la determinazione delle dotazioni organiche complessive. Le Sezioni Unite nella sentenza innanzi richiamata hanno osservato che: si trattava di una disciplina che, nell’immediato, non era autoapplicativa perché presupponeva la prevista istituzione della categoria da parte della contrattazione collettiva.” Proseguono poi i giudici: “Con riguardo alle domande risarcitorie, va, poi, osservato che questa Corte anche nella recente sentenza n. 2829/2018, ha affermato che nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, l’omessa istituzione, ad opera della contrattazione collettiva nazionale di comparto, della categoria della vicedirigenza non determina la violazione di un interesse dei dipendenti tutelabile in forma risarcitoria, in quanto l’art. 17 bis del d.lgs. n. 165 del 2001 – oggi abrogato – si è limitato ad individuare il livello della contrattazione collettiva facoltizzata ad introdurre tale figura professionale, con una disciplina tutta interna all’azione della parte pubblica nella formazione della contrattazione collettiva, senza configurare alcuna posizione tutelata – a livello di interesse legittimo – dei dipendenti predetti.”

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Corte dei Conti

Sezione Regionale controllo Piemonte n. 124/2018

Enti Locali – Trattamento accessorio – Non è ridotto per cessazioni ma solo per violazione patto di stabilità

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

I magistrati contabili intervengono in ordine alle modalità di riduzione delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale. A tale proposito evidenziano che “l’art. 23 co. 2 del d.lgs. 75/2017 prevede l’obbligo di riduzione dell’ammontare complessivo delle risorse per il trattamento accessorio del personale in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio solo per gli enti che non hanno rispettato il patto di stabilità interno nel 2015”. Da tale formulazione letterale deriva che, secondo una condivisa linea interpretativa dalla giurisprudenza contabile, “per gli enti rispettosi del patto e, dunque, al di fuori dell’ipotesi eccezionale specificamente prevista dalla norma, la riduzione del personale in servizio non comporti automaticamente l’obbligo di ridurre in misura proporzionale le risorse disponibili per il trattamento accessorio del personale” ( ex multis Sez . Autonomie n. 19/2018).

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Corte dei Conti

Sezione Regionale controllo Toscana n. 82/2018

Enti Locali – Assunzioni personale – Mobilità 

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Il Collegio interviene in merito alla richiesta di chiarimento prospettata da una amministrazione nell’ambito dell’applicazione delle procedure di mobilità. I giudici evidenziano che, la giurisprudenza contabile, occupandosi nel tempo della materia, ha avuto modo di esplicitare in presenza di quali presupposti la provvista di personale, attuata mediante la procedura di mobilità ex art. 30 D.lgs. n. 165/2001, possa dirsi “neutrale” per la finanza pubblica e, conseguentemente, non incidere sui contingenti assunzionali previsti dalla legge per le assunzioni dall’esterno. “Affinché possa dirsi finanziariamente neutrale, è necessario che la mobilità non generi alcuna variazione nella consistenza numerica dell’organico complessivo delle amministrazioni pubbliche e, conseguentemente, non determini aumenti di spesa per il personale a livello globale. Affinché ciò sia possibile è necessario che entrambi gli enti siano soggetti a limiti assunzionali, ancorché differenziati. Resta inteso che dovrà venir garantito il rispetto delle disposizioni sulle dotazioni organiche nonché il rispetto del pareggio di bilancio per l’anno precedente da parte di tutti gli enti interessati alla procedura” (Sezioni Riunite n.59/2010).

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Corte dei Conti

Sezione Regionale controllo Basilicata n. 38/2018

Enti Locali – Conferibilità incarico staff a personale in quiescenza

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La materia sulla quale sono intervenuti i giudici contabili riguarda la possibilità di conferire incarichi di “staff” negli enti, ex art. 90 TUEL, al personale in quiescenza. Il Collegio ritiene, che al fine della conferibilità “occorre valutare innanzitutto la possibilità di affidare “incarichi di staff” che non si sostituiscano, di fatto, alle “ordinarie” mansioni amministrative, quindi verificare la natura degli incarichi”. Per quanto riguarda la natura dell’incarico, la giurisprudenza contabile si è espressa nel senso che è “conforme a legge il conferimento, mediante contratto di diritto privato ai sensi dell’art. 90 del TUEL, di un incarico di supporto al Sindaco a personale in quiescenza, purché il medesimo non abbia ad oggetto l’espletamento di funzioni direttive, dirigenziali, di studio o di consulenza” (SRC Liguria, deliberazione n. 27/2016/PAR; sul punto cfr. SRC Calabria, deliberazione n. 27/2018/PAR e SRC Umbria, deliberazione n. 77/2018/PAR).”.

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