11/08/2018 – Legali, niente incarichi fiduciari per la difesa in giudizio della pubblica amministrazione

Legali, niente incarichi fiduciari per la difesa in giudizio della pubblica amministrazione

(pag. 34) La pubblica amministrazione non può affidare ad avvocati esterni incarichi per la difesa in giudizio per via fiduciaria. La Commissione speciale del Consiglio di stato, espressasi con parere pubblicato il 3 agosto scorso sullo schema di Linee guida dell’Anac per l’affidamento dei servizi legali (si veda ItaliaOggi del 7/8/2018) elimina definitivamente ogni possibile dubbio sulla permanenza della legittima possibilità delle amministrazioni di scegliere l’avvocato fiduciariamente, anche quando il tipo di contratto che si stipula non è un vero e proprio appalto, ma una prestazione d’opera intellettuale. Palazzo Spada concorda con quanto evidenzia l’Anac in merito alla circostanza che i servizi legali previsti dall’articolo 17, comma 1, lettera d), del dlgs 50/2016 siano da considerare come contratti esclusi dal campo di applicazione del codice, ma non estranei. Dunque, tali affidamenti debbono rispettare i principi posti dall’articolo 4 del dlgs 50/2016. Il che, osserva la Commissione, impone «la procedimentalizzazione nella scelta del professionista al quale affidare l’incarico di rappresentanza in giudizio (o in vista di un giudizio) dell’amministrazione, evitando scelte fiduciarie oppure motivate dalla “chiara fama” (spesso non dimostrata) del professionista». Dunque, occorre sempre e comunque una procedura selettiva, per quanto non soggetta alle regole stringenti del codice, per individuare il legale. Secondo il Consiglio di stato è opportuno che le amministrazioni selezionino i professionisti preventivamente inseriti in uno specifico albo, utilizzando almeno tre parametri: esperienza e competenza tecnica, pregressa e proficua collaborazione con la stessa stazione appaltante per la stessa questione; e anche il costo del servizio, smentendo i molti che ritengono non corretto o impossibile considerare questo elemento. Le amministrazioni non possono fare a meno di confrontare una short list di avvocati sulla base di parametri che consentano una scelta che deve comunque essere discrezionale, purché sorretta da una solida motivazione che appunto i parametri selettivi consentono di elaborare in modo compiuto. Secondo Palazzo Spada non deve mai essere consentita la scelta per estrazione a sorte. Allo stesso modo, l’affidamento diretto per casi di urgenza dovrebbe essere un’ipotesi solo astratta. Infatti, l’urgenza potrebbe essere scongiurata se le amministrazioni dessero vita ad appalti di servizio veri e propri, per una durata pluriennale (almeno 3 anni) a studi professionali interdisciplinari: infatti, in questo caso l’appalto potrebbe considerarsi «al bisogno» e quindi lo studio potrebbe essere attivato immediatamente. L’urgenza non può giustificare affidamenti diretti, senza quel minimo di procedura necessaria ai sensi dell’articolo 4 del codice, a meno che non si tratti di vertenze del tutto particolari, come per esempio quelle attinenti a questioni sulle quali ancora non vi siano pronunce giurisprudenziali. Il parere appare, però, poco persuasivo quando distingue la difesa in giudizio in due tipologie contrattuali. Quella appunto della prestazione d’opera intellettuale, che coincide con la previsione dell’articolo 17, comma 1, lettera d); e quella dell’appalto vero e proprio, che comprende lo svolgimento di una serie indefinita di difese in giudizio, oltre che consulenze ed altri servizi indicati nell’allegato IX, per un tempo definito, assegnandoli a società o comunque studi organizzati. Oggettivamente, Palazzo Spada pare ancora incorrere nell’errore di ritenere rilevanti nella disciplina degli appalti pubblici le differenze ricavabili dal codice civile tra prestazione resa personalmente senza prevalenza di mezzi e organizzazione (prestazione d’opera intellettuale) e appalto di servizi, con organizzazione di impresa ed assunzione del rischio. La difesa in giudizio, sia che venga resa personalmente, sia che sia organizzata da uno studio, non ha visibilmente alcuna predisposizione di mezzi ed assunzione dei rischi imprenditoriali propri dell’appalto come definito dal codice civile. Ma, questo, ai fini del codice dei contratti e delle direttive europee, è totalmente irrilevante, visto che espressamente l’articolo 3, comma 1, lettera p), del codice considera come «operatore economico» anche una persona fisica alla sola condizione che, come qualsiasi avvocato, offra sul mercato la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi.

Luigi Oliveri

10/08/2018 

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