30/09/2020 – Avvocatura comunale – compensi – trattenute IRAP

Avvocatura comunale – compensi – trattenute IRAP
 
Sentenza n. 86/2020 pubbl. il 29/09/2020 RG n. 949/2018
 
TRIBUNALE DI L’AQUILA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa……., quale giudice del lavoro, all’udienza del 03/06/2020 nella causa iscritta al 949/2018 e vertente
TRA
……. elettivamente domiciliati in ……. presso lo studio …………………….. dal quale è rappresentata e difesa giusta procura a margine del ricorso introduttivo RICORRENTE
E
COMUNE DI L’AQUILA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso VIA C/O CANCELLERIA TRIBUNALE SZ. LAVORO L’AQUILA rappresentato e difeso dall’avv. ;……….. giusta procura generale alle liti depositata in cancelleria RESISTENTE
 
definitivamente pronunciando, ha emesso, mediante lettura del dispositivo, la seguente
SENTENZA
1. Rigetta il ricorso
2. Compensa tra le parti le spese di lite
Motivi in 60 giorni
 
Con ricorso depositato in data 5 ottobre 2018 gli odierni ricorrenti, tutti dipendenti del Comune dell’Aquila con contratto a tempo indeterminato, ad eccezione dell’Avv……. per il solo periodo dal 10 gennaio 2014 al 1 febbraio 2016, con qualifica di Avvocati regolarmente iscritti all’elenco speciale degli avvocati dipendenti da Enti pubblici tenuto dall’Ordine degli Avvocati dell’Aquila, sul presupposto per cui la contrattazione collettiva riconosce, al personale dipendente incardinato nelle Avvocature Civiche che hanno il patrocinio delle cause dell’Ente, il diritto a percepire le competenze professionali (onorari legali) in aggiunta alla retribuzione ordinaria ma nel corso degli anni il Comune dell’Aquila, in spregio alla normativa esistente, ha operato illegittime trattenute sulle suddette competenze stipendiali, a titolo di IRAP, hanno agito in giudizio per sentir “
1) accertare che soggetto passivo dell’imposizione IRAP, con riferimento alle competenze stipendiali degli Avvocati, è il Comune dell’Aquila e non i suoi dipendenti;
2) per l’effetto, ordinare al Comune dell’Aquila di astenersi dall’operare trattenute a titolo di IRAP sui compensi professionali non ancora percepiti dai ricorrenti, aggiuntivi alla retribuzione base;
3) condannare il Comune dell’Aquila, alla restituzione e al pagamento di quanto indebitamente trattenuto a titolo di IRAP su tutti i compensi professionali percepiti dai ricorrenti;
4) assegnare un termine non superiore a mesi tre al Comune dell’Aquila per eseguire, in contraddittorio con i ricorrenti, i necessari conteggi e per eseguire il pagamento; 5) stabilire che le somme oggetto di condanna alla corresponsione in forma generica debbano essere maggiorate degli interessi e della rivalutazione monetaria.”
Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale, contestando ogni avversa pretesa e chiedendone il rigetto.
Acquisita la documentazione versata in atti, espletata la prova per testi, all’odierna udienza la causa è stata discussa e decisa nei termini indicati in dispositivo.
Il ricorso non è fondato e va rigettato.
L’art. 27 del CCNL EE.LL. del 14 settembre 2000 (Norma per gli enti provvisti di Avvocatura), prevede che “Gli enti provvisti di Avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all’Ente, secondo i principi di cui al Regio Decreto legge 27.11.1933 n. 1578 e disciplinano, altresì, in sede di contrattazione decentrata integrativa la correlazione tra tali compensi professionali e la retribuzione di risultato di cui all’art. 10 del CCNL del 31.3.1999. Sono fatti salvi gli effetti degli atti con i quali gli stessi enti abbiano applicato la disciplina vigente per l’Avvocatura dello Stato anche prima della stipulazione del presente CCNL.”.
Successivamente la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) all’art.1, comma 208, rubricata “Contenimento oneri personale avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche”, ha altresì previsto che “le somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali comunque dovuti al personale dell’avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche sulla base di specifiche disposizioni contrattuali sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro.”
Secondo la prospettazione dei ricorrenti, considerato che la stessa magistratura Contabile ha avuto modo di chiarire che nella nozione di “oneri riflessi” vanno ricompresi solo gli “oneri previdenziali ed assistenziali” e non anche i diversi oneri fiscali, quali l’imposta IRAP, la detta imposta non va considerata ai fini del compenso da erogare all’avvocato dipendente, e, quindi, non deve essere trattenuta dal compenso corrisposto all’avvocato. In particolare l’IRAP, costituendo onere fiscale, grava sull’Ente datore di lavoro, che non deve trattenerla dal compenso corrisposto all’avvocato dipendente.
L’assunto non appare condivisibile, alla luce delle recenti pronunce della Suprema Corte (per tutte Cass. n. 21398/19).
Per quanto da tempo la Corte di Cassazione abbia affermato che il compenso incentivante ha natura retributiva e, quindi, su di esso vanno operate le sole ordinarie ritenute previdenziali e fiscali, ivi comprese quelle gravanti sul datore di lavoro, va rilevato tuttavia che trattasi di pronunce rese in controversie in cui venivano in rilievo le obbligazioni, gravanti sul lavoratore e sul datore, direttamente connesse alla prestazione lavorativa in regime di subordinazione, con la conseguenza che il principio affermato non è risolutivo nella fattispecie, nella quale si discute dell’incidenza dell’IRAP, ossia di un onere posto ad esclusivo carico dell’amministrazione, tenuta al versamento dell’imposta, del D.Lgs. n. 446 del 1997, ex art. 2 e art. 3, comma 1, lett. e bis, in ragione della produzione o dello scambio di beni ovvero della prestazione di servizi. Il tributo in questione, infatti, non colpisce il reddito bensì il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate.
 
Ciò ha indotto i giudici di legittimità a ritenere condivisibile l’orientamento espresso dalla giurisprudenza contabile (Corte dei Conti, Sezioni Riunite in sede di controllo, 7.10.2010 n. 33) secondo cui l’onere fiscale non può gravare sul lavoratore dipendente, escludendosi che possa esservi ricompresa la maggiore imposta che il datore di lavoro dovrà corrispondere a titolo di maggiorazione IRAP.
Ciò tuttavia non significa che la quantificazione dell’incentivo non risenta della necessità di tener conto della maggiore imposta che verrà a gravare sull’ente, quale conseguenza indiretta dell’erogazione del trattamento retributivo speciale ed aggiuntivo, che comporta un innalzamento della base imponibile, perchè soccorrono al riguardo altre disposizioni dettate sempre dalla L. n. 266 del 2005, nonchè i principi generali ai quali, in tema di spesa, deve sempre essere orientata l’azione delle pubbliche amministrazioni.
Sul punto la Suprema Corte è chiara nell’osservare che “le disposizioni della richiamata L. n. 266 del 2005, specificatamente volte a disciplinare le modalità di costituzione dei fondi destinati a spese relative al personale, includono in modo espresso nell’ammontare complessivo anche i maggiori oneri che ne derivano a titolo di IRAP (commi 181, 185 e 198), e ciò perchè, se così non fosse, sui bilanci dello Stato e degli enti pubblici graverebbero spese prive della necessaria copertura. Si è già detto che l’imposta è commisurata all’ammontare della spesa per il personale sicchè ogni incremento della retribuzione accessoria determina anche una maggiorazione del tributo, della quale non può non tenersi conto ai fini del rispetto del tetto massimo delle risorse disponibili. Il Collegio, pertanto, condivide e fa proprie le conclusioni alle quali sono già pervenuti i giudici contabili secondo cui, in sede interpretativa, la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 207 e il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 92, che del primo ripete il contenuto, vanno armonizzati con i principi che regolano la costituzione dei fondi, con la conseguenza che le amministrazioni dovranno quantificare le somme che gravano sull’ente a titolo di IRAP, rendendole indisponibili, e successivamente procedere alla ripartizione dell’incentivo, corrispondendo lo stesso ai dipendenti interessati al netto degli oneri assicurativi e previdenziali”
In altri termini “le disposizioni sulla provvista e la copertura degli oneri di personale (tra cui l’IRAP) si riflettono in sostanza sulle disponibilità dei fondi per la progettazione e per l’avvocatura interna, ripartibili nei confronti dei dipendenti aventi titolo, da calcolare al netto delle risorse necessarie alla copertura dell’onere IRAP gravante sull’amministrazione” (Corte dei Conti n. 33/2010 cit.). Le richiamate conclusioni sono coerenti con i principi desumibili, quanto alla spesa per il personale, dal D.Lgs. n. 165 del 2001, le cui disposizioni, pur nella diversità delle formulazioni succedutesi nel tempo, hanno sempre perseguito l’obiettivo di armonizzare l’avvenuta contrattualizzazione del rapporto di impiego pubblico con l’esigenza primaria di garantire il controllo ed il contenimento della spesa pubblica, esigenza dalla quale derivano, da un lato, il divieto per il datore di corrispondere trattamenti economici che non trovino fondamento nella contrattazione collettiva o nella legge (ciò, perchè entrambe dette fonti presuppongono la previa valutazione della sostenibilità finanziaria), dall’altro la previsione di nullità delle clausole della contrattazione integrativa non compatibili con i vincoli di bilancio delle amministrazioni.
L’esegesi data alle norme che qui vengono in rilievo si armonizza, altresì, con il principio, già affermato dalla medesima Corte, secondo cui anche in materia di spese per il personale l’esigenza di prevedere la copertura economica si pone per la pubblica amministrazione contraente quale presupposto per la formazione di una valida volontà negoziale (Cass. 17770/2017 e in tema di incarichi di consulenza Cass. n. 17358/2019).
In definitiva la domanda dei ricorrenti dovrà essere rigettata.
La novità della questione giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite.
Il Giudice del Lavoro
 

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto