Print Friendly, PDF & Email
Enti locali: esercizio del potere di scioglimento degli organi comunali
lunedì 28 settembre 2020
a cura della Redazione Wolters Kluwer
 
*=da giustizia-amministrativa.it
 
Il potere di scioglimento del Consiglio Comunale deve essere esercitato in presenza di situazioni di fatto che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi, suffragate da risultanze obiettive e con il supporto di adeguata motivazione; tuttavia, la presenza di risultanze obiettive esplicitate nella motivazione, anche ob relationem, del provvedimento di scioglimento non deve coincidere con la rilevanza penale dei fatti, né deve essere influenzata dall’esito degli eventuali procedimenti penali. Detta misura, ai sensi dell’art. 143, t.u. 18 agosto 2000, n. 267, non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio ma preventivo, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, è sufficiente la presenza di elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato. L’art. 143, d.lgs. n. 267 del 2000 disciplina le fattispecie nelle quali possono essere sciolti gli organi consiliari degli Enti locali in ulteriori ipotesi rispetto a quelle già previste dal precedente art. 141. L’enunciazione di cui all’art. 143, comma 1, è indeterminata e particolarmente ampia, dal momento che lo scioglimento dei Consigli comunali e provinciali può essere disposto a fronte della palese sussistenza (la norma, letteralmente, utilizza il verbo “emergono”) di: a) elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata; b) elementi su forme di condizionamento degli amministratori stessi. La ratio della disposizione coincide, pertanto, con la necessità di preservare l’indipendenza degli amministratori locali unitamente al buon andamento delle relative amministrazioni: l’accento è posto non tanto sulle possibili forme assunte dai rapporti tra amministratori ad esponenti della criminalità organizzata (la lettera della disposizione risultando sul punto piuttosto sfuggente e riferendosi a meri “collegamenti diretti o indiretti” ed a “forme di condizionamento”), quanto piuttosto sugli effetti determinati dall’influenza malavitosa sugli Enti locali o – ribaltando l’angolo di visuale – dalla “permeabilità” delle amministrazioni comunali e provinciali rispetto a tali condizionamenti. Lo stabilisce Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 22 settembre 2020, n. 5548.
 
 

Torna in alto