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Per le assunzioni occorre un controllo continuo dell’andamento del rapporto spesa/entrate. Non bastano i dati statici del rendiconto.
 
 Il nuovo sistema di quantificazione delle facoltà assunzionali continua a destare in molti un rifiuto psicologico, tale da sollecitarne letture interpretative demolitrici.
Di sicuro non si tratta di un metodo perfetto. Altrettanto certo è che non perchè  non lo si condivida, risulti sostenibile proporre interpretazioni che vanno in modo chiarissimo a contrastare con le previsioni normative.
L’ultimo approdo, sostenuto da questo filone dottrinale di contrasto e non di applicazione della nuova disciplina, è quello secondo il quale i comuni nell’effettuare le assunzioni non dovrebbero curarsi di rispettare altro se non il rapporto tra spesa di personale/media triennale delle entrate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità rispetto all’ultimo rendiconto approvato, senza, quindi, porsi il problema di verificare che nell’anno in corso il valore tra spese di personale ed entrate correnti non porti a violare i valori soglia.
 
In sostanza il suggerimento è: si assuma sulla base della fotografia che si scatta in sostanza entro il 30 aprile di ogni anno e qualunque assunzione, basata su quella fotografia è legittima e possibile, anche se nel corso della gestione avvenga che il rapporto di flusso peggiori e porti l’ente a violare i valori soglia.
Si continua a non cogliere la vera novità del nuovo sistema di disciplina delle facoltà assunzionali. Esso non si basa più su dati statici e limitati alla sola spesa (leggasi percentuali di turn over), ma su un flusso continuo, consistente nel rapporto spesa/entrate che viene registrato occasionalmente in alcuni momenti dell’anno con atti obbligati, ma va costantemente monitorato, per evitare la violazione dei valori soglia.
Lo ha spiegato la deliberazione della Corte dei conti Emilia Romagna 55/2020: il nuovo sistema è caratterizzato dalla finalità “di introdurre un sistema basato sulla sostenibilità finanziaria della spesa di personale nell’ottica di una programmazione maggiormente flessibile della spesa per il personale, rimodulabile anche nel corso del medesimo esercizio in cui l’ente procede all’assunzione“.
Nessuna programmazione è statica. Nessun atto di accertamento dei valori è fisso. L’ente è chiamato a verificare continuativamente l’andamento del rapporto tra spesa di personale ed entrate.
Lo sostiene con efficacia altra dottrina (Corrado Mancini, Nuove assunzioni, indice di rigidità della spesa per valutare la sostenibilità finanziaria nel tempo, NT plus del 16.9.2020): “la quantificazione della capacità assunzionale, calcolata sulla base di dati certi, deve essere rapportata con la capacità dell’ente di garantire il permanere dell’equilibrio pluriennale di bilancio. Il legislatore non ha ritenuto sufficiente che la sostenibilità finanziaria fosse rappresentata dai dati di bilancio consolidati, ma impone all’ente di spingere la propria analisi al di là di questi per verificare che la stessa possa essere garantita anche per il futuro. 
In questo senso il legislatore si allinea alla posizione della Corte costituzionale la quale afferma: «Il principio dell’equilibrio di bilancio non corrisponde ad un formale pareggio contabile, essendo intrinsecamente collegato alla continua ricerca di una stabilità economica di media e lunga durata» (sentenza 14 febbraio 2019 n. 18). 
Si potrebbe quindi affermare che il «formale pareggio contabile» possa essere rappresentato dai dati consolidati nei documenti contabili, mentre la “continua ricerca di una stabilità economica di media e lunga durata” vada indagata principalmente negli strumenti di programmazione dell’ente. In questo senso anche la sezione regionale della Corte dei conti del Veneto, con la deliberazione n. 104/2020, esorta gli enti a usare la nuova capacità assunzionale con massima cautela e invita le amministrazioni a valutare attentamente la possibilità di mantenere negli anni le condizioni di equilibrio“.
Il parere 104/2020 della Sezione Veneto indica: “questa Sezione ritiene, in un’ottica prudenziale, che anche nel caso in cui l’ente locale rispetti i vincoli di spesa ed abbia a disposizione capacità per assunzioni di personale potrà esercitare la sua facoltà, ma utilizzando la massima cautela. Ciò, in considerazione del fatto che l’andamento complessivo della gestione di bilancio potrebbe mostrare segni di squilibri anche non temporanei causati da situazioni contingenti, strutturate o straordinarie, anche negli esercizi immediatamente successivi, ragion per cui la valutazione dell’amministrazione dovrà essere attentamente ponderata, specialmente in un particolare momento come quello che sta attraversando il Paese. Conseguentemente, nel caso in cui l’ amministrazione intenda procedere, a seguito dell’approvazione del rendiconto 2019, alla rimodulazione del PTFP, sarà tenuta a valutare attentamente la capacità di mantenere negli anni un volume di entrate correnti tale da poter sostenere non solo gli oneri dei livelli occupazionali attuali, ma altresì quelli ulteriori derivanti dal possibile esercizio delle facoltà assunzionali a disposizione in relazione alla fascia di appartenenza di cui al D.M. 17 marzo 2020, attuativo dell’art. 33“.
E’, dunque, del tutto infondato ritenere che gli enti non debbano annualmente rispettare i valori soglia stabiliti dal DM.
I valori soglia sono da rispettare di certo ogni anno. Ogni anno i comuni virtuosi potranno assumere attivando la spesa consentita dall’articolo 5 del DM nel regime transitorio, e la spesa consentita dall’articolo 4 del DM una volta a regime, senza poter mai superare il valore soglia ammesso.
A questo scopo, quindi, come suggerisce la logica, prima ancora che la dottrina o la Corte dei conti, limitarsi a guardare al solo dato statico del rapporto tra spesa ed entrata al momento dell’approvazione del rendiconto implica un travisamento del principio di sostenibilità, la cui conseguenza è un controllo permanente e continuativo dell’andamento del rapporto. Se, infatti, nell’anno di gestione ci si accorge che le entrate siano inferiori a quelle risultanti dalla media triennale staticamente utilizzata per la verifica iniziale della teorica facoltà assunzionale, allora in effetti l’ente potrà attivare di quella spesa “teorica”, solo una parte.
Ma, è perfettamente normale che sia così. Il DM indica, infatti, la spesa “massima possibile”. L’ente può attivare quella spesa teorica massima, a condizioni di verificare il permanere della virtuosità del rapporto spesa/entrate. Altrimenti, di quella spesa massima possibile ne attiverà solo una parte.
E’ esattamente in questo che consiste la capacità manageriale di gestire: fissati certi obiettivi, attivare le misure necessarie per conseguirli. L’obiettivo posto dalla norma non consiste di permettere ai comuni di fare quante assunzioni sia astrattamente possibile programmare sulla base del dato statico del rapporto spesa/entrate fotografato all’ultimo rendiconto approvato, ma quelle che sono possibili in relazione all’andamento della gestione annuale.
E’ difficile gestire in questo modo? Certo, lo è. Perchè si richiede un monitoraggio complesso e costante dell’andamento della spesa e delle entrate. Ma, sia consentito: non è questo quel che la legge prevede da anni ed anni? Che cosa si ritiene siano i controlli interni della gestione, se non controlli concomitanti aventi esattamente gli scopi enunciati dalla Corte dei conti? Quale sarebbe, altrimenti, il significato dell’articolo 147, comma 2, lettera c), del d.lgs 267/2000, ai sensi del quale il controllo interno ha la funzione di “garantire il costante controllo degli equilibri finanziari della gestione di competenza, della gestione dei residui e della gestione di cassa, anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica determinati dal patto di stabilità interno, mediante l’attività di coordinamento e di vigilanza da parte del responsabile del servizio finanziario, nonché l’attività di controllo da parte dei responsabili dei servizi“.
E’ necessario, come suggerisce la dottrina che avversa il nuovo sistema, che il responsabile dei servizi finanziari, per “autorizzare le assunzioni” attenda, allora, l’assestamento di bilancio?
Certo che no. Intanto, il responsabile dei servizi finanziari non autorizza un bel nulla: verifica se vi sono le condizioni finanziarie per effettuare le assunzioni programmate dagli organi di governo.
In secondo luogo, l’assestamento di bilancio è necessario, sì, solo laddove l’ente che tale lo ritenga in effetti non abbia attivato i sistemi di controllo interno concomitante imposti da anni dal d.lgs 267/2000 e a maggior ragione resi indispensabili dall’articolo 33 del d.l. 34/2019, come attuato dal DM 17.3.2020. Ma, una lacuna organizzativa molto grave non giustifica certo la violazione delle regole della nuova disciplina.
 

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