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Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e (carenza di) legittimazione in capo al cointeressato a proporre opposizione ex art. 10 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199
di Gambetta Davide – 18 settembre 2020
 
 
SOMMARIO 1. Premesse sull’evoluzione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica 2. Legittimazione all’opposizione ex art. 10 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 3. Limite esterno alla legittimazione all’opposizione 4. La questione oggetto di disamina: la legittimazione del cointeressato 5. Regioni delle opposte ricostruzioni 6. La soluzione del giudice amministrativo 7. La sorte del giudizio instaurato a seguito di atto di opposizione proposto da soggetto non legittimato
 
È ben noto che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, disciplinato dal Decreto del presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, genera sin da tempi remoti un cospicuo dibattito giurisprudenziale, che nel corso del tempo interessato trasversalmente gli aspetti più diversi di tale particolarissimo rimedio giustiziale: dalla natura alla struttura del procedimento fino alle vicende della trasposizione.
In questa sede si vuol discorrere, a margine di un recentissimo pronunciamento giurisprudenziale della prima sezione del T.A.R. Campania (sentenza n. 3033, depositata il 10 luglio 2020), proprio in ordine alle questioni attinenti alla trasposizione del ricorso straordinario innanzi al giudice amministrativo. In particolare, la specifica indagine è rivolta alla legittimazione soggettiva all’opposizione con atto ex art. 10 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.
 
Premesse sull’evoluzione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è un rimedio amministrativo giustiziale a struttura contenziosa[1] che, nel corso della storia anche recente, ha subito una progressiva evoluzione[2] non soltanto in ordine alla struttura anche procedimentale, ma anche alla dimensione ontologica.
Una certa matrice del ricorso al Presidente della Repubblica è sostanzialmente amministrativa: tale rimedio affonda infatti le radici storiche in epoca monarchica ove consisteva nel potere del sovrano, quale massimo organo di giustizia dell’ordinamento[3], di statuire sui provvedimenti dell’apparato pubblico. Con l’affermazione dell’ordinamento repubblicano, la relativa competenza è stata trasferita in capo al Presidente della Repubblica che decide però, attualmente, su parere vincolante del Consiglio di Stato.
Nel corso del tempo, anche alla luce di una inesorabile rimeditazione giurisprudenziale, nel procedimento predetto si sono progressivamente capillarizzati alcuni indice identificativi della giurisdizione[4], evidenziando una certa “indole giurisdizionale”[5].
Di recente, come anticipato in premessa, la giurisprudenza è tornata sul punto della natura di tale rimedio, adottando una qualificazione terza (“giustiziale”[6]), che supera le precedenti classificazioni amministrativa e giurisdizionale, nel segno di una riscoperta complessità del sistema di giustizia.
Legittimazione all’opposizione ex art. 10 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199
Come noto, l’ordinamento nell’ambito del ricorso al Presidente della Repubblica prevede in capo ai controinteressati (e all’amministrazione resistente) la facoltà di determinare unilateralmente la traslazione del gravame in sede giurisdizionale e dunque innanzi al giudice amministrativo che sarebbe stato competente a conoscerne.
La legitimatio all’esperimento della opposizione al ricorso straordinario era in principio riconosciuta genericamente agli “altri interessati” dall’art. 34, ultimo comma, r.d. n. 1054/1924, disposizione abrogata dall’articolo 4, comma 1, punto 4), dell’Allegato 4 al c.p.a.
Tale facoltà è oggi testualmente attribuita dal legislatore all’art. 10 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 ai controinteressati, ma è anche riconosciuta la legittimazione delle amministrazioni intimate, la cui pretermissione si sarebbe effettivamente tradotta in un’inspiegabile menomazione del diritto di difesa per queste ultime che proprio sono maggiormente interessate dal gravame.
Dal punto di vista dell’effettività processuale, il riconoscimento di tale facoltà di provocare la trasposizione scaturisce dall’ovvia premessa per cui il ricorso giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo offre maggiori garanzie di contraddittorio e di interlocuzione tra le parti.
Soltanto di recente, infatti, il procedimento del ricorso straordinario, nella sua fase innanzi al Consiglio di Stato, sta assumendo una struttura più articolata e complessa, comprensiva di occasioni istruttorie[7], mentre nel suo schema classico resta essenzialmente documentale senza interlocuzioni tra le parti e con il collegio che predispone il parere.
Nonostante queste evoluzioni, il processo amministrativo offre una maggiore completezza dell’istruttoria e una maggiore complessità dell’interlocuzione processuale che le parti intimate si vedrebbero illegittimamente preclusa, ove non avessero a disposizione l’opzione per la traspozione.
Limite esterno alla legittimazione all’opposizione
Il legislatore, nel riconoscere anche ai controinteressati e all’amministrazione intimata il diritto di provocare la traslazione del giudizio innanzi al giudice amministrativo ha inteso preservare l’integrità delle garanzie processuali a beneficio anche delle parti non promotrici della vicenda contenziosa, bensì destinatarie dell’azione[8].
Evidentemente la facoltà di provocare la traslazione non compete invece in nessun caso al ricorrente, quando questo abbia proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
Anzitutto perché vige il principio pretoriamente definito dell’alternatività[9], già storicamente codificato dall’art. 34, commi 2 e 3, r.d. 1054/24[10], in base al quale l’una via esclude l’altra[11]. La proposizione del rimedio in parola preclude infatti l’accesso alla tutela giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo. Il divieto del cumulo di azioni nelle due sedi è presto evidente ove si guardi al problema effettivo della duplicazione della tutela e alla concreta possibilità di conflitto tra giudicati.
Per di più, in considerazione del più ristretto termine per la proposizione del gravame ordinario, la possibilità per il ricorrente di riaccedere al giudice amministrativo per la via traversa del “trasposto” ricorso al Presidente della Repubblica finirebbe evidentemente per tradursi in una inammissibile forma di rimessione in termini con sostanziale elusione della decadenza.
La questione oggetto di disamina: la legittimazione del cointeressato
La specifica vicenda che la sentenza in commento esamina attiene alla legittimazione processuale del cointeressato alla proposizione dell’atto di opposizione, con conseguente determinazione della traslazione del giudizio innanzi al giudice amministrativo.
Il cointeressato[12] è quella parte diversa dal ricorrente che abbia interesse all’accoglimento del ricorso e che quindi si allinei, in definitiva, alla posizione di chi ha proposto l’iniziativa giudiziale o giustiziale. È quindi pur sempre una altra parte della vicenda contenziosa, diversa dal ricorrente, ma non ha, come i controinteressati e l’amministrazione intimata, interesse contrario al gravame e all’azione, bensì corrispondente.
Il dubbio che il giudice è stato chiamato a risolvere attiene alla possibilità per il cointeressato di proporre l’atto di opposizione ex art. 10 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.
Regioni delle opposte ricostruzioni
La soluzione deve irrimediabilmente tener conto di due opposte tesi centrifughe.
Per un verso, a favore della legittimazione del cointeressato, può osservarsi come questi sia pur sempre un’altra parte e come tale non abbia personalmente scelto l’opzione del ricorso straordinario, alla quale si troverebbe irrimediabilmente vincolata. Le medesime istanze di maggior tutela e di più articolato contradditorio che l’ordinamento si premura di tutelare in capo ai controinteressati potrebbero quindi legittimamente configurarsi per i cointeressati.
Più in generale, ove si ritenga che la facoltà di disporre la trasposizione sia di qualsiasi altra parte diversa dal ricorrente, non potranno evidentemente escludersi da tale perimetro i cointeressati.
Sul fronte opposto si può evidenziare l’intervenuta abrogazione della norma che legittimava gli “altri interessati” all’opposizione, che parrebbe restringere la legitimatio esclusivamente alle parti avversa all’accoglimento del ricorso.
Inoltre, può pianamente osservarsi come il cointeressato sia per molti versi sostanzialmente assimilabile al ricorrente come posizione processuale, principalmente in quanto con il medesimo certamente condivide l’intento processuale.
Lo stesso cointeressato è poi comunque legittimato a proporre in proprio l’azione senza dunque essere vincolato all’opzione del ricorrente.
Infine va considerato che, in tal modo, ove sussista intesa con il cointeressato, un ricorso al Presidente della Repubblica promosso tardivamente rispetto al termine decadenziale per il ricorso ordinario potrebbe per il tramite di una strumentale opposizione beneficiare di una indebita rimessione in termine.
La soluzione del giudice amministrativo
La sentenza qui in breve rassegna (T.A.R. Campania, Napoli, sezione I, sentenza n. 3033, depositata il 10 luglio 2020) aderisce al secondo ordine di ragioni e dunque conclude per l’esclusione della legittimazione alla proposizione dell’opposizione da parte dei cointeressati.
Per il Tribunale Amministrativo, a tal fine è determinante l’intervenuta abrogazione dell’art. 34, ultimo comma, r.d. n. 1054/1924, nella parte in cui prevedeva la legittimazione genericamente in capo agli “altri interessati”, avvenuta ad opera dell’articolo 4, comma 1, punto 4), dell’Allegato 4 al c.p.a.
Per il giudice partenopeo “la chiara espunzione dall’ordito normativo che ne occupa della previsione sulla cui ampia ed omnicomprensiva dictio solo potevano fondarsi operazioni esegetiche volte ad ampliare la platea dei soggetti legittimati alla opposizione –ivi ricomprendendovi anche i cointeressati, in quanto comunque “interessati” alla sorte del gravame- induce ad inferire la esistenza di una voluntas ordinamentale volta a restringere ai soli controinteressati la prerogativa di chiedere la trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale”.
Il giudice amministrativo rammenta poi la possibilità per il cointeressato di attivare autonomamente la tutela giurisdizionale e dunque di conseguire il livello di garanzie del processo giurisdizionale senza interferire con il regolare corso dell’altrui iniziativa giustiziale al Presidente della Repubblica. Sicché, come anticipato, nemmeno può sostenersi che il cointeressato sia vincolato all’opzione in rito del ricorrente.
Nella medesima sentenza si evidenzia altresì il concreto pericolo che l’attribuzione della facoltà di proporre opposizione in capo al cointeressato possa costituire un espediente per garantire al ricorrente (e a sé stesso) l’elusione del termine decadenziale per il ricorso giurisdizionale.
Seguono conclusive argomentazioni sulla meritevolezza delle iniziative processuali.
La sorte del giudizio instaurato a seguito di atto di opposizione proposto da soggetto non legittimato
Resta infine da chiarire quale sorte competa al giudizio instaurato dal ricorrente mediante atto di costituzione ai sensi dell’art. 48 c.p.a. a seguito però di atto di opposizione notificato da soggetto non legittimato e quindi, per richiamarsi il caso di specie, appunto dal controinteressato.
Al giudice amministrativo spetterà in tale evenienza dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione, con conseguente inammissibilità in rito del giudizio promosso con atto di costituzione, cui consegue anche lo speciale ordine di restituzione del fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria espressamente disciplinato dall’art. 4, comma terzo del codice del processo amministrativo.
 
 
Note
[1] Così è definito dalla giurisprudenza anche recente, in particolare in C.G.A.R.S., sezione consultiva, n. 61 del 28 febbraio 2020, “Direttiva sui ricorsi straordinari al Presidente della Regione Siciliana – Disciplina dell’istituto e aggiornamenti legislativi e giurisprudenziali. Rispetto dei termini per l’istruzione”, in relazione ai ricorsi al Presidente della Regione Siciliana ma con principi evidentemente estensibili al ricorso al Presidente della Repubblica.
[2] Per una indagine, ormai risalente, T. Ancora, Riconsiderazione dell’istituto del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, nella sua natura giuridica e nel suo funzionamento, in Cons. Stato 1986, II, pp. 1383 ss.
[3] In tal senso G. Giorgio, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nel sistema delle leggi amministrative, in ildirittoamministrativo.it, archivio.
[4] Sul punto si vedano le sentenze della Corte Costituzionale 24 del 2018, 73 del 2014.
[5] C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, CEDAM, 1976, vol. II, p. 1339.
[6] Appunto C.G.A.R.S., sezione consultiva, n. 61 del 28 febbraio 2020.
[7] Nella prassi recente accade che il Consiglio di Stato disponga incombenti istruttori con pareri interlocutori, Cons. St., I, pareri 6 aprile 2020, nn. 714 s., 5 aprile 2020, n. 702, 30 marzo 2020, n. 662, 26 marzo 2020, n. 635, 18 febbraio 2020, n. 448.
[8] In tal senso, le altre parti non sono quindi più “vincolate” alla scelta del ricorrente, quando quest’ultima ricada sul ricorso straordinario.
[9] Recentemente riaffermato in Cons. St., II, 22 gennaio 2020, n. 545.
[10] Che ha superato il vaglio di costituzionalità con la sentenza 2 luglio 1966, n. 78 della Consulta, come ricorda L. Bertonazzi, Il ricorso straordinario al presidente della Repubblica: persistente attualità e problemi irrisolti del principale istituto di amministrazione giustiziale, Milano, Giuffrè, 2008, p. 139.
[11] Principio dovuto a esigenze di “economicità, speditezza e concentrazione della tutela”, P. Tanda, Le nuove prospettive del ricorso straordinario al Capo dello Stato, Torino, Giappichelli, 2014, p. 201.
[12] Per approfondimenti, P. Lombardi, Le parti del procedimento amministrativo: Tra procedimento e processo, Torino, Giappichelli, 2018, pp. 91 s., ma anche M. Corradino, S. Sticchi Damiani, Il processo amministrativo, Torino, Giappichelli, 2014, pp. 165 ss.

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