16/09/2020 – “Nuova costruzione”: che cosa si intende?

“Nuova costruzione”: che cosa si intende?
Secondo la giurisprudenza è necessario un effettivo impatto sul territorio consistente in opere di qualsiasi genere “nel suolo” e “sul suolo”
Di Redazione Altalex – Pubblicato il 15/09/2020
 
La materia dell’edilizia e urbanistica è una delle tante materie nelle quali la giurisprudenza interviene frequentemente. E’ utile soffermarsi sulla nozione di “nuova costruzione” che due recenti sentenze (TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, sent. 7 settembre 2020 n. 1845 e Cons. Stato, Sez. VI, sent. 2 settembre 2020 n. 5350) hanno trattato contribuendo a determinarne con esattezza i contenuti.
La fonte legislativa statale risiede nel D.P.R. n. 380/2001 che, all’art. 3, reca le declaratorie e stabilisce che: sono interventi di nuova costruzione “quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);
e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;
e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;
e.4) l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;
e.5) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore;
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale;
e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato;”.
Per i beni e le aree soggette ai vincoli di cui al D.Lgs. n. 42/2004 e smi recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, sussiste anche la particolare disciplina classificatoria (v. artt. 21, 149 D.Lgs. n. 42/2004 etc.) [Falcone, Interventi edilizi che necessitano dell’autorizzazione paesaggistica, dopo il D.P.R. n. 31 del 2017, su www.giustizia-amministrativa.it, 2018]. Poi vi sono le normative regionali, ai sensi dell’art. 117 Cost., e i regolamenti comunali e gli strumenti pianificatori [Brocca M., Nuove frontiere del diritto urbanistico: le intersezioni con la sicurezza urbana, su Federalismi.it, 2020]. I piani particolareggiati e i piani di lottizzazione comunali hanno lo scopo di garantire che all’edificazione del territorio a fini residenziali corrisponda l’approvvigionamento delle dotazioni minime di infrastrutture pubbliche, le quali, a loro volta, garantiscono la normale qualità del vivere in un aggregato urbano (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, sent. 18 giugno 2020, n. 2476).
Secondo il TAR, nella suddetta definizione di “nuova costruzione” vi rientra ogni intervento edilizio che produce un effettivo impatto sul territorio e dunque opere di qualsiasi genere, “nel suolo” e “sul suolo”, idonee a modificare lo stato dei luoghi determinandone una significativa trasformazione. La realizzazione di un muro di contenimento che crei un nuovo dislivello o aumenti quello esistente costituisce una “nuova costruzione”, soggetta al rilascio del permesso di costruire, allorquando, avuto riguardo alla sua struttura e all’estensione dell’area relativa, lo stesso sia tale da modificare l’assetto urbanistico del territorio. Invece la realizzazione di muri di cinta di modeste dimensioni è generalmente assoggettabile al solo regime della DIA/SCIA [Boscolo, I decreti attuativi della legge Madia: liberalizzazione e ridisegno del sistema dei titoli edilizi, su www.giustizia-amministrativa.it, 2017]. I precedenti in materia riconducono alla nozione di “nuova costruzione” le opere, da realizzarsi su manufatti preesistenti o in loro presenza, volte a:
a) la realizzazione di una pavimentazione di un’area già allo stato naturale e la destinazione della stessa a passaggio e parcheggio di autoveicoli (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 12 maggio 2020, n. 2981);
b) la trasformazione in strada o in piazzale, con modifica tendenzialmente non reversibile dello stato dei luoghi, che necessita perciò di un espresso titolo edilizio (Cons. Stato, Sez. IV, sent. 22 luglio 2019, n. 5128);
c) la demolizione e successiva ricostruzione con discontinuità (variazioni del volume, dell’altezza o della sagoma dell’edificio) tra la nuova opera e quella precedente alla demolizione (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, sent. 18 maggio 2020, n. 841);
d) la realizzazione di opere di recinzione (cancellate) di rilevante ingombro visivo e spaziale (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 3 agosto 2020, n. 4900);
e) la ricostruzione su ruderi (Cons. Stato, Sez. II, sent. 11 novembre 2019, n. 7689); quando il rudere consista di un organismo edilizio dotato di sole mura perimetrali ma privo di copertura, infatti gli interventi non possono essere classificati come interventi di “restauro” e “risanamento conservativo” né di “ristrutturazione”, ma come “nuova costruzione”, in ragione della mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare (v. anche Cons. Stato, Sez. VI, sent. 24 ottobre 2018 n. 6048). I ruderi, privi di copertura o di strutture orizzontali, sono da considerarsi “area non edificata” (v. anche Cons. Stato, Sez. V, sent. 15 marzo 2016 n. 1025).
Con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli di cui al D.Lgs. n. 42/2004 e smi, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma (dimensioni e caratteristiche morfologiche) dell’edificio preesistente [Zonno D., Trasformazione degli edifici, riuso e disciplina dei titoli abilitativi, su www.giustizia-amministrativa.it, 2015]. Quest’ultima deve perciò essere nota, altrimenti si tratta di nuova opera (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 2 settembre 2020 n. 5350).
Per quanto attiene alle difformità edilizie e al loro regime sanzionatorio (art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 e smi e art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004 e smi), alla nozione di “costruzione” sono riconducibili le opere che comportino la trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, anche senza l’edificazione opere murarie. Le opere preordinate a soddisfare esigenze non precarie sotto il profilo funzionale, incidenti sul tessuto urbanistico ed edilizio, a prescindere dal materiale impiegato – sia esso metallo, laminato di plastica, legno o altro materiale – sono subordinate al rilascio del titolo edilizio (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. IIquater, sent. 27 luglio 2020 n. 8186, Cons. Stato., Sez. II, sent. 25 maggio 2020 n. 3329)

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