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Le restrizioni alla circolazione dei autocaravan va adeguatamente motivata
di Roberto Rossetti – Comandante Polizia Locale
 
Un camperista sanzionato per aver transitato e sostato in un’area vietata del centro di un piccolo paese toscano, dopo aver tentato senza successo il ricorso al Giudice di Pace e l’appello in Tribunale, ricorre anche in Cassazione, eccependo la carenza e l’illogicità della motivazione del divieto di transito previsto in relazione alle esigenze della circolazione, alle caratteristiche strutturali delle strade e alla necessità di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale di quell’area.
I presunti vizi dell’ordinanza comunale avrebbero dovuto indurre il Tribunale a disapplicarla e su questo punto verte il giudizio di legittimità instaurato davanti alla suprema Corte.
La Corte osserva che l’ordinanza comunale è ampiamente motivata tanto da poter escludere subito la violazione dell’art. 5, comma 3 del codice della strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285), che recita: “I provvedimenti per la regolamentazione della circolazione sono emessi dagli enti proprietari, attraverso gli organi competenti a norma degli articoli 6 e 7, con ordinanze motivate e rese note al pubblico mediante i prescritti segnali” e dell’art. 6, comma 4, lett. b), che consente all’ente proprietario della strada – con l’ordinanza di cui all’art. 5, comma 3 – di stabilire “obblighi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o permanente […] per determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali delle strade” ed è lo stesso codice che ammette restrizioni per la circolazioni limitate a categorie di utenti.
La Corte non ravvisa neppure la violazione dell’art. 7, comma 1, lett. b), del codice, che, per la regolamentazione della circolazione nei centri abitati, impone ai comuni, di conformarsi alle direttive impartite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Gli atti ministeriali precedenti all’adozione dell’ordinanza, ai quali il comune era tenuto a conformarsi, sono costituiti dalle direttive del 24 ottobre 2000 e del 16 giugno 2008, mentre la direttiva ministeriale del 28 gennaio 2011 e la nota del 16 gennaio 2012, pure invocate dal ricorrente, sono atti successivi all’adozione dell’ordinanza in esame, che è del 3 marzo 2010 e, pertanto non possono essere considerate dalla Corte.
La direttiva del 24 ottobre 2000, emessa dall’allora Ministero dei lavori pubblici, è relativa alla corretta e uniforma applicazione del codice della strada in relazione alla segnaletica e non contiene alcuna prescrizione specifica, ma si limita a generiche osservazioni sui vizi nelle motivazioni delle ordinanze dei proprietari delle strade relativamente ai divieti di circolazione.
La direttiva del 2008, per la parte trascritta nel ricorso, si limita ad affermare la necessità che la motivazione delle ordinanze di regolamentazione della circolazione nei centri abitati deve confermare la preventiva effettuazione di una “dettagliata analisi tecnica”, in mancanza della quale le ordinanze stesse dovrebbero ritenersi illegittime, lasciando, però, del tutto indeterminata questa prescrizione e, quindi, la sua valutazione può essere rimessa al solo libero apprezzamento del giudice di merito.
L’interpretazione di un atto amministrativo non normativo è limitata all’accertamento della volontà della P.A, è compiuta dal giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e immune da vizi di interpretazione (cfr. Cass. civ., Sez. II, sentenza (ud. 13 aprile 2017) 9 ottobre 2017, n. 23532, che, a sua volta richiama, la Cass. civ., Sez. lavoro, sentenza (ud. 15 giugno 2010) 23 luglio 2010, n. 17367, sulla interpretazione del contratto di lavoro).
Il giudizio sull’adeguatezza della motivazione degli atti amministrativi compete al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, se non mediante la denuncia di specifici errori di diritto nei quali sia incorso detto giudice; si tratta di un principio elaborato in materia tributaria, cfr. Cass. civ., Sez. V, sentenza (ud. 21 marzo 2013) 19 aprile 2013, n. 9582Cass. civ., sez. V, sentenza (ud. 4 marzo 2005) 7 aprile 2005, n. 7313, ma opera in tutti i casi in cui il giudice ordinario sia chiamato a valutare la legittimità di un atto amministrativo sotto il profilo indicato.
La Corte sostiene che il Tribunale ha ritenuto adeguata la motivazione a sostegno dell’ordinanza di regolamentazione del traffico, con limitazione del transito degli autocaravan, perché le caratteristiche storiche ed architettoniche del luogo (area di ridotte dimensioni all’interno di un borgo ad impianto medievale) impongono la necessità di limitare il numero dei veicoli in aumento nella stagione turistica.
Anche la presunta violazione dell’art. 185 del codice della strada è infondata, in quanto tale norma di disciplina della circolazione e sosta delle autocaravan, prevede al comma 1 che “I veicoli di cui all’art. 54, comma 1, lettera m), ai fini della circolazione stradale in genere ed agli effetti dei divieti e limitazioni previsti negli articoli 6 e 7, sono soggetti alla stessa disciplina prevista per gli altri veicoli” e, come gli altri veicoli, possono essere assoggettate a restrizioni. La restrizione imposta agli autocaravan è, quindi, legittima ed è anche ragionevole, alla luce delle caratteristiche delle strade in cui viene disciplinata la circolazione.
Nella sentenza sottoposta al giudizio della Corte, il Tribunale aveva evidenziato, inoltre, che, a breve distanza dal centro storico, il comune aveva creato un parcheggio riservato per gli autocaravan, tenendo, quindi, in conto le specifiche esigenze di questa categoria di utenti.
La circostanza che l’ordinanza non assoggettasse al medesimo divieto altri veicoli di dimensioni ingombranti quanto o più degli autocaravan, quali la limousine o il van, non costituisce indice di irragionevole discriminazione, trattandosi di “casi limite” e non potendo la valutazione di ragionevolezza essere rapportata ai casi limite.
Invece il differente e articolato trattamento previsto per altri veicoli di dimensioni notevoli (autocarri, autobus turistici) trova giustificazione nella diversità di funzione dei mezzi indicati, per i quali l’accesso e la sosta nel centro storico sono strumentali allo svolgimento dell’attività di carico e scarico merci, ovvero a consentire la discesa e salita dei passeggeri.

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