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In una concessione mista è possibile affidare a terzi gli appalti dei lavori strumentali alla gestione del servizio prevalente.
Tar Lazio, Roma, Sez. I, 28/10/2020, n. 10997.
Scritto da Roberto Donati 28 Ottobre 2020
 
 
Procedura per l’affidamento in concessione di lavori di riqualificazione energetica, con relativa progettazione definitiva ed esecutiva, e del servizio di gestione della piscina comunale.
L’operatore economico aggiudicatario aveva dichiarato di appaltare interamente a terzi, con procedura ad evidenza pubblica, le attività di progettazione, direzione lavori, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, nonché tutte le lavorazioni da eseguire, in ritenuta palese violazione e contrasto con quanto previsto dagli artt. 31, comma 8, e 105 del d.lgs. cit.
Anac veniva investita del contenzioso ed emetteva il parere vincolante richiesto. Il Parere di precontenzioso sosteneva l’illegittimità dell’aggiudicazione, ritenendo non conforme alla normativa di settore la clausola del bando di gara che riconosce al concessionario, in possesso dei requisiti di qualificazione necessari allo svolgimento del servizio, la possibilità di appaltare interamente a terzi i servizi tecnici e le lavorazioni previste negli atti di gara.
La stazione appaltante impugna il parere di precontenzioso. Essendo  in presenza di una concessione “mista”, di servizi e lavori non si comprende la ragione per la quale l’art. 95, comma 3 del DPR 207/2010[1] (che consente all’aspirante concessionario, che non è in possesso dei requisiti richiesti per l’esecuzione di lavori, di farli eseguire da altri soggetti qualificati) non poteva trovare applicazione, per quanto compatibile, nel caso in esame.
Ritenendo legittimo il parere dell’Anac si arriverebbe, a detta della stazione appaltante, ad ammettere una disparità di trattamento tra i concessionari di lavori e i concessionari di servizi.
Inoltre la ricorrente si duole del fatto che l’Autorità ha irragionevolmente escluso l’applicabilità dell’art. 1, comma 2, lett. d), del Codice[2], dato che tale disposizione ben poteva, infatti, trovare applicazione nel caso di specie perché:
– i lavori affidati a terzi erano strettamente strumentali alla gestione del servizio;
– tali lavori avevano ad oggetto opere pubbliche che sarebbero diventate di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice.
L’Anac, inoltre, non poteva restringere l’utilizzo dell’istituto dell’”appalto a terzi” alle sole ipotesi previste dall’art. 177 del Codice, come illustrato nell’impugnato parere, in quanto, così facendo, avrebbe disatteso le previsioni del Codice stesso che individuano l’utilizzo di tale istituto come strumento di carattere generale a disposizione dei concessionari.
Tar Lazio, Roma, Sez. I,  28/10/2020, n. 10997 accoglie il ricorso ed annulla il parere di precontenzioso.
Per quanto riguarda l’applicabilità o meno dell’art. 95, comma 3, dpr n. 207/10, si ritiene preferibile la soluzione orientata a non aderire a una interpretazione letterale e formalistica, inserita nel contesto temporale di riferimento dato dal d.lgs. n. 163/06 e dal correlato Regolamento di cui al dpr n. 207/10, che non regolavano le concessioni di servizi (o miste), a loro volta in aderenza alle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.
Ciò proprio perché la normativa “codicistica” dei contratti pubblici prende le sue fondamenta, anche interpretative, nella normativa dell’Unione europea e, quindi, non può ora ignorarsi l’adozione della direttiva 2014/23/UE che comprende nel suo novero anche le concessioni di servizi e non più solo quelle di lavori.
La logica “formalistica” di cui all’impugnato parere, peraltro, come osservato dal parte ricorrente, porterebbe a questo punto alla illogica discriminazione tra concessioni di lavori e concessioni di servizi (o miste), quest’ultime – come detto – ormai entrate “a pieno titolo” nella considerazione del legislatore eurounitario.
Se la “ratio” di cui all’art. 95 cit era – ed è in effetti – quella di favorire la concorrenza, ampliando la platea dei partecipanti a una concessione di lavori, quando la realizzazione dell’opera costituisce l’essenza stessa della concessione, consentendo al concorrente che non possiede i requisiti richiesti di partecipare comunque alla gara, impegnandosi ad affidarne l’esecuzione a soggetti terzi qualificati, non si comprenderebbe la logica di una situazione ove, in una concessione di servizi (o mista) in cui la componente dei lavori può essere una parte residuale ma pur sempre “contrattuale” – come indubbiamente nel caso di specie – il concorrente dovrebbe comunque possedere i requisiti richiesti per poter eseguire i lavori, salva la (sola) possibilità di subappalto – e non di “appalto a terzi” – nei limiti dati dalla norma su una quota parte (salva evoluzione normativa e giurisprudenziale in atto sul punto ma non ancora definita). Si verrebbe, così, a vanificare la condivisibile impostazione di fondo orientata a favorire la concorrenza, che oggi non ha motivo di restare ancorata alle sole concessioni di lavori, alla luce dell’evoluzione normativa eurounitaria di cui alla ricordata direttiva 2014/23/UE.
Il Collegio, poi, trova condivisibile anche l’ulteriore ragione addotta dal Comune di xxx, secondo il quale il mancato richiamo ai requisiti di cui all’art. 95, comma 1, dpr cit. e la presenza di quello all’art. 83, comma 1, lett. c) del Codice, di cui alla legge di gara, non implicherebbe la volontà di escludere l’applicazione della norma regolamentare in questione. Infatti, tale assenza può ben interpretarsi nella volontà di escludere il possesso di requisiti ingenti (”…devono essere qualificati secondo quanto previsto dall’articolo 40 del codice e dall’articolo 79, comma 7, del presente regolamento, con riferimento ai lavori direttamente eseguiti ed essere in possesso dei seguenti ulteriori requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi:…”, di cui all’art. 95, comma 1, cit.) per lavori di proporzione ridottissima rispetto al valore del servizio, su cui si incentra l’essenza dell’affidamento come sopra ricordato. Logica, pertanto, n questa ottica, la presenza del richiamo all’art. 83, comma 1, lett. c), e comma 2 del Codice vigente secondo cui: “…I criteri di selezione riguardano esclusivamente:
a) i requisiti di idoneità professionale;
b) la capacità economica e finanziaria;
c) le capacità tecniche e professionali.
2. I requisiti e le capacità di cui al comma 1 sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione…”.
Riguardo alla ritenuta ostatività individuata dall’Anac nell’art. 28, comma 1, del Codice sui contratti misti di appalto, si rileva che tale comma afferma che: “…L’operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto….”, senza per questo però escludere la possibilità di possedere i requisiti in questione tramite affidamento a terzi con le forme dell’evidenza pubblica.
In ordine a quanto lamentato con il secondo motivo di ricorso, anche sotto tale profilo il Collegio ritiene più convincente, e aderente alla volontà del legislatore, la ricostruzione di parte ricorrente (………..), laddove evidenzia che la disposizione di cui all’art. 1, comma 2, lett. d), del Codice (…”d) lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice”), che l’Anac esclude di considerare in virtù del mancato esplicito richiamo all’istituto dell’”appalto a terzi”, in realtà ben può comprendere anche l’ipotesi in cui il concessionario di servizi intenda affidare a terzi i lavori oggetto della concessione mista, se questi sono funzionali alla gestione del servizio stesso e inerenti a realizzare lavori comunque destinati a diventare di proprietà pubblica, come nel caso di specie, laddove il concessionario intende e dichiara di volere operare con l’affidamento di un appalto a terzi, da aggiudicare ai sensi delle procedure di evidenza pubblica di cui all’attuale Codice.
Nella fattispecie in esame appare evidente e non contestato che xxx intende affidare lavori che sono strettamente funzionali alla gestione del servizio per opere di cui beneficerà direttamente l’amministrazione pubblica acquisendone la proprietà.
Che, quindi, anche tali lavori siano indicati come oggetto della concessione non appare circostanza ostativa nel senso individuato dall’Anac (……….), in quanto appare logico – e non è dimostrato il contrario nel caso di specie – che il concessionario appalti a terzi solo i lavori strumentali alla realizzazione del servizio come ritenuto primario e ben prevalente nell’oggetto della concessione stessa e non altri.
Così pure, che l’art. 177 del codice limiti alle sole fattispecie ivi contemplate l’”appalto a terzi”, trova spiegazione nei ristretti limiti intertemporali ivi previsti ma non può essere considerata una norma assoluta di chiusura come invece interpretata dall’Anac, anche nelle sue difese in questa sede.
In sostanza, una più coerente ricostruzione della complessa fattispecie in esame consente di ritenere che il combinato normativo di cui all’art. 1, comma 2, lett. d), del Codice e all’art. 95, comma 3, del dpr n. 207/2010 sia applicabile e vigente, consentendo la possibilità, in una concessione mista, di affidare a terzi gli appalti dei lavori strumentali alla relativa gestione del servizio prevalente con affidamento nel rispetto delle disposizioni del Codice stesso, come accadrebbe nel caso in esame.
Il ricorso viene accolto.

[1] Art.95 c.3. Se il concessionario non esegue direttamente i lavori oggetto della concessione, deve essere in possesso esclusivamente degli ulteriori requisiti di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d).
[2] Art.1 c. 2. Le disposizioni di cui al presente codice si applicano, altresì, all’aggiudicazione dei seguenti contratti:…d) lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice;
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