28/10/2020 – Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti: come determinare la soglia di 200 mila euro annui?

Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti: come determinare la soglia di 200 mila euro annui?
28/10/2020
 
Ritenute, appalti, subappalti e ricavi. Interessante quesito posto all’Agenzia delle Entrate che puntualmente risponde (risposta n. 492/2020).
Il caso
Un ente pubblico chiede all’Agenzia delle Entrate come determinare la soglia di 200 mila euro annui per poter applicare correttamente l’articolo 17-bis del decreto legislativo numero 241 del 1997. Questo, in particolare, specifica che “i soggetti (…) che affidano il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a euro 200 mila a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, sono tenuti a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarle, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute (…) trattenute dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio. Il versamento delle ritenute di cui al periodo precedente è effettuato dall’impresa appaltatrice o affidataria e dall’impresa subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente, senza possibilità di compensazione”.
La soglia dei 200 mila euro e la soluzione proposta
La richiesta all’Agenzia delle Entrate è stata fatta da un ente pubblico che ritiene di essere destinatario della disposizione citata (l’articolo 17 del decreto legislativo numero 241 del 1997) relativamente all’attività commerciale per la quale tiene anche un bilancio. Secondo l’ente pubblico si può “determinare la predetta soglia moltiplicando l’importo annuale del contratto o della somma dei contratti stipulati con il medesimo appaltatore per il rapporto tra i ricavi ed altri proventi derivanti dall’attività commerciale e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi dell’ente, calcolato alla chiusura dell’esercizio precedente all’anno in cui lo stesso viene utilizzato”.
L’articolo 23 del decreto del presidente della Repubblica numero 600 del 1973
Per l’Agenzia delle Entrare la norma è chiara. E cita il decreto del presidente della Repubblica numero 600 del 1973, che in sostanza ripete quello poi scritto nell’articolo 17-bis del decreto legislativo numero 241 del 1997. E ossia che “i soggetti (…) che affidano il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a euro 200 mila a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera (…) sono tenuti a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese sub appaltatrici, obbligate a rilasciarle, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute di cui agli articoli 23 e 24 del citato decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973 (…), trattenute dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio (…)”. Gli enti non commerciali, sia pubblici che privati, non sono tenuti, come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrare all’applicazione dell’articolo 17-bis del decreto legislativo numero 241 del 1997.
La prevalenza di manodopera
Perché si possa applicare l’articolo 17-bis del decreto legislativo numero 241 del 1997 è necessario che “il contratto di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati siano caratterizzati da un prevalente utilizzo di manodopera”. Per capire il significato di “prevalenza”, dice l’Agenzia delle Entrate “occorrerà fare riferimento al rapporto tra la retribuzione lorda riferita ai soli percettori di reddito di lavoro dipendente e assimilato (numeratore) e il prezzo complessivo dell’opera o e del servizio nel caso di contratti misti (denominatore)”.
La soluzione
La questione come detto riguarda la soglia dei 200 mila euro. Per calcolarla, e quindi applicare l’articolo 17-bis del decreto legislativo numero 241 del 1997, “il rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi relativi all’attività commerciale (numeratore) e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (denominatore), moltiplicato per il costo annuo pattuito per l’affidamento all’impresa del compimento di servizi generali funzionali sia all’attività istituzionale sia a quella commerciale, risulti di importo complessivo superiore ad euro 200.000. Tale rapporto va determinato con riferimento ai ricavi del periodo d’imposta precedente a quello di inizio di esecuzione del contratto promiscuo. Resta fermo che, al superamento della soglia come sopra determinata, gli obblighi previsti dall’articolo 17-bis in esame si applicheranno con riferimento all’intero contratto”.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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