28/10/2020 – Rifiuti. Valutazione di incidenza

Rifiuti .Valutazione di incidenza
Pubblicato: 28 Ottobre 2020
Consiglio di Stato Sez. IV n. 5648 del 28 settembre 2020

 

A norma dell’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva 92/43/CEE, qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione di un SIC o una ZPS ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. La necessità di un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o progetto è subordinata alla condizione che questo sia idoneo a pregiudicare significativamente il sito interessato. Ora, tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste allorché non possa essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che il suddetto piano o progetti pregiudichi significativamente il sito interessato.Poiché la valutazione di incidenza è, per sua natura, uno strumento preventivo rispetto alla realizzazione del progetto, va escluso che essa sia dovuta in caso di rinnovo dell’AIA con riferimento a un impianto in attività. Il principio in questione, tuttavia,  non può trovare applicazione nel caso di specie, perché non si tratta di rinnovare l’AIA relativa a un impianto di smaltimento dei rifiuti operante, ma di consentire la riattivazione di un impianto a lungo sottoposto a sequestro preventivo (con conseguente sospensione dell’AIA) per gravi violazioni ambientali costituenti reato, con sversamento nell’ambiente, e in particolare in un affluente di un fiume di rifiuti liquidi non trattati.

Pubblicato il 28/09/2020

N. 05648/2020REG.PROV.COLL.

N. 04771/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 4771 del 2019, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Amalia Monci e Francesco Chiaradia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Calabria, non costituita in giudizio;

nei confronti

Regione Basilicata, WWF O.A. Cosenza-Sila-Pollino, non costituiti in giudizio;

Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Norina Scorza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2020 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati Francesco Chiaradia e Norina Scorza ai sensi dell’art. 4 d.l. 28/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La -OMISSIS- ha chiesto l’annullamento (con ricorso introduttivo) delle note emanate dalla Regione Calabria – Dipartimento Ambiente e Territorio – Settore 3, e segnatamente di quella del 10 gennaio 2018, Prot. Gen. – SIAR n. 7868 e di quella del 2 febbraio 2018, Prot. Gen. – SIAR n. 36979, nonché (con ricorso per motivi aggiunti) l’annullamento della nota della Regione Calabria – Dipartimento Ambiente e Territorio, dell’11 aprile 2018, prot. Gen. – SIAR n. 0129844.

2. Il Tar per la Calabria, sede di Catanzaro, ha dichiarato inammissibile il ricorso principale ed ha respinto i motivi aggiunti, compensando tra le parti le spese di lite.

3. La società ha appellato la sentenza ritenendola erronea nella parte in cui ha respinto i motivi aggiunti, sulla scorta della motivazione secondo cui “in presenza della nota della 18 novembre 2017, n. 0358202, non tempestivamente impugnata e comunque legittima, la -OMISSIS-non poteva svolgere alcuna attività nell’impianto sito nel Comune di -OMISSIS-. L’incontestata reiterata violazione del divieto, pertanto, si configura quale esercizio in assenza di autorizzazione che comporta ai sensi dell’art. 29 decies d.lgs. n. 152 del 2006, la sospensione dell’AIA. Tale provvedimento, peraltro, non è a tempo indeterminato, ma contenuto in giorni 180 o, comunque nel tempo necessario per portare a compimento la VINCA”.

4. Il Comune di -OMISSIS- ha resistito al gravame.

5. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive.

6. All’udienza del 18 giugno 2020, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta in decisione.

7. L’appello è infondato e va, pertanto, respinto.

La società in questione è proprietaria di un impianto per il trattamento dei rifiuti sito nella località -OMISSIS-del Comune di -OMISSIS-.

L’impianto ricade integralmente sul territorio calabrese e si trova a breve distanza dal sito di interesse comunitario (SIC) -OMISSIS-, nel territorio della Regione Basilicata.

L’impianto veniva gestito in forza di autorizzazione integrale ambientale (AIA) rilasciata con Decreto del Dirigente Generale del Dipartimento delle Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria del 20 febbraio 2009, n. 223, in favore di -OMISSIS-poi incorporata in -OMISSIS-.

In data 27 novembre 2013, l’impianto è stato sottoposto a sequestro preventivo da parte dell’Autorità giudiziaria penale per una serie di violazioni per le quali è stato instaurato un procedimento penale.

In seguito a tale evento, l’AIA è stata sospesa con decreto del Dirigente generale del Dipartimento delle Politiche dell’Ambiente del 20 dicembre 2013, n. 473.

Venuto meno il vincolo penale, con nota dell’8 novembre 2016, la società ricorrente ha domandato il nulla osta alla ripresa dell’esercizio dell’attività di smaltimento dei rifiuti.

Con nota del 9 dicembre 2016, n. 0370131, il Dirigente del Settore n. 3 del Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Calabria ha comunicato che, per quanto di competenza, non sussistevano ragioni ostative alla ripresa dell’attività dell’impianto.

In conseguenza di ciò, con la nota del 21 dicembre 2016, la società ricorrente ha comunicato l’avvio delle procedure di riattivazione dell’impianto.

Con la nota del 18 novembre 2017, n. 0358202, il Dirigente del Settore n. 3 del Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Calabria, anche a seguito di formale richiesta da parte della Regione Basilicata, ha invitato-OMISSIS-a presentare alla Regione Basilicata istanza di valutazione di incidenza (VINCA) rispetto al SIC -OMISSIS-.

Si aggiungeva inoltre che “fino all’acquisizione degli esiti di tale valutazione (…) codesto Gestore non potrà eseguire alcuna attività nell’impianto ivi compreso l’ingresso dei rifiuti liquidi finalizzato alla formazione del substrato nutritivo per la flora batterica della vasca di ossidazione volta a consentire il monitoraggio sulla situazione di partenza”.

Rispetto a tale nota, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado, gli atti impugnati, assunti anche a seguito delle segnalazioni del Comune di -OMISSIS- con le quali si evidenziava come nello stabilimento fossero in corso attività, hanno contenuto confermativo, atteso con la prima “si diffida codesto gestore alla rigorosa osservanza di quanto disposto con nota prot. 358202 del 16.11.2017”, mentre con la seconda “si diffida codesto gestore a non procedere alla riapertura dello scarico”.

Il capo della sentenza di primo grado, avente ad oggetto la declaratoria di inammissibilità per tardività dell’impugnazione delle due note del gennaio e del febbraio 2018, non è stato oggetto di appello, sicché la relativa statuizione deve ritenersi passata in cosa giudicata.

È stato impugnato, invece, l’altro capo di sentenza, e cioè quello relativo alla declaratoria di infondatezza dei motivi aggiunti avverso il provvedimento di sospensione dell’AIA, sull’assunto che il giudice di primo grado non si sarebbe avveduto che i primi tre motivi viziavano in modo autonomo la decisione di sospendere la VIA, mentre gli ultimi due erano specifici e non sarebbero stati colti dal Tar nella loro esatta portata.

L’assunto non è fondato.

La Sezione non soltanto osserva che il Tar non ha affatto pretermesso l’esame dei motivi aggiunti, ma rileva anche che è stata la stessa parte ricorrente, attraverso la prospettiva difensiva illustrata coi motivi aggiunti di primo grado, a sostenere che sia il ricorso principale, sia quello per motivi aggiunti, riguardavano nella sostanza la contestazione circa l’assoggettabilità (o meno) alla procedura di Valutazione d’Incidenza dell’impianto.

Così, in particolare, si esprime la parte ricorrente nei motivi aggiunti: “In particolare la Regione Calabria, con il provvedimento qui aggiuntivamente avversato, in palese contraddittorietà rispetto a quanto sostenuto nella sezione dei “premesso” del medesimo atto (per come avremo occasione di meglio evidenziare in seguito), ha ritenuto di disporre ex art. 29 decies, comma 9 lett. b) D.Lgs n. 152/06 la sospensione dell’AIA, per “l’inosservanza delle diffide inviate al gestore con il divieto a ricevere rifiuti liquidi in impianto ”. A ben vedere le diffide inviate al gestore, atti presupposti all’adozione del provvedimento di sospensione dell’AIA, sono proprio gli atti impugnati dalla odierna ricorrente con il ricorso principale n. -OMISSIS-R.G., depositato presso il TAR Calabria in data 19.02.2018 e, precisamente, trattasi delle diffide (non inviti) recanti numero Prot. Gen. – SIAR 7868 del 10.01.2018 e Prot. Gen. – SIAR 36979 del 02.02.2018, per cui, lampante appare nel costrutto elaborato dalla Regione Calabria, il collegamento esistente tra il provvedimento in questa sede impugnato e gli atti già avversati con il ricorso principale. In sostanza la questione è una, ed è la medesima questione sottesa al ricorso principale: l’assoggettabilità o meno dell’impianto del quale si discorre a Valutazione d’Incidenza e, proprio la richiesta illegittima al gestore dell’impianto di avviare siffatto procedimento di compatibilità ambientale, è il presupposto che sorregge sia l’adozione delle diffide impugnate con il ricorso principale, sia il provvedimento di sospensione dell’AIA, attraverso un percorso nel quale la Regione Calabria prima diffida il gestore ad assoggettarsi a Valutazione d’Incidenza e dopo (come in un formidabile gioco di prestigio), stante la legittima impugnazione delle diffide ad opera del gestore innanzi al Giudice Amministrativo, sospende l’AIA per l’inosservanza delle diffide e dunque, sostanzialmente, sempre per non aver avviato la procedura di Valutazione d’Incidenza”.

Inoltre, è ancora la ricorrente che osservava che “secondo la giurisprudenza amministrativa “la sospensione dell’attività di un impianto è assoggettata a due condizioni: la prima che sia stata

violata una diffida (atto pregiudiziale necessario), la seconda che oltre a non eseguire le prescrizioni sussista un pericolo per la salute e l’ambiente, che deve essere attestato” (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 16.01.2009, n. 97; TAR Perugia, Sez. I, 02.09.2016 n. 587)”.

Da ciò ne discende che, il provvedimento impugnato con motivi aggiunti è evidentemente connesso

all’oggetto del ricorso principale, in quanto rappresenta un atto afferente e adottato all’esito della

medesima procedura nell’ambito della quale l’Amministrazione resistente, ha adottato nei confronti

della stessa parte, ossia del gestore dell’impianto, le diffide all’inibizione di ogni attività sino

all’acquisizione degli esiti della Valutazione d’Incidenza. Si badi bene, si ribadisce, sia le diffide con le quali la Regione Calabria ha disposto l’inibizione di ogni attività nell’impianto, sia la successiva sospensione dell’AIA per il mancato rispetto di tali diffide, trovano il loro fondamento, non nella violazione di prescrizioni autorizzative dell’impianto, ma nella non adesione del gestore alla illegittima richiesta dell’ente di esperire la procedura di VINCA. Non adesione, manifestata con il sacrosanto diritto di impugnazione degli atti impositivi presso il competente Tribunale Amministrativo”.

L’impugnazione di cui la ricorrente parla – è bene osservare – si è rivelata, tuttavia, inammissibile per tardività, in quanto le diffide in questione rappresentavano atti meramente confermativi rispetto alla nota del novembre 2017. Questo capo di pronuncia, come già detto, è anche passato in cosa giudicata per mancanza di impugnazione.

Pertanto, a rigore, sulla base del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, anche i motivi aggiunti avrebbero dovuto incorrere, in via derivata, nella declaratoria di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse, discendente dalla declaratoria di inammissibilità per tardività del ricorso principale.

Il Tar, malgrado ciò, e contrariamente a quanto prospettato con l’atto di appello, ha comunque esaminato nel merito le censure dedotte avverso il provvedimento di sospensione dell’AIA, giungendo alla conclusione che le stesse fossero pure infondate.

La decisione del primo giudice è esente da vizi logico-giuridici e va, pertanto, condivisa.

Più in particolare, è corretta l’affermazione secondo la quale a norma dell’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva 92/43/CEE, qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione di un SIC o una ZPS ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. La necessità di un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o progetto è subordinata alla condizione che questo sia idoneo a pregiudicare significativamente il sito interessato. Ora, tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste allorché non possa essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che il suddetto piano o progetti pregiudichi significativamente il sito interessato (cfr. CGUE 20 ottobre 2005, causa C-6/04, Commissione c. Regno Unito; CGUE 10/01/2006, causa C-98/03, Commissione c. Repubblica federale di Germania).

È pure corretta la considerazione secondo la quale poiché la valutazione di incidenza è, per sua natura, uno strumento preventivo rispetto alla realizzazione del progetto, va escluso che essa sia dovuta in caso di rinnovo dell’AIA con riferimento a un impianto in attività.

Il principio in questione, tuttavia, – come ancora in modo del tutto corretto ha spiegato il Tar – non può trovare applicazione nel caso di specie, perché non si tratta di rinnovare l’AIA relativa a un impianto di smaltimento dei rifiuti operante, ma di consentire la riattivazione di un impianto a lungo sottoposto a sequestro preventivo (con conseguente sospensione dell’AIA) per gravi violazioni ambientali costituenti reato, con sversamento nell’ambiente, e in particolare in un affluente del Fiume Noce di rifiuti liquidi non trattati.

Pertanto, è legittima e non presenta evidenti vizi di irragionevolezza, di incongruenza o di illogicità la decisione amministrativa – nella specifica situazione fattuale delineata ed a prescindere dagli esiti che ha avuto il procedimento penale – di subordinare la richiesta di ri-attivazione dell’impianto alla necessità, in ossequio al principio di precauzione, di esperire la VINCA divenuta nel frattempo, per effetto dello ius superveniens, obbligatoria rispetto a SIC prossimo all’impianto e peraltro inciso dalle violazioni per le quali è stato avviato il procedimento penale.

Per quanto concerne, invece, i motivi di appello concernenti gli altri motivi aggiunti rivolti avverso la sospensione dell’AIA, anch’essi risultano infondati, perché in presenza della nota del 18 novembre 2017, n. 0358202, non tempestivamente impugnata e dunque divenuta ‘inoppugnabile’, la società non avrebbe comunque potuto svolgere alcuna attività nell’impianto sito nel Comune di -OMISSIS-.

L’incontestata reiterata violazione del divieto, pertanto, si configura quale esercizio in assenza di autorizzazione che comporta, ai sensi dell’art. 29-decies d.lgs. n. 152 del 2006, la sospensione dell’AIA.

Infondata è pure la censura relativa alla mancata apposizione del termine, perché il provvedimento non è affatto a tempo indeterminato, bensì risulta essere stato contenuto in giorni 180 o, comunque, nel tempo necessario per portare a compimento la VINCA, attività – questa – che è rimessa all’interesse della società istante, avuto riguardo alle condizioni di fatto e di diritto esistenti al momento della richiesta di riattivazione dell’impianto.

8. In definitiva, per le considerazioni espresse, l’appello va respinto.

9. Le spese del presente grado, liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i., seguono la regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 4771/2019, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna l’appellante alla refusione, in favore del Comune appellato, delle spese del presente grado liquidate in complessivi euro 5.000,00 oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. se dovute come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità e di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2020 ai sensi dell’art. 4 d.l. 28/2020 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi, Presidente

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere

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