08/10/2020 – La scelta dell’affidamento in house dei servizi di TPL non deve essere necessariamente accompagnata da uno specifico supporto motivazionale circa le ragioni del mancato ricorso al mercato.

La scelta dell’affidamento in house dei servizi di TPL non deve essere necessariamente accompagnata da uno specifico supporto motivazionale circa le ragioni del mancato ricorso al mercato.

Non sussiste in capo all’operatore del settore una posizione giuridica che lo legittimi a contestare anche la congruità economica dell’offerta del soggetto in house e le condizioni contrattuali del relativo affidamento.

Nel settore del trasporto pubblico locale l’in house providing è una modalità affatto ordinaria di affidamento dei relativi servizi, “perfettamente alternativa al ricorso al mercato” (art. 5 c. 2 del reg. CE n. 1370/2007 e l’art. 18, lett. a) del codice dei contratti pubblici) e pertanto non si applica la regola prevista dall’art. 192, c. 2, del codice dei contratti pubblici, incentrata sulla comparazione tra gli opposti modelli di gestione dell’in house providing e del ricorso al mercato, posto che, per il servizio di trasporto pubblico locale, non è invece previsto un rapporto di regola ed eccezione, cosicché difettano le basi logico-giuridiche della pretesa comparazione).

L’aggiudicazione diretta ai sensi del regolamento n. 1370/2007 esclude logicamente una procedura di gara ed una valutazione comparativa delle offerte, ne segue che non sussiste in capo all’operatore del settore una posizione giuridica che lo legittimi a contestare anche la congruità economica dell’offerta del soggetto in house e le condizioni contrattuali del relativo affidamento: tanto ciò è vero che l’ordinamento giuridico riconosce tale posizione come meritevole di tutela soltanto in capo all’operatore che abbia partecipato ad una gara (cfr. l’art. 97 del D. Lgs. n. 50/2016 sul sub-procedimento di verifica di congruità e sostenibilità dell’offerta risultata aggiudicataria). Del resto, poiché l’affidamento in house si risolve in un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di “delegazione interorganica”, è evidente come sia logicamente estraneo all’istituto ogni rilievo volto a censurare l’omessa “traslazione” economica del rischio operativo di impresa, cioè un profilo che è proprio della causa dei soli contratti di appalto (art. 1655 cod. civ.) o di concessione (art. 3 lett. vv del D. Lgs. n. 50/2016) da stipularsi – necessariamente, in esito a gara – con soggetti distinti dall’amministrazione affidante anche sul piano sostanziale, oltre che giuridico (diversamente dal soggetto in house, che costituisce la longa manus dell’amministrazione affidante).

Materia: trasporti / trasporto pubblico locale

 
Pubblicato il 03/10/2020
N. 00683/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00809/2019 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 809 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da

Autoguidovie s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Maurizio Zoppolato e Laura Pelizzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro
Città Metropolitana di Genova, rappresentata e difesa dagli avvocati Valentina Manzone, Carlo Scaglia e Lorenza Olmi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’ufficio legale dell’ente in Genova, P.Le Mazzini 2;

Comune di Genova, non costituito in giudizio;

nei confronti
Azienda Mobilità e Trasporti s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Mauro Ferrando e Riccardo Maoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, via Roma 8/6;

A.T.P. Esercizio s.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato Corrado Mauceri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Palestro 2/3;

per l’annullamento
degli atti con cui la Città Metropolitana di Genova ha disposto l’affidamento “in house providing” del “servizio di trasporto pubblico locale nell’ambito territoriale di competenza, Lotto suburbano” alla società A.M.T. s.p.a..
 

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Città Metropolitana di Genova, dell’Azienda Mobilità e Trasporti s.p.a. e di ATP Esercizio s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 settembre 2020 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 15.11.2019 e depositato il 18.11.2019 la società Autoguidovie s.p.a., (di seguito, Autoguidovie senz’altro) ha impugnato: – l’avviso di pre-informazione relativo ad un contratto di servizio pubblico, pubblicato in GUUE in data 28 ottobre 2019, con cui la Città Metropolitana di Genova ha modificato la modalità di affidamento del “servizio di trasporto pubblico locale nell’ambito territoriale di competenza, Lotto suburbano”, optando per l’aggiudicazione diretta secondo il modello c.d. “in house” in luogo dell’affidamento con procedura di gara ad evidenza pubblica; – la deliberazione n. 25/2019 del consiglio metropolitano della Città Metropolitana di Genova, concernente la “individuazione della modalità di gestione della concessione di trasporto pubblico locale extra-urbano tramite affidamento in-house providing ad A.M.T. s.p.a. e approvazione della fusione per incorporazione di A.T.P. Esercizio s.r.l. in A.M.T. s.p.a.”; – la deliberazione del consiglio comunale del Comune di Genova, approvata nella seduta del 26 settembre 2019, avente ad oggetto “fusione per incorporazione di A.T.P. Esercizio s.r.l. in A.M.T. s.p.a.”.
Espone: – di essere azienda leader nel settore del trasporto pubblico locale; – che, in forza di affidamenti effettuati senza previo espletamento di procedure ad evidenza pubblica, il servizio di traporto pubblico locale nel bacino metropolitano genovese è stato per lunghi anni gestito: nell’ambito urbano, da A.M.T. s.p.a., società con capitale interamente pubblico, detenuto in misura largamente maggioritaria dal Comune di Genova (94,94%) e da altri enti locali, tra cui la Città Metropolitana di Genova (4,69%); nell’ambito extra-urbano, da A.T.P. Esercizio s.r.l., società con capitale detenuto in via maggioritaria da A.M.T. s.p.a., e dunque anch’essa indirettamente controllata dal Comune di Genova; – che la scadenza dei contratti di servizio con le due società pubbliche, a seguito di proroga disposta ex lege (cfr. la L.R. n. 24/2015), era fissata al 31 dicembre 2017, termine poi prorogato fino al 3 dicembre 2019; – che, con deliberazione n. 20 del 27 settembre 2017, la Città Metropolitana di Genova, titolare delle funzioni di affidamento dei servizi, nel disporre a riguardo della fusione per incorporazione delle società interamente pubbliche A.M.T. s.p.a. ed A.T.P. s.p.a. (quest’ultima, socio di maggioranza di A.T.P. Esercizio s.r.l.), aveva espresso un primo orientamento nel senso di un futuro ipotetico affidamento del servizio di TPL sul bacino metropolitano genovese secondo il modello dell’“in-house providing”; – che tale opzione veniva abbandonata, in quanto l’amministrazione ha poi provveduto ad indire procedura competitiva; – che, in particolare, la Città Metropolitana optava per lo svolgimento di una procedura ad evidenza pubblica, mediante dialogo competitivo, per individuare gli operatori a cui affidare il servizio di TPL nei distinti ambiti di servizio urbano (lotto n. 1) ed extra-urbano (lotto n. 2); – che la relativa procedura, indetta con bando pubblicato in GUUE in data 29 dicembre 2017, è stata gestita dalla Stazione Unica Appaltante della Regione Liguria, per conto della Città Metropolitana; – che Autoguidovie proponeva ricorso dinnanzi a questo Tribunale (R.G. n. 85/2018) per contestare i requisiti di ammissione, in tesi fissati in maniera eccessivamente restrittiva; – che, con riguardo al servizio relativo all’ambito extra-urbano (lotto n. 2), si registrava la partecipazione di 5 operatori, tra cui anche Autoguidovie, in qualità di mandante dell’ATI guidata da Busitalia Sita Nord; – che la Città Metropolitana revocava la gara limitatamente al lotto 1 (ambito urbano), motivando tale scelta con riguardo alla presentazione di due sole manifestazioni di interesse; – che, in data 9 ottobre 2018, la Città Metropolitana pubblicava in GUUE un avviso di pre-informazione relativo all’aggiudicazione in regime di “in house” del servizio di TPL relativo al bacino urbano, oggetto del lotto n. 1, per il quale era stato revocato il dialogo competitivo; – che tali determinazioni venivano gravate con motivi aggiunti sia da Autoguidovie che da Busitalia Sita Nord, la quale in particolare contestava le motivazioni sottese alla scelta di affidare il servizio in ambito urbano secondo lo schema dell’in house providing; – che, con sentenza n. 753 del 7 ottobre 2019 (confermata in appello con sentenza Cons. di St., V, 6.7.2020, n. 4310, n.d.r.), questo Tribunale respingeva il ricorso proposto da Busitalia Sita Nord relativamente alle vicende interessanti l’affidamento del lotto n. 1 ambito urbano; – che, con decreto dirigenziale del 7 giugno 2019, su impulso della Città Metropolitana, la SUAR Regione Liguria revocava la procedura di dialogo competitivo anche in relazione al lotto n. 2, concernente l’ambito extraurbano; – che, in data 26 settembre 2019 (deliberazione C.C. n. 75/2019), il Comune di Genova approvava un progetto di “fusione per incorporazione di A.T.P. Esercizio s.r.l. in A.M.T. s.p.a.”, finalizzata alla futura gestione integrata del trasporto pubblico sul bacino metropolitano genovese (comprensivo del bacino urbano e di quello extraurbano); – che, con deliberazione del consiglio metropolitano n. 25/2019, la Città Metropolitana ha approvato il progetto di fusione per incorporazione tra le due società, nonché “l’individuazione dell’affidamento ad A.M.T. s.p.a.”, ai sensi dell’art. 5, par. II, Regolamento (CE) n. 1370/2007, quale “modalità di affidamento” del servizio di trasporto pubblico in ambito extra-urbano; – che, tuttavia, l’operazione di fusione per incorporazione – che, nella tesi attorea, costituiva la condizione-presupposto per l’affidamento “in-house” del servizio extra-urbano – non si è poi realizzata, in quanto l’assemblea dell’incorporanda A.T.P. Esercizio non ha approvato la relativa operazione; – che, in data 25 ottobre 2019, su sollecitazione del socio A.M.T. s.p.a. (e, quindi, dei suoi soci pubblici), l’assemblea di A.T.P. Esercizio ha approvato un aumento di capitale; – che, nonostante la mancata realizzazione della presupposta operazione di fusione societaria, in data 28 ottobre 2019 è stata pubblicata in GUUE la rettifica all’avviso di pre-informazione, con cui la Città Metropolitana di Genova ha modificato la modalità di affidamento del “servizio di trasporto pubblico locale nell’ambito territoriale di competenza, lotto suburbano”, optando per l’aggiudicazione diretta “in house” in luogo dell’originario affidamento con procedura di gara ad evidenza pubblica.
Svolta una premessa circa la propria legittimazione ed interesse ad agire, Autoguidovie si duole della scelta della Città Metropolitana di affidare “in house” il servizio di TPL in ambito extra-urbano e, a sostegno del gravame, deduce due articolati motivi di ricorso, come segue.
1. Illegittimità dell’affidamento diretto del servizio ad AMT s.p.a., alla luce delle modalità in concreto impiegate e dell’assenza di un idoneo supporto motivazionale – Violazione e falsa applicazione dei principi e della normativa euro-unitaria in materia di servizi di interesse economico generale (SIEG) – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 34, co. 20, D.L. 179/2012, dell’art. 192, co. 2, D.Lgs. 50/2016, nonché degli artt. 4 e 5, D.Lgs. 175/2016 – Violazione e falsa applicazione dei considerando 18, 27, 30 e dell’art. 5, par. I, Regolamento (CE) n. 1370/2007 – Eccesso di potere per violazione delle prescrizioni di cui all’Allegato A alla delibera dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) n. 49/2015, difetto di istruttoria e carenza di motivazione, manifesta illogicità e irragionevolezza, violazione del principio di proporzionalità e sviamento dalla causa tipica.
Sarebbe riduttivo identificare, quali requisiti eurounitari per la legittimità di un affidamento in house (ai quali fa rinvio l’art. 34, comma 20 del D.Lgs. 179/2012), i soli requisiti del controllo analogo e della cd. dedizione prevalente.
Posto infatti che, secondo disposizioni di rango primario, i servizi di interesse economico generale (SIEG) debbono essere garantiti secondo un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, parità di trattamento e promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utente (cfr. art. 14 TFUE e protocollo n. 26), assicurando servizi di elevata qualità, prestati nella maniera più efficiente e con il miglior rapporto costi-benefici (così la Comunicazione della Commissione UE del 21 dicembre 2011, “Una disciplina di qualità per i servizi di interesse generale in Europa”), ne conseguirebbe che, quale che sia la modalità di gestione prescelta, sarebbe comunque sempre necessaria una preliminare comparazione tra le varie modalità di gestione astrattamente disponibili, ed in tal senso andrebbe interpretato l’art. 34, comma 20 del D.Lgs 179/2012, in conformità con il 18° ed il 27° considerando del regolamento CE n. 1370/2007.
La scelta dell’autoproduzione dovrebbe pertanto garantire un livello complessivo di efficienza, accessibilità del servizio, qualità delle prestazioni e convenienza quanto meno analogo a quello reperibile sul mercato: diversamente, cioè ove il servizio fosse svolto in autoproduzione a condizioni più onerose rispetto a quelle di mercato, ovvero senza garantire analoghi livelli di qualità, per un verso verrebbe pregiudicato l’obiettivo di assicurare ai cittadini il miglior servizio possibile in rapporto alle risorse finanziarie disponibili; per altro verso, si finirebbe per sovvenzionare l’inefficienza, sottraendo al mercato interi settori industriali, al solo scopo di mantenere un servizio nell’orbita pubblica.
Anche in ambito nazionale, l’obbligo di valutare la convenienza di ricorrere al modello in-house discenderebbe direttamente dai canoni costituzionali che presiedono all’esercizio dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost. (cita a conforto Cons. di St., V, 16.11.2018, n. 6456), sicché la relazione che deve essere predisposta dall’ente affidante ai sensi dell’art. 34, comma 20 del D.L. n. 179/2012 in caso di affidamento diretto in house non potrebbe limitarsi a dare conto della sussistenza degli autonomi presupposti attinenti al relativo modello societario (“controllo analogo” e “dedizione prevalente”), ma dovrebbe involgere valutazioni, da svolgersi in concreto e caso per caso, circa l’organizzazione del servizio e la praticabilità di scelte alternative (cita a conforto Cons. di St., V, 8.4.2019, n. 2275).
Nel caso di specie, benché nell’ambito della procedura di dialogo competitivo (poi revocata) fossero pervenute manifestazioni di interesse da parte di cinque operatori, in nessun passaggio degli atti impugnati vi sarebbe il benché minimo riferimento ad un’analisi comparativa in merito alla convenienza dell’affidamento diretto rispetto all’esternalizzazione dell’attività.
A ciò si aggiunga che l’art. 5, par. II, del regolamento CE n. 1370/2007, quand’anche interpretato nel senso dell’insussistenza di un onere motivazionale eccedente la mera verifica dei due specifici requisiti propri dell’in house (controllo analogo e dedizione prevalente), troverebbe applicazione soltanto ove il servizio di trasporto di passeggeri venga erogato secondo lo schema della concessione di servizi, e non dell’appalto pubblico.
Il riferimento alla creazione di “sinergie economico-gestionali” connesse all’affidamento dell’intero servizio in ambito metropolitano ad un unico soggetto pubblico, ovvero alla “maggiore facilità a realizzare politiche di integrazione tariffaria” sarebbe generico e non verificabile sotto il profilo economico-finanziario, alla luce della mancata predisposizione di un piano economico simulato.
La carenza di motivazione con riguardo alle ragioni di convenienza che renderebbero preferibile l’affidamento in house sarebbe indice del fatto che la scelta dell’autoproduzione sarebbe stata operata per finalità totalmente sviate rispetto al perseguimento dell’obiettivo di erogare un servizio efficiente e di qualità, come confermato dalla delibera n. 25/2019, che, tra le ragioni a giustificazione della scelta di tale modalità di gestione, ha indicato la necessità di “garantire che il processo di integrazione tra gli attuali bacini G Urbano e TG extraurbano avvenga sotto il controllo e la regia di soggetti interamente pubblici al fine di tutelare il valore investito dagli enti nelle società oggi operanti (AMT ed ATP Esercizio, n.d.r.), la loro continuità aziendale, il livello occupazionale”.
2. Sul requisito del controllo analogo in capo all’amministrazione aggiudicatrice e sulla partecipazione di soggetti privati – Violazione e falsa applicazione dell’art. 16, D. Lgs. 175/2016, dell’art. 5, D. Lgs. 50/2016, nonché dell’art. 5, par. II, Regolamento (CE) n. 1370/2007 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento di presupposti di fatto, carenza di motivazione e sviamento dell’azione amministrativa.
Lo statuto di A.M.T. non sarebbe in grado di garantire il rispetto del requisito del “controllo analogo”, atteso che per un verso la Città Metropolitana, autorità affidante cui è assegnata anche la gestione del relativo contratto di servizio, risulta titolare di una quota del capitale sociale pari ad appena il 4,69%, per altro verso il controllo di A.M.T. sarebbe interamente in mano al Comune di Genova, che possiede oltre il 94% del capitale sociale, ma che non riveste il ruolo né di autorità affidante, né di entità municipale singola nel cui territorio deve espletarsi il servizio.
Si sono costituiti in giudizio la Città Metropolitana di Genova e l’Azienda Mobilità e Trasporti s.p.a., controdeducendo ed instando per la reiezione del ricorso.
Si è costituita in giudizio, ad adiuvandum, A.T.P. Esercizio s.r.l., la quale tuttavia ha successivamente rinunciato alla costituzione.
Con un primo atto di motivi aggiunti, notificato il 6.7.2020 e depositato il 10.7.2020, Autoguidovie ha esteso l’impugnazione: alla delibera del Consiglio della Città Metropolitana di Genova del 20 maggio 2020 n. 18, avente ad oggetto l’”approvazione delle modifiche dello statuto e dei patti parasociali di A.M.T. s.p.a. al fine dell’affidamento in house della concessione del servizio T.P.L. extra urbano (Lotto 2 – Ex Bacino TG)”; alla delibera della Conferenza della Città Metropolitana di Genova del 27 maggio 2020, n. 2, con cui l’Ente ha disposto l’”approvazione delle modifiche allo Statuto della Città Metropolitana”; alla determina dirigenziale 26 maggio 2020 n. 947, con cui la Direzione Territorio e Mobilità della Città Metropolitana di Genova ha approvato la documentazione tecnica descrittiva della progettazione del servizio relativamente all’attività di trasporto del lotto 2 ex Bacino TG.
Lamenta che, nonostante sia fallito il progetto di fusione per incorporazione tra A.M.T. e A.T.P. Esercizio (ciò che avrebbe consentito di dotare A.M.T. dell’esperienza, del personale e dei mezzi per far fronte all’esecuzione del servizio di TPL extraurbano), la Città Metropolitana avrebbe approvato le contestate proposte di modifiche dello statuto e dei patti parasociali di A.M.T. al dichiarato scopo di procedere con l’affidamento diretto del servizio.
Sotto il profilo della legittimazione e dell’interesse al ricorso, premette che Autoguidovie detiene una partecipazione pari al 48,46% in A.T.P. Esercizio s.r.l., e che entrambe le società avevano presentato domanda di partecipazione ed erano state ammesse alla procedura di dialogo competitivo avviata (e poi revocata) dalla Città Metropolitana per l’affidamento del servizio di TPL nel bacino extra-urbano.
A sostegno del gravame aggiuntivo deduce tre motivi di ricorso, come segue (seguendo la numerazione del ricorso introduttivo).
3. Illegittimita` dell’affidamento diretto del servizio ad A.M.T. s.p.a., alla luce delle modalita` in concreto impiegate e dell’assenza di un idoneo supporto motivazionale – distorsione del mercato concorrenziale (1° motivo aggiunto) – Violazione e falsa applicazione dei principi e della normativa euro-unitaria in materia di servizi di interesse economico generale (SIEG) – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 34, co. 20, D.L. 179/2012, Violazione e falsa applicazione del Regolamento (CE) n. 1370/2007 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione, manifesta illogicita` e irragionevolezza, violazione del principio di proporzionalita` e sviamento dalla causa tipica; distorsione del mercato concorrenziale.
Gli atti impugnati con motivi aggiunti, predisponendo le condizioni prodromiche affinché il servizio possa essere materialmente assegnato ad A.M.T., non farebbero altro che aggravare la lesione dei principi euro-unitari e costituzionali già denunciata con il ricorso introduttivo.
La scelta di affidare il servizio in house sarebbe priva di adeguata motivazione circa le ragioni del mancato ricorso – da ritenersi preferenziale – al mercato, ragioni la cui esplicitazione sarebbe obbligatoria, come recentemente confermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 100/2020, con argomenti riferibili anche al settore del trasporto pubblico locale.
Sotto un distinto profilo, lamenta che A.M.T. non ha precedentemente svolto il servizio che la Città Metropolitana pretende di affidarle, e che pertanto mancherebbe totalmente dell’esperienza e delle risorse necessarie, non essendosi neppure qualificata nella procedura di gara per dialogo competitivo indetta (con procedura poi revocata) per l’affidamento di quel servizio.
In ogni caso, i provvedimenti gravati non fornirebbero alcuna analisi della convenienza dell’affidamento, né tantomeno motiverebbero la scelta organizzativa perseguita dalla Città Metropolitana in termini di efficienza e qualità del servizio.
La motivazione sottesa alla scelta di affidare il servizio in house avrebbe dovuto essere tanto più puntuale e specifica anche perché, come denunciato dall’A.G.C.M. in un’indagine conoscitiva sulle condizioni concorrenziali nei mercati del TPL, il ricorso alla gestione in house presenterebbe un rischio elevato e diffuso di “progressivo e inesorabile scadimento dell’offerta e dell’efficienza dei servizi di TPL”.
La motivazione che fa riferimento alle sinergie conseguibili con l’assegnazione del servizio ad A.M.T. per entrambi gli ambiti nei quali è articolato il territorio di Genova (urbano e metropolitano/extraurbano) contrasterebbe inoltre con la necessità, pro-concorrenziale, di suddividere l’ambito territoriale in più lotti, finendo per concentrare un intero “mercato rilevante” nelle mani di un unico operatore.
4. Difetto del controllo analogo in capo alla Città Metropolitana; illegittimità dello statuto di A.M.T. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 16, D. Lgs. 175/2016, dell’art. 5, D. Lgs. 50/2016, nonché dell’art. 5, par. II, Regolamento (CE) n. 1370/2007 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento di presupposti di fatto, carenza di motivazione e sviamento dell’azione amministrativa.
Le modifiche ipotizzate allo statuto di A.M.T. e i relativi patti parasociali non configurerebbero alcun controllo analogo in capo alla Città Metropolitana, controllo che spetterebbe semmai al comune di Genova, che tuttavia non è competente ad affidare il servizio di TPL, né a gestire il relativo contratto.
Né, con riferimento all’ambito extraurbano, potrebbe concludersi che la Città Metropolitana agisca come mandataria di un gruppo di autorità locali, non sussistendo nel caso di specie alcuna forma di aggregazione tra gli enti.
5. Illegittimità dello statuto di A.M.T., nella parte in cui ammette la partecipazione di “soci non affidanti” – Violazione dell’art. 4 d.lgs. 175/2016 (c.d. testo unico società partecipate).
Posto che gli altri enti locali titolari di quote del capitale di A.M.T. non appaiono qualificabili come “soggetti affidanti” (tale essendo, ai sensi dell’art. 7 comma 1 lett. c della L.R. Liguria n. 33/2013, soltanto la Città Metropolitana), spettando loro soltanto funzioni di organizzazione del servizio, le relative partecipazioni non troverebbero alcuna giustificazione, confliggendo con il divieto posto dall’art. 4 del D. Lgs. 175/2016.
6. Violazione dell’art. 14, nonché 21 e ss., L.R. Liguria 33/2013; violazione dell’art. 16 del contratto di servizio, recepito nella delibera del commissario straordinario della Provincia di Genova del 30 giugno 2014, n. 24; difetto di motivazione e sviamento di potere in sede di approvazione della “documentazione tecnica descrittiva della progettazione del servizio”.
Premesso che, in sede di avvicendamento nel servizio di TPL, deve essere garantito al gestore subentrante il trasferimento della disponibilità dei beni essenziali ed indispensabili per espletare il servizio (cfr. l’art. 14 comma 5 L.R. n. 33/2013), la Città Metropolitana, nell’approvare il documento di “individuazione e valorizzazione dei beni strumentali funzionali all’esercizio dell’attività di trasporto” nella disponibilità del gestore uscente (A.T.P. Esercizio s.r.l.), avrebbe estromesso dal trasferimento una molteplicità di mezzi pure adibiti al servizio di trasporto pubblico locale (sulla base dell’età dell’autobus, della tipologia di servizio per il quale il bene viene impiegato, della classe di emissione del mezzo, etc.), in violazione del vincolo di destinazione sugli stessi gravante, con la finalità – in tesi, sviata – di alleggerire gli oneri gravanti su A.M.T. a tutto danno di A.T.P. Esercizio.
Con un secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 22.7.2020 e depositato lo stesso giorno, Autoguidovie s.p.a. ha infine esteso l’impugnazione all’atto dirigenziale n. 1169 del 26 giugno 2020, con cui la Città Metropolitana di Genova ha disposto l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale in ambito del lotto 2 ex bacino “TG” in regime di in house providing ad A.M.T. s.p.a., per un periodo di 10 anni prorogabile di ulteriori 5 anni e con effetto dal 1° novembre 2020.
Lamenta che dal contestato affidamento deriverebbe l’effetto irreversibile dell’immediata “spoliazione” dell’attuale gestore del servizio in ambito extraurbano A.T.P. Esercizio, società di cui Autoguidovie detiene il 48,46% del capitale sociale.
Pur dando atto che questo Tribunale (con la sentenza n. 753/2019) ed il Consiglio di Stato (con la sentenza n. 4310/2020) hanno escluso profili di illegittimità nell’affidamento diretto ad A.M.T. s.p.a. dei servizi urbani di Genova, nondimeno sostiene che l’odierna vicenda presenti elementi fattuali e giuridici che la differenziano in modo decisivo, vertendo sulla legittimità di un affidamento in house del servizio a condizioni economico-finanziarie in tesi manifestamente insostenibili e completamente avulse, quanto a obblighi prestazionali e rischio di impresa, dallo schema tipico del contratto di servizio, con effetti negativi sull’erario, sul mercato e sull’utenza (A.M.T. s.p.a., nel primo anno di gestione in house del servizio urbano di Genova, avrebbe sostanzialmente raddoppiato il proprio indebitamento nei confronti delle banche e dei fornitori).
A sostegno dell’impugnazione aggiuntiva deduce quattro ulteriori motivi di ricorso, come segue (seguendo la numerazione precedente).
7. Invalidità derivata.
I provvedimenti da ultimo gravati, essendo elementi di una medesima vicenda procedimentale, sarebbero innanzitutto illegittimi nella misura in cui costituiscono derivato di quelli gravati con il riscorso introduttivo e con i primi motivi aggiunti.
8. Insostenibilità dell’affidamento – violazione dei principi di efficienza, efficacia ed economicità (art. 97 Cost.) – violazione del reg. CE 1370/2007, dell’art. 107 del TFUE e del principio di concorrenza – violazione del D. Lgs. 175/2016 – violazione della delibera A.R.T. 49/2015 – violazione degli artt. 27 e 48 D.L. 50/2017 – eccesso di potere per travisamento dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione.
A prescindere dal carattere equiparato o residuale della scelta di ricorrere all’in house, le valutazioni che inducono un ente ad affidare un servizio pubblico ad una propria articolazione societaria non possono comunque prescindere da un’adeguata verifica in ordine all’efficienza ed all’economicità della relativa operazione, nonché da un’adeguata identificazione delle relative condizioni prestazionali, condizioni – entrambe – che difetterebbero nel caso di specie.
In particolare: per un verso il regolamento CE n. 1370/2007 non ammetterebbe – pena la violazione dell’art. 107 del TFUE in tema di aiuti di stato – che l’amministrazione possa riconoscere all’operatore economico incaricato del servizio di trasporto pubblico misure economiche integrative per ripianare perdite che una gestione efficiente avrebbe evitato; per altro verso, l’art. 14, comma 5, primo periodo, del D. Lgs n. 175/2016 (testo unico delle società partecipate) preclude alle amministrazioni di intervenire, prestando soccorso finanziario, nei confronti degli organismi societari che “abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali”.
Nel caso di specie, l’affidamento: – si basa su un piano economico-finanziario che, oltre a risultare carente e lacunoso, certificherebbe addirittura l’insostenibilità della gestione; – “ratifica” costi di servizio manifestamente antieconomici, premiando una gestione inefficiente del servizio; – recepisce una proposta che non definisce neppure i livelli di servizio, dato che ogni impegno di A.M.T. è assunto in termini generici e, comunque, subordinatamente a molteplici condizioni.
In particolare, nella valutazione sulla convenienza dell’affidamento in house sarebbe mancata la necessaria comparazione tra l’offerta economica della società in house e quella del soggetto privato gestore uscente del servizio (A.T.P. Esercizio).
9. Illegittimità dell’affidamento sotto diverso profilo – violazione dei principi di efficienza, efficacia ed economicità (art. 97 Cost.) – violazione del reg. CE n. 1370/2007, dell’art. 107 del TFUE e del principio di concorrenza – violazione dell’art. 3 lett. vv. D. Lgs. 50/2016 – violazione degli artt. 18 e 19 del D.Lgs. 422/97 – violazione della delibera A.R.T. n. 49/2015 – violazione dell’art. 48 D.L. 50/2017 – sviamento – eccesso di potere per travisamento dei presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione.
L’affidamento in questione sarebbe stato disposto senza la definizione degli obblighi di servizio e/o degli standard qualitativi da rispettare, e pertanto, in definitiva, senza trasferimento del rischio, con conseguente nullità del contratto di servizio ex art. 19, comma 2, del D. Lgs 422/97.
Inoltre, nella proposta di A.M.T. ogni impegno (p.e., quanto agli investimenti) sarebbe condizionato al riconoscimento di risorse pubbliche aggiuntive rispetto al corrispettivo e, in buona parte, neppure nella disponibilità dell’ente affidante.
10. Ancora sul difetto del controllo analogo in capo a Città Metropolitana – violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del D.Lgs. n. 175/2016; dell’art. 5 del D.Lgs. n. 50/2016, dell’art. 5 par. II del regolamento (CE) n. 1370/2007 – travisamento dei presupposti – difetto d’istruttoria.
Ribadisce la mancanza, in capo alla Città Metropolitana, di un proprio controllo analogo su A.M.T..
Nella memoria conclusionale depositata in data 7.9.2020 la difesa di A.M.T. s.p.a. ha eccepito l’inammissibilità del ricorso introduttivo e dei successivi motivi aggiunti per carenza di legittimazione e/o di interesse, sotto il profilo che, in virtù della consistente quota (48,46%) di partecipazione al capitale di A.T.P. Esercizio (attuale gestore del servizio di t.p.l. per il bacino extraurbano genovese), oltretutto acquisita in esito a trattativa diretta e senza gara, Autoguidovie non potrebbe svolgere un ruolo operativo (cita a conforto la deliberazione ANAC n. 28.6.2017, n. 677).
All’udienza pubblica del 23 settembre 2020 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.
Occorre preliminarmente affrontare l’eccezione di inammissibilità da ultimo sollevata dalla difesa di A.M.T..
L’eccezione è infondata.
Autoguidovie è infatti un operatore del settore, come tale sicuramente legittimato ed interessato a contestare affidamenti diretti a terzi del servizio di trasporto pubblico locale.
La circostanza che Autoguidovie abbia conseguito la partecipazione in A.T.P. Esercizio – all’epoca affidataria diretta del servizio TPL nel territorio della ex Provincia di Genova – senza una preventiva procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato, le preclude(va) soltanto lo svolgimento di un ruolo industriale/operativo nell’ambito di quell’affidamento (così la delibera ANAC n. 677/2017 – doc. 1 delle produzioni 1.9.2020 di A.M.T.), ma non certo la partecipazione ad un futura gara per il nuovo affidamento del servizio e – men che meno – la possibilità di agire in giudizio per contestare l’affidamento diretto del servizio senza gara.
Venendo al merito della controversia, occorre preliminarmente individuare, nell’ampia congerie degli atti impugnati e dei motivi di ricorso, le questioni di diritto da affrontare.
In sostanza, al netto della prolissità degli atti, delle frequenti ripetizioni e della commistione delle censure proposte sia nell’esposizione in fatto (in violazione del divieto di motivi cosiddetti “intrusi” – cfr. Cons. di St., V, 2.12.2015, n. 5459) che nell’ambito di ciascun mezzo di gravame propriamente dedotto nella parte in diritto, la società ricorrente si duole dell’affidamento diretto del servizio di TPL in ambito extraurbano ad A.M.T. s.p.a., contestando: 1) l’assenza di un’istruttoria e di un adeguato supporto motivazionale circa le ragioni del mancato ricorso al mercato (motivi nn. 1, 3 e 7); 2) l’insussistenza, in capo alla Città Metropolitana, del requisito del controllo analogo su A.M.T. s.p.a. (motivi nn. 2, 4, 5, 7 e 10); 3) l’intrinseca non economicità e convenienza, in termini di efficienza e qualità del servizio, del piano economico finanziario presentato da A.M.T., del piano di gestione e dello schema di contratto di servizio (motivi nn. 3, 6, 7, 8 e 9).
Conviene dunque affrontare partitamente le tre questioni.
1. Con riguardo alla prima, è sufficiente richiamare le considerazioni contenute nella recente sentenza 6.7.2020, n. 4310, con cui la sezione V del Consiglio di Stato, nel confermare la sentenza di questa sezione n. 753/2019 relativa all’affidamento in house, da parte della Città Metropolitana di Genova, del servizio di trasporto pubblico locale per il lotto n. 1 concernente l’ambito urbano, ha chiarito: – che, come si desume dall’art. 5 comma 2 del regolamento CE n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007 e dall’art. 18, lett. a) del codice dei contratti pubblici (che esclude dal proprio campo di applicazione le concessioni di servizi di trasporto pubblico di passeggeri ai sensi del regolamento CE n. 1370/2007), nel settore del trasporto pubblico locale l’in house providing è una modalità affatto ordinaria di affidamento dei relativi servizi, “perfettamente alternativa al ricorso al mercato” (§ 12); – che la disciplina ora richiamata impedisce di applicare la regola prevista dall’art. 192, comma 2, del codice dei contratti pubblici, incentrata sulla comparazione tra gli opposti modelli di gestione dell’in house providing e del ricorso al mercato, posto che, per il servizio di trasporto pubblico locale, non è invece previsto un rapporto di regola ed eccezione, cosicché difettano le basi logico-giuridiche della pretesa comparazione (§ 13); – che in questo senso si pone anche la giurisprudenza della Corte di giustizia (vedi la sentenza della Sez. X, 24 ottobre 2019, in causa C-515/18), secondo cui il regolamento n. 1370 del 2007 deve essere interpretato nel senso che le autorità nazionali competenti che intendano procedere all’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio di trasporto pubblico locale non sono tenute a pubblicare o comunicare agli operatori economici potenzialmente interessati tutte le informazioni necessarie affinché essi siano in grado di predisporre un’offerta sufficientemente dettagliata e idonea a costituire oggetto di una valutazione comparativa e, dall’altro, a svolgere una valutazione comparativa tra tali offerte (§ 14); – che la regola è confermata a livello nazionale dall’art. 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (recante disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), secondo cui “anche in deroga alla disciplina di settore” le amministrazioni competenti all’aggiudicazione di contratti di servizio di trasporto pubblico locale “possono avvalersi delle previsioni” di cui al citato art. 5, comma 2, del regolamento n. 1370 del 2007; – che a ciò si è aggiunto lo ius singulare consistente in un primo tempo nella legislazione di carattere emergenziale emanata all’indomani del crollo del ponte Morandi (art. 5, comma 4, del D.L. 28 settembre 2018, n. 109, convertito con modificazioni dalla legge 16 novembre 2018, n. 130), nell’ambito della quale per il trasporto pubblico nel comune di Genova è stata legittimata la scelta dell’in house providing senza la perdita dei trasferimenti statali inizialmente prevista dall’art. 27, comma 2, lett. d) del D.L. n. 50 del 2017, attraverso il differimento di quest’ultima disposizione dal 30 settembre 2017 al 31 dicembre 2019, e, in un secondo tempo e con riferimento all’intero territorio nazionale, nell’ulteriore previsione normativa (cfr. l’art. 21-bis del D.L. 3 ottobre 2018, n. 119) legittimante in termini generali il modello dell’in house providing per i servizi di trasporto pubblico locale, stante l’espressa non applicabilità della riduzione dei trasferimenti statali ai contratti di servizio “affidati in conformità alle disposizioni, anche transitorie, di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007” (§ 15).
Si tratta di argomentazioni che al collegio paiono risolutive nel senso di escludere che la scelta dell’affidamento in house dei servizi di TPL debba essere necessariamente accompagnata da uno specifico supporto motivazionale circa le ragioni del mancato ricorso al mercato.
Né – a dispetto di quanto mostra di ritenere la ricorrente – appaiono conferenti le considerazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale 27.5.2020, n. 100, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale (sollevata dalla Sezione) dell’art. 192, c. 2, del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella parte in cui prevede che le stazioni appaltanti diano conto, nella motivazione del provvedimento di affidamento in house, delle ragioni del mancato ricorso al mercato.
Come chiarito sopra, si tratta infatti di una disposizione (l’art. 192, c. 2, del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50) che, in forza dell’art. 18, lett. a) del codice dei contratti pubblici, non è applicabile al caso di specie, sicché appare inconferente anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato impropriamente citata dalla ricorrente (cfr. le sentenze Cons. di St., V, 16.11.2018, n. 6456 e id., 8.4.2019, n. 2275), in quanto riguardante fattispecie di affidamento del servizio di igiene urbana, che invece ricade nel capo di applicazione dell’invocato art. 192, c. 2 D. Lgs. n. 50/2016.
Né può sostenersi che la scelta dell’autoproduzione sia stata operata per finalità sviate rispetto al perseguimento dell’obiettivo di erogare un servizio efficiente.
Giova premettere come, nel ricorrere dei relativi presupposti, la decisione di un ente di avvalersi dell’affidamento diretto in house per la gestione dei servizi pubblici locali costituisca il frutto di una scelta ampiamente discrezionale, che, se adeguatamente motivata, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, irragionevolezza, irrazionalità ed arbitrarietà, ovvero non sia fondata su di un macroscopico travisamento dei fatti (cfr. Cons. di St., V, 22.1.2015, n. 257; T.A.R. Liguria, II, 8.2.2016, n. 120).
Nel caso di specie, osserva il collegio come l’in house providing fosse stato sin dall’origine individuato dalla Città Metropolitana di Genova come modello di gestione del servizio di trasporto pubblico locale “più confacente al soddisfacimento del pubblico interesse” per l’intero bacino metropolitano genovese, anche in considerazione del necessario processo di integrazione tra i due bacini urbano ed extraurbano (in quanto facenti parte, ex art. 9 L.R. n. 33/2013, di un unico ambito territoriale omogeneo – cfr. la deliberazione del consiglio metropolitano di Genova 27.9.2017, n. 20, doc. n. 5 delle produzioni 18.11.2019 di Autoguidovie), e come la successiva indizione di una procedura ad evidenza pubblica nella forma del dialogo competitivo fosse stata necessitata dal quadro di incertezza normativa circa la copertura finanziaria del servizio al 31.12.2017, sia per il mancato raggiungimento tra le amministrazioni interessate dell’accordo di programma previsto dalla legislazione regionale di settore (cfr. l’art. 12 della L.R. n. 33/2013), sia per la riduzione, poi venuta meno, dei trasferimenti statali prevista dall’art. 27, comma 2, lett. d), del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (sul carattere oggettivo di tali evenienze, tali da escludere lo sviamento, cfr. Cons. di St., n. 4310/2020 cit., § 6 e ss., con espresso riferimento all’affidamento del lotto urbano, ma con considerazioni che valgono anche per quello extraurbano).
Chiaritosi infine il quadro normativo e finanziario, tale scelta iniziale venne infatti specificamente confermata dalla Città metropolitana, sul rilievo che, “indipendentemente dal mancato buon esito dell’operazione societaria di cui al punto precedente” (trattasi dell’operazione societaria di fusione per incorporazione di A.T.P. Esercizio in A.M.T. s.p.a., n.d.r.), essa meglio potesse soddisfare le esigenze prioritarie del territorio di riferimento, in quanto volta a: 1) soddisfare i servizi a domanda debole; 2) tutelare le zone montane e interne maggiormente disagiate; 3) soddisfare la rilevante richiesta di mobilità verso il capoluogo di Genova (cfr. la deliberazione del consiglio metropolitano 20.5.2020, n. 18, doc. 18 delle produzioni 10.7.2020 di Autoguidovie, pp. 5/12 e 7/12), in ragione della peculiare conformazione “a pettine” della rete di trasporto extraurbana, composta da linee costiere a carattere prevalentemente “urbano” a levante e da lunghe linee di penetrazione nell’entroterra a domanda debole, non comunicanti tra loro per la conformazione orografica del territorio, e della più immediata capacità di risposta di un ente in house nell’assecondare le peculiari esigenze del territorio (così anche la relazione ex art. 34, comma 20 del D.L. n. 179/2012, § 3.2 – doc. 18 delle produzioni 1.9.2020 della Città metropolitana).
Orbene, si tratta di motivazioni congrue, che sfuggono a rilievi di macroscopico travisamento dei fatti e/o di palese irragionevolezza od arbitrarietà, non essendo contestabili né la particolare conformazione del territorio metropolitano e della rete, né che, anche soltanto da un punto di vista astratto, la gestione del servizio in autoproduzione consenta maggiori margini di flessibilità ed immediatezza nel rispondere alle esigenze dell’amministrazione delegante.
E ciò, viepiù, alla luce sia dell’esigenza di necessaria integrazione del servizio nei due bacini urbano ed extraurbano, facenti parte dell’unico ambito territoriale omogeneo (il bacino urbano era infatti stato già affidato in house ad A.M.T. s.p.a., con atti che avevano superato positivamente il vaglio giurisdizionale – cfr. la sentenza T.A.R. Liguria, II, n. 753/2019), sia delle contingenze trasportistiche conseguenti alla “emergenza sanitaria connessa alla pandemia in atto, la quale ultima ha e avrà notevoli ripercussioni sulle gestione del servizio, richiedendo una continua riprogrammazione dei servizi, un continuo adeguamento del servizio a elevati livelli di sicurezza sanitaria in un contesto caratterizzato, tra l’altro, da una rilevante criticità economico finanziaria del settore dovuta alla contrazione dei ricavi” (così la deliberazione del consiglio metropolitano n. 18/2020, doc. 12 delle produzioni 1.9.2020 della Città Metropolitana).
2. Ciò posto, può affrontarsi la seconda questione, concernente la dedotta mancanza del requisito del controllo analogo.
Come già chiarito dalla sezione (cfr. le sentenze 7.10.2019, n. 753 e 17.7.2020, n. 500, la prima delle quali confermata dal Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 6.7.2020, n. 4310) in relazione all’affidamento del servizio per il lotto urbano, la motivazione circa le ragioni della forma di affidamento prescelta si esaurisce nel dare conto della sussistenza dei requisiti previsti a tal fine dall’ordinamento europeo.
Nel caso di specie, trova infatti diretta applicazione – ex art. 288 paragrafo 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (“Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri”) – il regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio 23.10.2007, n. 1370/2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, il quale, all’art. 5.2, prevede quanto segue: “a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti a livello locale, si tratti o meno di un’autorità singola o di un gruppo di autorità che forniscono servizi integrati di trasporto pubblico di passeggeri, hanno facoltà di fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri o di procedere all’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico a un soggetto giuridicamente distinto su cui l’autorità competente a livello locale, o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi. […] Se un’autorità competente a livello locale adotta una tale decisione, si applicano le disposizioni seguenti: a) al fine di determinare se l’autorità competente a livello locale esercita tale controllo, sono presi in considerazione elementi come il livello della sua rappresentanza in seno agli organi di amministrazione, di direzione o vigilanza, le relative disposizioni negli statuti, l’assetto proprietario, l’influenza e il controllo effettivi sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni di gestione. Conformemente al diritto comunitario, la proprietà al 100% da parte dell’autorità pubblica competente, in particolare in caso di partenariato pubblico-privato, non è un requisito obbligatorio per stabilire il controllo ai sensi del presente paragrafo, a condizione che vi sia un’influenza pubblica dominante e che il controllo possa essere stabilito in base ad altri criteri; b) il presente paragrafo si applica a condizione che l’operatore interno e qualsiasi soggetto sul quale detto operatore eserciti un’influenza anche minima esercitino le loro attività di trasporto pubblico di passeggeri all’interno del territorio dell’autorità competente a livello locale, pur con eventuali linee in uscita o altri elementi secondari di tali attività che entrano nel territorio di autorità competenti a livello locale vicine, e non partecipino a procedure di gara per la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri organizzate fuori del territorio dell’autorità competente a livello locale”.
Orbene, in virtù della legislazione regionale (artt. 7 e 9 della L.R. Liguria 7.11.2013, n. 33), alla Città Metropolitana di Genova spetta, quale ente di governo dell’ambito territoriale ottimale, la competenza ad espletare “le procedure per l’affidamento dei servizi di trasporto previste dalla normativa comunitaria e statale” nell’ambito territoriale di competenza: essa è dunque l’autorità competente a livello locale, che opera come il rappresentante/mandatario di un vero e proprio “gruppo di autorità” ex art. 5.2 del regolamento CE n. 1370/2007 (cfr., in questo senso, anche Cons. di St., n. 4310/2020 cit.).
Occorre peraltro considerare che, ai sensi dell’art. 9 lett. b) della L.R. n. 33/2013, l’ambito territoriale ottimale e omogeneo per l’esercizio dei servizi di trasporto terrestre coincide con “l’intero” territorio della Città Metropolitana, territorio il cui centro di gravità è costituito dal capoluogo di Genova.
Ne consegue che, in caso di affidamento diretto del servizio TPL in house providing da parte dell’ente di governo dell’ATO, anche la verifica circa la sussistenza del requisito del controllo analogo dev’essere effettuata sulla dimensione dell’intero ambito territoriale ottimale (che è considerato dal legislatore regionale come un’entità caratterizzata da esigenze omogenee, da coordinare in modo unitario) e rispetto a tutte e ciascuna delle autorità locali rappresentative del territorio, piuttosto che del singolo lotto di affidamento in contestazione, la cui dimensione rileva soltanto in caso di affidamento mediante gara, al (diverso) fine di garantire la più ampia partecipazione e di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese (cfr. gli artt. 51 D. Lgs. n. 50/2016 14 comma 4 L.R. 33/2013).
In sostanza, benché nel caso di specie si contenda del lotto concernente il solo bacino extraurbano, la circostanza che la Città Metropolitana, quale autorità competente a livello locale, organizzi e gestisca le procedure di affidamento dei servizi di trasporto a livello di ambito territoriale ottimale impone di considerare (in tal senso vedi l’inciso “o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse”) che tra il gruppo di autorità rappresentate vi è il Comune di Genova, la cui situazione di controllo analogo su A.M.T. è pacifica, non essendo contestata neppure dall’odierna ricorrente.
Del resto, anche l’altro requisito della dedizione prevalente è specificamente declinato l’art. 5 comma 2 lettera b) del regolamento CE n. 1370/2007 sulla dimensione dell’intero A.T.O., posto che esso chiarisce che le disposizioni sull’aggiudicazione in house del servizio di TPL si applicano a condizione che l’operatore interno e qualsiasi soggetto sul quale detto operatore eserciti un’influenza anche minima esercitino le loro attività di trasporto pubblico di passeggeri “all’interno del territorio dell’autorità competente a livello locale”: e cioè, nel caso di specie, all’interno dell’ATO e del territorio della Città Metropolitana di Genova (autorità competente a livello locale), piuttosto che del singolo lotto da affidare.
Ciò che risponde perfettamente anche alla ratio istitutiva degli ambiti territoriali omogenei, che consiste proprio nel superamento della frammentazione della gestione dei servizi di trasporto attraverso la promozione di processi di concentrazione orizzontale a dimensione almeno provinciale (metropolitana o di area vasta).
Donde l’infondatezza della censura, posto che una – la più importante, in termini di territorio e popolazione – delle autorità (il Comune di Genova) in nome e per conto delle quali agisce l’autorità competente a livello locale (la Città Metropolitana) esercita certamente su A.M.T. un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi.
3. Quanto alla terza questione, tutti i motivi variamente dedotti circa l’intrinseca non economicità e convenienza, in termini di efficienza e qualità del servizio, del piano economico finanziario presentato da A.M.T., del piano di gestione e dello schema di contratto di servizio (motivi nn. 3, 6, 7, 8 e 9) sono inammissibili per difetto di legittimazione e di interesse.
Una volta chiarito che, nel settore del trasporto pubblico locale, la scelta del modello in house non dev’essere specificamente supportata da un’istruttoria ed una motivazione che diano specificamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato (questione n. 1), e che, nel caso di specie, ricorrono i due presupposti normativi (controllo analogo e dedizione prevalente) di cui all’art. 5 comma 2 lettera b) del regolamento CE n. 1370/2007 per l’affidamento diretto del servizio (questione n. 2), non resta che concludere come la legittimazione e l’interesse processuale di un operatore del settore si esauriscano nella possibilità di contestare la scelta dell’affidamento diretto in luogo della gara ad evidenza pubblica, sotto il profilo della mancanza delle condizioni di legittimità al ricorrere delle quali tale scelta è condizionata: contestazione che, ove fondata, comporta anche la completa soddisfazione dell’interesse processuale, mediante la dichiarazione di inefficacia del contratto (cfr. T.A.R. Liguria, II, 6.5.2020, n. 278; T.A.R. Lombardia, III, 3.10.2016, n. 1781).
Pare invece al collegio che laddove, a monte, tale scelta sia stata effettuata – come nel caso di specie – nel rispetto dei parametri cui all’art. 5 comma 2 lettera b) del regolamento CE n. 1370/2007, un operatore del settore non sia legittimato a contestare, a valle, anche la sostenibilità finanziaria o, peggio, l’opportunità e/o la convenienza economica delle condizioni contrattuali alle quali è concretamente affidato il servizio, cioè scelte che rientrano propriamente nell’ambito del merito amministrativo.
Giova in proposito richiamare ancora la recente pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione Europea, Sez. X, 24.10.2019, n. 515/18, la quale, nel pronunciarsi su una domanda pregiudiziale vertente sull’interpretazione dell’articolo 7, paragrafi 2 e 4, del regolamento (CE) n. 1370/2007, ha stabilito che la disposizione deve essere interpretata “nel senso che le autorità nazionali competenti che intendano procedere all’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri per ferrovia non sono tenute, da un lato, a pubblicare o comunicare agli operatori economici potenzialmente interessati tutte le informazioni necessarie affinché essi siano in grado di predisporre un’offerta sufficientemente dettagliata e idonea a costituire oggetto di una valutazione comparativa e, dall’altro, ad effettuare una siffatta valutazione comparativa di tutte le offerte eventualmente ricevute in seguito alla pubblicazione di tali informazioni”.
Nella motivazione della sentenza (le cui considerazioni, ancorché svolte con riguardo al trasporto ferroviario, sono pacificamente estensibili al trasporto su strada, anch’esso contraddistinto da una limitata apertura al mercato, e, pertanto, accomunato al primo dal regolamento n. 1370 del 2007, cfr., sul punto, Cons. di St., V, n. 4310/2020 cit, § 14), la C.G.U.E. ha chiarito: – che l’aggiudicazione diretta esclude qualsiasi previa procedura di gara (§ 29); – che “qualora le disposizioni dell’articolo 7, paragrafi 2 e 4, del regolamento n. 1370/2007 dovessero essere intese nel senso che istituiscono un regime di pubblicità sostanzialmente analogo a quello che caratterizza la procedura di gara e che esse richiedono una valutazione comparativa delle offerte eventualmente ricevute, una siffatta interpretazione porterebbe ad assimilare la procedura di aggiudicazione diretta alla procedura di gara e non terrebbe conto quindi delle importanti differenze che il regolamento n. 1370/2007 prevede riguardo ad esse” (§ 30); – che, “occorre ricordare, come enunciato al considerando 25 del regolamento n. 1370/2007, che tale regolamento si prefigge di definire un quadro giuridico per le compensazioni e/o i diritti di esclusiva per i contratti di servizio pubblico e non di realizzare un’ulteriore apertura del mercato dei servizi ferroviari” (§ 31); – che “ne consegue che le informazioni pubblicate ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1370/2007 devono consentire a un operatore economico di contestare, a partire dal momento indicato in tale disposizione, il principio stesso dell’aggiudicazione diretta prevista dall’autorità competente”, e che, sebbene occorra garantire l’effettività di un siffatto diritto di contestazione, “nondimeno una contestazione relativa al principio stesso dell’aggiudicazione diretta del contratto di servizio pubblico può essere proficuamente proposta da un operatore economico senza che l’autorità competente sia previamente obbligata a pubblicare o a comunicare agli operatori economici interessati tutte le informazioni necessarie affinché essi possano presentare un’offerta seria e ragionevole” (§ 33).
Se dunque l’aggiudicazione diretta ai sensi del regolamento n. 1370/2007 esclude logicamente una procedura di gara ed una valutazione comparativa delle offerte, ne segue che non sussiste in capo all’operatore del settore una posizione giuridica che lo legittimi a contestare anche la congruità economica dell’offerta del soggetto in house e le condizioni contrattuali del relativo affidamento: tanto ciò è vero che l’ordinamento giuridico riconosce tale posizione come meritevole di tutela soltanto in capo all’operatore che abbia partecipato ad una gara (cfr. l’art. 97 del D. Lgs. n. 50/2016 sul sub-procedimento di verifica di congruità e sostenibilità dell’offerta risultata aggiudicataria).
Del resto, poiché l’affidamento in house si risolve in un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di “delegazione interorganica” (così Cons. di St., Ad. Plen., 3.3.2008, n. 1, § 8), è evidente come sia logicamente estraneo all’istituto ogni rilievo volto a censurare l’omessa “traslazione” economica del rischio operativo di impresa, cioè un profilo che è proprio della causa dei soli contratti di appalto (art. 1655 cod. civ.) o di concessione (art. 3 lett. vv del D. Lgs. n. 50/2016) da stipularsi – necessariamente, in esito a gara – con soggetti distinti dall’amministrazione affidante anche sul piano sostanziale, oltre che giuridico (diversamente dal soggetto in house, che costituisce la longa manus dell’amministrazione affidante).
In tal senso, il rischio di possibili “sovracompensazioni” denunciato dalla ricorrente, se può rilevare in termini di inefficiente utilizzo delle risorse pubbliche – cioè in termini di scelta non conveniente od inopportuna sul piano del merito amministrativo, insuscettibile di sindacato in sede di giurisdizione generale di legittimità – non appare però idoneo per ciò solo a ledere le posizioni giuridiche della ricorrente sul mercato, stanti le limitazioni alla facoltà di autoproduzione dei servizi extra moenia poste dalla pertinente disciplina comunitaria.
Difatti, ai sensi dell’art. 5.2 lett b del regolamento CE n. 1370/2007, “il presente paragrafo [sull’aggiudicazione in house del servizio di trasporto di passeggeri, n.d.r.] si applica a condizione che l’operatore interno e qualsiasi soggetto sul quale detto operatore eserciti un’influenza anche minima esercitino le loro attività di trasporto pubblico di passeggeri all’interno del territorio dell’autorità competente a livello locale, pur con eventuali linee in uscita o altri elementi secondari di tali attività che entrano nel territorio di autorità competenti a livello locale vicine, e non partecipino a procedure di gara per la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri organizzate fuori del territorio dell’autorità competente a livello locale”.
Si tratta, come è evidente, di limitazioni che non operano sul piano della legittimità della scelta del modello organizzativo (ciò che costituisce l’odierno thema decidendum), bensì su quello della capacità, da parte dell’affidatario in house e delle sue partecipate, di svolgere “altri” servizi nel mercato, partecipando a procedure di gara per la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri al di fuori del territorio dell’autorità affidante.
Del resto, il difetto di legittimazione di Autoguidovie si apprezza viepiù ove si consideri che, a sostegno delle censure sulla sostenibilità e convenienza economica dell’offerta di A.M.T., essa invoca sia i diritti dell’utenza ad un servizio efficiente, sia il diritto del gestore uscente A.T.P. Esercizio, da essa partecipata al 48,46%, all’integrità del proprio patrimonio aziendale, cioè situazioni giuridiche di cui non è comunque titolare in proprio (art. 81 c.p.c.).
Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
rigetta il ricorso introduttivo ed i ricorsi per motivi aggiunti.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in favore della Città Metropolitana di Genova e di A.M.T. s.p.a. in € 6.000,00 (seimila) ciascuno, oltre spese generali, IVA e CPA se dovute.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Paolo Peruggia, Presidente FF
Angelo Vitali, Consigliere, Estensore
Alessandro Enrico Basilico, Referendario
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’ESTENSORE
 
IL PRESIDENTE
Angelo Vitali
 
Paolo Peruggia
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL SEGRETARIO
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