26/11/2020 – Più che una burocrazia “difensiva” è una politica “difensiva” a non voler rimediare ai problemi della PA

Un articolo, quello di Gian Antonio Stella su Il Corriere della Sera del 25.11.2020, titolato “Vecchia, immobile e «difensiva» Perché riformare subito la burocrazia” che è un classico, come il sermone in chiesa o i biscottini col tè. 

Ai giornali e ai media in generale piace moltissimo parlare della “burocrazia”: l’argomento è caldo e attira l’attenzione. Quindi, un giorno sì e l’indomani pure, a rotazione contengono delle pensose analisi sulla “burocrazia”. Le cui valutazioni sono di solito la scoperta dell’acqua calda: 

1.              non c’è una propensione all’innovazione 

2.              la PA troppo incentrata al rispetto formale dei processi invece che al raggiungimento sostanziale di risultati 

3.              la spesa in formazione del personale è troppo bassa 

4.              il personale è troppo anziano (età media ormai vicina ai 55 anni) 

5.              si reclutano giuristi dove servirebbero architetti o sociologi 

6.              vanno indicate chiare missioni strategiche 

7.              occorre investire su  

a)     una nuova, diffusa ed efficace formazione, 

b)     la creazione di percorsi di crescita professionale 

c)     la semplificazione dei procedimenti 

8.              serve un contrasto alla burocrazia difensiva, quella modalità di comportamento guidata dalla tutela dai rischi connessi all’esercizio delle responsabilità che porta ad aumentare complessità e ritardi nei processi e nei circuiti decisionali e scoraggia fortemente l’innovazione. 

Un elenco di verità, non tutte tratte dallo Stella, che riporta in sintesi i dati di un’analisi sulla “burocrazia difensiva” che verrà trattata in Parlamento da Fabrizio Barca. 

Ma, se la diagnosi appare corretta, essa dà comunque la sensazione di essere una mera elencazione di slogan. Per la semplice ragione che si tratta di problemi noti ed arcinoti, rispetto ai quali, tuttavia, appare erronea l’analisi della causa e totalmente assente la proposta di correttivi. 

L’errore di prospettiva è addebitare i problemi evidenziati sopra alla “burocrazia”: il messaggio che si fa passare è che queste disfunzioni sono cagionate da chi compone la “burocrazia” e, quindi, dai burocrati. 

Non si comprende che l’attacco alla “burocrazia” presunta “difensiva” proviene da una sicura “politica difensiva”, che produce analisi ed “accuse”, senza minimamente curarsi delle proprie responsabilità. 

Il fatto è che la “burocrazia”, se intesa come apparato dei dipendenti pubblici ed apparato delle regole, è vittima, non quanto i cittadini, ma vittima, di decisioni regolatorie adottate da Parlamento e Governo e, comunque, da chi svolge funzioni normative e di indirizzo. 

Non c’è propensione all’innovazione. Vero. Lo ha dimostrato la pandemia: per partire davvero con lo smart working è stato necessario chiudere le attività in presenza. Si è scoperto solo allora, anche se era chiaro, che gli organi di governo, non la “burocrazia”, non avevano investito un centesimo in reti, connessioni sicure, applicativi per la gestione delle attività da remoto. 

A proposito di innovazione, il legislatore, unico nel mondo, impone firma digitale e Spid: ma per sottoscrivere i contratti delle pubbliche amministrazioni in forma pubblica amministrativa o “notarile”, si prevede ancora l’applicazione della Legge Notarile, del 1913, che impone la presenza “davanti” al rogante. Sarebbe innovativo poter stipulare da remoto: ma il legislatore resiste all’innovazione e non lo consente e quell’ufficiale rogante pubblico che si producesse nell’innovazione, determinerebbe un contratto nullo. 

E che dire della PA troppo incentrata al rispetto formale dei processi invece che al raggiungimento sostanziale di risultati? Lo sanno Stella, Barca e gli aedi della critica alla “burocrazia” che sono le norme ad imporre questo rispetto “formale”? Lo sanno, ad esempio, che in un procedimento di esproprio occorre inviare per tre volte, tre, la comunicazione di avvio del procedimento e che qualora se ne dimentichi una, l’esproprio è illegittimo, con conseguente danno erariale? Gli esempi di procedimenti amministrativi le cui fasi sono dettate minuziosamente dalla legge e non dalla “burocrazia” e di sanzioni erariali connesse al minimo errore, sono moltissimi: basti citare la Babele del codice dei contratti. 

Per superare l’impasse, occorrerebbe che il legislatore legiferasse con poche norme generali e di principio. E, soprattutto, che si modificassero totalmente le “regole di ingaggio” della Corte dei conti. La magistratura contabile non controlla i risultati, ma le “formalità”, come anche i Tar. Se non si modifica l’assetto della giurisdizione contabile ed amministrativa, il rispetto dei processi formale sarà necessariamente sempre prevalente. Hai voglia, poi, a non reclutare “giuristi”: si potrà iniziare ad estendere il campo a nuove professioni, certo, quando la PA sarà più aperta, lasciata aperta dal legislatore alle innovazioni. Ma, se l’assistente sociale per svolgere il proprio lavoro deve stare attenta all’impegno della spesa, sapere se il termine è perentorio, ordinatorio, sollecitatorio, acceleratorio, se il mezzo di trasporto privato (a seguito delle riforme Brunetta) non può averlo rimborsato, se la decisione adottata non è pubblicata nelle debite forme all’albo pretorio, se non c’è poi il caricamento dei dati in Amministrazione Trasparente, rischia di vanificare il risultato esattamente per problemi di forma. Creati tutti e solo dal legislatore. 

La spesa di formazione è troppo bassa? A parte che per 10 anni, a seguito delle leggi Tremonti del 2010, è stata tagliata in misura mediamente rispondente al 50% di quella del 2009, già bassissima, non è la “burocrazia” a decidere la spesa: ancora una volta, sono gli organi di governo. Che la alzino. 

Occorrono percorsi di crescita professionale? Ci sono i contratti collettivi di lavoro da utilizzare. E, anche in questo caso, sarebbe opportuno sottrarre al giudizio della Corte dei conti la possibilità di considerare come danno all’erario una destinazione dei fondi contrattuali non definita da leggi e contratti collettivi, anche se non comporti un centesimo di spesa in più. 

Occorre la semplificazione dei procedimenti? Come detto sopra, è il legislatore che deve cessare di dettare minuziosamente ogni minimo dettaglio. Ma, ci rendiamo conto che la conferenza di servizi è prevista dalla legge sul procedimento amministrativo, la legge 241/1990, come strumento privilegiato per concentrare le decisioni in un’unica cessione e che, però, esistano sette(!) tipi diversi di conferenza di servizi? Qualcuno capisce in italiano cosa esattamente significhi l’articolo 19(1) della legge 241/1990, che regola la segnalazione certificata di inizio attività, istituto che annulla il procedimento e potrebbe essere la chiave per semplificare davvero tutto, ma che essendo scritto in sanscrito e funestato da mille eccezioni di norme speciali, non funziona? 

La burocrazia “difensiva” è insita nelle leggi, che impongono mille adempimenti minuti, ridondanti, con la costante minaccia della responsabilità erariale e con il continuo rischio di inciampo nei ricorsi, i quali ovviamente dilagano del terreno di coltura dei formalismi. 

Se la si smette con gli slogan, se si capisce quali sono le fonti del problema, le soluzioni appaiono chiare. 

 

 

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1.     Art. 19. (Segnalazione certificata di inizio attività – SCIA) 

1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria. La segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, nonché, ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l’acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l’utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell’amministrazione. 

2. L’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata, anche nei casi di cui all’articolo 19-bis, comma 2, dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente. 

3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l’amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l’attività si intende vietata. Con lo stesso atto motivato, in presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell’interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale, l’amministrazione dispone la sospensione dell’attività intrapresa. L’atto motivato interrompe il termine di cui al primo periodo, che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l’adozione delle suddette misure. In assenza di ulteriori provvedimenti, decorso lo stesso termine, cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata. 

4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6-bis, l’amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall’articolo 21-nonies. 

4-bis. Il presente articolo non si applica alle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. 

5. (abrogato) 

6. Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni 

6-bis. Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 e al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali. 

6-ter. La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’articolo 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. 

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