12/11/2020 – Indicazioni per la corretta disciplina del lavoro agile nella seconda ondata

Sono molteplici le difficoltà interpretative ed operative connesse alla riorganizzazione del lavoro agile, alla luce del DM 19.10.2020 e del Dpcm 3.11.2020. Vanno analizzate, anche tenendo conto di alcune proposte di regolazione del lavoro agile elaborate dai sindacati ed inviate alle amministrazioni.

 

Questione problematica

Analisi

La disciplina del lavoro agile, in particolare la misura della percentuale dei dipendenti da disporre in smart working e l’individuazione delle attività con esso compatibili, sono oggetto di un accordo sindacale, cioè di un contratto?

No.

Le amministrazioni per disciplinare il lavoro agile non debbono sottoscrivere nessun accordo o contratto decentrato con le organizzazioni sindacali, per una serie di ragioni:

  1. la disciplina del lavoro agile non rientra tra le materie della contrattazione decentrata;

  2. il lavoro agile non “emergenziale”, quello regolato integralmente dalla legge 81/2017, è regolato da accordi individuali e non collettivi;

  3. il lavoro agile “emergenziale” che si sta attuando in questa fase è esclusivamente una misura di carattere datoriale, in particolare attività di micro organizzazione, la cui relazione sindacale potrebbe, al limite, essere, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del d.lgs 165/2001, l’informazione, se fosse prevista.

In ogni caso, l’articolo 7 del DM 19.10.2020 prevede in maniera chiara e indiscutibile: “Le amministrazioni potranno attivare il confronto con i soggetti sindacali, nel rispetto della disciplina contrattuale vigente, ai sensi del protocollo del 24 luglio 2020”.

Pertanto, l’unica relazione sindacale ammissibile sarebbe il confronto, non l’accordo.

E, in ogni caso, il confronto, siccome deve avvenire nel rispetto della disciplina contrattuale vigente, non può che limitarsi a quella parte di disciplina del lavoro agile che possa intersecarsi con materie che la contrattazione nazionale collettiva indichi come materia di confronto, senza potersi estendere ad altro.

La percentuale di lavoratori da disporre in smart working si computa in base alle ore o in base alle teste?

Le percentuali non possono che applicarsi alle “teste” e non ad un montante di ore.

Le varie disposizioni normative fanno chiarissimo riferimento al “personale” e non alle ore: non v’è alcun appiglio giuridico lecito per commissurare la percentuale alle ore.

Il lavoro agile viene assegnato su base volontaria e connessa istanza?

No. Siamo ancora in una fase nella quale il lavoro agile è una misura generale che, oltre ad essere organizzativa, è anche di prevenzione del rischio di diffusione del Covid. Quindi, come dispone con chiarezza l’articolo 263 del d.l. 34/2020 “è una delle misure ordinarie” di svolgimento della prestazione.

Una volta, quindi, che il dirigente abbia individuato quali sono le prestazioni lavorative compatibili col lavoro agile, il personale adibito è disposto in lavoro agile secondo le percentuali e le modalità di rotazione fissate.

Non occorre, allo scopo, nessuna istanza, nessun accordo individuale.

Ovviamente, il dirigente terrà conto, nel fissare le regole per la rotazione e l’alternanza dei dipendenti, della valutazione delle situazioni individuali di ciascuno, nel rispetto degli ordini di priorità e preferenza indicati dal DM 19.10.2020.

L’ente è tenuto ad informare le organizzazioni sindacali in merito alle attività che siano state mappate come compatibili col lavoro agile e ai criteri di disposizione in lavoro agile dei vari lavoratori?

No. Non è prevista alcuna relazione sindacale per questi aspetti. L’informazione è esclusivamente propedeutica o all’attivazione del confronto o della contrattazione.

Altro è prevedere che opportunamente le decisioni siano rese pubbliche ed accessibili, anche ai sindacati, secondo modalità definite autonomamente da ciascun ente.

E’ possibile che nella medesima giornata l’attività lavorativa sia espletata in parte in lavoro “tradizionale” in sede e in parte in lavoro agile?

No, nel modo più deciso. Simile ripartizione sarebbe possibile se il lavoro agile fosse computabile in ore lavoro, il che non è.

Il lavoratore disposto in smart working opera con questa modalità per giornata intera.

Nulla vieta che, comunque, nel rispetto delle regole per evitare affollamento e dei protocolli di sicurezza, possa accedere ai locali aziendali anche in smart working, se ciò risulti necessario o opportuno ai fini del raggiungimento dei risultati assegnati.

Il lavoratore agile deve “timbrare” o comunque “segnalare la propria presenza”

Ovviamente no, perché non vi è un vincolo orario.

Semmai, è il dirigente a specificare se il lavoratore ha particolari obblighi in specifiche fasce orarie per un necessario contatto da remoto, con le varie tecnologie (mail, telefono o video call) previste.

La disciplina interna può prevedere l’erogazione del buono pasto al lavoratore agile?

No. Escluso di nuovo che la disciplina possa essere un accordo, occorre evidenziare che l’erogazione del buono pasto non è né materia di contrattazione, né di confronto, essendo una scelta esclusivamente organizzativa ed unilaterale.

Non vi sono assolutamente i presupposti per l’attribuzione del buono pasto, posto che esso è connesso necessariamente con la presenza in servizio e con l’utilizzo entro specifiche e determinate fasce orarie: ciò che è radicalmente incompatibile col lavoro agile.

La disciplina interna può prevedere lo straordinario?

No. Nè per contratto (che è resta vietato), né per regolamento o atto organizzativo.

Lo straordinario potrebbe essere riconosciuto solo se al lavoratore venisse chiesto di svolgere prestazioni oltre la fascia nella quale scatti il diritto alla disconnessione.

E’ possibile riconoscere al lavoratore agile un rimborso forfettario delle spese per gestire la postazione di lavoro da casa?

No, sarebbe un chiaro danno erariale. Nessun accordo (si ribadisce: vietato), o regolamento o atto organizzativo potrebbe introdurre un simile compenso, posto che l’erogazione di somme di denaro per i dipendenti pubblici è ammessa solo se prevista espressamente dai contratti collettivi nazionali di lavoro

La maggiore flessibilità oraria, utilizzabile come strumento per ridurre il numero di presenze contemporanee e il rischio di assembramenti, viene definita da un accordo sindacale?

No. Si equivoca spesso quel che prevede l’articolo 7, comma 4, lettera p), che attribuisce alla relazione della contrattazione la materia “i criteri per l’individuazione di fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita, al fine di conseguire una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare”. Questa norma, non consente ovviamente di fissare in un contratto gli orari, posto che si tratta di una competenza organizzativa esclusivamente datoriale: infatti, parla di concordare sui criteri per individuare possibili fasce di flessibilità. Il successivo articolo 27 del Ccnl chiarisce, come inevitabile, che si tratta di una disciplina prevalentemente organizzativa.

Laddove si decida, invece, di differenziare gli orari di ingresso e di uscita, come previsto dal Dpcm 3.11.2020 (art. 5, comma 5), è prevista una relazione sindacale?

Nessuna. L’articolo 5, comma 3, lettera a), del Ccnl 21.5.2020 si limita a prevedere, nell’ambito della relazione del confronto, la materia dell’articolazione delle tipologie dell’orario di lavoro. Il confronto verte, quindi, su come articolare i tipi di orario: quello di servizio, quello di lavoro, quello di apertura al pubblico, quello flessibile. Le fasce di ingresso ed uscita sono determinate dal datore, unilateralmente, come è ovvio, nell’ambito delle tipologie esistenti.

La mappatura delle attività è oggetto di contrattazione?

No e di nessuna relazione sindacale. Il Dm 19.10.2020 e il Dpcm 3.11.2020 assegnano con estrema chiarezza la competenza in via esclusiva ai dirigenti.

Una volta che queste mappature, da realizzare in via immediata da parte dei dirigenti, a seguito di opportune attività di coordinamento, confluiscano nel POLA, vanno “sentite”, ai sensi dell’articolo 14, comma 1, della legge 124/2015, le organizzazioni sindacali: si tratta di una relazione sindacale assimilabile a quella del confronto, ma non è richiesta la sottoscrizione di alcun accordo.

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