12/11/2020 – Comando, distacco, avvalimento: nozione e differenze nella sentenza della Corte costituzionale 30.10.2020, n. 227

La sentenza della Consulta 227/2020, in particolare nella parte narrativa che riassume i contenuti del ricorso presentato dall’Avvocatura generale dello Stato, nei confronti degli artt. 10, 15, commi 2, lettere f), g) ed h) e 3, lettera i), 16, comma 1, lettere b), f), e g), e 32 della legge della Regione Molise 10 maggio 2019, n. 4 (Legge di stabilità regionale 2019), fornisce chiara definizione della nozione e della differenza tra comando, distacco e avvalimento

La sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme regionali richiamate sopra, tese a permettere comando o distacco di personale di società partecipate della regione presso l’amministrazione regionale.

Nel comando, fermo restando il rapporto organico che continua ad intercorrere tra il dipendente e l’ente di appartenenza, si modifica il rapporto di servizio, atteso che il dipendente pubblico è inserito, sia sotto il profilo organizzativo-funzionale, che gerarchico-disciplinare, nell’amministrazione di destinazione, a favore della quale presta la propria opera.

Diversamente, nel distacco vi è l’utilizzazione temporanea del dipendente presso un ufficio, che è diverso da quello che costituisce la propria sede di servizio, e che rientra comunque nella medesima amministrazione.

L’avvalimento, invece, si verifica quando l’amministrazione, anziché dotarsi di una struttura propria per lo svolgimento della funzione ad essa assegnata, si avvale degli uffici di altro ente, al quale non viene delegata la funzione stessa. In tal caso non si determina alcuna modifica del rapporto di impiego, perché il personale dell’ente che fornisce la struttura necessaria allo svolgimento del compito resta incardinato in quest’ultimo a tutti gli effetti, e non si verifica scissione fra rapporto di impiego e rapporto di servizio.

L’art. 70, comma 12, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), ha regolato il trattamento economico in favore del personale comandato o distaccato, prevedendo che l’amministrazione che utilizza il personale in posizione di comando, di fuori ruolo, o in altra analoga posizione rimborsa all’amministrazione di appartenenza l’onere relativo al trattamento fondamentale.

Si chiarisce, quindi, la notevole confusione che spesso si individua nei provvedimenti gestionali delle amministrazioni, portate a considerare comando e distacco come sinonimi di uno stesso istituto.

Occorrono alcune ulteriori precisazioni, perchè negli anni il legislatore ha contribuito non poco alla confusione.

In particolare, l’articolo 3, comma 6, del d.lgs 81/2008, dispone: “Nell’ipotesi di distacco del lavoratore di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto salvo l’obbligo a carico del distaccante di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato. Per il personale delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che presta servizio con rapporto di dipendenza funzionale presso altre amministrazioni pubbliche, organi o autorità nazionali, gli obblighi di cui al presente decreto sono a carico del datore di lavoro designato dall’amministrazione, organo o autorità ospitante“.

La norma potrebbe ingannare e lasciar credere che regoli il “distacco” come istituto di regolazione del fenomeno per il quale un dipendente pubblico presti la propria attività lavorativa con “dipendenza funzionale presso altre amministrazioni pubbliche”. Ma, in realtà, tale fenomeno è esattamente quello del comando, che implica l’adibizione di un dipendente dell’ente A, alle dipendenze funzionali di altro e diverso ente B.

Il distacco, invece, resta pur sempre il temporaneo spostamento del dipendente dell’ufficio X dell’ente A, presso l’ufficio Y, sempre dell’ente A.

Il distacco pubblicistico non va confuso con l’analogo istituto, denominato nello stesso modo, del distacco privatistico, disciplinato dall’articolo 30 del d.lgs 276/2003, il cui comma 1 dispone: “L’ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa“.

Il distacco privatistico, di fatto, è qualcosa di molto simile al comando pubblicistico, perchè un dipendente del soggetto A va a prestare servizio presso il soggetto B. A differenza del comando, però, nel distacco privatistico:

a) il dipendente distaccato non entra a far parte dell’organico del soggetto presso il distaccatario e non si modifica, quindi, il rapporto di servizio (nè quello di lavoro);

b) trattamento economico, gerarchico e disciplinare restano in capo al datore distaccante, come chiarisce il comma 2 dell’articolo 30 del d.lgs 276/2003: “In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore“.

Il Ccnl 22.1.2020 del comparto funzioni locali all’articolo 19, comma 2, indirettamente contiene un’ipotesi di regolazione del distacco di matrice privatistica: “Le parti concordano nel ritenere che gli oneri relativi al trattamento economico fondamentale e accessorio del personale “distaccato” a prestare servizio presso altri enti, amministrazioni o aziende, nell’interesse dell’ente titolare del rapporto di lavoro, restano a carico dell’ente medesimo“. Questa ipotesi ha in comune col distacco di cui all’articolo 30 del d.lgs 276/2020 l’interesse dell’ente distaccante e, quindi, il mantenimento del rapporto di servizio con esso. Tanto è vero che a differenza del comando, non si prevede il rimborso del trattamento economico del distaccato all’ente distaccante, che mantiene a suo carico i relativi oneri.

Infine, il comando, oltre ad essere oggetto della disciplina di cui all’articolo 56 del dPR 3/1957 è normato anche dall’articolo 30, comma 2-sexies, del d.lgs 165/2001, ai sensi del quale “Le pubbliche amministrazioni, per motivate esigenze organizzative, risultanti dai documenti di programmazione previsti all’articolo 6, possono utilizzare in assegnazione temporanea, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a tre anni, fermo restando quanto già previsto da norme speciali sulla materia, nonché il regime di spesa eventualmente previsto da tali norme e dal presente decreto“.

 

Un’ultima attenzione. La “assegnazione temporanea” di cui parla il citato articolo 30, comma 2-sexies, consistente nel comando, è cosa parzialmente diversa da altro istituto, che purtroppo viene qualificato anch’esso come “assegnazione temporanea”, disciplinato dall’articolo 23, comma7, sempre del d.lgs 165/2001: “Sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, possono disporre, per singoli progetti di interesse specifico dell’amministrazione e con il consenso dell’interessato, l’assegnazione temporanea di personale presso altre pubbliche amministrazioni o imprese private. I protocolli disciplinano le funzioni, le modalità di inserimento, l’onere per la corresponsione del trattamento economico da porre a carico delle imprese destinatarie. Nel caso di assegnazione temporanea presso imprese private i predetti protocolli possono prevedere l’eventuale attribuzione di un compenso aggiuntivo, con oneri a carico delle imprese medesime“.

Questa fattispecie di assegnazione temporanea è pur sempre un comando, visto che il dipendente vien fatto traslare dall’amministrazione A all’amministrazione B e, peculiarità rilevantissima, perfino verso un soggetto privato. Ma, a differenza del comando:

a) occorre un protocollo di intesa tra le parti:

b) questo comando richiede l’esistenza di specifici progetti di interesse specifico dell’amministrazione (comandante ma anche comandataria);

c) la previsione che l’onere economico cada sul comandatario (cosa normale nel caso del comando tra PA), anche nel caso di assegnazione temporanea a imprese private (qualificate come “imprese destinatarie”).

 

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