27/03/2020 – Conte silenzia regioni e sindaci

Le competenze locali sulla sanità non possono consentire di superare i confini imposti
Conte silenzia regioni e sindaci
I governatori non possono incidere sulle attività produttive
a cura di Luigi Oliveri
 
La sordina alle ordinanze di regioni e comuni alla fine è giunta. Il testo finale del decreto legge 19/2020 contiene delle limature e razionalizzazioni al meccanismo troppo complicato delle stesure iniziali, ma lascia il segno. L’esecutivo presieduto da Giuseppe Conte ha inteso limitare le fonti di produzione delle regole di contrasto al contagio dell’epidemia da coronavirus essenzialmente alle leggi ed ai decreti del presidente del consiglio dei ministri che le attuino, lasciando limitati spazi ad ordinanze del ministro della sanità in casi di urgenze e sostanzialmente attribuendo alle regioni poteri limitati alla sola proposta di decreti del presidente del consiglio dei ministri.
Minori ancora i poteri di ordinanza dei sindaci. Il dl 19/2020 è l’attestazione che la frammentazione territoriale dei poteri di intervento normativo non funziona.
Il sistema delle autonomie disegnato dall’avventata riforma del Titolo V della Costituzione, messo alla prova dall’emergenza Coronavirus ha dimostrato, per l’ennesima volta ma con maggiore evidenza, la propria insostenibilità ed il proprio fallimento.
Il diluvio di ordinanze locali, che talvolta hanno anticipato, altre inseguito, altre specificato, altre ancora modificato, con coordinamenti logico-giuridici impossibili, i decreti legge ed i dpcm ha creato una situazione di caos sotto gli occhi di tutti, alla quale non si poteva non mettere ordine.
Per questo, le scelte operative sono di fatto concentrate solo nei dpcm. L’articolo 2 del dl 19/2020 restringe il ruolo delle regioni a quello di sollecitare i decreti di palazzo Chigi. Infatti, il presidente del consiglio, oltre che su proposta dei ministri competenti, potrà adottare i dpcm su proposta dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni. Resta alle regioni uno spazio di intervento, ma molto ristretto. L’articolo 3 del decreto legge consente loro di intervenire in assenza del dpcm solo «nelle more», cioè in attesa, della sua adozione, «e con efficacia limitata fino a tale momento» e limitatamente a «specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso». Le ordinanze regionali in questi casi «possono introdurre misure ulteriormente restrittive» tra quelle elencate dall’articolo 1, comma 2, del decreto. Precisa l’articolo 3, comma 1, tuttavia, che tali misure restrittive varranno esclusivamente nell’ambito delle attività di competenza delle regioni. Le quali, pertanto, non avranno modo di intervenire su ambiti coperti dalla potestà legislativa esclusiva dello stato, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, della Costituzione. In ogni caso, comunque, le ordinanze regionali non potranno incidere sulle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale.
Questo per evitare, ad esempio, il ripetersi degli equivoci sull’apertura o meno degli studi professionali. Né le competenze regionali in materia di sanità possono consentire alle regioni di superare i confini imposti. Infatti, il comma 3 dell’articolo 3 del decreto chiarisce che quanto prevede l’articolo 3 medesimo si applica anche «agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente».
Per quanto riguarda i sindaci, il dl 19/2020 abolisce l’articolo 35 del dl 9/2020, ma col comma 2 dell’articolo 3 ne reitera e rafforza i contenuti. Infatti, si stabilisce che «i sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto» di cui al comma 1 dell’articolo 3, e, quindi, quello delle strette competenze comunali.
Ovviamente, le disposizioni non possono che orientare gli esperti delle regioni ed i segretari comunali ed i funzionari dei comuni, a ricondurre la produzione di ordinanze nei canoni imposti dal decreto.
Tuttavia, il governo ha ritenuto di disporre questa vigorosa stretta alle autonomie solo per il futuro. Infatti, l’articolo 2, comma 3, oltre a far salvi gli effetti degli atti governativi sin qui prodotti, fa anche salve tutte le «altre misure», tra le quali è da ritenere vi siano anche quelle regionali e locali, ma solo per altri 10 giorni.

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