25/03/2020 – Effetto conformativo del giudicato ultradecennale – abuso edilizio

Effetto conformativo del giudicato ultradecennale – abuso edilizio
 
Processo amministrativo – Giudicato – Previo esame consistenza delle opere di urbanizzazione e di una vecchia istanza di concessione ancora pendente – Effetto conformativo – Individuazione.
 
       Qualora sul procedimento di repressione di abuso edilizio si formi un giudicato che imponga all’Amministrazione, prima di disporre la demolizione, di concludere il precedente procedimento amministrativo al fine di valutare l’effettiva consistenza delle opere di urbanizzazione e di una vecchia istanza di concessione ancora pendente, il Comune, prima di procedere alla demolizione, deve dare esecuzione al predetto giudicato, anche se per effetto del decorso di un decennio il privato non possa più agire con l’actio iudicati,  atteso che l’effetto conformativo che da esso discende non si estingue con la prescrizione dell’actio iudicati ed “impedisce” di procedere alla demolizione delle opere prima di aver esaminato le predette questioni  (1).
 
(1) Il giudicato di annullamento di atti amministrativi produce, normalmente, effetti, oltre che di accertamento, di eliminazione, di ripristinazione e conformativi.
In particolare, il vincolo conformativo assume una valenza differente a seconda che oggetto di sindacato sia un’attività amministrativa vincolata o discrezionale: i) nel primo caso esso è pieno nel senso che viene delineata in modo completo la modalità successiva di svolgimento dell’azione amministrativa; ii) nel secondo caso esso ha valenza meno pregnante, in quanto non può estendersi, per assicurare il rispetto del principio costituzionale di separazione dei poteri, a valutazioni riservate alla pubblica amministrazione. Per quanto il giudizio amministrativo verta sul rapporto giuridico al fine di accertare la spettanza delle utilità finali oggetto dell’interesse legittimo, quando l’attività amministrativa è discrezionale, il vincolo giudiziale non può incidere su spazi di decisione, afferenti all’opportunità, attribuiti alla pubblica amministrazione.
Nella fase successiva al giudicato, occorre distinguere un momento relativo alla “medesima vicenda amministrativa “e un momento relativo ad una “diversa, ancorché collegata, vicenda amministrativa”.
Nel primo caso relativo alla “medesima vicenda amministrativa”, l’azione amministrativa successiva al giudicato, quando l’accertamento non è stato pieno in ragione dell’esistenza di poteri discrezionali, è retta da “regole giudiziali” e da “regole legali”. Ne consegue che: i) una parte di tale azione deve rispettare i vincoli che derivano dal giudicato e, in particolare, il vincolo conformativo; ii) un’altra parte della medesima azione, non oggetto di specifico accertamento giudiziale, deve rispettare i vincoli posti dal principio di legalità.
Se l’amministrazione viola la prima tipologia di vincoli di tipo giudiziale, non eseguendo il giudicato o ponendo in essere un’attività di violazione o elusione del giudicato stesso, la tutela si svolge sul piano dell’esecuzione ed è costituita dall’azione di ottemperanza, con la quale si può contestare l’omissione ovvero la nullità degli atti adottati (artt. 112 ss. c.p.a.). Il codice del processo amministrativo ha previsto che tale azione debba essere proposta entro il termine di prescrizione di dieci anni decorrenti dal passaggio in giudicato della sentenza, in quanto ha configurato l’esistenza di un “diritto soggettivo all’esecuzione” sottoposto all’efficacia estintiva propria della prescrizione. Anche l’azione di nullità per violazione o elusione del giudicato, che per la sua specialità, non soggiace al termine di centottanta giorni previsto per le altre cause di nullità (art. 30 c.p.a.), deve essere proposta nel rispetto del suddetto termine prescrizionale (art. 31, comma 4, c.p.a.).
Se l’amministrazione viola la seconda tipologia di vincoli di tipo legale, la tutela si svolge sul piano della cognizione ed è costituita, in presenza di atti amministrativi, dall’azione di annullamento (art. 29 c.p.a.), che deve essere proposta nel termine di decadenza di sessanta giorni (art. 41, comma 2, c.p.a.) ovvero dall’azione di nullità (art. 31, comma 4, c.p.a.), che deve essere proposta nel termine di centottanta giorni.
Nel secondo caso relativa alla “diversa vicenda amministrativa”, l’azione amministrativa è retta dalle regole legali e, dunque, deve rispettare il solo principio di legalità, in quanto si tratta di un rapporto differente da quello che è stato oggetto di accertamento giudiziale.
Deve, però, ritenersi che, in alcuni casi, quando le due vicende presentano profili di collegamento sostanziale si produce quello che può essere definito “effetto conformativo” di coerenza o razionalità della complessiva azione amministrativa discendente dal giudicato.
In particolare, tale effetto, imponendo un obbligo non sottoposto a termine, produce uno svolgimento interno delle situazioni giuridiche coinvolte di tipo preclusivo nel senso che l’amministrazione non può regolare la “vicenda diversa” in contrasto con il complessivo accertamento giudiziale già svolto in ossequio al suddetto canone di coerenza nell’esercizio del potere.
La peculiarietà della vicenda amministrativa risiede nel fatto che la forma di tutela si svolge esclusivamente sul piano della cognizione mediante la proposizione di un’azione di annullamento per violazione di legge o eccesso di potere che deve essere proposta nei riportati termini di decadenza. Ne consegue che il suddetto effetto conformativo incide anche, nei sensi indicati, sulla nuova attività amministrativa senza alcun limite temporale se non quello derivante dalla decorrenza del termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto amministrativo che con tale effetto si pone in contrasto.
In definitiva, l’effetto conformativo discendente dal giudicato impedisce l’adozione di atti amministrativi che con esso confliggono, anche indipendentemente dalla azionabilità in ottemperanza delle statuizioni della sentenza passata in cosa giudicata e della declaratoria di nullità degli atti adottati. Vengono così a scindersi l’eseguibilità del giudicato (impedita dalla prescrizione dell’actio iudicati) e la persistenza dell’effetto conformativo del medesimo, che comporta, comunque, il dovere dell’amministrazione di non adottare atti che contrastino con l’accertamento giudiziale e il conseguenziale effetto conformativo. Il diritto all’esecuzione del giudicato non è azionabile ma il dovere di tener conto del giudicato nelle ulteriori attività dell’amministrazione permane, con la conseguente possibilità di ritenere annullabile l’atto che non lo consideri.
Quanto esposto vale anche in presenza di attività amministrativa di repressione di abusi edilizi.
L’attività in esame è, normalmente, vincolata con la conseguenza che il giudice amministrativo accerta il rapporto con la produzione di un vincolo conformativo pieno sulla successiva attività amministrativa.
Può accadere, però, in presenza soprattutto di annullamento giudiziale di titoli edilizi già rilasciati ovvero per la complessità della vicenda amministrativa, che la pubblica amministrazione sia titolare di poteri discrezionali, con le conseguenze in ordine al regime dell’attività successiva sopra riportate.
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