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Giudice “naturale” a trattare gli appelli avverso decisioni emesse dalle commissioni tributarie provinciale
 
Processo tributario – Appello – Giudice naturale – Individuazione.
Processo tributario – Ricorsi – Assegnazione – Dalla sezione staccata alla sede centrale – Violazione del principio del giudice naturale – Esclusione.
 
          Il giudice precostituito per legge, vale a dire il giudice “naturale”, a trattare gli appelli avverso decisioni emesse dalle commissioni tributarie provinciali di una determinata regione è la commissione tributaria regionale, non le sezioni staccate di essa, anche ove quest’ultime, per criteri interni di riparto, operino in un determinato ambito territoriale, in quanto dette sezioni costituiscono “mera articolazione interna” degli organi di giustizia tributaria (1).
          Il provvedimento con il quale il presidente della commissione tributaria centrale, nell’esercizio delle sue prerogative, attribuisce alla sede centrale una serie di affari già incardinati presso la sezione staccata, determina, nell’ambito dell’unitario ufficio giudiziario, in relazione a quegli affari, una diversa individuazione del giudice predeterminato, che cessa di essere la sezione staccata e diviene la sede centrale: tale provvedimento non viola la regola del giudice predeterminato ove esso sia disposto in base a criteri neutri, oggettivi e generalizzati (2).
 
 
(1) Ha ricordato la sezione che i criteri di competenza, al pari di quelli di giurisdizione, devono rispettare il principio del giudice naturale precostituito per legge, di cui all’art. 25, comma 1, Cost., secondo cui, per l’appunto, “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”.
L’esigenza fondamentale della predeterminazione del giudice è altresì contenuta nell’art. 6 CEDU e nell’art. 47 della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.
Gli organi di giustizia tributaria, ai sensi dell’art. 1, d.lgs. n. 546 del 1992, sono le commissioni tributarie provinciali e le commissioni tributarie regionali.
Le commissioni tributarie regionali sono competenti, ai sensi dell’art. 4, comma 2,  d.lgs. n. 546 del 1992, per le impugnazioni avverso le decisioni delle commissioni tributarie provinciali, che hanno sede nella loro circoscrizione.
La circoscrizione, come misura di competenza territoriale, rileva a livello regionale ed è attribuita alle commissioni tributarie regionali che, comprensive delle sezioni staccate, costituiscono uffici giudiziari unitari, e non alle singole sezioni staccate, che operano quali mere articolazioni interne delle commissioni regionali.
Di talché il giudice precostituito per legge, vale a dire il giudice “naturale”, a trattare gli appelli avverso decisioni emesse dalle commissioni tributarie provinciali di una determinata regione è la commissione tributaria regionale, non la sezione staccata di essa, anche ove quest’ultima, per criteri interni di riparto, operi in un determinato ambito territoriale.
L’art. 35, comma 1, l. n. 28 del 1999, che ha inserito il comma 1-bis dell’art. 1, d.lgs. n. 545 del 1992, infatti, ha previsto l’istituzione delle sezioni staccate delle commissioni tributarie regionali senza stabilire una specifica circoscrizione territoriale per le stesse, mentre il d.m. 6 giugno 2000, istitutivo delle sezioni staccate, ha espressamente sancito che dette sezioni costituiscono “mera articolazione interna” degli organi di giustizia tributaria.
Il rapporto tra sede e sezione staccata, quindi, non è di vera e propria competenza e lo spostamento, con criteri oggettivi, di una generalità di fascicoli dalla sezione staccata alla sede o viceversa non determina alcuna lesione al principio del giudice naturale previsto dall’art. 25 Cost., nemmeno se disposta con riferimento a controversie già iscritte a ruolo, atteso che l’iscrizione dell’appello presso la sezione staccata non muta i termini della questione e non determina la individuazione di un giudice “naturale” non contemplato dal sistema.
Il giudice naturale, infatti, anche in tali casi è e rimane la commissione tributaria regionale e non la sezione staccata presso cui l’appello è stato iscritto.
 
(2) Ha chiarito la Sezione che il discrimine, ribadito che la “riassegnazione” dei fascicoli di causa dalla sezione staccata alla sede centrale, non rileva in alcun caso in tema di violazione del giudice naturale, può essere individuato nelle modalità di esercizio del potere, vale a dire nella ragionevolezza dell’atto e nell’utilizzazione di criteri tali da evitare disparità di trattamento, per cui l’eventuale vizio della funzione non può consistere nel solo fatto che gli appelli “riassegnati” erano già stati iscritti a ruolo.
 
Nella specie, il criterio di riassegnazione stabilito nel decreto presidenziale impugnato è oggettivo e prevede il trasferimento degli affari per fattispecie generalizzate – tutti i ricorsi iscritti a ruolo nel 2015 -, laddove solo un trasferimento “particolare” e non “generale”, cioè non caratterizzato da criteri oggettivi e non giustificato da altre circostanze apprezzabili per la loro neutralità, avrebbe invece potuto eventualmente costituire un vizio di legittimità dell’azione amministrativa, per la sua potenziale lesività al canone di imparzialità.
In tale ultimo caso, infatti, il giudice preindividuato, sebbene non “naturale”, rimarrebbe la sezione staccata e l’attribuzione di un singolo caso o di sporadici ed isolati casi soggettivamente e non organicamente stabiliti alla sede centrale potrebbe tradursi in una illegittima violazione del criterio esistente, laddove, quando, come nel caso di specie, il presidente della commissione tributaria centrale, nell’esercizio delle sue prerogative, attribuisce alla sede centrale, in base ad un criterio oggettivo e generalizzato, una moltitudine di affari già incardinati presso la sezione staccata, determina, nell’ambito dell’unitario ufficio giudiziario, in relazione a quegli affari, una diversa individuazione del giudice predeterminato, che cessa di essere la sezione staccata e diviene la sede centrale.
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