28/05/2020 – Ammalati di burocrazia.

Il Presidente Conte annuncia che verrà cambiato l’abuso d’ufficio ed evitare che sui funzionari onesti gravi eccessiva incertezza giuridica.

Avere leggi certi e chiare rende sicuramente più semplice l’operato nella pubblica amministrazione.

Occorre che si superino tutti gli ostacoli per il passaggio definitivo alla transizione digitale.

Riporto il mio pensiero sulla burocrazia.

 
Ammalati di burocrazia.
Capita spesso leggere sui quotidiani in questi giorni che lo Stato italiano potrà uscire dalla grave situazione di emergenza sanitaria derivante dall’epidemia da Covid-19 e ritornare alla normalità.

Dobbiamo, tuttavia, riflettere non sul quando si uscirà, ma su come si uscirà. Occorre adottare seri protocolli di sicurezza nei luoghi di lavoro, negli esercizi commerciali, negli uffici pubblici e privati, che ci tutelano dal contagio. Se non si adottano misure serie e adeguate, il contagio di ritorno, in assenza di vaccino, potrebbe essere micidiale e massacrante. Per la prima volta, dal dopoguerra, si è fatto ricorso a restrizioni alle libertà costituzionali, di circolazione, di riunione, di associarsi, di professare la fede religiosa, dell’iniziativa economica. Le ragioni di tali restrizioni derivano dalla tutela di un altro diritto fondamentale, quello della salute, che la Repubblica è tenuta a tutelare e garantire ai cittadini. La salute assurge al principale bene della vita che ogni individuo coltiva e richiede tutela.

Possiamo affrontare uniti e con serietà il ritorno alla normalità, se tutti abbiamo a cuore il primo bene della vita da tutelare: la salute. Superare le restrizioni si può, ma osservando specifiche condizioni.

La prima condizione di sicurezza collettiva dovrà essere osservata dallo Stato. Si devono superare conflitti con le altre istituzioni, soprattutto con le Regioni e superare i contrasti tra le Regioni. Il ritorno alla normalità dal 4 maggio ci sarà se lo Stato mette a punto una rood map adeguata e puntuale che ogni cittadino dovrà osservare.

Ogni azione dovrà essere governata da nuovi metodi che superano schemi e stereotipi del passato. Come prima azione che lo Stato deve mettere a punto, per dirla con Cassese, è la liberazione della burocrazia.

Ma dove deriva questo termine entrato pienamente nel linguaggio comune.

Il suo significato letterale scaturisce da una commistione di termini: bureau (ufficio) e cratie (crazia). Definita anche potenza degli uffici, nel senso dispregiativo, come vedremo.

È un concetto che sorge dal razionalismo e dallo sviluppo dello Stato. Nell’epoca moderna, ogni Stato europeo confrontandosi con la propria storia e con le altre civiltà con le quali si venne a misurare, elaborò, all’insegna del razionalismo, la sua organizzazione pubblica. Gli studiosi, prima Kant, poi Hegel e Marx ed infine Weber, hanno espresso le proprie teorie. La concezione ideologica ed astratta di Kant fu rielaborata da Hegel, nel senso dello Stato e della società, che avrebbe avuto un’enorme influenza su tutta una generazione di funzionari pubblici. La dottrina di Hegel fu sottoposta a critica da Marx, che non riuscì a completare, per interessarsi ad altri temi. Fu Max Weber l’artefice degli studi moderni della burocrazia, che entrò a pieno titolo nelle teorie sociali, con una maggiore portata, rispetto alla discussione accademica del primo periodo. La burocrazia, per merito di Weber, progredisce ed entra a far parte della coscienza comune, dei politici, dei funzionari oltre che degli studi sociali.

In sostanza diventa quella forma dell’organizzazione dello Stato nella quale lo svolgimento delle attività amministrative sono affidate a pubblici uffici. In questo senso sentiamo parlare di Stato burocratico. L’aumento del numero dei dipendenti e quindi dei burocrati deriva dalla crescente necessità che ogni istituzione pubblica è chiamata ad erogare maggiormente servizi.

Nell’epoca attuale la burocrazia ha subito una regressione, con intenti dispregiativi e da più parti è definita un male che ha invaso le istituzioni, in primis, il legislatore. La produzione legislativa di questi ultimi cinquant’anni ha toccato ogni materia, ogni relazione umana, sia in ambito sociale che economico, politico, culturale, artistico, religioso, scientifico, tecnico. Ci siamo trovati in una folta foresta di codici, di norme, di discipline, varia, complessa, a volte contraddittoria, farraginosa, per nulla chiara ed essenziale, a differenza del legislatore che intervenne subito, dopo l’entrata in vigore della Costituzione. Probabilmente, la responsabilità è di una classe politica che non riesce a percepire le vere istanze dei cittadini. Si creano commissioni, comitati di esperti, per studiare ed elaborare testi normativi, nella volontà avrebbero dovute essere chiari, immediati, efficaci, ma quando arrivano nelle aule parlamentari, si frappone la politica e tutto si rende nebuloso, incerto, incomprensibile. Più volte si è pensato di sfoltire questa foresta di leggi, ma i risultati non sono stati lusinghieri. Si afferma che l’Italia, Stato membro dell’Unione europea, deve osservare le leggi emanate in ambito comunitario, ma spesso si va oltre le limitazioni imposte da Bruxelles e si introducono condizioni ancora più stringenti e vincolanti.

Probabilmente anche la classe dirigente non è adeguata e non ha acquisito appieno una nuova mentalità, aperta, libera, snella, lineare. La burocrazia chiamata ad osservare le leggi e darne applicazione si viene a trovare sul banco degli accusati, se un imprenditore ritarda nell’esercizio dell’iniziativa economica o nel ricevere i contributi per i danni economici provocati dalla chiusura delle attività e se un cittadino è costretto a subire lentezze nell’espressione dei propri diritti fondamentali, anche quello principale che è il diritto alla salute. La deriva dispregiativa si è ulteriormente diffusa nell’opinione comune, tale da assumere una dimensione di malaffare, di corruttela, con la presenza di dipendenti che incuranti dell’interesse pubblico, perseguono fini personali ed affaristici. Come detto non è solo un difetto delle persone, ma anche del sistema. In altri termini, lo sfoltimento delle leggi, l’organizzazione di una pubblica amministrazione snella ed efficiente, con riduzione dei processi amministrativi e la concentrazione dei centri decisionali in uffici unici, potrà tendere alla razionalizzazione della pubblica amministrazione. Si deve tendere verso un corretto agire dei pubblici agenti al servizio della collettività. Lo si può ottenere solo se vi sia il rispetto dei valori costituzionali, secondo cui ai cittadini, che sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore. Per converso, se ai dipendenti pubblici si assegna un adeguato stato giuridico e si garantisce una costante formazione, al punto di assicurare un valido riparo nell’adozione degli atti che compiono, nell’esercizio dei loro doveri, con molta probabilità si potrà ottenere che l’azione amministrativa sia retta da scelte oculate, giuste ed imparziali.

C’è da aggiungere, che in questi ultimi anni, nel nostro Paese, sono presenti diversi fenomeni di vita sociale, quali l’invecchiamento della popolazione, i Millennials, le risorse finanziarie sempre più limitate, che spingono ad un vero cambiamento nella modalità di erogazione dei servizi da parte del settore pubblico. Tra questi cambiamenti, di certo, ci sarà l’introduzione delle nuove tecnologie digitali. Si tratta di una trasformazione storica, epocale quella che vede il passaggio da modelli operativi analogici a sistemi operativi digitali. Purtroppo, nelle amministrazioni pubbliche non è sufficientemente radicata un’agilità digitale. Si tratta di vincoli culturali presenti nelle pubbliche amministrazioni che mettono a dura prova il viaggio in direzione di veri e propri villaggi digitali. L’aspetto culturale costituisce la vera sfida verso la transizione digitale, una proposizione volta a stabilire un determinato comportamento che deve essere adottato dal personale addetto alle funzioni pubbliche, come nuove abitudini a cui si deve attenere. I dipendenti dovranno essere educati a questi cambiamenti e non hanno bisogno di controlli ulteriori.

Non si è ancora compiuto nella pubblica amministrazione il passaggio verso la transizione digitale. Nessuna azione concreta potrà essere portata avanti se non si acquisisce una mentalità digitale, con un nuovo approccio alla realtà ed un modo diverso di lavorare. È tuttora ampio il distacco dalla società reale e quotidiana, che viaggia in una nuova dimensione ampiamente tecnologica, diversamente dalla pubblica amministrazione, ancora legata a vecchi schemi e metodi, di origine ottocentesca. Tanto più sarà competente e competitivo il personale tanto più si possono superare gli ostacoli nel cammino di questo viaggio ed in definitiva contribuire a lenire i mali della burocrazia.

D’altra parte, tutti noi, come cittadini della Repubblica, non riusciamo ad esercitare, nella pienezza il ruolo che ci viene assegnato, nella democrazia, e ben poco facciamo per ridurre il distacco della burocrazia dalla società reale.

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