25/05/2020 – Organizzazione e smart working rimessi all’autonomia delle Pa 

Organizzazione e smart working rimessi all’autonomia delle Pa 
di Sandro Mainardi
Il Sole 24 Ore – 23 Maggio 2020
 
Un lavoro agile a due velocità per il lavoro privato e per quello alle dipendenze delle Pa. È questo il tratto più significativo della flessibilità contrattuale pensata dal Decreto Rilancio, con una pubblica amministrazione chiamata ad assemblare nello smart working fondamentali esigenze: quelle di distanziamento nel periodo in cui il lavoro agile è divenuto «modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni» (art. 87 Dl 18/2020) e quelle di erogazione dei servizi determinati dalla ripresa delle attività produttive di ogni settore. E così, mentre per il privato il tema della deroga all’ accordo individuale della legge 81/2017 si concentra sul riconoscimento di un “diritto” al lavoro agile concesso dall’ azienda a favore di alcune categorie di lavoratori, per le pubbliche amministrazioni ci si avvia verso soluzioni più strutturate, peraltro già anticipate dalle direttive del ministero della Pa che hanno accompagnato la fase 1 dell’ emergenza.
La norma programmatica impone alle Pa l’ adeguamento alle indicazioni del decreto Cura Italia (limitazione del personale in presenza e lavoro agile senza accordo individuale) proponendo l’ adozione di misure organizzative rimesse all’ autonomia degli enti, che operino sull’ articolazione dell’ orario di lavoro, sui turni giornalieri e settimanali e sulle modalità di interlocuzione con l’ utenza, la quale può avvenire anche in modalità digitale. Il carattere “leggero” dell’ intervento legislativo investe sulla capacità delle amministrazioni di interpretare la modalità di lavoro agile, forse restituendo alla tipologia contrattuale il suo carattere originario e distintivo rispetto alle esperienze di telelavoro.
L’ organizzazione in turni e la flessibilità oraria permettono infatti di ricostruire il lavoro agile come modalità lavorativa in cui, secondo la legge 81/2017, la prestazione «viene eseguita, in parte all’ interno di locali aziendali e in parte all’ esterno senza una postazione fissa», così da poter conciliare le esigenze dei dipendenti (qui arricchite da serie ragioni di prevenzione) con l’ integrazione del lavoro in team, mediante momenti di presenza in amministrazione. Almeno due le criticità immediate. La prima riguarda la definizione delle regole, in quanto il decreto propende per soluzioni organizzative unilaterali delle Pa, integrate da decreti ministeriali, che prescindono del tutto da un negoziato con i sindacati anche per aspetti che invece attengono a materie destinate a contrattazione (nazionale e integrativa) e confronto sindacale; la seconda costituita dalla capacità della dirigenza pubblica di dare attuazione alla modalità di lavoro agile in chiave compatibile con le esigenze dei servizi e dell’ utenza.
Non è un caso che il decreto preveda sul punto «adeguate forme di aggiornamento» e che le misure adottate siano valutate ai fini della performance dei dirigenti. Altra corposa parte delle norme dedicate al lavoro nelle Pa concerne il reclutamento di personale. Tre le parole chiave che caratterizzano l’ opzione legislativa, seppure in via sperimentale e con estensione alle procedure in corso di svolgimento: decentramento, digitalizzazione e rapidità. Si va dall’ utilizzabilità delle strutture decentrate per l’ espletamento delle procedure, individuate considerando anche la provenienza geografica dei candidati, alla possibilità di sostenere prove scritte in digitale e orali in videoconferenza, ai lavori delle commissioni di concorso da svolgersi in modalità telematica. Ancora il digitale, quindi, che anche qui pervade le diverse fasi, favorendo la rapidità dei concorsi, “assicurata” da una riduzione dei termini procedurali e di eventuale assegnazione del personale in mobilità.

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