17/07/2020 – Il termine per l’approvazione dei bilancio negli enti locali ha natura ordinatoria e non perentoria

Il termine per l’approvazione dei bilancio negli enti locali ha natura ordinatoria e non perentoria
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
 
Con la sentenza n. 4288 del 3 luglio 2020 i giudici del Consiglio di Stato hanno ribadito che il termine previsto dall’art. 141, comma 2, D.Lgs. n. 267 del 2000 , cd. TUEL, per l’approvazione del bilancio ha natura ordinatoria.
Il caso
La vicenda analizzata dai giudici amministrativi è complicata per i soggetti interessati : vediamo di sentizzare la questione che ha portato al pronunciamento del Consiglio di Stato.
Nel giugno 2019, un Consiglio comunale ha decretato di non approvare il rendiconto di gestione per l’anno 2018.
In pari data, stante il ritardo del Comune (che avrebbe dovuto approvare tale rendiconto entro il 30 aprile 2019), la Prefettura – UTG ha diffidato il Consiglio comunale ad adottare, entro quindici giorni dalla data di notifica dello stesso, la delibera di approvazione del rendiconto di esercizio finanziario 2018, pena il commissariamento del Consiglio comunale e l’avvio del procedimento di scioglimento.
Il sindaco del Comune ha chiesto sulla scorta della disciplina regolamentare dell’ente, la convocazione del Consiglio comunale .
Il Consiglio comunale è stato, dunque, convocato nuovamente mediante il ricorso alla procedura d’urgenza, ai sensi dell’art. 44, comma 3 del Regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale; in occasione dell’adunanza tenutasi il 1° luglio 2019, il Consiglio comunale, non ha approvato il rendiconto.
Il Sindaco con successive note , ha richiesto:
a) al Presidente del Consiglio comunale, di convocare il Consiglio d’urgenza (ex art. 44 Regolamento funzionamento Consiglio) e, comunque, entro e non oltre la data del 6 luglio 2019, fissata dal Prefetto ai sensi e per gli effetti degli artt. 227, comma 2-bis, e 141, comma 2, TUEL, onde procedere tanto alla surroga di un consigliere dimessosi , quanto all’approvazione del rendiconto di esercizio finanziario 2018;
b) al Prefetto di provvedere, in sostituzione del Presidente del Consiglio eventualmente inerte, alla suddetta convocazione, ai sensi dell’art. 39, comma 5, TUEL , recepito dall’art. 33, comma 5, del suddetto Regolamento del Consiglio.
Il Presidente del Consiglio comunale, ha convocato il Consiglio soltanto per il giorno 9 luglio 2019, in prima convocazione e per il giorno 10 luglio 2019, in seconda convocazione, al fine di procedere alla surroga del Consigliere Comunale, dimissionario, e relativa convalida del nuovo eletto ma non anche per l’approvazione del rendiconto del 2018.
Il Prefetto con decreto del 12 luglio 2019, ha nominato un commissario ad acta con un l’incarico di provvedere all’adozione del menzionato documento contabile. In pari data, con altro decreto il Prefetto ha disposto la sospensione di tutti gli organi del Comune , con contestuale nomina del Commissario prefettizio per la provvisoria amministrazione dell’ente, in attesa del decreto di scioglimento dell’organo consiliare ai sensi dell’art. 141, commi 1, lett. c), e 2, D.Lgs. n. 267 del 2000 – TUEL -.
Il Sindaco del Comune ha proposto ricorso innanzi al TAR censurando le delibere del Consiglio comunale, con le quali è stato deciso di non approvare il rendiconto, e la nota del 5 luglio 2019, con la quale il Presidente del Consiglio comunale ha convocato il suddetto organo per i giorni 9 e 10 luglio 2019, nella parte in cui non è stata inserita all’ordine del giorno l’approvazione del rendiconto di gestione per l’anno 2018.
Il TAR ha preliminarmente rigettato le plurime eccezioni formulate dai consiglieri comunali ed ha, nel merito, accolto integralmente il ricorso, con conseguente annullamento degli atti avversati.
Il particolare, il primo giudice ha ritenuto che il Presidente del Consiglio comunale, avrebbe illegittimamente omesso di convocare l’organo consiliare al fine dell’approvazione del rendiconto di gestione 2018 o, comunque, di inserirla nell’ordine del giorno delle adunanze del 9 e del 10 luglio 2019; il Prefetto avrebbero dovuto, ai sensi dell’art. 39D.Lgs. n. 267 del 2000, esercitare il potere sostitutivo, convocando egli stesso l’organo consiliare e provvedere all’approvazione del documento contabile; il Prefetto avrebbe erroneamente qualificato come perentorio il termine di cui all’art. 141, comma 2, D.Lgs. n. 267 del 2000, non tenendo conto delle richieste del sindaco .
La sentenza del TAR è stata impugnata dal presidente del Consiglio comunale davanti al Consiglio di Stato.
L’analisi del Consiglio di Stato
I giudici di Palazzo Spada evidenziano che oggetto dell’appello è la sentenza del TAR che ha accolto il ricorso proposto, tra l’altro, avverso la nomina del Commissario ad acta per l’approvazione del rendiconto di gestione del Comune e l’avvio della procedura di scioglimento del Consiglio comunale.
I giudici amministrativi evidenziano che, con il primo motivo si deduce che, contrariamente a quanto affermato dal TAR, il termine di cui all’art. 141, comma 2, D.Lgs. n. 267 del 2000 avrebbe natura perentoria.
Il Consiglio di Stato afferma che il motivo di ricorso non è suscettibile di positiva valutazione.
Osservano i giudici amministrativi che va evidenziato preliminarmente che l’art. 141, comma 2, D.Lgs. n. 267 del 2000, cd. T.U., applicabile in virtù del richiamo di cui al successivo art. 227, comma 2-bis – ha previsto che “… quando il Consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla Giunta, l’organo regionale di controllo assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio”.
La norma è stata interpretata da una costante giurisprudenza del Consiglio di Stato nel senso di introdurre un termine acceleratorio, che non è “assistito da alcuna qualificazione di perentorietà” (Cons. St., sez. V, 25 ottobre 2017, n. 4917). É infatti perentorio solo il termine espressamente indicato come tale da una previsione normativa.
Come chiarito da Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 2007, n. 826 la legge dunque non collega all’inosservanza del termine ordinario di cui all’art. 175, comma 3 D.Lgs. n. 267 del 2000, alcuna immediata e concreta conseguenza dissolutoria, ma la semplice apertura di un procedimento sollecitatorio, che può bensì condurre all’adozione della grave misura dello scioglimento dell’organo, ma il cui presupposto non è la mera inosservanza del termine suddetto bensì la constata inadempienza ad una intimazione puntuale e ultimativa dell’organo competente, che attesta l’impossibilità, o la volontà del Consiglio di non approvare il bilancio.
Per il Consiglio di Stato non è suscettibile di positiva valutazione neanche il secondo motivo dell’appello incidentale, con il quale si afferma che il Prefetto non avrebbe potuto esercitare il potere sostitutivo, dal momento che sarebbe maturato il termine, asseritamente perentorio, prescritto con la diffida prefettizia.
Ed invero, stante, come si è affermato in precedenza la non perentorietà del termine, il Prefetto avrebbe dovuto esercitare il potere sostitutivo, come richiesto dal Sindaco, e convocare il Consiglio comunale, inserendo, all’ordine del giorno di un’adunanza da convocare, l’approvazione del rendiconto. Né si potrebbe sostenere che l’art. 78 del Regolamento di funzionamento del Consiglio comunale consentirebbe la riproposizione di una deliberazione in una nuova adunanza, solo quando essa non sia stata approvata alla seconda votazione o sia stata respinta alla prima. Ed, invero, ai sensi del cit. art. 78, comma 5, “una deliberazione non approvata alla seconda votazione o respinta alla prima non può, nella stessa adunanza, essere ulteriormente oggetto di discussione o votazione. Può essere riproposta al Consiglio solo in una adunanza successiva”. Ne deriva che la deliberazione avrebbe potuto certamente essere oggetto di votazione in una terza adunanza. Ed infatti, come chiarito dal controinteressato, la riproposizione non è consentita nella stessa seduta di Consiglio Comunale ma, per espressa previsione regolamentare (e come è logico che sia) la delibera “può essere riproposta al Consiglio … in una adunanza successiva “.
Il Consiglio di Stato in conclusione, riggetta il ricorso ma per la particolarità della vicenda contenziosa giustifica la compensazione delle spese tra le parti costituite.

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