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Non più possibile finanziare gli incrementi delle PO con riduzioni delle facoltà assunzionali
 
Non sono condivisibili le conclusioni cui giunge Arturo Bianco nell’articolo “Salario accessorio alle posizioni organizzative, le nuove regole non tolgono possibilità ai Comuni senza dirigenti”, pubblicato su Enti Locali ed Edilizia del 15 luglio 2020.
L’Autore argomenta della persistente applicabilità delle previsioni dell’articolo 11-bis, comma 2, del dl 135/2018.
 
Detta norma dispone: “Fermo restando quanto previsto dai commi 557-quater e 562 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per i comuni privi di posizioni dirigenziali, il limite previsto dall’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, non si applica al trattamento accessorio dei titolari di posizione organizzativa di cui agli articoli 13 e seguenti del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) relativo al personale del comparto funzioni locali – Triennio 2016-2018, limitatamente al  differenziale tra gli importi delle retribuzioni di posizione e di risultato già attribuiti alla data di entrata in vigore del predetto CCNL e l’eventuale maggiore valore delle medesime retribuzioni successivamente stabilito dagli enti ai sensi dell’articolo 15, commi 2 e 3, del medesimo CCNL, attribuito a valere sui risparmi conseguenti all’utilizzo parziale delle risorse che possono essere destinate alle assunzioni di personale a tempo indeterminato che sono contestualmente ridotte del corrispondente valore finanziario”.
 
Si tratta di previsioni, però, coerenti esclusivamente con un sistema di limitazione delle assunzioni basato sul turnover e sul rispetto di un tetto del trattamento accessorio, computato in valore assoluto in riferimento al 2016. La norma è stata pensata e può funzionare, solo nel precedente regime normativo.
Inconferente è l’osservazione che non sia stata espressamente abrogata. L’interprete non deve mai dimenticare che l’abrogazione, in un sistema fondato sulla successione della legge nel tempo, è anche e talvolta soprattutto tacita. L’articolo 15 delle preleggi è chiarissimo sul punto: “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore”.
L’abrogazione espressa è solo una delle tre possibili modalità di abrogazione. Il Bianco sostiene comunque che “non ci sono elementi tali da potere ritenere questa disposizione come implicitamente abrogata, poiché non ci sono contrasti con la disposizione precedente: in altri termini la modifica delle regole sulle capacità assunzionali non travolge la possibilità di utilizzare questo istituto da parte dei Comuni senza dirigenti”.
L’affermazione tende ad escludere la causa di abrogazione tacita per incompatibilità tra nuove e vecchie leggi. Si tratta di un’affermazione suggestiva ma apodittica, priva, cioè, di dimostrazione. Non viene spiegato, infatti, perchè la disposizione dell’articolo 11-bis, comma 2, possa considerarsi compatibile col nuovo metodo di computazione delle capacità assunzionali.
Vediamo, allora, di evidenziare perchè l’articolo 11-bis, comma 2, del d.l. 135/2020 non può più considerarsi in vigore.
Era possibile solo nel sistema che connetteva le assunzioni al costo delle cessazioni e escludere una certa somma (la differenza tra le maggiorazioni alle retribuzioni delle p.o. consentite dal Ccnl 21/5/2018 e le retribuzioni prima percepite) dal computo del tetto del trattamento accessorio.
Infatti, il vecchio sistema costruiva le facoltà assunzionali appunto ed esclusivamente ad un “tetto di spesa”. Poteva, quindi, effettuarsi quello “scambio “ tra incrementi del differenziale delle PO e facoltà assunzionali, riducendo queste a beneficio dei primi.
A seguito delle previsioni del dl 33/2019 e del dm 17/3/2020, tutto cambia: non è più applicabile, nei comuni e nelle regioni (e presto nelle province e città metropolitane), il tetto al turnover, né assume più rilevanza autonoma il trattamento accessorio.
Tutta la spesa di personale come definita dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del DM 17/3/2020, compresa quindi quella riferita alle PO., va al numeratore del rapporto con la media triennale delle entrate correnti al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità. Tale sistema non prevede l’esclusione di nessuna voce di spesa.
Quindi, non vi è modo alcuno di sottrarre voci di spesa di personale al rapporto con la media triennale delle entrate.
Gli enti non hanno alcun modo di dimostrare di ridurre il “tetto alla spesa” per assunzioni, che nel precedente sistema era il tetto al turn over, per la semplice ragione che non esiste più nessun tetto di spesa, ma l’obbligo di rispettare un certo valore soglia nel rapporto tra spesa di personale ed entrate, che consente di aver titolo ad una certa facoltà assunzionale.
La nuova normativa permette ai comuni virtuosi di spendere tutte, senza eccezione alcuna, le risorse disponibili date dal differenziale del rapporto spesa/entrate rispetto ai valori-soglia previsti dal dm 17/3/2020.
 
In linea teorica, i comuni senza dirigenti potrebbero scegliere di non consumare tutta la loro capacità di spesa per assunzioni a tempo indeterminato e dirottare la spesa per gli incrementi delle retribuzioni di posizione e risultato delle p.o.
Ma, a questa manovra osta l’ultimo periodo dell’articolo 33, comma 2, del dl 34/2019. Tale disposizione impone “l’invarianza del valore medio pro-capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa”. Dunque, il valore medio pro-capite delle p.o. (che è necessario computare separatamente dal valore medio pro-capite delle risorse del fondo della contrattazione decentrata) non può essere modificato rispetto a quello risultante nel 2018.
Ciò impedisce modifiche ai valori complessivi delle retribuzioni di posizione e risultato delle p.o. che implichino un incremento dei valori medi di tali retribuzioni.
Nè è immaginabile, come sostiene il Bianco, che “spetta agli enti decidere l’allocazione” dell’aumento delle risorse del salario accessorio “tra il fondo dei dipendenti e quello delle posizioni organizzative”.
I due “fondi” che contribuiscono a comporre il complesso del salario accessorio, sono tra loro totalmente autonomi, distinti e inconfondibili. Le risorse che finanziano le PO sono finanziate dal bilancio; le risorse che finanziano il salario accessorio di tutti i dipendenti, sono finanziate dal fondo delle risorse decentrate. Il valore pro-capite delle PO, quindi, deve necessariamente essere autonomo e distinto dal valore pro-capite per gli altri dipendenti. Una variazione in aumento del valore pro-capite delle PO potrebbe avvenire solo a detrimento del valore pro-capite connesso al fondo della contrattazione decentrata, esclusivamente se, ricorrendo i casi ammessi dal Ccnl 21.5.2018, previa contrattazione, si decidesse di ridurre l’ammontare complessivo del fondo della contrattazione decentrata a beneficio del bilancio e del capitolo che finanzia le PO.

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