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Non può essere attribuita alcuna competenza al Sindaco in presenza di un trattamento sanitario obbligatorio illegittimo
di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
 
La vicenda
Un cittadino ha chiamato il Ministero e la ASL territoriale a rispondere del risarcimento del danno patito a causa di un trattamento sanitario obbligatorio (TSO) illegittimo, mancandone i presupposti. Il Tribunale di primo grado e successivamente la Corte di Appello, hanno confermato il danno del paziente e non hanno accolto le difese degli Enti tese a sancire il difetto di legittimazione passiva, dove la responsabilità avrebbe dovuto essere attribuita al Sindaco che ne aveva disposto con ordinanza il trattamento sanitario obbligatorio. Gli appellanti, infatti, hanno contestato che nel caso di specie il Sindaco, quale esponente la comunità locale, avrebbe avuto competenza in materia, sia ai sensi dell’art. 33L. n. 833/1978, sia dell’art. 117D.Lgs. n. 112/1998, sia infine del successivo art. 50D.Lgs. n. 267/2000. Tali norme, pertanto, avrebbero inteso configurare il potere del Sindaco di adottare ordinanze urgenti in materia sanitaria quale espressione di un potere extra ordinem, implicante la possibilità di derogare alle norme giuridiche vigenti e dunque un potere che, al di là dell’indicazione del Sindaco quale rappresentante della comunità locale – espressione che ha il mero valore di definire il perimetro delle competenze dell’organo – resta un potere generale che non ha alcuna relazione con gli interessi locali di cui il Sindaco è ordinariamente espressione. A differenza delle difese dell’ente, la Corte territoriale ha evidenziato come con riguardo alla sanità, dal combinato disposto di cui agli artt. 50, comma 5 e 54, comma 4 del Tuel, si ricava l’espressa esclusione di qualunque collegamento del potere del Sindaco in materia sanitaria con interessi di natura locale.
Contro la sentenza dei giudici di appello, hanno proposto ricorso in Cassazione il Ministero e l’ASL, evidenziando come la sentenza impugnata non abbia tenuto in considerazione il mutato quadro normativo, seguito alla modifica del titolo V della Costituzione che, ridisegnando ruoli e competenze degli enti locali, avrebbe configurato il potere del sindaco di adottare ordinanze urgenti in materia sanitaria non quale espressione di un potere dello Stato ma quale esponente della comunità locale. Su tale indirizzo si muoverebbe, a dire dei ricorrenti, la disposizione di cui all’art. 50, comma 5, del Tuel che prevede testualmente il potere del sindaco di agire – quale rappresentante della comunità locale – per adottare provvedimenti d’urgenza. In altri termini, proprio grazie alla riforma Costituzionale che i giudici di appello avrebbero dovuto escludere la legittimazione passiva dello Stato e ritenere sussistente quella del Comune di appartenenza.
La conferma della Cassazione
Secondo i giudici di Pizza Cavour sono univoche le indicazioni sul punto fornite dal giudice di legittimità. E’ stato, infatti, precisato che si configuri in capo al Sindaco un potere extra ordinem espressione di interessi generali, ma non è stato mai omesso di considerare il mutato quadro normativo quale delineatosi nel tempo, ribadendo il ruolo del Sindaco quale ufficiale di Governo e confermando l’orientamento giurisprudenziale già chiaramente espresso nelle precedenti sentenze avvenute prima della riforma Costituzionale. Ne discende che la difesa dei ricorrenti sono da considerarsi privi di fondamento, in quanto il potere di adottare provvedimenti sanitari obbligatori non può rientrare tra le competenze amministrative del Sindaco che rispondano ad interessi locali, essendo quello originariamente configurato dagli artt. 3334 e 35L. n. 833/1978, e successivamente specificato dalle norme sopravvenute, un potere extra ordinem di derogare anche alla disciplina vigente, in quanto tale diretta espressione della tutela costituzionale della salute, quale bene dell’individuo ed interesse generale della collettività, di cui all’art. 32 Cost.
 
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Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 05/02/2020) 15-06-2020, n. 11600

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30154-2017 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS) in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO, 12, presso lo studio dell’avvocato FIAMMETTA FIAMMERI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PATRIZIA EMILIA MONFERRINO;

– controricorrente –

nonchè contro

P.S.L. 4 CHIAVARESE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 627/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 18/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/02/2020 dal Consigliere Dott. MOSCARINI ANNA.

Svolgimento del processo

L.C., con atto di citazione notificato in data 16/7/2009, convenne davanti al Tribunale di Genova il Ministero della Salute e delle Politiche Sociali nonchè la ASL (OMISSIS) per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni dallo stesso patiti a seguito dell’applicazione, nei suoi confronti, di un illegittimo trattamento sanitario obbligatorio disposto dal Sindaco del Comune di Ne. Il Ministero della Salute, costituendosi in giudizio, eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva, assumendo che il Sindaco avesse agito non in qualità di ufficiale di governo ma di autorità sanitaria locale e chiese il rigetto della domanda. Il Tribunale adito, riconosciuta la legittimazione passiva del Ministero e della Asl (OMISSIS), li condannò in solido al pagamento della somma di Euro 5.610,00 oltre rivalutazione ed interessi legali e alle spese di lite.

La Corte d’Appello di Genova, adita dal Ministero della Salute e delle Politiche Sociali, con sentenza n. 627 del 18/5/2017, ha rigettato l’appello, volto a sentir dichiarare il difetto di legittimazione passiva del Ministero in favore del Sindaco, quale esponente la comunità locale, ritenendo che, in materia, sia la L. n. 833 del 1978, art. 33, sia il D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 117, sia il successivo il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, abbiano inteso configurare il potere del Sindaco di adottare ordinanze urgenti in materia sanitaria quale espressione di un potere extra ordinem, implicante la possibilità di derogare alle norme giuridiche vigenti e dunque un potere che, al di là dell’indicazione del Sindaco quale rappresentante della comunità locale – espressione che ha il mero valore di definire il perimetro delle competenze dell’organo – resta un potere generale che non ha alcuna relazione con gli interessi locali di cui il Sindaco è ordinariamente espressione.

La Corte territoriale ha ritenuto di dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte che si è sempre espressa in questi termini senza modificare il proprio orientamento quando il legislatore ha fatto riferimento al sindaco quale rappresentante delle comunità locali, ritenendo che detta definizione non incida sulla natura extra ordinem del potere di adottare ordinanze d’urgenza in materia sanitaria, competenza certamente propria del Sindaco quale ufficiale di Governo ancorchè non espressamente prevista dall’elencazione non tassativa dell’art. 50 del Tuel (Cass., 24/10/2011 n. 21941; Cass., 1/12/2011 n. 25713; Cass., 1, n. 7244 del 16/4/2004; Cass., 3, n. 12746 del 14/6/2005). Ad avviso della Corte territoriale ciò che prima il legislatore aveva espresso in modo chiaro, con la L. n. 142 del 1990, art. 38 (Il Sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta….), abrogato dal D.Lgs. n. 267 del 2000, ora si ricava, con riguardo alla sanità, dal combinato disposto di cui all’art. 50, comma 5 e art. 54, comma 4 del Tuel che escludono qualunque collegamento del potere del Sindaco in materia sanitaria con interessi di natura locale. La sentenza, nel rigettare l’appello, ha condannato il Ministero della Salute al pagamento in favore del Lavaggi delle spese del grado, compensando quelle tra lo stesso Ministero e l’Asl n. (OMISSIS).

Avverso la sentenza il Ministero della Salute e delle Politiche Sociali propone ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo. L.C. resiste con controricorso. Il Procuratore Generale ha depositato le proprie conclusioni chiedendo di rimettere la causa alla pubblica udienza.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione della L. n. 833 del 1978, artt. 13 e 33L. n. 142 del 1990, art. 38D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 117, dell’art. 54, comma 5 e del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, comma 5, come modificato dal D.L. 20 febbraio 2017, n. 14, convertito in L. 18 aprile 2017, n. 48, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il Ministero ricorrente assume che la sentenza impugnata non abbia tenuto in considerazione il mutato quadro normativo, seguito alla modifica del titolo V della Costituzione che, ridisegnando ruoli e competenze degli enti locali, avrebbe configurato il potere del sindaco di adottare ordinanze urgenti in materia sanitaria non quale espressione di un potere dello Stato ma quale esponente della comunità locale. Significativa sarebbe, a sostegno di detta tesi, la previsione dell’art. 50, comma 5 Tuel del 2000 che prevede testualmente il potere del sindaco di agire – quale rappresentante della comunità locale – per adottare provvedimenti d’urgenza. La tralatizia giurisprudenza di questa Corte che si affidava, invece, al ruolo del Sindaco quale ufficiale del governo, dovrebbe, ad avviso del ricorrente, essere ritenuta pertinente ai soli casi avvenuti prima del mutato quadro normativo, mentre per quello attualmente oggetto di esame provvedimento adottato nel 2004 e dunque ben dopo la riforma del Titolo V della Costituzione -il Giudice avrebbe dovuto escludere la legittimazione passiva dello Stato e ritenere sussistente quella del Comune di appartenenza.

1.1 Il motivo non è fondato. La giurisprudenza di questa Corte, univoca nel senso di configurare in capo al Sindaco un potere extra ordinem espressione di interessi generali, non ha affatto tralasciato di considerare il mutato quadro normativo quale delineatosi nel tempo ed ha ritenuto, ad esempio rispetto ad un provvedimento illegittimo di T.S.O. adottato del 2007, dunque ben oltre la riforma del Titolo V della Costituzione, di ribadire il ruolo del Sindaco quale ufficiale di Governo (Cass., n. 25716 del 2011), confermando l’orientamento giurisprudenziale già chiaramente espresso nelle precedenti sentenze ((Cass., 24/10/2011 n. 21941; Cass., 1, n. 7244 del 16/4/2004; Cass., 3, n. 12746 del 14/6/2005). A questo indirizzo giurisprudenziale, chiaro ed univoco, questo collegio intende dare continuità, ritenendo pertanto la sentenza impugnata del tutto conforme al richiamato orientamento. Il ragionamento del ricorrente è dunque privo di ogni fondamento in quanto il potere di adottare provvedimenti sanitari obbligatori non può rientrare tra le competenze amministrative del Sindaco che rispondano ad interessi locali, essendo quello originariamente configurato dalla L. n. 833 del 1978, artt. 3334 e 35 e successivamente specificato dalle norme sopravvenute, un potere extra ordinem di derogare anche alla disciplina vigente in quanto tale diretta espressione della tutela costituzionale della salute, quale bene dell’individuo ed interesse generale della collettività, di cui all’art. 32 Cost..

2. Conclusivamente il ricorso va rigettato e il Ministero ricorrente condannato alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero della Salute e delle Politiche Sociali, in persona del Ministro pro-tempore, al pagamento in favore di parte resistente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.200 (oltre Euro 200 per esborsi), accessori di legge e spese generali al 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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