10/07/2020 – Giustificato diniego per l’occupazione di suolo pubblico se l’area richiesta non è adiacente all’esercizio commerciale

Giustificato diniego per l’occupazione di suolo pubblico se l’area richiesta non è adiacente all’esercizio commerciale
di Roberto Rossetti – Comandante Polizia Locale
 
Un ristorante chiede al Comune il rinnovo della concessione per occupare un piccolo tratto di marciapiede posto sull’altro lato della carreggiata rispetto al suo locale, ma l’ufficio competente respinge l’istanza, sulla base dei pareri negativi dei servizi viabilità e Polizia Locale, per il contrasto di quanto richiesto con l’art. 20 del Codice della Strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285) e con il Regolamento comunale di polizia urbana, ordinando lo sgombero immediato dell’area occupata ed il ripristino dello stato originario dei luoghi.
Contro tale provvedimento, l’interessato propone ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, che accoglie il ricorso e annulla il provvedimento impugnato, ma il Comune si appella al Consiglio di Stato, evidenziando l’erroneità delle argomentazioni dei giudici di primo grado.
Nel giudizio di merito il Consiglio di Stato ricorda che la giurisprudenza ha più volte ribadito che “se un provvedimento amministrativo è fondato su una pluralità di autonome ragioni, la legittimità di una sola di esse è sufficiente a sorreggerlo, nel mentre l’eventuale illegittimità di uno solo o più degli altri motivi non basta a determinarne l’illegittimità” (Cfr. Cons. di Stato, sez. II, sentenza 14 gennaio 2020, n. 359 e, conformi, cfr. Cons. di Stato, sez. V, sentenza 10 giugno 2019, n. 3890Cons. di Stato, sezione VI, sentenze 18 maggio 2012, n. 2894, e Cons. di Stato 17 settembre 2009, n. 5544).
Con questo presupposto il Collegio ritiene fondata (e assorbente ogni altra considerazione) la motivazione del provvedimento relativa alla violazione del regolamento comunale di polizia urbana, dove si statuisce che “La struttura concessa non deve interferire con la viabilità veicolare e con i flussi pedonali“, mentre nel caso in esame l’occupazione esterna è posta dall’altro lato della carreggiata rispetto al locale, tanto da costringere il personale di servizio a continui attraversamenti della strada, che inevitabilmente interrompono i flussi veicolari, interferendo con la scorrevolezza della circolazione.
A differenza di quanto affermato dal T.A.R., i giudici di appello ritengono che non può assumere rilievo il fatto che nella zona non si siano verificati incidenti, in quanto la norma del regolamento non ha l’obiettivo di prevenire pericoli (pur sempre da tenere in considerazione), ma quello di tutelare la fluidità del traffico.
Altrettando ininfluenti sono le considerazioni sulla tipologia del traffico e sulla velocità tenuta dai veicoli, perché la norma citata si cura solo dell’interferenza delle installazioni con i flussi veicolari e pedonali, che, come abbiamo detto, sono sicuramente ipotizzabili per il lavoro che deve svolgere il personale di servizio e gli spostamenti che deve effettuare la clientela, su una strada che è aperta al transito sia veicolare che pedonale.
Su questo ultimo tema, la giurisprudenza ha chiarito che l’esercente che non rispetta i limiti dimensionali, nonché le distanze previste dal codice stradale e dal regolamento comunale in materia di occupazione di suolo pubblico incorre nella decadenza della licenza (cfr. Cons. di Stato, sez. V, sentenza 4 luglio 2018, n. 4101).
Per questi motivi l’appello viene accolto, riformando la sentenza impugnata.

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