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Corte dei conti, danno erariale al dirigente comunale per la perdita del contributo della fondazione bancaria
di Marco Rossi e Patrizia Ruffini
 
In breve
La decisione arriva dalla sezione giurisdizionale di controllo della Corte dei conti per la Toscana e riguarda la mancata comunicazione degli elementi essenziali del progetto
 
Dirigente comunale condannato per danno erariale a seguito della revoca del contributo deliberato da una fondazione bancaria per la mancata comunicazione del prolungamento dei lavori oltre il termine originariamente convenuto. Con sentenza n. 186/2020 la sezione giurisdizionale di controllo della Corte dei conti per la Toscana ha accolto le richieste della procura erariale, confermando la condanna al pagamento in favore del Comune dell’importo di 50mila euro.
 
 
 
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CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA TOSCANA
composta dai seguenti magistrati:
Angelo Bax – Presidente f. f.
Nicola Ruggiero – Consigliere
Andrea Luberti – Consigliere – relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio di responsabilità, iscritto al numero 61254 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore regionale della Corte dei conti nei confronti di Ma. Gu., nato a (omissis) in data (omissis)e residente in (omissis), alla via (omissis).
Rappresentato e difeso dagli avvocati Ca. D’A. ed En. Bo., con studio in Pisa, alla piazza (…) (posta elettronica certificata: (…) ed (…)). Ivi elettivamente domiciliato in forza di procura speciale.
Visto il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (codice di giustizia contabile);
Esaminati gli atti e i documenti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 5 febbraio 2020 il relatore, consigliere Andrea Luberti e il pubblico ministero, nella persona del Procuratore regionale Acheropita Mondera nonché, per il convenuto, l’avvocato En. Bo..
RITENUTO IN FATTO
Con atto di citazione regolarmente depositato e notificato la Procura regionale della Corte dei conti ha convenuto in giudizio Ma. Gu., per sentirlo condannare al risarcimento del danno di euro 100.000,00, oltre a interessi di legge, nei confronti del Comune di Pisa.
I fatti posti a fondamento dell’azione erariale possono essere come di seguito riassunti.
In data 22 febbraio 2011 era stata stipulata una convenzione tra la Fondazione Pi. (già Cassa di Ri. di Pi.) e il Comune di Pisa, con cui la prima aveva assunto l’impegno di finanziare un intervento di restauro e pulizia dei portoni lignei, delle vetrate artistiche e del paramento murario della chiesa di Santa Maria Spina di Pisa, per un importo pari alla somma costituente il petitum erariale.
Il termine per l’ultimazione dei relativi interventi era stato fissato al 31 dicembre 2011, salva eventuale protrazione dei lavori (in effetti verificatasi) che, ai sensi dei punti c) e d) della convenzione, doveva comunque essere tempestivamente comunicato all’ente erogatore del finanziamento.
Con note in data 16 e 17 febbraio 2017 il Segretario generale del Comune di Pisa aveva chiesto alla Fondazione l’erogazione del contributo concordato, allegando il rendiconto relativo alle spese effettuate (i lavori, conclusisi in ritardo rispetto al termine originariamente programmato, risultavano infatti essere stati terminati tra il marzo 2012 e il marzo 2015).
Con nota in data 7 marzo 2017, tuttavia, la fondazione aveva preso atto della mancanza di una comunicazione relativa alla protrazione dei lavori oltre il termine originariamente convenuto, disponendo in uno la revoca del finanziamento.
Proprio l’ammontare relativo al contributo revocato è qualificato dalla Procura erariale come danno erariale, in considerazione dell’esistenza di una perdita ormai irrevocabilmente verificatasi per l’ente comunale.
La parte attrice pubblica ha ascritto il danno in questione proprio alla condotta del convenuto che, nella sua qualità di responsabile unico del procedimento (nonché dirigente del settore competente) avrebbe dovuto rappresentare all’organo politico la circostanza della protrazione dei lavori oltre il termine originariamente previsto, garantendo che il medesimo curasse in modo tempestivo le comunicazioni prescritte dalla convenzione stipulata.
Il comportamento del convenuto contrasterebbe, quindi, con l’obbligo, imposto sotto il profilo normativo al responsabile unico del procedimento, di curare la completezza della documentazione e il rispetto delle condizioni previste per il finanziamento dell’opera, anche tramite le comunicazioni con il soggetto finanziatore dell’opera.
Il convenuto ha svolto la rituale attività preprocessuale, svolgendo una serie di difese analiticamente confutate nell’atto di citazione e sostanzialmente riproposte in sede di giudizio. Lo stesso intimato si è costituito in data 16 gennaio 2020 con note di memoria redatte agli avvocati Ca. D’A. ed En. Bo. svolgendo plurime difese pregiudiziali e di merito.
In particolare, la difesa ha svolto le seguenti difese:
i. Prescrizione dell’azione erariale, in quanto il dies a quo della vicenda dovrebbe essere fatto risalire alla data del 31 dicembre 2011, in epoca ben successiva rispetto al quinquennio, calcolato a ritroso, rispetto all’invito a dedurre, notificato in data 4 giugno 2018. Ciò soprattutto in considerazione del carattere non pubblicistico della fondazione e, correlativamente, non provvedimentale e intersoggettivo degli atti dalla medesima adottati, tra cui si colloca anche la nota della fondazione che comunicava la volontà dell’ente di avvalersi della risoluzione del contratto. La perdita del finanziamento e, quindi, il correlativo danno erariale, dovrebbero essere piuttosto ricondotti all’attuazione del programma negoziale in origine contenuto nella convenzione, che essenzialmente imponeva la conclusione dei relativi lavori, salvo proroga comunicata, alla data del 31 dicembre 2011.
ii. Difetto del nesso di causalità tra la condotta contestata al convenuto e il danno patrimoniale sofferto dal Comune di Pisa.
Con tale argomentazione difensiva, articolata in diversi e approfonditi passaggi logici, il convenuto ha, innanzitutto, contestato la propria competenza a interloquire con la fondazione finanziatrice che, al contrario, sarebbe stato rigorosamente incardinato in capo agli organi politici, e in particolare al Sindaco.
La convenzione più volte citata, infatti, ancorché regolarmente sottoscritta dagli organi rappresentativi della fondazione, non sarebbe mai stata formalmente approvata dalla Giunta comunale, con la conseguenza che difetterebbe qualsiasi atto idoneo a recepire all’interno dell’ordinamento comunale e, conseguentemente, a incardinare, in capo al convenuto, obblighi relativi all’attuazione del finanziamento.
Il convenuto ha, poi, osservato che già nella determinazione dirigenziale a propria firma, in data 19 aprile 2011, era stato specificato che l’affidamento dei citati lavori di restauro afferiva solo al primo dei tre stralci in cui era stato suddiviso il progetto, successivamente affidati con determinazione in data 13 ottobre 2011. Dal momento che del finanziamento a carico della Fondazione era stata data notizia già nelle riferite determinazioni e nel comunicato-stampa curato dall’Assessorato dei lavori pubblici, gli organi comunali sarebbero stati a conoscenza dello stato di attuazione dei lavori, già tardivi rispetto a quanto programmato nella convenzione. Conseguentemente, nessun ulteriore obbligo di comunicazione sarebbe stato predicabile in capo al convenuto, pur se dirigente competente pro tempore e responsabile unico del procedimento.
In secondo luogo, la tardiva ultimazione dei lavori (l’affidamento del risanamento della copertura era stato disposto in data 18 marzo 2015; i lavori complementari di pulitura del paramento murario e di consolidamento del cassettonato interno in data 23 luglio 2015; e i lavori sul paramento murario esterno in data 6 agosto 2015) sarebbe stata, in ogni caso, attribuibile a mancanza di copertura finanziaria, a sua volta derivante dai vincoli di carattere finanziario incardinati in capo al comune. I ritardi nella realizzazione di opere, pur non ricomprese nel progetto finanziato, ma indispensabili per la sua attuazione, non avrebbero quindi consentito la conclusione tempestiva dei lavori senza colpa alcuna del convenuto.
In ogni caso, nelle determinazioni di affidamento dei lavori era costantemente dato atto della persistenza dell’obbligo di finanziamento in capo alla Fondazione, e ciò assumerebbe valore sintomatico del dato che nessun dubbio circa l’intenzione della fondazione di tenere fermo il finanziamento fosse predicabile.
Da ultimo, nel testo della convenzione sarebbe mancata qualsiasi disposizione che prevedesse la facoltà in capo all’ente erogatore di autorizzare la proroga dei lavori nonché di una clausola risolutiva espressa. La risoluzione del contratto, peraltro illegittima sarebbe, quindi, attribuibile a diverse e ulteriori motivazioni, fondate sul peggioramento dei rapporti intercorrenti tra la fondazione e il comune, comunque estraneo al convenuto.
iii. In subordine, rispetto alla richiesta di assoluzione nel merito, accertamento del concorso nella produzione del danno di altre condotte, con conseguente riduzione degli obblighi risarcitori. La condotta causalmente rilevante sarebbe stata determinata, come già in parte esplicitato, dall’inerzia degli organi politici (Sindaco e Assessore competente ai lavori pubblici) in quanto solo i medesimi sarebbero stati a conoscenza dell’esatto contenuto dell’atto convenzionale e, conseguentemente, abilitati a comunicare all’ente finanziatore la proroga del termine dell’ultimazione dei lavori.
All’udienza in data 5 febbraio 2020 le parti si sono riportata ai rispettivi scritti e hanno insistito con le proprie richieste. In particolare, il pubblico ministero ha confutato l’eccezione di prescrizione proposta, precisando che l’azione erariale si fonda sulla revoca del finanziamento disposta in epoca successiva alla stipulazione dell’atto convenzionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminare all’esame del merito risulta il rigetto dell’eccezione di intervenuta prescrizione dell’illecito per decorso del quinquennio, formulata dalla difesa del convenuto.
Nel caso di specie, l’azione erariale è stata in astratto promossa in relazione a un evento (la nota in data 7 marzo 2017) che ha determinato la perdita di una posta patrimoniale (il finanziamento di un’opera pubblica), sino a quel momento presente con ragionevole certezza nel complesso dei rapporti giuridici dell’ente pubblico.
E’ solo in tale momento, pertanto, che può dirsi inverata la perdita patrimoniale della posta citata che, a sua volta, era destinata a ristorare una spesa (quella per l’esecuzione dei lavori più volte citati) di competenza del comune e successivamente dal medesimo sopportata.
Nel merito, il Collegio ritiene che le richieste attoree siano, in parte, meritevoli di accoglimento.
Nel caso di specie, è emerso con sufficiente chiarezza che il convenuto si è reso inottemperante alle funzioni di responsabile del procedimento (che, in base all’articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono attribuite al dirigente competente, salvo delega ad altro funzionario, che nel caso di specie non è stata effettuata). In particolare, ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, vigente all’epoca dei fatti, grava(va) sul responsabile unico del procedimento il complesso dei compiti relativi alla correttezza dell’iter della procedura di affidamento, nel caso di specie, di lavori, in sintonia peraltro con gli obblighi della più generale figura del responsabile del procedimento amministrativo.
Con tutta evidenza, in tale ambito si collocano anche le attività finalizzate a garantire la persistenza della copertura finanziaria dei lavori, in origine programmata.
Nella fattispecie concreta, in ogni caso, è appena il caso di menzionare che il convenuto rivestiva, al contempo, la qualifica di dirigente del settore competente, con il conseguente obbligo, ai sensi dell’articolo 107, comma 3, lettera d), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n 267, di curare anche l’adozione degli atti finanziariamente onerosi e la loro copertura.
Pertanto, non può che trovare applicazione il principio giurisprudenziale (Corte dei conti, sezione III Appello, 17 giugno 2019, n. 117) secondo cui in tema di erogazione di benefici pubblici “E’ corretta l’attribuzione al dirigente della colpa per l’intero illecito costituito dall’emissione di una illegittima e dannosa determina dirigenziale, nel caso in cui manchi del tutto l’evidenza della partecipazione alla fase istruttoria del responsabile del procedimento”:
considerazione che, nel caso di specie, è rafforzata dalla circostanza che le due figure addirittura coincidevano. Non accoglibile, pertanto, è la tesi secondo cui la gestione diretta, da parte degli organi politici, del rapporto convenzionale con la fondazione, non avrebbe consentito al convenuto di conoscere la necessità di compulsare tali vertici per comunicare all’ente finanziatore la protrazione dei lavori.
In senso contrario depone, nella fattispecie concreta, anche la grandissima importanza dei lavori oggetto del finanziamento, relativi a una delle testimonianze storico-archeologiche maggiormente importanti del tessuto urbano della città.
Alla stessa conclusione porta la conseguente, vasta eco di tali lavori, riscontrata in base agli estratti della stampa locale allegati all’atto di citazione e citata anche dal convenuto.
Acclarata la grave negligenza del convenuto, resta indiscusso anche il nesso causale rispetto al danno prodotto, in quanto la lettera d) della convenzione stipulata con il comune prevedeva espressamente la possibilità di revoca del contributo nel caso, tra l’altro, di mancata comunicazione degli elementi essenziali del progetto tra cui il termine di ultimazione, successivamente in effetti intervenuta, e tale omissione è come detto attribuibile al responsabile del procedimento.
L’inerzia degli organi politici, in ogni caso, se non può assumere rilievo alcuno per scriminare la condotta del convenuto, incide sul quantum debeatur.
In particolare è stato osservato dalla scrivente Sezione (sentenza 5 settembre 2016, n. 221) che l’esclusività delle funzioni gestorie in capo alla dirigenza non può esonerare da responsabilità gli organi politici, ove sia ravvisabile un concorso causale concreto alla produzione del danno.
Il risarcimento, in dipendenza del concorso causale di altri comportamenti omissivi, può ritenersi riducibile della metà rispetto al petitum.
In conclusione, appaiono pienamente sussistenti i presupposti e gli elementi oggettivi del danno erariale. Essi sono, nel caso di specie, il rapporto di servizio con l’amministrazione danneggiata (fondato sul rapporto di impiego con il Comune), l’antigiuridicità della condotta (ravvisabile nell’inadempimento agli obblighi imposti, nel caso di specie, dalle funzioni di responsabile unico del procedimento e, in particolare, degli obblighi di comunicazione nei confronti dei terzi), il danno erariale, consistente nella perdita del finanziamento, e nel conseguente accollo delle spese da parte delle finanze comunali, e il nesso di derivazione causale tra condotta e danno. Risulta provato anche l’elemento soggettivo, insito nell’attribuibilità all’interessato, quantomeno sotto il profilo della colpa grave, individuata nella difformità dalla condotta doverosa ed esigibile in base alla posizione ricoperta e dei conseguenti doveri di ufficio rispetto a quella tenuta.
Conseguentemente, in base a una valutazione che tiene conto anche dell’apporto causale di altri soggetti, il collegio ritiene di condannare il convenuto al risarcimento del danno, in favore del Comune di Pisa, nella misura del cinquanta per cento di quella richiesta, e quindi di euro 50.000,00,
già comprensivi di rivalutazione monetaria, oltre agli interessi legali dalla data
di pubblicazione della presente sentenza sino all’effettivo soddisfacimento del credito in favore dell’amministrazione.
Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo a favore dello Stato, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dei conti – Sezione giurisdizionale regionale per la Toscana, definitivamente pronunciando, in parziale accoglimento delle richieste della Procura erariale, condanna Ma. Gu. al pagamento, in favore del Comune di Pisa, della somma di euro 50.000,00, già comprensivi di rivalutazione monetaria.
Tale importo sarà incrementato degli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino all’effettivo soddisfacimento del credito.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in E. 144,00.= (diconsi Euro Centoquarantaquattro/00.=).
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del 5 febbraio 2020.

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