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Silenzio assenso tarpato dalla giurisprudenza 
di LUIGI OLIVERI
Italia Oggi – 07 Luglio 2020
 
Se il silenzio assenso non conclude definitivamente i procedimenti amministrativi non è una responsabilità della burocrazia, ma una conseguenza delle pronunce contraddittorie della giurisprudenza amministrativa. Il decreto «semplificazioni» ieri sera all’esame del consiglio dei ministri intende modificare, tra le altre norme della legge 241/1990, l’ articolo 20, il cui scopo è appunto far sorgere in via implicita l’ accoglimento delle istanze se entro i termini previsti dalla legge non sia adottato il provvedimento espresso. La bozza spiega che si intende «risolvere il problema degli «atti tardivi»» allo scopo di dare piena efficacia della regola del silenzio assenso, così evitando che un’ attesa «illimitata di un atto di dissenso espresso, pur se sopravvenuto oltre i termini prefissati, vanifichi ogni funzione acceleratoria».
La bozza stabilisce, dunque, che la scadenza dei termini faccia venire meno il potere postumo di dissentire, fatto salvo il potere di annullamento d’ ufficio ai sensi dell’ articolo 21-nonies, qualora nei ricorrano i presupposti e le condizioni. Vi sarà, quindi, un’ espressa declaratoria di inefficacia dell’ atto di dissenso che sia adottato dopo la già avvenuta formazione del silenzio assenso. A ben vedere, però, la riforma risolve un inghippo causato più dalla magistratura amministrativa che dalla «burocrazia». L’ articolo 20, comma 1, della legge 241/1990 appare estremamente chiaro nel disciplinare il silenzio assenso: «nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’ amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’ interessato, nel termine di cui all’ articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. Tali termini decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato».
Il testo della norma non fornirebbe nessun appiglio per potersi considerare né opportuno, né legittimo, un provvedimento «postumo» che confermi l’ assenso tacito o, peggio, lo contraddica con un diniego. Tuttavia, la prassi scorretta del provvedimento «postumo» è valutata in termini conflittuali dalla giurisprudenza amministrativa. Il Tar Lombardia Milano, ad esempio, con sentenza della Sezione I, 20 febbraio 2015, n. 521 stabilisce che formatosi il silenzio assenso l’ amministrazione può agire esclusivamente in autotutela per rimuoverne eventuali effetti illegittimi alle condizioni e nei limiti previsti per l’ annullamento d’ ufficio, sicché è da considerare invalido il provvedimento di diniego espresso adottato successivamente la formazione del silenzio assenso. Ma il Consiglio di Stato, Sezione V con sentenza 13 gennaio 2014, N. 63, ha affermato all’ opposto che «con riguardo alla formazione del silenzio assenso, il decorso del termine previsto per la conclusione del procedimento, secondo l’ unanime giurisprudenza, non consuma il potere della Amministrazione di provvedere, sia in senso satisfattivo per il destinatario dell’ atto finale del procedimento medesimo, sia in senso a lui negativo».
Non vi è dubbio che la lettura più corretta della norma appare quella offerta dal Tar Lombardia. In ogni caso, la questione del silenzio assenso dimostra che le complicazioni genericamente attribuite alla «burocrazia» trovano le proprie radici troppo spesso in interpretazioni giudiziali delle norme eccessivamente libere o «creative»; fattispecie che accade estremamente di frequente nell’ espressione dei pareri da parte delle sezioni regionali della Corte dei conti. La semplificazione è un processo ben più complesso di quanto venga raccontato e dovrebbe passare anche per norme capaci di chiarire i limiti dell’ azione amministrativa non solo agli uffici che svolgono le funzioni amministrative, ma anche e soprattutto ai giudici. A questo scopo, il Legislatore troppo spesso si sottrae, non esercitando o esercitando in ritardo il proprio potere di interpretazione autentica delle norme. In effetti, l’ intervento preannunciato sul silenzio assenso altro non è se non, appunto, l’ interpretazione autentica della norma già esistente, rivolta più ai giudici che agli uffici delle Pa.

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